10 marzo 1985

Giovanni (2, 13-25) III^ di Quaresima

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Un piccolo annunzio iniziale. Oggi si celebra la giornata delle missioni diocesane (che poi è un capitolo della grande giornata missionaria). L'altro giorno un signore, dopo avere ascoltato una certa radio locale, mi diceva: "Ma queste missioni, che cosa sono? sono forse un campo-base per il turismo clericale?" Dissi: "Ma che cosa dice, signore! come si fa a dire così?". E lui: "Ascoltando quella radio locale, sento che un vescovo parte, va in giro per il mondo, poi ritorna, e dice che è andato a portare il Signore Gesù... quando poi laggiù ci sono ancora dei vescovi... anche là ci sono dei vescovi che portano il Signore Gesù. I quali però, a loro volta (sto parlando di quelli dell'Africa) vengono in Europa così come questi vanno in Africa... Qui mi viene il sospetto che queste missioni siano un campo-base per il turismo clericale. E chi paga tutto questo?" Allora io dissi: "Facciamo metà e metà, via. Certo io non posso sapere quali sono le motivazioni che portano un individuo a lasciare -poniamo- questo Paese per andare in un altro luogo a divulgare -come egli dice ufficialmente- la parola del Signore. Se poi guardo i comportamenti, se poi guardo gli esiti, qualche dubbio mi viene, ma noi dobbiamo salvare i principî". E i principî sono questi: salviamo la buona fede; si fa tutto questo per divulgare il Regno di Dio. Allora, in questa ottica, preghiamo (non so poi che cosa vuole dire pregare, ma mi riferisco al discorso consueto), pregate e fate carità, se voi credete che questo contribuisca ad allargare il Regno di Dio.

Qui mi trovo dilacerato su questi testi. Il primo è quello dell'Esodo. Lasciatemi spendere qualche parola, perché, sotto un certo profilo, è in linea di continuità con quello che vi dicevo la domenica passata. Abbiamo qui il testo in cui si dice che Dio dà i comandamenti. Ma sono i comandamenti di Dio? o sono invece il prodotto etico di un gruppo umano che attribuisce a Dio la propria legislazione? Mi determino a dire questo perché non posso accettare che ci siano in Dio precetti contraddittori. Non posso accettare che in Dio ci sia il divenire. E non posso nemmeno accettare l'idea che Dio prima comanda così, e poi comanda in un altro modo, perché voi capite in quale afflizione verrei a trovarmi. Se oggi Dio mi comanda questo, chi mi dice allora che fra qualche secolo egli stesso non cambi idea? e questo -voi capite- mi crea una grossa afflizione come essere pensante, perché allora mi farebbe anche passare per stupido, perché io adesso faccio delle cose che poi saranno disdette da quel medesimo Dio negli anni a venire. D'accordo, si dice che la Chiesa sarebbe la continuazione... ma io sono piuttosto del parere che Gesù abbia puntato il dito esattamente laddove il dito andava puntato. Voi avete cominciato molto presto a dilacerare il comandamento di Dio, perché il comandamento di Dio non è questo. Ma all'inizio le cose non stavano così. Dunque non ci sarebbe il progresso, non ci sarebbe un Dio che cambia idea, ma purtroppo ci siamo noi, con le nostre idee, che facciamo dire a Dio ciò che a noi piace o ciò che a noi non piace.

Vogliamo fare una piccola verifica? Io sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza, alla quarta generazione per coloro che mi odiano. Voi lo concepite un Dio che si comporti in questo modo con coloro che lo odiano? E' l'insegnamento contrario all'insegnamento di Gesù. Ecco perché Gesù punta il dito. Poi 'ricordati del giorno di sabato per santificarlo... sei giorni faticherai...'. Ma adesso noi celebriamo la domenica; allora, secondo questa ottica, siamo fuori strada. Hanno ragione allora tutte quelle sette protestanti che dicono: "No, bisogna osservare il sabato". Allora noi diciamo: "Ma, Gesù ha corretto..." No, Gesù non ha corretto, ha dichiarato erroneo tutto, fin dall'inizio. Non è lui che contesta il sabato? E' da negare che Dio abbia stabilito questo fin dall'inizio, e invece bisogna ammettere che quel gruppo ha fatto quella scelta e l'ha attribuita a Dio. Ma c'è ancora di peggio, andiamo avanti alcune frasi: "Tu non farai alcun lavoro, nè tu, nè tuo figlio, nè tua figlia, nè il tuo schiavo, nè la tua schiava". Allora voi capite, che cosa c'è sottinteso qui: che Dio accetta che ci debbano essere degli schiavi e delle schiave. Vi rendete conto di quale substrato contraddittorio, relativamente al concetto di Dio, vi è in questa -lasciatemelo dire- benedetta Scrittura.

E poi, la questione dei dieci comandamenti. "Questi" si dice "sono i dieci comandamenti stabiliti da Dio... coincidono nella scienza di tutti gli uomini..." e discorsi di questa specie. Mi dispiace, debbo dissentire anche su questo. Cercherò di dimostrarvi come non esista una legge naturale, ma come sia mia ferma opinione che la morale deve essere dedotta da una metafisica, e io dubito che si debba ricavare una morale dalle Scritture così come sono, perchè contesto che lì ci sia, relativamente alla morale nella sua totalità, il pensiero autentico di Dio. E rivendico il fatto che sia proprio Gesù Cristo a dire quello che vi sto dicendo, perché questa -credo- non debba essere una mia invenzione, ma credo di capire che la rivoluzione di Gesù consista esattamente in questo. Quando voi avete a che fare con una società in cui si debba dire di non uccidere, di non commettere adulterio, di non rubare, e così via, ditemi se siamo (quello che dicevo la domenica passata) nello zoo, o se siamo invece fra esseri razionali. Nello zoo è meglio, nello zoo è meglio, perché non si uccide come si uccide fra di noi.

Poi teniamo ferma una cosa: che questi bei dieci comandamenti riguardano il gruppo. Anche qui ritorna 'Non desiderare la moglie del tuo prossimo, nè il suo schiavo, nè la sua schiava'. Allora presupposto è che Dio vuole la schiavitù, che quella sta bene; c'è soltanto da non doverla desiderare, la schiava, nulla più; però che ci sia la schiava, questo non è contestabile. Allora non mi direte che questo sia un comandamento di Dio. E così il 'non uccidere' riguarda il gruppo; ma tutte le società dicono di non uccidere, relativamente al proprio gruppo, ma non relativamente all'altro gruppo. E così per quanto riguarda i disordini sessuali. E così per quanto riguarda i disordini del potere.

Detto questo, allora cerchiamo di localizzare meglio il nostro discorso. Con una legge che inizia declamando così: "Io sono il Signore Dio tuo, che ti ha fatto uscire dall'Egitto, dalla condizione di schiavitù..." (non contestiamo questo, lasciamolo sospeso anche questo discorso), se voi mi dite che quel gruppo, credendo in Dio, si è liberato dalla schiavitù con le forze proprie, l'accetto; che si debba immaginare un Dio che parteggi, e che entri a colpi di miracoli nella Storia, allora no. No, perché ci sarebbe sotto quella contraddizione insorgente di cui vi parlavo. Un Dio che parteggia non può assolutamente esistere nella visione cristiana del mondo. Con una legge che comincia in questo modo, l'Israelita si sentiva -diciamo così- coinvolto solo in quanto membro del popolo di Dio. Poi, con la cosiddetta cattività babilonese, sparisce la coesione nazionale e anche -diciamo- la coscienza collettiva di colpa. Da questo momento ognuno è responsabile dei propri peccati. Mancando la comunità come fattore normativo, che cosa succede? Ssi determina un vuoto etnico, che viene poi pilotato dai profeti. La voce interiore della coscienza in luogo della sanzione morale dell'ambiente o, se volete, del gruppo. In questo clima nasce l'idea che Dio ha scritto la sua legge nel cuore degli uomini. Badate che questa idea sarà ripresa anche da san Paolo (non so con quanta fortuna, e non voglio qui discutere la posizione di Paolo; vi annuncio soltanto il dato). Da qui nasce il concetto di una legge naturale, scritta da Dio nel cuore degli uomini. Ebbene, oggi, se voi mi chiedete chi è l'autore del mio cervello, vi concedo che sia Dio (anzi, come teista, ci credo). Ma se voi mi domandate: "Dio ha messo dentro di noi questa coscienza come se fosse una mela, o una caramella?" allora no. E purtroppo la si va immaginando in questo modo. Oggi l'idea di una legge naturale è caduta in discredito. Lo so che a difenderla restano molti cristiani, pensatori. Ho parlato con alcuni di loro; li ho trovati molto sfasciati, incapaci cioè di darmi una definizione che fosse convincente.

Gli etnologi hanno constatato che essa si trova solo molto frammentariamente presso i popoli primitivi che non sono venuti a contatto col Cristianesimo (atteso che il Cristianesimo combaci con la più alta razionalità). {...} Dei dieci comandamenti, essi conoscono praticamente solo il divieto di omicidio {...} e di determinate pratiche sessuali relativamente alla vita e alla trasmissione della vita. Sicchè il concetto di natura non funziona molto bene. Perché? Noi possiamo definire la natura di un albero, possiamo definire la natura di un animale {...}, perché seguono leggi abbastanza precise. Abbastanza. L'uomo però è un essere libero, e perciò il concetto di natura per lui è molto vago. Molto vago, e -ahimè- se lo costruisce, se lo crea, e in maniera molto differenziata. Quindi è anche molto più difficile fissare le leggi connesse alla sua natura. L'uomo vive in comunità, e ciò comporta l'assunzione di alcune regole che guidano questa comunità. Ma poiché sia l'uomo che la comunità sono in continua evoluzione, è molto difficile concretizzare ulteriormente queste leggi. In ogni caso il concetto di legge naturale non può essere dedotto dalla Scrittura.

Che cosa sto pensando adesso? Sto pensando a tutta la questione dei contraccettivi, la questione dei mongoloidi nel feto... e concedetemi ancora tempo, ne parlerò, ne parlerò... perché sto macinando nel mio cervello tutte queste cose... poi, ecco che il solito teologo dice "noi siamo contro questo e quest'altro...", la questione della inseminazione artificiale... Vi confesso che mi venivano i brividi quando ho sentito questo teologo parlare ufficialmente di cose talmente importanti e decisive, snocciolando quelle idee come dottrina della Chiesa, come dottrina del Vangelo, e così via. Io vi chiedo di concedermi ancora qualche tempo, per mettere a punto bene questa questione, e poi una qualche volta ne parlerò. Non v'è dubbio che in tutti i discorsi che il Papa fa, circa questa questione dei contraccettivi, non v'è dubbio che vi è un concetto di natura su cui bisognerà pacatamente discutere, per vedere fino a che punto le conclusioni stanno in piedi, e fino a che punto bagnano ancora i piedi nella contraddizione.

Dove va a finire la questione del tempio? La questione del tempio avrei voluto agganciarla qui. E' da decidere: questo tempio, questo tempio chi l'ha inventato? chi l'ha inventato? è veramente la casa di Dio? Perché è una farse molto compromissoria quella di Gesù. Li caccia via dicendo: "Questa è la casa del padre mio". L'ha poi detta Gesù, questa frase? Ecco il grosso discorso... avrei dovuto analizzare il pensiero di Gesù su questo punto che probabilmente è un altro. Questa è la posizione di Giovanni, ed è da discutere la interpretazione... ci ritorneremo, perché sono i punti nodali... santo Stefano, se voi lo ricordate, andò al martirio esattamente per questo, per avere contestato il tempio. E fa proprio la storia di come era nato. Era nato per una fantasia, per una ricerca di grandezza da parte degli uomini. "Ma Dio" dice almeno lui, nel famoso discorso "aveva semplicemente voluto una tenda nel deserto; poi venne Davide, poi Salomone, e hanno voluto fare la cosiddetta casa di Dio... ma Dio non ha casa, la casa di Dio è il mondo...". A questo punto presero le pietre, eccetera. E' da domandarsi se santo Stefano aveva capito bene il discorso di Gesù, e allora questa frase erratica, la casa del padre mio... rimandiamo l'analisi ad altro momento. In ogni caso -vi dicevo- il concetto di legge naturale non può essere dedotto dalle Scritture. Badate: dal pensiero di Dio, sì. Ma voi capite dov'è il mio dubbio, orribile dubbio (rischio l'eresia, lo vedete). Il mio dubbio è che proprio queste Scritture, che noi abbiamo storicamente ricevuto, contengano il pensiero di Dio. Avete capito dove rischio l'eresìa? La rischio qui, e so molto bene di rischiarla. Allora dovremo confrontarci su questo discorso, per vedere come stavano le cose.

Vediamo di concludere brevemente questo periodo. Geremìa -se ben ricordo- predice che nel nuovo Patto, per conoscere Dio non vi sarà più bisogno dell'intervento del prossimo. Sicchè i profeti descrivono il culto perfetto del nuovo tempio, che altro non è, se non la idealizzazione del vecchio tempio. E Gesù molto probabilmente dirà: "Via, via, io contesto il tempio. Se un tempio c'è, è il corpo mio, e, nell'ipotesi, è l'Uomo. Ecco che cosa avrei dovuto dirvi poi in sintesi.

Ma terminiamo qui. Tempo fa -stavo facendo degli esami-; il corso su cui bisognava discutere era Clemente Alessandrino, uno dei primi filosofi cristiani il quale ha scritto il Pedagogo, un testo famoso. Apriamo questo Pedagogo e troviamo delle cose strane, relativamente a questo discorso della legge naturale. Diceva Clemente Alessandrino alle donne della sua epoca: "Come la mettiamo con gli orecchini? Io penso che il Logos , Gesù Cristo, non voglia che le donne mettano gli orecchini. Per farlo debbono bucare i lobi delle orecchie. Questo vuol dire forzare la natura". Chiesi alla candidata: "Ma Clemente Alessandrino, poi, ammetteva che le donne potessero portare un anello d'oro al naso. Come mai egli, dal punto di vista evangelico, condanna quelle che fanno il buchetto nei lobi...?" {...} E questa candidata rimase senza parole. Dico: "Guardi la nota, che cosa dice, nel libro. Egli dice alle donne di non mettere gli orecchini, perchè per metterli bisogna bucare il lobo delle orecchie, e poi concede di bucarsi il naso per metterci l'anello d'oro. Ma ecco il punto. Si scopre che questo anello d'oro al naso viene citato dai Proverbi. Allora: uccidere è male, dal punto di vista razionale; poi, sfoglio le Scritture, trovo che Dio ordina di uccidere questo e questo. Resto sconquassato. Si tratta soltanto di stabilire che l'oro lo posso portare al naso e non lo posso portare negli orecchini, ma con una motivazione profondamente diversa: perché qui se ne parla nelle Scritture, là invece se ne parla nell'ordine della razionalità. Ecco dove probabilmente tutto il castello -diciamo così- della legge naturale salta per aria.

Io vi ho citato un caso, ma Clemente Alessandrino ne fa a decine di questi casi. Potrei farvi scoppiare dal ridere circa ciò che egli pensava relativamente ai capelli degli uomini, alla barba, agli anelli... per esempio. Egli non concede agli uomini l'anello, perché dice che gli uomini l'anello lo potevano portare, sì, ma solo come sigillo. E non lo dovevano portare (come facevano le donne, in maniera un po' vanitosa) nelle congiunture del dito. Dice che l'uomo doveva portare l'anello nel mignolo, e poi in fondo, ma non a metà strada. {...} Questo per dirvi quanto guardinghi dobbiamo andare, circa la ricerca di questa legge naturale. Probabilmente allora bisognerà lasciarsi guidare dai logos (con la elle minuscola) e dal Logos , ma là dove il Logos parla di grossi principî e non di minuzie moralistiche.