7 settembre 1986

Luca (14, 25-33) XXIII^ fra l'Anno

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Finite le vacanze, chiuso il momento della distensione, riprendiamo la nostra attività "terroristica". E la mia predicazione è un'attività terroristica, volta a demolire una situazione che è lungi dall'essere nella Verità.

Il tempo è breve, ma avrei dovuto cominciare con l'esaminare la prima Lettura: non ci avete fatto caso, ma questo Libro della Sapienza ha creato grossi problemi per quanto riguarda la infallibilità della istituzione. Leggiamo la prima frase: "Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?" Voi capite e voi sapete e voi conoscete la risposta. Ma, la verità non ve la insegna la Chiesa? ma la verità non ve la insegna il Papa, il quale è infallibile? ma la verità non ve la insegna la Sinagoga? E qui si mette in dubbio che ci sia al mondo un uomo capace di conoscere il volere di Dio. E giù giù tutto il passo. Perchè ve lo dico? Ve lo dico perchè non riuscirò, con mia delizia, perchè è un ginepraio, naturalmente. Dovrei affrontare l'ultimo asserto del passo evangelico ("Chiunque di voi non rinunzi a tutti i suoi averi non più essere mio discepolo"). E questo è rivolto a chi? Ai pastori della Chiesa, è rivolto a coloro che vogliono essere i discepoli in prima persona. E allora c'è la domanda del perchè invece questo non avviene; e allora dovrei farvi tutta la esegesi medioevale, per dimostrarvi come san Tommaso sia riuscito a trovare la maniera di comporre il possesso, la ricchezza della Chiesa (in particolare dei vescovi) e questo passo evangelico che è lì come una specie di punteruolo: "Chiunque di voi non rinuncia...", voi voi, quelli che vogliono essere discepoli, intendiamoci bene, e riguarda in primis coloro che lo vogliono essere in prima persona (scusate se ripeto), e poi riguarda tutti coloro che vogliono essere cristiani.

Sicchè, sono felice di non dovere affrontare questo ultimo punto, che vi accenno così, soltanto per dirvi come nel progetto del mio discorso ci sarebbe appunto anche l'approfondimento di questo passo. Cosa volevo dirvi, in poche parole? Che, mentre di fronte a queste parole chiare di Gesù, raffrontate alla situazione storica, troviamo degli amminicoli esegetici per potere spiegare come e perchè si può essere ricchi, si può gestire la ricchezza pure essendo cristiani (sto parlando delle gerarchie ecclesiastiche, attenzione; non sto parlando del mondo, perchè il mondo deve correre per questa strada), invece per altri passi, dove le parole sono altrettanto chiare ("eccoti le chiavi..."; "ti darò le chiavi del regno dei cieli..." e così via, vedete l'infallibilità?), si dice: "Stiamo alla lettera". Su questi altri punti invece alla lettera non si sta. Vedete allora che il discorso diventa pesante, e implicherebbe appunto quello che vi ho già citato all'inizio: l'esame della Sapienza; e poi la questione di Paolo, con la schiavitù, dove qui il passo è tradotto con un certo garbo, ma poi sappiamo, alla fine, che anche san Paolo non ha avuto il coraggio di dichiarare che la schiavitù in sé era un male. D'accordo? E queste sono le grosse implicazioni dei punti toccati da Gesù.

Ma procediamo con ordine; vi chiedo un attimo di attenzione. Questo -dico- doveva essere lo schema del mio discorso, ma certo l'ultima parte non la svolgerò. Se essere cristiani significa fare una scelta d'amore (così diciamo), come mai Gesù proclama: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, ... non può essere mio discepolo"? L'ho già spiegato, ma conviene ripeterlo, perchè si tratta di una catechesi che non va mai dimenticata. La lingua ebraica esprime il comparativo con una opposizione, e l'opposizione è fra due contrari: l'amore e l'odio. Ma, per esempio, san Matteo dice: "Chi ama il padre e la madre... più di me, non è degno di me". Ecco allora qui abbiamo rimesso un poco in sella la situazione. Odio-amore. 'Odiare' che cosa vuol dire, nella fattispecie? Vuol dire 'amare meno'. E allora ci siamo ricomposti. Sarebbe drammatico che la scelta di Cristo dovesse significare l'odio verso qualcuno.

Ma, per chiarire bene il concetto, vediamo di fare un piccolo passaggio, con un riferimento scritturale. Nella Genesi vien detto: "L'uomo lascerà il padre e la madre per unirsi alla sua donna". Dunque si può lasciare il padre e la madre (e, nell'ipotesi di Gesù, la moglie e i figli e tutta la parentela... vedremo adesso il significato). Perchè? Perchè c'è un motivo che supera quella condizione. Certo, sarebbe male abbandonare il padre e la madre per incuria. Già, sarebbe tragico che io, io personalmente che vi parlo, non dovessi occuparmi delle malattie di mio padre e di mia madre perchè ho fatto la scelta del Signore. No, questo non è il significato. Si tratta dunque di mettere adesso in ordine le cose per benino. Vale a dire: ci vuole una motivazione. Ora, che cosa vuol dire 'lasciare il padre, la madre, per Cristo', cioè 'metterli in second'ordine'? E' per riguadagnarli dentro alla rivoluzione totale di Gesù. Dunque, i legami familiari hanno un significato oltre il quale possono diventare pericolosi. Anzi, per potere instaurare un nuovo ordine di cose, bisogna avere il coraggio di intaccare anche i rapporti familiari. E il rapporto familiare voleva dire molto di più di quanto non si dica oggi, anche se la famiglia è rimasto l'ultimo nucleo di salvezza per l'individuo (a tutt'oggi, naturalmente). Ma, allora, che cosa voleva dire 'la famiglia'? Voleva dire 'dominio', 'il clan', 'le grandi famiglie' che dominavano l'Europa ancora nel 1600 e nel 1700. Ora, vuol dire mettere certamente un rimedio a questo strapotere della famiglia. Quindi ci si deve amare, in questo nuovo ordine di cose, in quanto figli di Dio; e quindi anche l'amore ai genitori, e l'amore dei genitori nei confronti dei figli, deve entrare in questo nuovo ordine di cose.

Sembra quasi che Gesù sconsigli dal diventare suoi discepoli. Strano educatore, questo Gesù. E aveva perfettamente ragione. Allora, siccome la gente andava con lui anche sul monte Bianco (scusatemi l'allusione), ora Gesù si volta e dice: "Chiunque vuol venire dietro di me deve rinunciare a questo e a questo". Dunque seleziona a fondo, dunque mette ostacoli, dunque prospetta le difficoltà, e vuole una buona dose di intelligenza pratica. 'Intelligenza pratica' vuol dire: mettersi a sedere e fare i calcoli. Ora (cito in questo caso Kirchegaard) il senso è questo: se tu non vuoi rinunciare a tutto, non puoi essere mio discepolo. Perchè? Perchè, attenzione, la resistenza del mondo sarà tanto grande che faresti meglio a scendere a patti con chi ti viene incontro con 20000 uomini. Il mondo ti abbatterà la torre e riderà solo perchè hai voluto cominciare. Dunque non è Gesù che respinge da sé; egli predica soltanto (e 'predicare' vuol dire 'predire') ciò che sarà la conseguenza, se l'uomo, senza rinunciare a tutto, vuole essere suo discepolo. Andate a vedere le poche pagine bellissime del Gabbiano Jonathan, vedrete la reazione tra i suoi compagni di scogliere: "Ma tu, cosa vuoi fare? ... ma lascia andare queste tue acrobazie ... ma non vedi che rischi di morire? ... ma non vedi che perdi la salute? ...." e così via. Adesso, vediamo questi due esempi. Vi confesso che mi stanno un po' nel gozzo, anche perchè mi è venuto il dubbio che gli esempi siano di Gesù. Capite? che responsabilità mi assumo. E se sono di Gesù, solo a una certa condizione dovranno esserlo.

Adesso io vi esplicito il pensiero di Gesù in quattro punti precisi, e credo che egli avesse detto questi principî con delle parole abbastanza semplici; ma poi l'evangelista, o il gruppo, probabilmente hanno ritenuto che ci volesse una qualche esemplificazione. E allora, se l'introduzione è loro (soprattutto il secondo, quello del re), mi dà un certo fastidio, perchè lo porrebbe come un assoluto, o come un ordine di grandezze che Gesù sarebbe venuto -per così dire- a eliminare.

Ecco allora i principî che Gesù avrebbe enunciato. Primo: chi vuole essere suo discepolo deve avere la capacità di spezzare i legami con la tradizione. E la tradizione ha le sue radici più forti nella famiglia. I giovani... dove siete giovani? alzate la mano. Simpatici, giovani! Dove siete interessati? Siete interessati nella parte negativa: quando cioè criticate la famiglia, criticate la società... abbiamo occhi grossissimi per vedere i difetti; lì siete -direi- magnifici. Poi, dove cade l'asino? L'asino cade, signori giovani (dovrei dire adesso: i motorini cadono), qui: laddove si tratta di fare una proposta alternativa. E la vostra proposta alternativa alla tradizione, purtroppo, è un ritorno all'epoca di Diòniso, dove cioè la morale viene costruita attimo per attimo e si identifica con la volontà di Diòniso. Diòniso, chi è? E' il dio opposto ad Apollo. Apollo è la razionalità, Diòniso invece è l'istinto. Chi è Diòniso? E' il bambino che nasce nella foresta, sgambetta liberamente, non ha leggi, fa tutto quello che vuole... ma perchè? Perchè è solo. Se dovesse incontrare altri Diònisi, allora voi capite che cosa potrebbe scatenarsi anche nella foresta. Dunque dicevo: primo, capacità razionale di spezzare i legami con la tradizione che ha le sue radici nella famiglia (e qui adesso, il tempo non mi resterà, ma dovremo fare un certo discorso).

Secondo, capacità di portare la propria croce. Eh, qui comincia a diventare difficile, il discorso; vedete? vedete la proposta di Gesù? Critica alla tradizione, sì; ma per costruire un mondo nuovo che sia degno dell'uomo, quindi la propria croce. Perchè? Perchè qualcuno non debba portare anche quella degli altri. Perchè, se noi badiamo, la vita sociale purtroppo è congegnata così. Se io mi becco una pensione abusiva per invalidità, io vado a pesare su tutta la comunità; se io faccio un certo lavoro in un certo modo, o non lavoro, vado a scaricare sugli altri. Ecco il significato di questa frase 'portare la propria croce'.

Terzo, capacità e volontà di calcolare seduti (seduti, seduti, non andare in giro sul monte Bianco, seduti) almeno quante sono le opere che dobbiamo fare. Perchè, gli operatori del male si mettono seduti a calcolare ciò che debbono fare. E chi sono: per esempio coloro che assaltano le banche e che fanno dei tunnel per arrivare finalmente al tesoro. Questi signori si sono seduti, prima, a fare calcoli (e calcoli rigorosi) per il rumore, per la lontananza, per gli strumenti che dovevano adoperare.

Quarto, capacità di rinunciare a tutti i propri averi per far sì che la proprietà sia un bene di tutti. E questo è l'ultimo punto su cui dovevamo discorrere.

Adesso vi chiedo ancora cinque minuti, e poi abbiamo finito. La questione dei due esempi: della torre e del re che vuole muovere guerra ad un altro re. Sono di Gesù, gli esempi? Facciamo l'ipotesi di sì. Il primo esempio riguarda la lotta contro la natura. Già, costruire una torre (voi lo vedete, in natura non ne esistono) sarebbe il segno della razionalità umana. Il secondo invece è contro gli uomini, e questo è un male. Ecco perchè mi viene il dubbio che la esemplificazione si vada a prendere su di un'azione che è male in sé. Il riferimento alla torre è pungente. Contro chi? Contro gli arrampicatori che iniziano l'avventura del passaggio di status (per status intendo lo status sociale) e ci restano poi in mezzo. Siamo anche noi i primi a criticare: non vi è capitato di andare alle volte alla periferia di qualche città.. si vede lì un palazzo iniziato... beh, come mai?... eh, mancanza di fondi. Questo tipo aveva pensato di farci lì chissà quale monumento alla propria grandezza... mancanza di fondi. Ma questi fondi poi bisognerà vedere fino a che punto egli li ha rastrellati gettando la croce sugli altri, relativamente al discorso che vi ho fatto prima.

Però abbiamo anche esempi -diciamo così- di grandi opere... Ve ne cito una, che era anche abbastanza nota nell'antichità, perchè era una delle meraviglie dell'antichità: il faro di Alessandria. Era una delle sette meraviglie del mondo. Il costruttore (Sostrate di Cnido, credo) per costruire questo faro, naturalmente, aveva dovuto mettersi a sedere, a fare calcoli senza fine, perchè l'opera era là... mi pare che fosse alta 120 metri... vi rendete conto, all'epoca, che cosa voleva dire? Perchè poi tutti i fari che hanno preso l'esempio, qui nella nostra penisola da Genova fino a Taranto, sono tutte minuscole imitazioni di quel famoso faro, il quale doveva guidare i naviganti. E credo che nella iscrizione ci fosse: "Per favore dei navigatori e agli dei salvatori", quindi era dedicato -vedete- alle divinità. {...} Ma siccome il faro era stato fatto sotto un certo re della -diciamo- genìa dei Filadelfi, allora questi qui ci avevano scritto sopra il loro nome. L'architetto che cosa ha fatto? Ha fatto scavare nel sasso una piccola rientranza, facciamo di dieci centimetri, poi là in fondo ci ha scritto: 'Sostrate di Cnido, figlio di...' e poi ci ha messo sopra della calcina, e sulla calcina, finalmente, fu scritto il nome del re che l'aveva fatto costruire. Poi i secoli hanno fatto cadere la calcina e finalmente si sa che l'autore era lui.

Dunque, in questo caso la costruzione del faro è tutta in positivo, e l'esempio può essere buono. "D'accordo," voi mi direte "uno che si metta a costruire, può fare la torre di Babele insidiando la divinità come noi conosciamo, o può farsi anche un bel castello per affermare la sua grandezza come accadeva nel medioevo, oppure può fare un'opera civile, di utilità pubblica, come questa del faro. E allora, ammesso che l'esempio sia di Gesù, bisogna leggerlo in questa chiave.

Ma l'altro strano esempio del re, che parte in guerra per distruggere altri uomini... Anche qui, non mi direte che una guerra sia un'opera civile, o un'opera umana degna di essere ricordata. Ora, in genere, il numero assicura la vittoria, a meno che non ci sia dall'altra parte una tensione esistenziale sostenuta da un genio calcolatore. E dovrei citarvi quali sono le battaglie lungo la storia che hanno lasciato un segno. Perchè? Perchè sono state vinte con un numero inferiore di uomini, anzi meno della metà. In tempi recenti abbiamo, per esempio, la battaglia di Loiten (1751), che Napoleone aveva studiato e ristudiato, perchè il famoso Federico II il Prussiano era riuscito a sconfiggere gli Austriaci benchè questi fossero numerosi di 80000 uomini e lui ne avesse soltanto 32000. Adesso non sto qui a raccontarvi come egli abbia fatto, ma certamente questo colpo di genio militare è rimasto impresso nella mente di Napoleone.

All'epoca c'era stata una battaglia... 48 anni prima di Gesù Cristo ci fu la battaglia di Farsalo. In questa battaglia, chi era presente? Erano presenti i due più grandi generali della romanità: da un lato Pompeo, dall'altro lato Cesare. {...} Cesare è presente con 22000 uomini e soltanto 1000 cavalieri. Pompeo ha con sé 47000 uomini, 6000 cavalieri, 4200 vèliti (che potrebbero essere paragonati ai bersaglieri dell'attuale esercito). Come mai, con questo dislivello di più del doppio, Cesare ha vinto? Probabilmente aveva con sé gente selezionata che credeva come lui in un nuovo ordine sociale e istituzionale. Questo è il punto. Adesso non domandatemi se Cesare è colui che ha instaurato la tirannide, non domandatemi se in questo caso l'impero sia meglio della repubblica. Il fatto è che la crisi profonda di quelle istituzioni doveva essere sanata con questo bagno di sangue, così almeno nella logica hegeliana delle cose.

Ma, se per imprese contaminate dall'orgoglio etnocentrico (che può essere quello della costruzione della torre, per orgoglio personale, o quello di assoggettare altre persone al nostro dominio), ci vogliono calcoli sottili, rinunce senza fine, tanto più per essere discepoli di Cristo ci vogliono delle rinunce che Gesù ha elencato in ordine nel passo evangelico.

Finisco. Costruire il regno è molto più scomodo, è molto più difficile che costruire un faro o fare una guerra contro degli avversari. Perchè? Perchè per costruire il regno Gesù punta sulla rinuncia di sé; per costruire la propria grandezza bisogna invece affermare il proprio io. E questo è un male.