LA GESTIONE DEL CERVO E DEL CAPRIOLO NEL PARCO NAZIONALE DELLA MAIELLA (ABRUZZO). PROGETTO DI RIPOPOLAMENTO E PRIME RICERCHE ECO-ETOLOGICHE

 

 

Carla Ciampoli

 

INDICE

INTRODUZIONE

1. CERVO E CAPRIOLO

1.1 Sistematica e morfologia
1.2 Caratteristiche eco-etologiche
1.3 Consistenza e distribuzione in Italia


2. AREA DI STUDIO

2.1 Geomorfologia ed idrografia
2.2 Geologia
2.3 Clima
2.4 Vegetazione
2.5 Fauna
2.6 Gestione del territorio


3. GESTIONE DEL CERVO E DEL CAPRIOLO: PROGETTO DI RIPOPOLAMENTO

3.1 Ripopolamento degli anni '80
3.2 Ripopolamento del 1995

3.2.1 Cattura e trasporto
3.2.2 Marcatura e rilevamenti
3.2.3 Rilascio


4. MONITORAGGIO RADIOTELEMATICO

4.1 La radiotelemetria

4.1.1 Attrezzatura

4.2 Rilevamento dei dati radiotelemetrici

4.3 Analisi dei dati radiotelemetrici

4.3.1 Ritmi di attività

a) attività giornaliera
b ) attività stagionale
c) attività nelle settimane successive al rilascio
d) attività e parametri ambientali

4.3.2 Attività in zona e moving
4.3.3 Sopravvivenza e mortalità: esito del ripopolamento


5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

6. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


Il 1° e il 2° capitolo sono dedicati, rispettivamente, alla descrizione delle caratteristiche morfologiche, eto-ecologiche delle due specie oggetto di studio, e a quelle geologiche, idrografiche, climatiche, vegetazionali, faunistiche, dell'area in cui è stato condotto il progetto di ripopolamento.

Nel 3° capitolo si ha la descrizione di come sono stati condotti i due progetti di ripopolamento negli anni '80 e '90, con particolare riferimento alle fasi di cattura, trasporto e rilascio degli animali.

Il 4° capitolo è incentrato sul monitoraggio radiotelemetrico, in particolare sulla descrizione dell'attrezzatura usata, sul rilevamento dei dati e sulla loro successiva analisi per studiare le variazioni dei ritmi di attività degli animali in relazione alle ore della giornata, alle stagioni, alle modificazioni dei parametri ambientali, e per delineare, in base ai tassi di sopravvivenza e di mortalità, l'esito dell'operazione di ripopolamento.

Nel 5° capitolo si hanno le considerazioni conclusive sul progetto di ripopolamento, evidenziandone le cause di insuccesso e delineando un quadro di riferimento per la buona riuscita di ogni progetto di tal tipo.

Desidero ringraziare il Comando della Stazione Forestale di Caramanico Terme per la disponibilità dimostratami e per avermi dato la possibilità di accedere alla biblioteca del Centro Studi, per la consultazione di testi e relazioni riguardanti tale progetto.


 

INTRODUZIONE

Questa relazione rappresenta una sintesi di un lungo lavoro di reintroduzione del Cervo e del Capriolo, svoltosi in due riserve naturali del Parco Nazionale della Maiella, che si inserisce nell' "Operazione Ripopolamento" dell'Appennino Centrale, il cui scopo è la riqualificazione ambientale basata sul ripristino degli ecosistemi mediante reintroduzione di quelle specie animali che un tempo popolavano gli Appennini ed in seguito estintesi a causa dell'uomo. Nel massiccio della Maiella la reintroduzione dei due ungulati ha inizio negli anni '80 ed è poi seguita da varie fasi di ripopolamento l'ultima delle quali, effettuata nel 1995, si inserisce nell'ambito di un più vasto progetto di ricerca finalizzato ad una maggiore conoscenza delle caratteristiche eco-etologiche delle due specie nella particolare area di studio al fine di attuare una corretta gestione degli animali da salvaguardare.

Con il progetto di reintroduzione degli anni '80 sono stati rilasciati nella riserva della Valle dell'Orfento 16 esemplari di Cervo, fra il 1983 ed il 1986, e successivamente, fra il 1986 ed il 1987, 14 esemplari di Capriolo. Nel complesso tale progetto ha avuto esito positivo, infatti, nel 1991 nella Valle dell'Orfento è stata stimata una consistenza di 90 Caprioli e di 60 Cervi che fa supporre che le popolazioni delle due specie siano in aumento con un incremento annuo del 20% per il Cervo e del 40% per il Capriolo.

Con il successivo progetto di reintroduzione del 1995 sono stati immessi, nella Riserva Naturale della Valle dell'Orfento e in quella di Lama Bianca, 16 esemplari di Capriolo e 10 di Cervo. Tale progetto, avendo come ulteriore obiettivo anche quello di studiare l'etologia e le necessità ecologiche delle due specie, si è avvalso delle tecniche radiotelemetriche che hanno permesso di monitorare continuamente gli animali per analizzare le modalità di diffusione e di insediamento nell'area di studio nonché di ottenere informazioni sull'ecologia di questi ungulati in tutte le ore della giornata.

Le analisi, condotte separatamente per le due specie e per sesso, hanno permesso di valutare:

- i ritmi di attività giornalieri

- i ritmi di attività stagionali

- le modificazioni dell'attività nel periodo successivo al giorno del rilascio

- le modificazioni dell'attività in relazione a differenti parametri ambientali

- il tasso di sopravvivenza e di mortalità degli animali radiomarcati

- le differenze e le analogie tra i sessi

 

1. CERVO E CAPRIOLO

1.1 SISTEMATICA e MORFOLOGIA

Il Cervo (Cervus elaphus) e il Capriolo (Capreolus capreolus) appartengono alla famiglia dei Cervidi, inclusa nell'ordine degli artiodattili (presenza di un numero pari di dita).

I maschi di entrambe le specie sono caratterizzati dal possedere un palco caduco ramificato che si rigenera ogni anno.

Il Capriolo presenta una morfologia che lo rende particolarmente ben adatto alla vita nelle boscaglie ricche di sottobosco. Presenta, infatti, ridotte dimensioni corporee (115 cm il maschio e 105 cm la femmina), palchi poco sviluppati e rivolti all'indietro e pesa tra i 20-25 Kg.

Nell'animale adulto il palco è costituito da due stanghe aventi 3 punte ciascuna, raggiunge il suo massimo sviluppo tra il 5° ed il 6° anno di vita, inizia a cadere nel mese di novembre e le nuove stanghe, inizialmente rivestite da un "velluto", compaiono in febbraio.

Il mantello varia in colorazione e consistenza nel corso dell'anno: nel periodo estivo è caratterizzato da un colore rosso-bruno e dalla presenza di peli corti e sottili, mentre nei mesi successivi assume una colorazione grigio-bruna con peli più fitti e lunghi.

Il Cervo ha una conformazione che lo rende particolarmente adatto alla corsa ed alla vita negli spazi aperti. Presenta, infatti, considerevoli dimensioni corporee (185-210 cm il maschio e 150-180 cm la femmina) che lo rendono il più grosso erbivoro della fauna italiana, palchi di notevoli dimensioni con più ramificazioni e un numero variabile di punte.

Il mantello, di colorazione bruna-rossiccia durante il periodo estivo, assume in inverno una colorazione più scura tendente al grigio. Il ventre è bianco in entrambi i sessi.

 

1.2 CARATTERISTICHE ECO-ETOLOGICHE

Il Capriolo è un animale ecotonale che predilige gli ambienti di transizione, fra la pianura e i boschi, caratterizzati dalla presenza di cespugli ad arbusti, confinanti con piccole radure, pascoli o campi coltivati, nei quali c'è un'elevata variabilità vegetazionale. L'habitat ideale è il bosco collinare di latifoglie e quello misto di bassa e media montagna; la faggeta è invece un ambiente meno favorevole.

Ciò che lo rende poco adatto a vivere in qualsiasi habitat è la necessità di un'alimentazione poco erbacea e qualitativamente molto ricca. Inoltre, a causa delle ridotte dimensioni dello stomaco, deve eseguire costanti e ripetute fasi di alimentazione.

La presenza di acqua non è un fattore limitante poiché gli alimenti di cui si nutre ne contengono una quantità sufficiente da garantire il giusto apporto idrico.

E' un animale solitario che instaura scarsi legami sociali con i conspecifici e anche "residenziale" poichè difficilmente si allontana dall'area in cui vive.

Il Cervo è un animale che necessita ampi spazi in cui boschi di latifoglie, querce, faggio, aceri, siano intercalati da ampie vallate, in cui la presenza di acqua è assolutamente necessaria.

La grande quantità di spazio necessaria deriva dall'esigenza di possedere quartieri di svernamento differenziati da quelli di estivazione.

E' un pascolatore selettivo di tipo intermedio, per cui può avere sia una dieta tipica del brucatore, sia un dieta caratteristica del pascolatore.

E' un animale sociale che trova nel branco una maggior protezione nei confronti dei pericoli e una collaborazione nella ricerca del cibo e nelle cure parentali.

 

1.3 CONSISTENZA E DISTRIBUZIONE IN ITALIA

Il Cervo all'inizio del secolo risultava estinto ad eccezione della piccola popolazione autoctona del Gran Bosco della Mesola. Nel secondo dopoguerra la Alpi centrali ed orientali sono state interessate dalla ricolonizzazione spontanea di questa specie attraverso Svizzera, Austria e Slovenia, mentre nelle restanti parti delle Alpi e in diversi settori dell'Appennino sono stati effettuati numerosi interventi di reintroduzione.

Attualmente sono presenti oltre 15.000 capi sulle Alpi italiane, circa 500 nelle Foreste Casentinesi e altrettanti nelle Foreste del Pistoiese; nuclei meno consistenti sono presenti in Garfagnana.

In Abruzzo ci sono diverse centinaia di capi distribuiti tra i massicci del Parco Nazionale d'Abruzzo, della Maiella, del Velino-Sirente.

Il Capriolo nel secondo dopoguerra risultava estinto ad eccezione delle popolazioni sopravvissute in alcune zone di rifugio delle Alpi centro-orientali e della Maremma toscana.

Le successive reintroduzioni, effettuate con esemplari di origine alpina, hanno interessato numerose zone tra cui il Casentino, la Garfagnana, il Pistoiese, l'Alto Parmense, il Parco Nazionale d'Abruzzo, della Maiella e la Sila Grande.

 

2. AREA DI STUDIO

Il ripopolamento degli animali è stato condotto sia nella Riserva Naturale della Valle dell'Orfento (comune di Caramanico Terme) istituita nel 1971 e comprendente un'area di 2.606 ha, che in prossimità della Riserva Naturale di Lama Bianca (comune di S.Eufemia a Maiella) istituita nel 1987 e comprendente un 'area di 1.407 ha. Tali riserve costituiscono parte del Parco Nazionale della Maiella istituito nel 1991 e comprendente 6 Riserve Naturali e 4 Riserve Regionali per un totale di 72.480 ha di territorio protetto.

Il massiccio della Maiella si trova nella porzione sud-orientale dell'Abruzzo ed è delimitato a nord dalla valle del fiume Pescara, a sud dalla valle del Sangro, ad est dalla valle dell'Aventino e da quella del Subappennino Frentano ed a ovest dalla fossa di Caramanico.

2.1 GEOMORFOLOGIA ED IDROGRAFIA

L'area di studio è morfologicamente caratterizzata da versanti di origine calcarea incisi da profondi canyons, generatisi a seguito della profonda erosione fluviale, nonché dalla presenza di pendici ripide e prevalentemente rocciose.

Il massiccio della Maiella, infatti, è caratterizzato dalla presenza di cime e vette fra le più alte della catena appenninica: più di 30 cime superano i 2.000 metri e il Monte Amaro con i suoi 2.793 metri costituisce la seconda vetta dell'Appennino.

Dal punto di vista idrografico l'area di studio ricade nel sistema del Pescara ed è imperniato prevalentemente sull'Orfento, affluente del fiume Orte che alimenta il Pescara. Il territorio è ricco di acque, di sorgenti, mentre è limitato l'apporto superficiale delle acque meteoriche e di quelle di smaltimento delle nevi a causa della natura calcarea delle rocce che, per la loro elevata permeabilità, ne facilitano l'infiltrazione.

2.2 GEOLOGIA

Il massiccio della Maiella è costituito da stratificazioni calcaree nelle quali, dal Triassco in poi, ritroviamo tutti i periodi geologici.

Nel Mesozoico l'area era completamente ricoperta dalle acque del mare e caratterizzata dalla presenza di due distinti ambienti: uno di piattaforma carbonatica, di mare basso, ed uno di bacino pelagico, tra cui una zona di transizione dava origine ad imponenti scogliere e barriere coralligene.

Tale situazione è attualmente testimoniata dalla presenza di rocce ricche di forme fossili, come celenterati e briozoi.

Nel Miocene inferiore continua la deposizione marina e, alla fine del Miocene, il sollevamento delle catene Appenniniche adiacenti comporta delle profonde modificazioni nella Maiella in cui si ha la deposizione di rocce evaporitiche.

Nel Pliocene avvengono il sollevamento e la conseguente emersione e l'area raggiunge la caratteristica forma attuale, cioè una enorme struttura cupuliforme.

2.3 CLIMA

I dati pluviometrici e termometrici relativi all'area nella quale è stato condotto lo studio si riferiscono ai rilevamenti effettuati dalla stazione metereologica posta a S.Eufemia a Maiella ad una quota di 870 metri s.l.m..

Sebbene sia difficile definire con precisione il tipo di clima esistente a causa dell'instaurarsi di molteplici microclimi, si può associare il clima presente nell'area di studio ad un tipo mesotermico umido poiché manca una stagione arida e la temperatura del mese più freddo è compresa fra i +18°C e ­3°C.

 

2.4 VEGETAZIONE

Il massiccio della Maiella risulta particolarmente ricco dal punto di vista floristico e da quello vegetazionale; più del 30% della flora italiana ed oltre il 15% di quella europea sono presenti sulla Maiella. Tale varietà di specie è attribuibile alla presenza di microclimi che danno origine a una molteplicità di habitat molto diversi tra loro e variamente inclinati e esposti.

La vegetazione è stratificata lungo le pendici montuose secondo delle fasce bio-climatiche che rende possibile delineare 4 piani ed altrettanti orizzonti altitudinali:

Piano basale. Orizzonte submediterraneo (300-800 m.): tale fascia è quella che ha maggiormente risentito delle attività antropiche e pertanto risulta molto frammentata a seguito dei disboscamenti. Sono tipici di questa zona i boschi misti di caducifoglie con predominanza di Roverella, Acero campestre, Nocciolo e caratterizzati dalla presenza di un sottobosco molto sviluppato. Lungo i corsi d'acqua si rinvengono Salici e Pioppi. Molto frequenti sono i prati aridi derivanti dai disboscamenti, il cui suolo privo di copertura arborea è continuamente sottoposto a degradazione meteorica. Vi si è quindi affermata una vegetazione spontanea xerofila che presenta particolari adattamenti per ridurre le perdite di acqua per traspirazione.

Nel complesso la vegetazione del piano basale assume una forma a mosaico poiché i prati aridi e la vegetazione spontanea si intercalano a boschi di querce, di latifoglie decidue nonché a siepi ed arbusti.

Piano montano (800-1800 m.): la vegetazione caratteristica di queste latitudini è rappresentata dalla faggeta che costituisce la formazione forestale più estesa dell'intero massiccio.

I boschi di faggio sono in genere monospecifici ma, alle quote inferiori, sono accompagnati da altre specie arboree come Aceri, Cerri, Frassini, Maggiociondolo. Il sottobosco non è molto sviluppato

Piano culminale. Orizzonte subalpino (1800-2300 m.): caratteristici di queste zone sono gli arbusteti rappresentati dalla mugheta e dal ginepro nano.

Piano culminale. Orizzonte alpino (2300-2793 m.): il pendio si attenua ma la copertura vegetale si fa sempre più discontinua. Si incontrano piante in genere perenni e di piccole dimensioni, estremamente specializzate, simili a quelle presenti nella tundra boreale.

 

2.5 FAUNA

La complessità di habitat presenti sul massiccio della Maiella, conseguenza della grande varietà di microclimi, di suoli, di ambienti e di versanti, si riflette in un popolamento faunistico estremamente vario con la presenza di specie varie.

Sono presenti più di 40 specie di mammiferi. Tra i carnivori è accertata la presenza dell'Orso bruno marsicano, del Lupo, della Faina, della Donnola, del Tasso, della Puzzola, della Volpe, del Gatto selvatico (molto raro), e della Lontra, la cui ridotta popolazione sull'Orte rappresenta l'unica documentata in tutto l'Abruzzo. Tra gli ungulati sono presenti il Cervo, il Capriolo, il Camoscio d' Abruzzo reintrodotto nel 1991 ed il Cinghiale. Tra i micromammiferi le specie più comuni sono il Riccio, il Ghiro, l'Arvicola delle nevi.

L' avifauna è presente con circa 150 specie censite. La specie più emblematica è il Piviere tortolino la cui popolazione rappresenta attualmente le più meridionale d'Europa. La Coturnice è qui presente con il nucleo più consistente dell'intero Appennino. Numerose sono le specie di rapaci notturni e diurni tra cui l'Aquila reale, Il Gufo reale, Il Falco pellegrino e l'Allocco.

Le specie accertate di anfibi e di rettili sono circa 30. Fra i rettili, oltre a specie più comuni come il Biacco, il Cervone e la Biscia dal collare, vi sono specie rare presenti in maniera localizzata, come la Vipera di Orsini e la Luscengola. Tra gli anfibi è presente la Salamandra, il Tritone, la Rana agile, il Rospo comune e la Raganella.

I pesci annoverano specie caratteristiche come la Trota fario, utilizzata nei frequenti ripopolamenti per la pesca sportiva, e numerosi Ciprinidi.

Quanto agli Invertebrati, le conoscenze attuali sono ancora molto lacunose, tuttavia, il massiccio della Maiella costituisce uno dei territori più ricchi dell'Appennino con la presenza di specie rare.

 

2.6 GESTIONE DEL TERRITORIO

Nel Parco Nazionale della Maiella, secondo quanto sancito dalla Legge Quadro sulle Aree Protette n.394/91, sono consentiti un gran numero di interventi finalizzati alla conservazione del patrimonio naturale, al restauro ambientale e alla salvaguardia dei valori storici e antropologici del massiccio; sono altresì vietate l'apertura e l'esercizio di cave e discariche, la modificazione del regime delle acque, la cattura, l'uccisione, il disturbo delle specie animali e vegetali nonchè l'introduzione di specie alloctone.

Nella Riserva Naturale Orientata della Valle dell'Orfento l'accesso è consentito solo previa autorizzazione, in modo da controllarne l'afflusso. La parte terminale della Riserva costituisce la Riserva Integrale in cui l'accesso è vietato.

La caccia è permessa, in alcuni periodi dell'anno, unicamente al di fuori dei confini de parco e solo su alcune specie di animali che, fra i mammiferi, include solo il Cinghiale e la Lepre; tutte le altre specie sono rigorosamente protette.

Il pascolo è un'attività ancora molto diffusa in tutto il territorio del Parco fino alle quote maggiori ed è consentito con specifiche modalità sebbene non ci sia un controllo sul numero di cani utilizzati dai pastori. Ciò comporta la possibilità di diffusione di eventuali epidemie tra ungulati selvatici e domestici.

Il bracconaggio praticato soprattutto in alcune aree, sia con attività venatoria illegale che con lacci posti nei passaggi obbligati nei quali gli animali restano intrappolati, è purtroppo una pratica più diffusa di quanto non sembri.

Gli incendi, spesso di natura dolosa, costituiscono tuttora una grossa minaccia per i boschi ed i relativi ecosistemi.

L'afflusso turistico, e in particolare quello naturalistico, sta gradualmente aumentando nel corso degli anni grazie anche agli sforzi di enti e cooperative locali finalizzati a garantire una serie di servizi e infrastrutture per la promozione del Parco tra cui visite guidate, educazione ambientale, miglioramento della sentieristica, allestimento di musei, riqualificazione ambientale, ricerca scientifica.

 

3. GESTIONE DEL CERVO E DEL CAPRIOLO: PROGETTO DI RIPOPOLAMENTO

L'avvenimento più importante di questi ultimi 15 anni riguardante i mammiferi della Riserva Naturale della Valle dell'Orfento e della Maiella in genere è costituito, senza dubbio, dal successo ottenuto nella reintroduzione di due ungulati: il Cervo e il Capriolo. Il buon esito di questa operazione, condotta nell'arco di svariati anni, è essenzialmente dovuto a una lunga e attenta pianificazione della gestione della Riserva oltre che ad un impegno costante del personale dei Comandi Stazione di Caramanico Terme.

3.1 RIPOPOLAMENTO DEGLI ANNI '80

La prima fase del progetto di reintroduzione ha avuto inizio con l'immissione di un primo nucleo di Cervi (1 maschio e 3 femmine provenienti dalla Garfagnana) in un recinto di oltre 80 ettari nella Riserva di Monte Rotondo presso il comune di Popoli nel 1977. Negli anni seguenti sono stati costruiti dei recinti per l'allevamento del Capriolo.

Tali recinti erano utilizzati sia per l'acclimatamento dei capostipiti, sia per la riproduzione di individui da utilizzare e rilasciare nelle successive operazioni di ripopolamento.

La successiva fase delle operazioni è avvenuta nei mesi di gennaio e dicembre del 1983 ed è stata caratterizzata dalla cattura tramite reti di 9 Cervi (3 maschi e 6 femmine) dal recinto di Popoli e la successiva traslocazione al recinto di acclimatazione della Valle dell'Orfento, ad una quota di 1.100 m, dove sono stati rilasciati, a partire dal mese di luglio dello stesso anno, in due contingenti: 5 (2 maschi e 3 femmine) nel 1983 e 4 (1 maschio e 3 femmine) nel 1984.

La scelta di liberare gli animali in piccoli contingenti è stata fatta tenendo conto delle problematiche gestionali legate a questa specie: in caso di notevole densità, il Cervo può arrecare notevoli danni al patrimonio forestale (scortecciamenti) ed una crescita lenta della popolazione era più auspicabile anche per dare l'opportunità ad un predatore come il Lupo di riadattarsi a questo tipo di caccia stabilendo dei rapporti interspecifici prima di una troppo rapida crescita della popolazione cervina.

La reintroduzione del Capriolo ha avuto inizio nel 1986.Complessivamente sono stati liberati 14 esemplari: 7 (3 maschi e 4 femmine) nel 1986 ed altri 7 (4 maschi e 3 femmine) nel 1987.

Un' operazione di censimento condotta nel 1989 ha affermato l'esito positivo della reintroduzione. Sono stati stimati complessivamente 22 Cervi, di cui 3 morti, e 21 Caprioli.

 

Riepilogo degli individui immessi nelle sessioni di ripopolamento negli anni '80

cervi

caprioli

maschi

femmine

maschi

femmine

1983 3 6 - -
1984 1 3 - -
1986 - - 3 4
1987 - - 4 3
censimento 1986

22

21

censimento 1991

60

90

 

3.2 RIPOPOLAMENTO DEL 1995

Il secondo progetto di ripopolamento è stato condotto tra il 1995 e il 1996 in due Riserve Naturali della Maiella: la Valle dell'Orfento e Lama Bianca.

Tale operazione è stata finalizzata oltre che ad un ripopolamento vero e proprio e una successiva verifica della diffusione delle due specie nel territorio, anche alla raccolta di informazioni sulle peculiari caratteristiche ecologiche e comportamentali dl Cervo e del Capriolo nel territorio in questione al fine di ottenere linee guida per una corretta gestione e conservazione di questi ungulati selvatici. Pertanto è stato eseguito un monotoraggio radiotelemetrico, il primo nella regione Abruzzo, che ha consentito di determinare le modalità di organizzazione spaziale e sfruttamento del territorio dei due ungulati, di verificare le effettive modalità di insediamento e diffusione degli animali rilasciati e dell'adeguatezza dei metodi utilizzati, e di identificare e valutare le diverse cause di mortalità intervenute negli animali rilasciati.

Tra l'inverno e la primavera del 1995 sono stati rilasciati complessivamente, in differenti sessioni di ripopolamento, 13 Cervi (3 maschi e 10 femmine) e 19 Caprioli (11 maschi e 8 femmine) per un totale di 32 animali.

Oltre ai Cervi provenienti dal recinto di Popoli sono stati utilizzati quelli provenienti da un'area faunistica della Garfagnana e quelli della Foresta di Tarvisio.

Ulteriori individui di Camoscio, oltre quelli del recinto di Popoli, provengono da allevamenti estensivi situati in Toscana.

 

3.2.1 CATTURA E TRASPORTO

Gli animali, attirati con del mangime artificiale in un recinto più piccolo, sono stati catturati con l'uso di reti o mediante fucile lancia siringhe.

Le dimensioni delle casse utilizzate per il trasporto erano variabili a seconda della specie. Gli animali provenienti da Popoli hanno viaggiato in casse dalle dimensioni medie di 90x120x140 cm.

 

3.2.2 MARCATURA E RILEVAMENTI

Gli animali, condotti nel sito del rilascio, sono stati anestetizzati per via intramuscolare con una miscela di Ketamina e Xilazina. Tale miscela è particolarmente indicata per i ruminanti poiché l'anestesia è più profonda e le complicazioni respiratorie, cardiache e quelle legate al meteorismo ruminale sono minori. L'anestetico ha una durata di circa 60-90 minuti, tempo sufficiente per sottoporre gli animali ad analisi veterinarie, misurazioni biometriche e all'applicazione del radiocollare.

L'età degli individui è stata stimata dall'osservazione della mandibola, rilevando l'eruzione e l'usura dei denti.

A tutti gli esemplari è inoltre stata applicata una marca auricolare numerata e colorata per permettere il riconoscimento individuale a distanza in caso di avvistamento.

Di tutti gli esemplari, soltanto gli adulti (16 Caprioli e 10 Cervi) sono stati radiomarcati; i restanti (3 Caprioli e 3 Cervi) sono stati ritenuti troppo giovani e rilasciati senza collare il quale sarebbe inevitabilmente divenuto troppo stretto.

 

3.2.3 RILASCIO

Il 13 febbraio 1995 sono stati rilasciati 10 individui di Capriolo (5 maschi e 5 femmine) nella Riserva Naturale Orientata della Valle dell'Orfento a quota 1.080 metri s.l.m. in ambiente di faggeta lontano da disturbi di natura antropica. Essi provenivano da un allevamento in Toscana dove sono stati catturati mediante l'utilizzo di reti verticali.

Dei 10 Caprioli, solo 8 individui (4 maschi e 4 femmine) sono stati dotati di radiocollare.

Durante questa fase si è riscontrata una elevata mortalità entro un mese dal giorno del rilascio, probabilmente sia a seguito dello stress riportato durante la cattura ed il trasporto che per la predazione da parte di cani vaganti. Da ciò la scelta di condurre i successivi rilasci in prossimità della Riserva Naturale di Lama Bianca ad una quota di 1.180 metri s.l.m. in un habitat caratterizzato da una variabilità vegetazionale composta da coltivi, boschi misti di latifoglie e faggeta e dalla mugheta.

Il 2 marzo 1995 nella Riserva di Lama Bianca sono stati rilasciati 5 individui di Capriolo (3 maschi e 2 femmine) provenienti dall' allevamento della Toscana e, i primi di maggio 1995 altri 4 esemplari di Capriolo (3 maschi e 1 femmina). Dei 9 Caprioli, solo 8 (5 maschi e 3 femmine) sono stati dotati di radiocollare.

Complessivamente tra i 19 Caprioli rilasciati nelle due Riserve, solo 16 sono stati dotati di radiocollare.

Nei mesi di marzo e aprile 1995, sempre nella stessa Riserva sono stati rilasciati 13 individui di Cervo (3 maschi e 10 femmine) di cui 2 maschi e 7 femmine provenienti dal recinto di Popoli e i restanti Tarvisio.

Di questi 13 esemplari, solo 10 (3 maschi e 7 femmine) sono stati dotati di radiocollare

In questa seconda fase la mortalità degli animali, imputabile sia a fattori di stress che a predazione da parte dei cani randagi, è stata più contenuta.

Tra gli animali dotati di radiocollare (complessivamente 16 Caprioli e 10 Cervi), 9 Caprioli e 6 Cervi sono morti entro le prime due settimane dal rilascio mentre altri 2 Caprioli e 1 altro Cervo sono morti entro 1 mese. Il solo Cervo maschio sopravvissuto è morto dopo 287 giorni di monitoraggio.

Il campione totale, inizialmente composto da 26 animali radiomarcati (16 Caprioli e 10 Cervi), si è quindi ridotto a 8 esemplari (5 Caprioli e 3 Cervi) che, eccetto il maschio di Cervo morto dopo 287 giorni di monitoraggio, erano ancora vivi al termine della ricerca conclusasi il 29/02/96.

L'analisi delle cause di mortalità ha evidenziato il ruolo determinante dello stress da cattura e trasporto (54,5% dei Caprioli), della predazione da parte di cani (25% dei Cervi; 27,3% dei Caprioli) e delle avversità meteorologiche (37,5% dei Cervi).

 

Riepilogo del numero di individui immessi nel 1995 suddivisi in base al sito di rilascio

cervi

caprioli

maschi femmine maschi femmine
Valle dell'Orfento - - 5 5
Lama Bianca 3 10 6 3

 

Dati relativi ai Caprioli rilasciati nella Valle dell'Orfento
 ani-
male
ses-
so
 età data rilascio col-
lare
giorni sopravvivenza causa mortalità

1 F 1 anni 13/2/95 Si 25 Sconosciuta
2 M 7 anni Si 1 Stress da cattura
3 M 2-4 anni Si 7 Predazione
4 M 2-4 anni Si 5 Predazione
5 F 10 mesi Si 2 Stress da cattura
6 F 2-4 anni Si 4 Stress da cattura
7 M Indeter. Si Vivo al 29/02/96
8 F Indeter. Si 5 Sconosciuta
9 F Indeter. No
10 M Indeter. No

 

Dati relativi ai Caprioli rilasciati a Lama Bianca
Animale Sesso Età data rilascio Collare giorni di sopravvivenza causa mortalità
11 M 2-4 anni 2/3/95 Si 2 Stress da cattura
12 F 5 anni 2/3/95 Si 1 Stress da cattura
13 M Indeter. 2/3/95 Si Vivo al 29/02/96
14 F 2-4 anni 2/3/95 Si 5 Stress da cattura
15 M Indeter. 2/3/95 Si Vivo al 29/02/96
16 M Adulto 4/3/95 Si Vivo al 29/02/96
17 M Giovane 53/95 No
18 M 3-4 anni 53/95 Si 16 Predazione
19 F Adulto 5/3/95 Si Vivo al 29/02/96

 

Dati relativi ai Cervi rilasciati a Lama Bianca

Animale Sesso Età data rilascio Collare giorni di sopravvivenza causa mortalità
2 F Adulto 23/3/95 Si 1 Predazione
3 F Adulto 23/3/95 Si 18 Sconosciuta
4 M Fusone 24/3/95 Si 8 Sconosciuta
5 F Adulto 24/3/95 Si 7 Sconosciuta
7 F Adulto 29/3/95 Si 2 Clima avverso
8 F Anziana 29/3/95 Si 2 Clima avverso
9 F Adulto 4/4/95 Si Vivo al 29/02/96
11 F Adulto 4/4/95 Si Vivo al 29/02/96
12 M Fusone 4/4/95 Si 14 Clima avverso
13 M Fusone 30/4/95 Si 287 Predazione
14 F Cerbiatto 30/4/95 No
15 F Cerbiatto 30/4/95 No
16 F Sottile 30/4/95 No

 

4. MONITORAGGIO RADIOTELEMETRICO

4.1 LA RADIOTELEMETRIA

La radiotelemetria, tecnica utilizzata in ricerche di ecologia animale fin dai primi anni '60, permette di ottenere informazioni su quelle specie che difficilmente potrebbero essere indagate altrimenti, o perché troppo elusive o perché caratteristiche di un habitat di non facile accesso. L'animale, infatti, viene dotato di un radiotrasmittente (radiocollare) che rende possibile seguirne ogni singolo spostamento consentendo all'operatore di mantenersi a debita distanza al fine di limitare qualsiasi tipo di disturbo antropico.

L'assunto principale di ogni indagine radiotelemetrica è che gli animali radiomarcati siano rappresentativi dell'intera popolazione e che pertanto mantengano gli stessi comportamenti di quelli non radiomarcati.

 

4.1.1 L'ATTREZZATURA

Per la localizzazione degli animali nel corso della ricerca sono stati utilizzati 26 radiocollari (16 per i Caprioli e 10 per i Cervi) di peso tale da non superare il 2% di quello medio noto per le due specie. L'attrezzatura radiotelemetrica è costituita da un sistema trasmittente ed uno ricevente.

Il sistema trasmittente consiste di una radio il cui segnale viene propagato nello spazio circostante mediante un'antenna. La radio e l'antenna vengono inserite all'interno di un collare di cuoio di peso appropriato. Ogni radiocollare trasmette un impulso intermittente di specifica frequenza che permette di distinguere esattamente ciascun animale. Sono dotati di un segnalatore di mortalità che dopo 4 ore di immobilità del collare aumenta l'intermittenza del segnale.

I collari dei Caprioli hanno un'autonomia di 2 anni, mentre quelli dei Cervi di 3.

Il sistema ricevente è composto da una radio collegata ad un'antenna direzionale che capta il segnale, emesso dalla radiotrasmittente, anche oltre 10 km in assenza di ostacoli. L'intensità del segnale è massima quando l' antenna viene orientata nella direzione della trasmittente ed aumenta al diminuire della distanza dell'operatore dall'animale radiomarcato. L'antenna è montata orizzontalmente sul tetto di una macchina per controllare ampie zone di territorio ed è manovrabile dall'interno per 360°.

Il sistema ricevente trasforma le onde radio emesse dalla trasmittente in segnale sonoro, le cui variazioni di ampiezza nelle oscillazioni sono valutate dall' amperometro presente.

 

4.2 RILEVAMENTO DEI DATI RADIOMETRICI

I dati raccolti nel corso della ricerca derivano da due differenti tipi di campionamento:

- rilevamenti singoli (fix) effettuati giornalmente su ciascun animale;

- rilevamenti continuati in cui lo stesso animale viene monitorato per molte ore di seguito con registrazioni che si ripetono ogni 10 minuti.

La posizione di ogni individuo è stata poi riportata su carte 1:25.000 dell'I.G.M.

La vegetazione corrispondente è stata rilevata sia con sopralluoghi sul posto che con l'ausilio di carte 1:10.000.

Nelle schede rilevamento dati dei fix sono state riportate le informazioni relative alle condizioni climatiche, all'attività dell'animale, alla posizione, all'associazione con altri individui e all'ora del rilevamento che in seguito sono state archiviate mediante l'utilizzo di un database.

 

4.3 ANALISI DEI DATI RADIOTELEMETRICI

Tutte le analisi statistiche sono state effettuate su un campione di 5 Caprioli (4 maschi e 1 femmina) e di 3 Cervi (1 maschio e 2 femmine). Il ridotto numero di animali su cui si effettuano le analisi è dovuto all'elevato tasso di mortalità verificatosi nel primo periodo della ricerca.

 

4.3.1 RITMI DI ATTIVITA'

L'analisi si ripropone di evidenziare se gli animali presentino una modificazione dei ritmi di attività in relazione alla variazione delle differenti fasi luminose nell'arco della giornata, all'alternarsi delle stagioni, nel periodo immediatamente successivo al giorno del rilascio e alle condizioni climatiche.

a) ATTIVITA' GIORNALIERA

Sono stati considerati 4 periodi nel corso delle 24 ore: alba, giorno, tramonto e notte.

Caprioli: maschi e femmina mostrano di avere comportamenti differenti nell'utilizzo dei 4 periodi giornalieri. La femmina utilizza di più le ore diurne mentre i maschi prediligono quelle dell'alba. Entrambi mostrano un massimo valore di attività nella fascia relativa al tramonto e proporzioni simili durante la notte.

Confronto fra le percentuali di attività dei Caprioli rilevate nei due sessi nelle 4 fasce orarie
alba giorno tramonto notte
Maschi 63.53% 51.45% 67.05% 45.71%
Femmine 46.46% 61.05% 66.09% 50.75%

Cervi: entrambi i sessi mostrano di prediligere le ore del tramonto e della notte, anche se i maschi presentano una massimo valore di attività nella notte rispetto alle femmine che invece prediligono le ore del tramonto.

Confronto fra le percentuali di attività dei Cervi rilevate nei due sessi nelle 4 fasce orarie
alba giorno tramonto notte
Maschi 66.15% 60.41% 70.77% 75.16%
Femmine 59.54% 58.22% 78.26% 65.46%

Entrambe le specie mostrano in tutte le stagioni una predilizione nei confronti delle ore crepuscolari e talvolta di quelle notturne. E' probabile che tali abitudini possano essere determinate da una maggior presenza antropica sul territorio nelle ore di luce che renderebbe difficoltoso, nonché pericoloso, mantenere elevati livelli di attività diurna.

 

b) ATTIVITA' STAGIONALE

Sia il Cervo che il Capriolo mostrano un'elevata diversificazione dell'attività nel corso dell'anno sulla base delle diverse richieste energetiche nel corso della stagioni.

Caprioli: entrambi i sessi mostrano comportamenti variabili in relazione alla stagione considerata, presentando un massimo di attività durante la primavera e l'estate (60%) che poi decresce nelle stagioni successive presentando un minimo in inverno (40%). L'unica differenza tra i sessi è riscontrabile in autunno, stagione in cui le femmine presentano un'attività superiore a quella dei maschi.

L' elevata attività riscontrata nel periodo primaverile-estivo è spiegabile analizzando i comportamenti adottati in questi periodi dagli animali. Nella tarda primavera, infatti, entrambi i sessi di Capriolo iniziano ad evidenziare, sebbene spinti da motivazioni differenti, un comportamento territoriale. Le femmine tendono ad isolarsi durante il periodo del parto ed a difendere l'area nella quale alleveranno i cuccioli, mentre per i maschi inizia la cosiddetta "fase gerarchica" nella quale gli individui si confrontano per l'acquisizione di un territorio che, fino alla tarda estate, verrà attivamente difeso.

Confronto fra le percentuali di attività stagionali dei Caprioli rilevate nei due sessi
primavera estate autunno inverno
Maschi 60.05% 57.18% 45.22% 44.27%
Femmina 64.41% 61.68% 53.27% 46.39%

Cervi: entrambi i sessi mostrano una maggior tendenza all'attività piuttosto che al riposo, sebbene mostrino un comportamento differenziato nel corso della stagioni, in maggior modo nel periodo primavera-estate. In primavera, infatti, i maschi presentano un massimo valore di attività (75%), mentre invece per le femmine il massimo valore di attività (75%) viene raggiunto in estate. In autunno entrambi i sessi mostrano avere un calo di attività, che risulta essere maggiore per i maschi che per le femmine, ed in inverno l'attività dei maschi aumenta in maniera considerevole, mentre quella delle femmine aumenta in misura minore. Il calo di attività totale ed il suo successivo aumento nell'inverno riscontrato nei maschi, vengono relazionati ad una particolare situazione: verso la fine di settembre, quando inizia il periodo degli accoppiamenti, i maschi devono difendere l'harem nei confronti degli individui subordinati e sono per tanto impegnati in differenti attività sociali trascurando l'alimentazione. Però verso dicembre, prima che arrivi il freddo intenso, gli animali necessitano di riacquisire le energie perdute e di immagazzinare gli alimenti sotto forma di grasso per far fronte alla cattiva stagione, e per tanto aumentano la loro attività.

Confronto fra le percentuali di attività stagionali dei Cervi rilevate nei due sessi
primavera estate autunno inverno
Maschi 74.72% 66.18% 48.28% 67.50%
Femmina 64.56% 74.49% 54.69% 56.76%

 

c) ATTIVITA' NELLE SETTIMANE SUCCESSIVE AL RILASCIO

E' stato considerato un periodo di 4 settimane successive al giorno del rilascio, al fine di valutare se l'attività degli animali subisca delle modificazioni rilevanti con il passare del tempo. Con il passare dei giorni, infatti, si potrebbero riscontare delle modificazioni nei tassi di attività poiché, nella fase iniziale di insediamento, l'animale deve esplorare il nuovo habitat in cui è stato rilasciato, trovare quei luoghi in cui le disponibilità trofiche sono migliori e ricercare un territorio in cui insediarsi.

Caprioli: in tutti gli individui, sia maschi che femmine, si riscontra una diminuzione della propria attività durante la seconda settimana che poi aumenta nuovamente fino a raggiungere un massimo (valori prossimi al 100%) durante l'ultima settimana considerata. Ciò farebbe supporre che gli animali si muovano più cautamente nella fase iniziale e che in seguito, quando si integrano nella nuova area, i livelli di attività aumentino e si stabilizzano.

Cervi: in tutti gli individui, sia maschi che femmine, non si riscontra nessuna differenza di attività nel periodo successivo al rilascio, eccetto che nella seconda settimana in cui si registra un lieve calo di attività che poi però si stabilizza, nel periodo successivo, mostrando valori simili a quelli riscontrati nella prima settimana.

 

d) ATTIVITA' E PARAMETRI AMBIENTALI

E' stata analizzata l'influenza di tre variabili abiotiche (temperatura, precipitazioni e vento) sull'attività degli animali. In tale analisi non compare un confronto tra l'attività ed altri fattori abiotici come la nebbia e la profondità della neve al suolo in quanto nel periodo in cui è stato condotto lo studio la stagione invernale non è stata particolarmente rigida e la nevicate si sono concentrate solo in alcuni periodi.

Caprioli e Cervi: per i maschi di entrambe le specie non è stata riscontrata nessuna significativa correlazione tra l'attività e i fattori climatici, mentre per le femmine si evidenzia una correlazione positiva tra temperatura ed attività, registrando valori massimi intorno ai 20°C.

In nessuna delle due specie, inoltre, non si è riscontrata una modificazione del comportamento in relazione alle precipitazioni e al vento.

 

4.3.2 ATTIVITA' IN ZONA e MOVING

L'attività degli animali è stata suddivisa in due categorie al fine di distinguere un vero e proprio spostamento superiore ai 200 metri nell'arco di 10 minuti, chiamato "moving", da un'attività, detta "in zona", che si compie senza che l'animale effettui rilevanti modificazioni della propria posizione, permanendo per almeno 30 minuti nella medesima area di 200 metri.

Caprioli: in entrambi i sessi, nel periodo primaverile-estivo prevale nettamente un'attività in zona rispetto a quella di moving, mentre nella stagione autunnale accade il contrario. L'attività di zona raggiunge il suo massimo valore in primavera, mentre quella di moving in autunno. In inverno gli animali non mostrano predilezioni particolari nei confronti di un particolare tipo di attività. Questo risultato conferma che per questa specie l'attività di zona riveste un ruolo importante. Gli animali, infatti, in una situazione di abbondanza alimentare ed in una fase di maggior territorialismo, quale quella primaverile, tendono ad aumentare la loro attività totale ma a ridurre gli spostamenti che sono invece maggior presenti in autunno, periodo in cui il comportamento territoriale viene abbandonato ed in cui le risorse iniziano a scarseggiare e gli alimenti vengono immagazzinati sotto forma di grasso. Inoltre questa specie non dimostra avere particolari necessità idriche poiché le soddisfa nutrendosi di specifici alimenti e pertanto può limitare i propri spostamenti.

Cervi: nel periodo primaverile i maschi presentano una maggior attività di zona rispetto alle femmine per le quali, invece, sia in primavera che in autunno, prevale una attività di moving rispetto a quella di zona. In estate entrambi i sessi mostrano un calo dell'attività di zona ed un conseguente aumento di quella di moving, sebbene solo per le femmine ciò avvenga in modo rilevante. In tutte le stagioni, fasi di riposo si alternano continuamente a quelle di attività. Nei maschi tali fasi occupano nell'arco della giornata ristretti periodi di tempo che raggiungono la loro massima durata in estate, mentre nelle femmine il riposo occupa periodi abbastanza lunghi, con una durata massima in primavera.

La maggior mobilità di questa specie può essere connessa principalmente a due esigenze ecologiche: la necessità di raggiungere, più volte al giorno, pozze di acqua in cui abbeverarsi (l'acqua per il Cervo è un fattore limitante), e la necessità di compiere spostamenti poiché il Cervo, non essendo un animale territoriale, necessita di quartieri di svernamento (fondovalle), e di quartieri di estivazione (zone di alta montagna ricche di pascoli).

 

4.3.3 SOPRAVVIVENZA E MORTALITA': ESITO DEL RIPOPOLAMENTO

Caprioli: dei 16 animali dotati di radiocollare, 8 (4 maschi e 4 femmine) sono stati rilasciati nella Valle dell'Orfento e altri 8 (5 maschi e 3 femmine) nella Riserva Naturale di Lama Bianca.

La mortalità totale è stata del 68.75% (11 animali); il 54.54% (6 animali) della mortalità complessiva ha coinvolto esemplari di sesso femminile ed il restante 45.45% (5 animali) individui di sesso maschile. Nove animali sono morti entro la prima settimana dal giorno del rilascio; dei restanti due, uno è morto entro i primi 20 giorni dal rilascio e l'altro entro i primi due mesi.

Da una analisi delle percentuali di mortalità, si nota che nella Valle dell'Orfento il tasso di mortalità (87.5%) è stato notevolmente superiore a quello riscontrato nella Riserva di Lama Bianca (50%) e che, in entrambi i casi, si è riscontrata una maggiore mortalità delle femmine. L'alto tasso di mortalità nella Valle dell'Orfento è stato dovuto da diverse cause, tra cui: la scarsa disponibilità trofica durante il periodo invernale in un habitat costituito esclusivamente da faggeta e la presenza di più branchi di cani randagi.

L'esame medico dei cadaveri ha rilevato che il 54.54% degli animali sono morti a causa di uno stress da cattura e trasporto, il 27.27% a seguito di predazione da parte dei cani randagi e il restante 18.18% per cause sconosciute. Ciò evidenzia la fragilità dei Caprioli, i quali soffrono molto gli stress da cattura e trasporto, non si adattano facilmente ad ogni tipo di ambiente a causa delle loro specifiche esigenze trofiche e spaziali, e vengono catturati, più facilmente dei Cervi, dai cani randagi a causa della loro modesta mole.

Solo il 31.2% degli animali rilasciati è sopravvissuto fino alla fine della ricerca.

Cervi: tra i 10 animali (3 maschi e 7 femmine) rilasciati nella Riserva di Lama Bianca e dotati di radiocollare si è riscontrata una mortalità totale dell'80% (8 animali) e tutti, eccetto uno, sono morti entro le prime 3 settimane successive al rilascio. Solo il 20% (2 animali) è sopravvissuto fino al termine della ricerca. Nel complesso la mortalità ha coinvolto per il 100% gli individui di sesso maschile e per il 71.4% (5 animali) quelli di sesso famminile.

L'esame dei cadaveri ha rilevato che il 37.5% degli animali sono morti a causa delle avverse condizioni climatiche, il 25% a seguito di predazione da parte dei cani randagi e il restante 37.5% per cause sconosciute perché manca il referto veterinario. Ciò dimostra che i Cervi sono animali meno delicati dei Caprioli e soffrono meno i traumi da stress, e inoltre, non possedendo specifiche esigenze trofiche e spaziali, sopravvivono bene anche in habitat con ridotta qualità e quantità di risorse, purché non si tratti di ambienti fortemente antropizzati. E' per questi motivi che un progetto di reintroduzione ha maggiori possibilità di riuscita con il Cervo che non con il Capriolo.

 

5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Analizzando i dati riguardanti le percentuali e le cause di mortalità si può dedurre che per un buon esito di un progetto di ripopolamento e di reintroduzione di una specie in un certo ambiente è strettamente necessario conoscere le caratteristiche eco-etologiche della specie in questione, quelle dell'ambiente e, successivamente, adottare dei metodi e degli accorgimenti tali da limitare al massimo quelle fonti di disturbo che possono essere causa di stress per gli animali. Ciò implica:

- adottare dei metodi di cattura che meglio si addicano alle specie in oggetto, soprattutto nel caso dei Caprioli che sono animali estremamente delicati;

- utilizzare anestetici con ridotti effetti collaterali,

- ridurre al minimo i tempi di manipolazione necessari per effettuare le analisi veterinarie, soprattutto per i Caprioli, i quali soffrono forme di nevrosi se sottoposti a lunghe manipolazioni, che nei casi più gravi possono anche portare alla morte degli animali;

- aver cura durante il trasporto, utilizzando delle casse sufficientemente grandi da permettere all'animale di stare in piedi o di accucciarsi senza difficoltà, ma allo stesso tempo sufficientemente ristrette da impedire che l'animale, preso dal panico, si rigiri su se stesso e compia movimenti che possano arrecargli ferite;

- scegliere opportunatamente il periodo del rilascio sulla base delle esigenze eco-etologiche della specie da immettere. I Caprioli, ad esempio, durante la fase che precede gli accoppiamenti, assumono un comportamento territoriale, per cui è preferibile effettuare il rilascio prima di tale periodo in modo che gli animali possano crearsi un territorio nell'area prescelta. Il periodo migliore, pertanto, risulta essere compreso tra febbraio e l'inizio della primavera;

- scegliere un ambiente con un ridotto disturbo antropico, soprattutto nel caso di una reintroduzione dei Cervi, per i quali una forte antropizzazione risulta essere un fattore limitante. Per i Caprioli, invece, la tranquillità del luogo è un fattore di secondaria importanza;

- controllare la presenza di cani randagi nell'area di reintroduzione, poiché creano seri danni alla fauna selvatica. I cani inselvatichiti entrano in competizione trofica e spaziale con il lupo, usano cacciare in branco inseguendo la loro preda fino allo sfiancamento, e pertanto i Caprioli, vista la loro mole ridotta, rappresentano più dei Cervi, una facile risorsa alimentare.

I risultati di questo lavoro possono costituire una base conoscitiva da considerare in eventuali future operazioni di reintroduzione o ripopolamento sugli Appennini. Infatti, il Parco Nazionale della Maiella, considerata la sua attuale estensione e la peculiarità del patrimonio faunistico e floristico costituito ormai integralmente dalle specie più significative dell'Appennino, si presta ottimamente ad una gestione di tipo sperimentale fondata sui moderni principi della biologia della conservazione.

6. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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foreste. Collana Verde, 76. Roma

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Naturale della Valle dell'Orfento. Relazione finale

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Tesi di laurea, Dip. Biologia Animale e dell'Uomo, Università "La Sapienza" di Roma

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