"Nel mondo vi furono sempre luce e tenebre, ma in tutti i tempi, anche nei più oscuri, se n'ebbe sempre l'esatta percezione. Le tenebre, per chi lo voleva davvero, erano riconoscibili in tutta la loro oscurità. Ora, invece, le tenebre sembrano diventate luce, la luce tenebre" (Pestalozzi)

 

PLURALISMO FRA GRANO E ZIZZANIA

A proposito dei film: "ULTIMO TANGO A PARIGI" (risposta a un lettore)

 

Le considerazioni contenute in questo articolo si riferiscono anche se poi lo trascendono a uno scritto osannante al film di Bertolucci "Ultimo tango a Parigi", che un nostro giovane amico ci propone di pubblicare su Frate Francesco. "La tematica egli dice non è assolutamente nuova, ma è attualissima, considerato il connettivo sociale e la civiltà nella quale siamo inseriti... l'unica realtà è il sesso... l'unica valvola di sfogo alle miserie dell'umanità è l'annientamento di se stessi nella sublimazione dell'orgasmo ... ", e così via.

Se con questa puntualizzazione il nostro giovane amico intende prendere le distanze da un non ben definito "retrivo conservatorismo", noi pure intendiamo prendere le distanze non solo dal film e dai suoi contenuti formali e sostanziali; ma anche da ciò che il nostro giovane amico dice e pensa del film. Se vogliamo giocare al progressismo, noi, allora, ci appollaiamo subito sulla sponda alta della novità evangelica dalla quale i conservatori e i novatori appaiono come peccatori appartenenti, ahimè, a una stessa classe di uomini vecchi, sfiancati da un incolmabile vuoto di comunione. Tra il moralismo puritano di Catone e il progressismo epicureo di Orazio non facciamo molta differenza giacché tutti e due insieme con la libidine conquistatrice di Cesare e il paternalismo civico di Cicerone fanno parte dello stesso sistema etico, in cui esiste la strumentalizzazione dell'uomo (e della donna, ovviamente). Se il pluralismo, inteso come insindacabile scelta morale o come abolizione delle frontiere tra prassi e etica, rappresenta la condizione della buona salute dell'uomo, allora nessuno deve applicare all'altro l'etichetta di "retrivo" o di "conservatore". Se il pluralismo è, invece, lo spazio della buona salute che non elide la possibilità di individuare le insorgenti malattie dell'uomo, allora occorre ipotizzare una tabella di raffronto perché non accada né che "aethiopem albus derideat" (come dicevano i vecchi anticolonialisti), né che "loripedem rectus derideat" (come dicevano i buoni educatori cristiani); giacché se è teologicamente deprecabile che un bianco derida un negro, e moralmente deprecabile che il non-zoppo derida lo zoppo, sarebbe il caos esistenziale se lo zoppo volesse convincere il non-zoppo di essere un alienato e un minorato.

Romanzo, cinema, teatro pare abbiano la tendenza a presentare l'uomo come una vittima piuttosto che come un eroe.

"Il nostro è un mondo dice ancora il nostro giovane amico in cui alienazione e incomunicabilità impediscono all'uomo di realizzarsi", e agita, così, la bandierina del vittimismo; poi, con la buona intenzione di portare aiuto alla vittima, aggiunge: "perciò il costume erotico sarebbe la maniera più totale di comunicare oggi in un ambiente storico divenuto incomunicabile". Ci :saremmo aspettati un invito all'eroismo o comunque una proposta "progressista", e invece assistiamo a una discesa incolore verso una forma unica di comunicazione, assai vicina alla primitività totale, laddove il sesso diventa un totem attorno al quale ruotano le larve umane. Rousseau, con la sua proposta di tornare alla natura ritorno che va ben oltre il già distensivo fruscio delle foglie e dei ruscelli assume la fisionomia di un santo padre se lo si raffronta alla proposta liberatrice dell' Ultìmo tango a Parigi. Qui, infatti, lui e lei sono ben diversi da Emilio e Sofia e sono già uniti in una vecchia casa polverosa, magari con whisky e sigarette e radiolina e droga e giallo dentro allo stipetto, nel folle tentativo di uscire dalle alienazioni per il tramite di altre alienazioni. Se lui (l'uomo) è in crisi perché sono crollate le sponde della speranza adulterio e suicidio della moglie non si capisce, allora, perché la fedeltà coniugale sia messa sul conto dei preconcetti morali; se è un preconcetto non dovrebbe demolire chi lo ritiene tale. Tutto ciò è concomitante, se non conseguente, al rifiuto di un qualsiasi modello normativo e alla celebrazione, a volte acritica, del relativismo morale; o, più sottilmente, del pluralismo culturale inteso come spazio per contrabbandare qualsiasi cosa. Quando i valori perdono quota perché non sono creduti o perché non sono razionalmente fondati, le richieste del pluralismo diventano sempre più soggettive e fantasiose, tali da confondere i connotati dell'errore e della verità, del bene e del male. Sul piano morale pochi sanno dire se la vocazione dell'uomo sia la monogamia o la poligamia, il matrimonio o la sodomia; sul piano artistico (dove pure si continua a parlare di opera d'arte e non) assistiamo alle richieste più temerarie: v'è l'originale che trasforma i suoi capelli in un pennello e va tracciando una lunga striscia di colore su di una passatoia di carta, v'è il perdigiorno che intreccia fili attorno a un manichino e attende, fumando, il consenso dei passanti, e v'è il cerebrotico che applica alle corde del pianoforte tutto un sistema di levette e martelletti fino a ottenere, con impulsi elettronici, un suono omogeneo e arcano che, produce, a suo dire, emozioni e sensazioni indipendentemente dal suono formale ottenuto con il banale battito dei tasti. In genere sono pluralisti il santo e il porco. Il santo per poter amare il prossimo senza la delimitazione della "legge", il porco per potere imporre "legalmente" il suo puzzo al prossimo. Il santo è tollerante anche se conosce la sola -scelta del bene, il porco è egoista e intollerante anche se magnifica il pluralismo delle scelte.

Conviene ricordarsi, come avverte Pascal, che "il latrocinio, l'incesto, l'uccisione dei figli o dei padri, hanno avuto tutti il loro posto fra le azioni virtuose" (Pensieri, 294) e che l'uomo deve fare qualcosa per mantenersi al livello della sua umanità. Del resto potrebbe accadergli ciò che accadde ai macedoni; i quali è Tertulliano che ci informa (Apol. IX, 16) abituati all'incesto dall'insegnamento di Giove (la religione che diventa il "controcanto celeste della storia reale"), non capirono il dramma di Edipo. "Assistendo infatti per la prima volta alla tragedia e ridendo dei dolore del protagonista di fronte alla rivelazione dell'incesto, gridavano: "gettati su tua madre". Ciò dimostra che non si è gratuitamente uomini e che lo sforzo di essere uomini può avere le sue stanchezze. Al cristianesimo che vuole l'eguaglianza, sia pure dentro alla dialettica dell'uso diverso dei talenti, si oppone una costante storica uno strano .tipo di egualitarismo etico, ma non sociale in cui si vogliono ridurre tutti gli uomini allo stesso livello di animalità. Il cristianesimo vuole che gli uomini diventino perfetti come il Padre, a livello infinito; ma l'umanesimo laico sembra impegnato a fracassare i garretti dell'uomo per togliergli la velleità utopistica di ipotizzare un livello diverso ,di uguaglianza. L'ordine è di seppellire i talenti per non dovere rispondere di niente a nessuno.

Sì, certo, viviamo in un mondo di alienazioni; ma dove stanno di casa le alienazioni? Per Cristo, alienati e chiusi alla comunione sono il ricco epulone, Erode, i re delle genti, i farisei che avevano costretto Mosè a mettere argini allo strapotere sessuale dei crani di bue, il fattore infedele che firma false ricevute, gli scribi e i farisei associati che divorano le case delle vedove, la Maddalena, la Samaritana, l'adultera nel periodo in cui giocavano il loro tango con gli occupanti di turno, e così via. Per i varì "proigressisti" qui elencati, per gli anziani e i -capi del popolo, per tutto il :potere economico, politico, culturale, l'alienato era il figlio del falegname perchè proponeva una bonifica integrale dell'uomo e fondava la comunicazione con l'altro su un tipo di amore che si chiama agápe e non eros. Eros, infatti, può servire egregiamente a moltiplicare gli uomini; ma è incapace di unirli. Ed è sofisma infantile attribuire alla "retriva conservazione" la incapacità di capire il messaggio dell'Ultimo tango giacchè tutti coloro che finanziano, approvano, divulgano la scelta etica e artistica di un tale messaggio appartengono esattamente a quel mondo capitalistico che porta con sè la tabe del sesso definalizzato e la tabe del predominio "sadico" del capitale sul lavoro. Tutti coloro che applaudono le opere di avanguardia "pornografiche" sono coloro che approvano lo sfruttamento dell'operaio, beffano le fatiche del contadino, vogliono le sperequazioni retributive con i rispettividislivelli sociali e così via; giacchè a Parigi per compiere certe imprese ci vanno coloro che hanno un certo portafoglio e certe idee per la testa; ma non il contadino o l'operaio medio anche se molti che vivono di fatto la condizione operaia usano poi (o desiderano usare) il frutto del lavoro per alimentare il bacino ìdrico di quel capitalismo sessualmente progredito che li tiene schiavi. Occhio all'azienda delle "anime morte"!

Non vorremmo che l'idiosincrasia per la "retriva conservazione" ci facesse scivolare nella accettazione della più totale disumanizzazione. Prendìamo, a titolo di esempio, Ladisubbidienza di Moravia. La crisi di Luca adolescente trova la sua soluzione nella "esperienza della donna" il che vuol dire, a conti fatti, che Luca ha ricevuto l'investitura del sistema capitalistico per il tramite della penna di un romanziere. Con la disperata volontà di eliminare i tabù e i complessi si preparano i personaggi più stilizzati della società borghese e i più supini protagonisti della conservazione sociale.

V'è poi il sofisma che tenta di presentare il "costume erotico" come il tunnel di salvezza rispetto al costume di far la guerra,. Già Socrate, risvegliandosi in carcere dopo la prima notte di detenzione, discorreva alla buona sul legame profondo che accomuna il dolore e il piacere nella gamba avvolta dalle catene. Come se guerra e amore non fossero gli ingredienti storici dell'uomo caduto così come ossigeno e idrogeno sono gli ingredienti naturali dell'acqua,. Ecco un riferimento. Lo storico Brantóme citato da Bayle nei Pensieri sulla cometa narra che l'ammiraglio De Bonniver, l'unico a consigliare Francesco I di passare le Alpi, lo fece non tanto per il bene del proprio signore quanto per rivedere una gentildonna milanese avuta qualche anno prima come amante e che ora voleva godersi di nuovo. Non solo ma di tale signora il De Bonniver aveva tanto parlato al re da fargli sorgere il desiderio di possederla, per cui la "spedizione che spinse la Francia sull'orlo del precipizio... ha avuto come causa principale un capriccio amoroso". E il coro di Marat-Sade di Weiss canta: "a che serve una rivoluzione senza un accoppiamento generale?". E' questo, infatti, il comune denominatore che rende tutti gli uomini uguali: "il costume erotico" e la guerra (due aspetti della stessa aggressività). E anche Moravia discorre di pace. "La pace - egli scrive sulle colonne del Corriere della sera, 27 ott. 1973 - quella pace che permetterebbe di cambiare il mondo, è un salto di qualità, una trasmutazione di tutti i valori. Questa pace non c'è, è ancora tutta da inventare". Del salto di qualità e della trasmutazione dei valori parla Cristo e parla Marx e parla anche il porco; ma ognuno capisce che il salto si conclude in tre aree diverse.

Più vicino a noi c'è anche a disposizione il Diario di Goebbels per dimostrare come guerra e lussuria siano inseparabili. Chiunque fa l'amore è già in guerra perché sarebbe pronto a distruggere l'universo pur di continuare a farlo; e chiunque fa la guerra progetta sempre una partita d'amore tra un colpo di cannone e l'altro. Il grido di Goebbels rivolta lo stomaco: "quanta sporcizia, quanti imbrogli! l'essere umano è una canaille" (24 apr. 1926), ma poi ai programmi di riforma sociale si mescolano le imprese da mille e una notte nel castello di Potsdam, dove sporcizia e imbrogli assumono proporzioni cosmiche. Dunyan Williams è spietato: "i figli dei contestatori di oggi - egli scrive ne La scimmia in calzoni - saranno costretti negli anni ottanta a scrivere sui loro cartelli: "non fate l'amore, fate la guerra".

Ed eccoci, infine, alla scena della "dita nell'ano". Perché il nostro giovane amico non sia tentato di catalogarci tra i puritani, dichiariamo subito la nostra concezione etica e delle dita e dell'ano. Le dita nell'ano le mettiamo tutti almeno una volta al giorno, poi v'è la madre che mette le dita nell'ano del bambino per curarne l'igiene, poi v'è la logica del matrimonio con le sue giuste finalità, poi vi sono le geniali supposte, poi v'è il bagno dell'uomo civile, poi v'è l'assistenza, a volte eroica, ai vecchi ai malati ai morenti; ma ci rendiamo conto che dopo tutti questi servizi le dita sono ancora abbastanza pulite per assumere, poniamo, l'Eucarestia. Quando, però tutto è definalizzato resta il solo "istinto" con i suoi rigidi programmi: a Potsdam e a Parigi le dita nell'ano dell'amante, poi le dita sul grilletto, poi sul rubinetto delle camere a gas, poi sulla busta paga, e così via. Quando le dita sono sporche, perchè è sporco il cuore, infettano ogni cosa. Consideriamo, comunque, mefistofelico il comportamento di chi non vive fino in fondo la logica ,di una etica autodistruttiva giacché equivale a volerla impiantare nel nido altrui come il cucùlo. Furono più onesti Adamo ed Eva i quali almeno portarono fino in fondo il peso di una scelta che era apparsa come liberante ("sarete come Dio"). Il pluralismo potrebbe diventare il banco di prova irrefutabile dei "valori" assunti se fosse vissuto in assoluta autonomia; ma il "Prodigo", ahimè, non va a costruirsi una civiltà autonoma, egli si ingaglioffa nelle nervature di quella esistente, chiede la sua parte (in nome del primato della proprietà privata!) e va esattamente a danzare il suo tango a Parigi, non va certo a occuparsi del "terzo mondo,". E alla fine non solo non trova "libertà"; ma costruisce schiavitù giacché a Parigi, tutti in una volta e per sempre, non ci si può andare; e qualcuno, chi si squattrina per primo deve poi fare il guardiano dei porci. La salvezza resta ancora la "retriva" fattoria del Padre dove pur essendoci un fratello "puritano" e chiuso al dialogo, v'è però spazio per un serio e libero mestiere di uomo.

Come semplici uomini dubitiamo che la ruggine possa trovare consistenza fuori dal ferro di cui succhia gli umori e su cui può innalzare il mucchietto della sua fragile statura. Come uomini di cultura non dimentichiamo le conclusioni dell'antropologo culturale J. D. Unwin: "voler godere egli dice dei vantaggi di una cultura superiore e al tempo stesso voler sopprimere le imposizioni della società circa la continenza sessuale appare non solo inconciliabile nella natura umana, ma addirittura contraddittorio. Ogni società umana è libera di scegliere tra lo sviluppo di maggiori energie e il godimento di libertà sessuali. Tutto tende a dimostrare che una società non può unire in sè tutt'e due le cose per più di una generazione". Come cristiani, poi, abbiamo il "privilegio" di conoscere la radiografia dell'uomo vecchio. Ed è Pascal che ci fornisce puntualmente la scheda: (da corruzione della ragione egli scrive si rivela in tanti costumi diversi e stravaganti. Fu necessario che venisse la verità perché l'uomo non vivesse più solo, in se stesso" (Pensieri, 440).

Il Salvatore dell'uomo nacque, infatti, da Maria Vergine. Se è vero che dal cuore dell'uomo nascono, e vengono introdotti nel mondo, i latrocini, gli adulteri, gli omicidi, le menzogne, è anche vero che dal seno della donna possono originarsi, ahimè, i futuri danzatori del primo tango a Parigi. :Come cristiani, ;dunque, non possiamo non riportare il filo del discorso a Betlem, dove la povertà dei protagonisti è anzitutto sinonimo di pulizia e di equilibrio psichico.