Monticello di Pievepelago (Modena), domenica 23 luglio 1989

Luca (10, 38-42)

 

Cinque minuti, prendete l'orologio in mano. Due pensieri, saranno molto stringati, il resto lo aggiungerete voi.

Questo episodio è un episodio classico. E resterebbe da stabilire se è di Gesù la frase ultima: 'Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta'. Certo, la nostra civiltà occidentale (non è solo il Cristianesimo, già Aristotele l'aveva fatto) celebra la vita contemplativa come superiore alla vita attiva.

Quel cervellone di Aristotele l'aveva capito, e aveva detto: "Noi dobbiamo trovare, tra tutte le attività degli uomini, una attività che non abbia rimandi (esempio: noi facciamo la guerra per stare in pace; noi lavoriamo per riposarci). "Dobbiamo trovare un'azione che non abbia questo rimando, che sia valida per se stessa". Ora questa azione (badate, è un'azione) è la cosiddetta contemplazione. Quando io contemplo, non lo faccio per nessun altro motivo se non per quello stesso motivo che è il contemplare. Ecco allora che questa sarebbe la attività più alta del genere umano, e di ogni singolo uomo.

Senonché (ecco il punto), quando due persone si collocano in questa piccola piramide, per cui uno può contemplare perché è ricco, e l'altro deve lavorare come uno schiavo per mantenere costui che è ricco, allora finito il discorso. E la civiltà greca era esattamente -tutti lo sapete- basata sulla schiavitù. La contemplazione è possibile a una categoria di persone, perché c'è un altra categoria di persone che consuma tutta la sua esistenza per dar la possibilità a quest'altra categoria di poter contemplare.

Ora, se questo bubbone lo trasportate all'interno della vita cristiana, ahimè, finito il discorso. Allora si consacra, come è accaduto nel medioevo, la schiavitù, i servi della gleba. "Eh, noi preghiamo... voi ci dovete dare il pane". Chiare le allusioni? A questo punto la lettura del passo evangelico è diventata pericolosa.

Ma qui (ecco che cosa abbiamo trascurato di spiegare) si tratta di due sorelle. Allora l'affermazione di principio di Gesù è valida esattamente perché si tratta di due sorelle. Le quali poi, alla fine, avevano i beni in comune e si dividevano fino in fondo quello che avevano. Non è che Maria sia diventata quella che sta lì a dire delle preghiere, e Marta quella che le prepara il pane o la minestra: cioè una schiava dell'altra. Soltanto così il passo evangelico ha un significato.

Questa è una prima osservazione. Seconda, e chiudo. L'unico santo della Chiesa cattolica che ha risolto questo rapporto che deve esistere tra la contemplazione e l'azione, e cioè dare la possibilità a tutti di potere contemplare, (se la contemplazione è il fine dell'esistenza -quel fine oltre il quale non è possibile ipotizzare qualche cosa d'altro- allora bisogna che tutti i Cristiani abbiano la possibilità di poterlo fare), è san Francesco. Francesco d'Assisi come ha risolto il caso? L'ha risolto in questo modo: se ci sono due frati (prendiamo il modello minimo di due, ma potrebbero essere quattro, sei, otto) che vogliono condurre una vita perfetta, facciano così: si portano in un eremo e uno, a turno, lavora per mantenere l'altro che deve essere dedicato soltanto alla vita spirituale. Questo soltanto per una settimana. Dopo una settimana si mutano i ruoli: quello che prima contemplava adesso va a lavorare e mantiene quell'altro. Questo è uno schema che storicamente abbiamo dimenticato, che è una delle grandezze del Francescanesimo e -diciamo- uno dei colpi di genio di san Francesco di Assisi, il quale credo si fosse ispirato esattamente al passo evangelico.

Allora, signori, contemplazione sì, superiore ad ogni cosa, purché non ci vada di mezzo la giustizia e la fratellanza.

Monticello di Pievepelago (Modena), domenica 23 luglio 1989