19 maggio 1985 Ascensione

Marco (16, 15-20) "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura"

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Non vi sarà sfuggita -credo- l'assenza di quell'anziano signore che da molte domeniche era diventato il lettore del primo passo della Liturgia della Parola. Ebbene, quella sua voce suadente, armoniosa, e soprattutto corretta nella dizione, non l'ascolteremo più. Quell'anziano signore si chiamava Alberto Campioli; è morto di parési nel giro di pochi giorni. Il suo funerale si è svolto ieri, sabato 18 maggio 1985 presso l'ospedale nuovo di Santa Maria. Io ho il solo rammarico di non essere stato presente a Reggio Emilia per dargli l'estremo saluto. Troverete la notizia del suo decesso all'uscita della chiesa, guardando alla vostra destra. Credo di averlo avuto come uditore da almeno 15 anni. Tutte le domeniche lo vedevo mentre attraversavo il coro (dietro le mie spalle) per recarmi in sagrestia. E spesso mi diceva: "Ci parla anche oggi?" E io rispondevo: "Finché me lo permetteranno". E lui, di rimando: "Abbiamo bisogno, padre, di essere presi alla gola". E io replicavo: "Vorrei strizzare l'anima dei miei ascoltatori". E lui concludeva, sorridendo: "Spero di non essere diventato troppo legnoso per riformarmi". Aveva 78 anni. Questa mattina, attraversando il coro, ho sentito il vuoto di un appuntamento mancato, che si risolveva in un sorriso, oppure in una stretta di mano. Ma spero, anzi credo, che il buon Dio gli abbia aperto le porte del suo Paradiso, laddove le anime che si sono lasciate strizzare dal richiamo insistente alla metànoia (tale amo definire la mia predicazione) e dalla disponibilità al servizio, troveranno la loro espansione, credo legittima, nel regno infinito della Verità e della Pace. Mentre dico le mie condoglianze ai parenti, chiedo all'assemblea il permesso di annunziare il suo nome al momento del Memento dei defunti. Grazie.

E veniamo alla festa dell'Ascensione. E' stata tolta dalle festività autonome, fatta rifluire in una domenica. Perché è una festa nata a tavolino, e forse è giusto che scompaia. Avete il foglietto: mai è accaduto di avere tre autori così interessanti sott'occhio in una sola volta. Nessuno di questi tre autori (Luca, Paolo, Marco) è presente ai fatti. Nessuno di loro è presente a ciò che accade immediatamente dopo la risurrezione di Gesù. Ognuno di loro dunque cerca di interpretarlo (dico: di interpretare la risurrezione di Cristo). E interpretandola, sfociano inevitabilmente nell'ascensione, mentre Giovanni e Matteo non ne parlano. Ed ecco perché ho detto: si tratta di una festa costruita a tavolino. Marco (vangelo) immagina che Cristo sia stato assunto in Cielo come era già accaduto per Elìa. Il che sarebbe una forma grave di preminenza nei confronti del personaggio. In questo caso, più che portare l'attenzione ai contenuti della risurrezione, si vuole presentare il personaggio superiore a quello dell'altra religione. Adesso vi lascio immaginare che cosa può accadere. Dunque, dice Marco: "Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in Cielo e sedette alla destra di Dio". Luca (prima lettura, Atti degli Apostoli) dice che "fu elevato in alto". Primo sospetto: 'fu assunto', dunque non è asceso per forza propria. E' stato elevato, dunque c'è qualcuno che lo ha preso e lo ha portato su. Ecco gli scherzi della logica immaginativa.

Poi, apro il secondo Libro dei Re (2,11 per essere esatto), e trovo un piccolo episodio che vi racconto subito. Elìa chiede a Elisèo di esprimere un desiderio. Elisèo dice: "Due terzi del tuo spirito diventino miei". Sarebbe come se io fossi in amicizia con Leonardo, e Leonardo mi chiedesse che cosa desideri. "Desidero che tre quarti della tua intelligenza diventino parte della mia personalità". Così, uno che voglia essere un grande pittore, dica la stessa cosa di Raffaello oppure di Michelangelo. {...} "Due terzi del tuo spirito diventino miei". "Poi" dice la Scrittura "camminano conversando, quando d'un tratto un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elìa salì nel turbine verso il Cielo". Domanda: dove? Per gli antichi, almeno fino a Galileo, si pensava che il Cielo fosse un luogo ben preciso. E ancora oggi -credo- in una larga fetta di popolo, quando si dice 'Cielo' con la fantasia non ci si distacchi molto dalla concezione che i bambini hanno di tutta la realtà. Già, perché nelle favole vedo che i loro eroi poi, alla fine, vanno tutti a collocarsi in un qualche luogo straordinario, inaccessibile, e così via. Sicché il primo ad andare da questa Terra in un luogo chiamato Cielo sarebbe Elìa. Io vorrei chiedere qui agli studiosi delle Scritture se veramente loro credono che questo fatto sia avvenuto. Chi vi parla, no. Chi vi parla non crede neanche che l'ascensione di Gesù debba essere concepita in questo modo. Quindi non credo certamente alla storicità di quel fatto. Quel fatto deve essere interpretato: è il racconto di un'idea, la trasposizione in termini dialettici o letterari di un'idea. Perché poi la cosa grave è questa: Elìa sarebbe andato in Cielo senza morire ( su di un cocchio, sparisce, va a finire chissà dove); poi ci sarebbe Gesù Cristo, il quale però si troverebbe in una condizione più disastrata, perché lui è morto, poi lo si immagina come un cadavere rianimato, e poi lo si prende e lo si fa salire in Cielo. Queta è l'ottica di san Marco. Son già due dunque, pure facendo la dovuta distinzione fra Elìa e Gesù Cristo. Poi c'è un altro personaggio che viene a trovarsi in queste condizioni, e sarebbe la Madonna. Strano: diciamo che la Madonna fu 'assunta in Cielo' (usiamo la stessa parola). Ma qui, fu assunta in Cielo? Sì, lo dicevamo prima della Definizione, ma nella Definizione non c'è scritto in verità che la Madonna fu assunta in Cielo. Si dice che fu assunta nella Gloria celeste. Ma tra la Gloria celeste e il Cielo mi pare che ci debba essere una grossa diversità. Poi, dopo questi tre personaggi, via via, secondo -credo- la mentalità dei primi cristiani (e credo anche di Paolo) noi saremmo dovuti entrare così tutti in Paradiso, e questa sarebbe la risurrezione dei morti. Tutti cadaveri rianimati, eccetto naturalmente Elìa, (e forse, se vogliamo tenere questa teoria, la Madonna {...}).

Poi prendiamo san Paolo (Efesìni, prima lettura {...}). San Paolo agli Efesini a sua volta cita il salmo 67 dove dice: "Ascendendo in Cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni doni agli uomini". Qui francamente non mi ci trovo più. Se l'avessi davanti direi: Paolo, Paolo, Paolo, che cosa ci vuoi costringere a credere; o perlomeno che cosa stai pensando tu, adesso, di Gesù Cristo. In questo caso dobbiamo trattare alla pari, come due esseri pensanti; se invece vogliamo misurare la santità di san Paolo con la mia, allora mi butto per terra e cedo naturalmente le armi. Ma se dobbiamo confrontarci con le idee espresse, dire: Paolo, Paolo! Qui Gesù Cristo, tra l'altro concepito secondo la matrice del Vecchio Testamento o Salmi, sarebbe rappresentato come un condottiero vittorioso, alla maniera di Cesare o di Alessandro Magno. Il quale Cesare, quando vinse i Galli, portò a Roma i prigionieri. Ecco che cosa vuol dire qui: "Ascendendo in Cielo ha portato con se prigionieri, ha distribuito doni agli uomini". Sarei curioso di sapere chi erano questi prigionieri. Vedete: l'immagine di un vincitore prevale su tutto il resto; un condottiero alla maniera di Cesare, il quale porta Vercingetorice a Roma, poi lo fa strangolare, come tutti sappiamo, e così via.

Ancora in questa lettera, san Paolo si domanda che cosa significa la parola 'ascese' (finalmente ci siamo), senonché prima era disceso quaggiù sulla Terra. Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli per riempire tutte le cose. Anche qui: è lo stesso, quello che discese e quello che ascese? Facciamo una piccola riflessione. Tutti sappiamo come l'uomo entra nel mondo. Ognuno di noi faccia il suo piccolo curriculum mentale: papà e mamma... un pensiero... (c'è da sperare che sia un pensiero e che non sia un istinto)... due creature dicono: "Ne facciamo una terza". Noi non veniamo al mondo come esseri preformati, anche se nostra madre, quando eravamo piccoli... Adesso non so che cosa raccontino le mamme. "Ti abbiamo trovato dietro un albero di castagno" mi diceva, se ben ricordo, mia madre. E mi sono acquietato in questa immagine, e dentro di me pensavo: m'ha portato dentro una foglia così come si porta dentro una cesta... e, già preformato in questo modo, io sono entrato in questo mondo. Ora, noi non veniamo in questo mondo come esseri preformati, ma veniamo in questo mondo per salti di qualità. Poi moriamo (spero il più tardi possibile, moriamo comunque). Ma, morendo, passiamo in un'altra dimensione? facciamo il processo inverso rispetto alla nascita? Ma nessuno di noi pensa che questo corpo debba andare da un luogo a un altro luogo. Sia che voi lo concepiate come Paradiso o come Inferno, credo che questa teoria della risurrezione della carne abbia poche chances di resistere al messaggio evangelico.

Bene. Con la risurrezione, Cristo è tornato in vita (per san Paolo), non è entrato in una nuova dimensione. E quindi, come tale, bloccato sui 33 anni {...}, è salito o è stato assunto in Cielo, e il Cielo inteso come cielo fisico. Ritorna il discorso: se voi concepite la risurrezione come una rianimazione di cadavere, questa è la logica con cui dovete condurre tutto il discorso sulla persona di Cristo, e siete costretti a inventare (ecco perché ho detto che l'Ascensione è una festa fatta a tavolino) l'ascensione, come l'hanno inventata questi nostri buoni simpatici Luca, Marco e Paolo. Se invece la risurrezione è la nuova dimensione di Cristo, allora ogni ascensione è superflua. E in questo caso sto con Matteo, e sto con Giovanni, i quali non ne parlano, e non ne parlano -voglio sperare- per coerenza.

Adesso vi porterò un esempio che ci potrà aiutare a capire come dobbiamo concepire, eventualmente, la risurrezione. Altri anni avevo portato l'esempio di una fragola, o una di ciliegia che ritorna alla sua posizione primitiva. Quest'anno voglio portarvi un esempio preso dal mondo della cultura. Ed ecco il rapporto libro-scrittore. Qui nell'assemblea ci saranno alcuni che hanno scritto un libro, un opuscolo; tra questi ci sono anch'io. Io ho un'idea, prendo la penna, scrivo dei manoscritti, correggo, ricorreggo, poi batto a macchina, correggo, ricorreggo, edizione definitiva. Passo il tutto alla tipografìa. Passa un mese, appare il volume. Immaginiamo adesso che il volume torni da dove è venuto. Gesù Cristo è tornato al Padre, è tornato nel seno del Padre; il che è diverso dal dire 'Gesù Cristo è asceso in Cielo alla destra di Dio'. Continuiamo con il nostro esempio: immaginiamo che il volume torni da dove è venuto. Se il mio pensiero è un luogo, allora io immagino che questo volume salga, trasportato da qualche aereo, in una biblioteca lassù, ai confini dell'universo. Allora dirò che il mio volume è asceso nel mio pensiero. Se il mio pensiero non è un luogo (come, vivaddio, credo che sia; non confondiamo il cervello con il pensiero), debbo rifare il processo inverso. Il libro ritorna in legatorìa, in tipografìa, nel manoscritto, nel mio cervello. Stop. Il libro è tornato nel seno del Padre, è tornato nel cervello dello scrittore. Da questa nuova dimensione Cristo lancia messaggi per dire ai discepoli che lui di adesso è quello di prima. 'Io sono quel libro che voi toccavate, e voi potevate leggere. Sono io quel medesimo ancora', che lui di adesso è quello di prima, e che il suo Vangelo è la sua stessa persona.

Adesso permettetemi di rispondere ad una vecchia domanda: "Perché Gesù Cristo non ha scritto neanche una parola?" Socrate ha scritto una poesiola -credo- prima di morire, ma Gesù Cristo non ha scritto una sola parola. Il perché è qui: la sua persona vale più delle sue parole (o per lo meno è alla pari). Gli scritti si prestano alle interpretazioni, purtroppo. Voi vedete come ci siamo spaccati sulle Scritture. Non ho tempo qui di dire due paroline ai nostri amici Protestanti (e anche ai Cattolici, naturalmente). Siamo spaccati, sulle Scrittore; un esempio vivente sono io, circa la interpretazione. Ora la sua presenzialità alla coscienza crea (o dovrebbe creare) novità esistenziali, ma purtroppo noi, invece di trovarci uniti nella sua persona, -ahimè- cerchiamo la unità in una sua dottrina elaborata da noi.