Fitodepurazione nell'impianto di depurazione delle acque reflue nel Comune di Bovolone (Verona)

 

Annalisa Poli
e
Rocco Scolozzi

 

 

La digestione naturale dei reflui biologici è da sempre conosciuta e l'osservazione dei processi biochimici che si instaurano spontaneamente nel terreno e nei corpi idrici ha portato ad individuare specifici sistemi depurativi, quali, la fitodepurazione di alcune piante, l'autodepurazione della biocenosi acquatica, la pedodepurazione operata sulle deiezioni zootecniche dal suolo agricolo.

Nel campo delle tecnologie di risanamento idrico esiste un interesse crescente verso la possibilità di sviluppare sistemi biologici che simulino quelli naturali.

Il tasso crescente di azoto e fosforo presente nello scarico dei depuratori civili ha indirizzato la ricerca verso soluzioni tecnologicamente complesse ed economicamente onerose, con la realizzazione del terzo stadio negli impianti cittadini o attuando nella stessa vasca successivamente la fase aerobica, anossica, anaerobica.

A fronte di tali soluzioni tecnologicamente valide e di complessa conduzione vengono presentate sperimentazioni e realizzazioni che sfruttano processi naturali semplici e versatili.

Tali trattamenti prevedono l'uso di un ampia tipologia di organismi vegetali che varia dalle alghe unicellulari, alle macrofite acquatiche, a piante radicate sempreverdi a ciclo annuale, il cui utilizzo sembra essere altamente competitivo rispetto agli altri metodi di trattamento terziario (--> precipitazione chimica dei fosfati con additivazione di sali di ferro nei fanghi di ricircolo degli impianti tradizionali).

Tali soluzioni sono prospettate per scarichi di flusso modesto, per il limite determinato dai lunghi tempi richiesti dai processi naturali.

La capacità depurativa attribuita ad alcune specie vegetali, spontanee o selezionate in relazione a particolari esigenze ambientali, va ricondotta alla possibilità di assorbimento radicale di molecole organiche semplici, quali carboidrati e aminoacidi assunti dalle lemnacee, alla captazione di modeste quantità di metalli tossici dall'acqua che trasferiti nella biomassa, sono facilmente trattabili o confinabili in discarica.

Più rilevante è l'estromissione dei tossici dalla catena alimentare per insolubilizzazione o per adsorbimento colloidale. La principale attività svolta dalla componente vegetale è l'assunzione preferenziale di elementi nutrizionali, azoto e fosforo che vengono sottratti allo scarico, inibendo lo sviluppo eutrofico algale.

Indispensabile è il processo batterico di mineralizzazione preventiva della sostanza organica all'adozione della fitodepurazione come stadio terminale della raffinazione dell'effluente di scarico.

La barriera vegetale costituisce inoltre uno schermo alla fotosintesi che blocca lo sviluppo algale sul fondo; essa impedisce la diffusione dell'ossigeno negli strati profondi dove per fermentazione anaerobica si formano molecole semplici (H2S, CH4, NH3). Queste molecole vengono captate e ossidate nello strato ossigenato, sede dell'apparato radicale, impedendo così la diffusione di cattivi odori.

L'abbattimento della carica batterica è assicurato dai lunghi tempi di permanenza e dalle condizioni chimico-fisiche che si instaurano. Il fitodepuratore può assumere allora anche il ruolo di "polmone verde", riducendo o eliminando rischi ambientali e igienici (ci siamo chiesti come venga risolto il problema insetti !)

 

POTENZIALITA' DELL'ECOSISTEMA

Le aree umide sono territori il cui suolo è mantenuto saturo d'acqua, di provenienza superficiale e/o di falda, durante tutto l'anno. Le biocenosi che si instaurano in tali ambienti conferiscono a tali ecosistemi una elevata efficienza autodepurativa ottenuta con il concorso delle diverse componenti presenti (piante, suolo, batteri...), le cui attività sono influenzate da temperatura, pH, ossigeno disciolto...

Per meglio comprendere il funzionamento, nonché l'efficacia di un area umida si analizza il suo comportamento in relazione ai principali inquinanti presenti nelle acque reflue:

 

RIMOZIONE BOD

La rimozione della sostanza organica sedimentabile è molto rapida nelle aree umide, grazie alle condizioni di calma che ne favoriscono la caduta (bassa velocità di circolazione). Il metabolismo batterico è il maggior responsabile della riduzione del BOD. Temperatura e tempo di ritenzione influiscono sull'entità di tale riduzione.

Naturalmente la mineralizzazione del carico organico richiede una certa quantità di ossigeno apportato in diversi modi: la fonte principale di ossigeno è rappresentata dalla riareazione all'interfaccia aria-acqua, e nel letto sommerso, dall'ossigeno trasmesso dalla vegetazione alla zona radicale.

Risulta quindi di importanza la selezione delle piante più adatte, in quanto l'espansione della zona aerobica dipende dalla diffusione dell'apparato radicale di tali piante.

 

RIMOZIONE AZOTO

E' molto efficace ed è il risultato di diversi processi. La rimozione dell'azoto dal sedimento di un'area umida può avvenire per rilascio dello ione ammonio o dell'ammoniaca gassosa in presenza di pH superiori a 8.

Circa il 10-16% dell'azoto rimosso può essere ottenuto con l'assunzione dei nutrienti dal sedimento da parte di piante radicate, stimolate in tale attività da opportune operazioni di sfalcio e raccolta. Contributo maggiore alla rimozione è rappresentato dall'attività del film microbico che aderisce alla parti sommerse delle piante e al sedimento.

Si svolgono processi di nitrificazione (attività batterica sulle parti sommerse delle piante) e processi denitrificanti compiuti da batteri con metabolismo anaerobico facoltativo che permette di utilizzare il nitrato in assenza di ossigeno disciolto (agiscono a concentrazioni di ossigeno < 2 mg / l) nello spessore del sedimento.

 

RIMOZIONE FOSFORO

La rimozione del fosforo in soluzione non è molto efficace. Nelle acque reflue la maggior parte del fosforo è trasportata in sospensione; nei sistemi di fitodepurazione l'efficacia di rimozione del fosforo presente allo stato colloidale è notevolmente elevata.

La capacità di sedimentazione del fosforo (che può precipitare come fosfato) è maggiore quanto maggiore è il tempo impiegato dall'acqua ad attraversare il bacino di fitodepurazione.

 

RIMOZIONE METALLI PESANTI E PESTICIDI

I meccanismi di rimozione sono legati a fenomeni di precipitazione (favorita dal rialzo dei valori di pH delle acque acide affluenti nella zona umida) e adsorbimento (dipende dalla superficie disponibile di scambio).

 

RIMOZIONE SEDIMENTI

La sedimentazione è favorita dalla bassa velocità di circolazione e limitata profondità dell'acqua nelle zone umide. In tutti i numerosi esperimenti si sono raggiunti abbattimenti di solidi sospesi superiori al 90 %.

Ovviamente la capacità di assorbimento delle piante che compongono il sistema fitodepurante non è illimitata e alcuni elementi non sono assimilati, o lo sono in quantità minime, come avviene ad esempio per molti metalli pesanti. Cadmio, piombo, cromo, se assorbiti, possono entrare nella catena alimentare.

Alcuni elementi tossici assimilabili, come il cadmio, risultano scarsamente mobili all'interno della pianta, perché uccidono la cellula in cui entrano, bloccandone la possibilità di trasporto attivo. E' comunque accertato che i vegetali non possono assorbire l'azoto aminoacidico e in generale gli elementi presenti in molecole organiche.

Da tutto ciò si deduce come la conoscenza della fisiologia vegetale e dell'ecologia dei sistemi suolo-pianta sia strumento indispensabile per la definizione di sistemi di fitodepurazione, sia per comprenderne i limiti e le reali potenzialità, sia per creare strutture efficienti.

 

POTENZIALE GESTIBILE

Fitodepurazione mediante Lemna gibba

Un sistema di fitodepurazione che impiega pinate acquatiche, già ampiamente sperimentato prevede l'utilizzo di Lemna gibba, una piccola pianta galleggiante che cresce in un ampia varietà e di condizioni climatiche.

Monitoraggi in campo mostrano che essa è in grado di crescere relativamente bene in acque di scarico di differente natura (zootecnica, reflui urbani...) e perfino in corpi idrici contaminati da detergenti. Le sue piccole dimensioni, inoltre (ha radici che vanno da pochi mm a qualche cm), permettono di rimuoverla facilmente.

Nel caso dell'abbattimento dei composti minerali azotati Lemna è in grado di operare un'asportazione selettiva dell'ammonio anche in presenza di alte concentrazioni di nitrati e può quindi essere utilizzata come "estrattore biologico" dell'ammonio.

Assumendo direttamente l'ammonio, l'organismo può produrre un quantitativo di proteine più elevato rispetto alle piante terrestri, e ciò rende un sottoprodotto di particolare interesse nel settore mangimistico.

Lo sviluppo di un tappeto erboso uniforme di Lemna oltre alla riduzione del carico di nutrienti nelle acque, impedisce alle radiazioni luminose di penetrare con conseguente preclusione dello sviluppo di micro e macro alghe e quindi riduzione dei solidi sospesi. Tale barriera naturale impedisce, inoltre, la diffusione di ossigeno nelle zone più profonde, consentendo l'innesco di processi di decomposizione anaerobica.

I livelli di abbattimento del materiale organico e dei nutrienti contenuti nel corpo idrico sono così molte volte superiori a quelli ottenibili con altre forme di depurazione naturali e consentono inoltre l'eliminazione di odori indesiderati.

Negli USA è già stata condotta una "industrializzazione" della tecnologia che sfrutta i principi suddetti, fornendo ottimi risultati, "garantiti" dallo stesso organismo federale (E.P.A.) di controllo ambientale.

Per sfruttare in modo efficace i principi di fitodepurazione si utilizzano:
- barriere galleggianti per contenere e proteggere dalle correnti le piante
- unità di controllo per il bilancio automatico dei nutrienti
- sistemi di monitoraggio

A seconda del carico inquinante e della portata da trattare, si variano le dimensioni del bacino e i tempi di contatto (permanenza dell'inquinante nel bacino).

La specie Lemna gode di alcune proprietà:
- produzione di biomassa dieci volte superiore rispetto ai semi di soia
- alto contenuto di proteine
- specifica vocazione nutrizionale (può essere utilizzata come integratore alimentare per mangime animale per polli, pecore, pesci)

Nel caso in cui i test ecotossicologici non consentissero l'uso della lemna come integratore alimentare, il vegetale prodotto può essere impiegato per produrre biofertilizzante o messo in discarica, previo essiccamento naturale.

La semplicità del trattamento, e quindi i costi ridotti, candidano il "Lemna System" come metodo ideale applicabile al:
- trattamento terziario in un impianto di depurazione biologico
- risanamento corpi idrici, in particolare con riduzione di BOD e nutrienti responsabili dell'eutrofizzazione
- depurazione dei reflui del settore agro industriale
- depurazione integrativa dei reflui industriali ad alto contenuto tossico nocivo

L'impianto oltre a depurare il refluo facendolo rientrare nei limiti previsti dalla tabella A della "Legge Merli", può costituire il primo anello di un ciclo di potabilizzazione del refluo trattato.

 

 

Rappresentazione schematica del trattamento acque con la tecnologia Lemna System

 

Sistema integrato di fitodepurazione

Tale sistema è una biotecnologia mista dove coesistono trattamenti classici di depurazione integrati con i processi biologici di adsorbimento delle piante.

E' estremamente flessibile e trova l'optimum di applicabilità in situazioni di forti variazioni di quantità e concentrazione dei reflui da trattare, siano essi stagionali o continui e si adatta alle necessità di recupero di impianti di depurazione altrimenti destinati alla

L'efficienza della fitodepurazione è garantita dall'utilizzo di piante radicate sempreverdi a ciclo annuale, che vengono inserite appositamente tenendo presenti esigenze e peculiarità del territorio.

I costi di realizzazione sono variabili a seconda della realtà ma comunque inferiori ad un equivalente impianto basato sulle tecnologie normalmente in uso.

La sezione fitodepurativa integrando il depuratore esistente consente di:
- aumentare il carico organico e la portata dei reflui da trattare (aumenta la potenzialità del depuratore)
- migliorare la qualità dell'effluente scaricato dal depuratore
- eliminare i rischi di inquinamento dell'effluente finale anche in caso di inefficienza del depuratore e di variazioni della portata (tramite un ripartitore di portata che separa la portata in eccesso e la riversa nella sezione di equalizzazione --> bacino di fitodepurazione)

Inoltre consente di :
- creare una zona verde al posto dei manufatti in cemento fuori terra
- ridurre i consumi di energia elettrica rispetto ad una soluzione tecnologica utilizzante monoblocchi ad ossidazione totale
- non utilizzare più prodotti chimici come cloro
- avere un sistema attivo tutto l'anno, capace di riassorbire, in particolare, anche i fanghi biologici in eccesso prodotti dal depuratore
- migliorare l'impatto ambientale del depuratore, agendo su: odori e paesaggio.

Lo stadio di fitodepurazione è formato da un unico bacino nel quale si possono identificare diverse sezioni (esempio dell'impianto integrato di trattamento dei reflui urbani del Comune di Goro):
- equalizzazione ed omogeneizzazione dell'effluente
- sezione coperta con piante radicate
- sezione aperta con superficie libera tipo laguna
- setto filtrante
- vasca di scarico

 

Comune di Goro - Schema generale di flusso impianto acque reflue secondo il sistema integrato di fitodepurazione

 

a) pozzetto arrivo liquame
b) vagliatura fine
c) depuratore esistente
d) vasca di accumulo e polmone di alimentazione fito
e) settore fitoassorbente a piante radicate e zone libere
f) vasca di accumulo e scarico acqua trattata

 

Schema generale di flusso impianto acque reflue secondo un sistema integrato di fitodepurazione

 

In tale impianto, tutte le sezioni sono ottenute scavando il terreno naturale, utilizzato poi per le arginature, il fondo e le sponde sono coperte con un telo in P.V.C. di colore bianco (un colore scuro potrebbe creare problemi di assorbimento di energia solare sottratta al ciclo biologico di accrescimento delle microalghe).

La gestione dell'impianto è principalmente caratterizzata dalla potatura delle piante, che devono mantenere la forma più razionale per poter al meglio sfruttare le proprie caratteristiche adsorbenti. Altri interventi manutentivi si esplicano essenzialmente in una pulizia dei pannelli costituenti il setto filtrante e una manutenzione ordinaria dell'impianto di ricircolo; ciò si riflette positivamente sui costi di gestione riducendoli.

 

L'IMPIANTO DI DEPURAZIONE DI BOVOLONE (VR) CON FITODEPURAZIONE

 

Localizzazione dell'impianto

Con riferimento all'atlante cartografico dei vincoli desunti da leggi Nazionali, il sito in esame non è zona a rischio sismico né soggetta a subsidenza. Inoltre l'area destinata all'intervento non presenta valore archeologico o storico. Per quanto riguarda invece le leggi 1479/39 e 431/85, la zona risulta soggetta a vincolo essendo una "bellezza naturale" ed in adiacenza al fiume Menago classificato come acqua pubblica. All'impianto fa capo la rete fognaria dell'abitato di Bovolone (VR) e la frazione di Villafontana, più la frazione di Mazzantica appartenente al territorio del Comune di Oppeano (VR).

Gli effluenti depurati verranno recapitati nel canale di scolo irriguo adiacente all'area dell'impianto, che e sua volta scarica nello Scolo Generale confluente a valle nel fiume Menago.

Il territorio del Comune di Bovolone, posto ad una quota media di 26 m s.l.m., si estende su una superficie di 41,41 Kmq. La popolazione residente nel Comune, compresa la frazione di Villafontana risulta di 13.117 abitanti.

Il centro abitato di Bovolone si sviluppa a nord e ad est dell'impianto ad una distanza di circa 1.000 m. Gli insediamenti abitativi più prossimi all'area si trovano ad una distanza di 200-300 m. La aree limitrofe poste a sud-est, sud- ovest e a nord-ovest dell'impianto sono interessate unicamente da attività agricole.

A nord-est scorre il fiume Menago, tra questo e la stazione di fitodepurazione progettata è presente l'impianto di depurazione attualmente in esercizio.

A sud, ad una distanza di circa 100 m, scorre il corso d'acqua denominato "Scolo Generale", ricettore delle acque di scarico.

Negli grafici viene proposta la planimetria dell'impianto nella sua completezza ed evidenziata la piantumazione di essenze vegetali prevista.

Il carico inquinante civile e industriale sull'area descritta è stato valutato in 18.500 abitanti equivalenti (a.e.). L'attuale impianto presenta una potenzialità complessiva di 15.000 a.e., mentre l'intervento di fitodepurazione, integrato da un successivo adeguamento impiantistico, è progettato per raggiungere la potenzialità di 18.500 a.e.

 

Descrizione del ciclo depurativo esistente

* Dimensioni del filtro

La scelta della configurazione del filtro, è stata sia influenzata sia da fattori legati all'efficienza depurativa esplicabile dalla vegetazione piantumata, che da considerazioni ricavabili dalla teoria dei percolatori a basso carico organico e flusso orizzontale. Relativamente al secondo punto, quale parametro condizionante, si è considerato la velocità di attraversamento del filtro. La scelta adottata per il materiale inerte di riempimento così come per la geometria del filtro biologico, derivano dalla necessità di imporre velocità tali il distacco del film biologico adeso sul supporto inerte.

 

* Dimensioni dei laghi

L'approccio progettuale non si è posto l'obiettivo di riprodurre un lagunaggio così come inteso in senso tradizionale. Il criterio adottato tiene conto del raggiungimento di due condizioni:
- superfici e volumi sufficienti a consentire un prestabilito apporto di ossigeno da macroalghe
- uperfici e volumi in grado di garantire la sedimentazione degli eventuali solidi sospesi.

 

PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

Rimozione degli inquinanti

La rimozione degli inquinanti avviene attraverso processi fisici, chimici e biologici che si realizzano durante il passaggio del liquame nella rizosfera e nel medium di crescita della vegetazione.

Recenti ricerche e pubblicazioni sostengono che la rimozione dei patogeni risulta efficace al 90-99%. Infatti, il continuo passaggio attraverso micrositi aerobici ed anaerobici nella rizosfera e nel medium, sembra comporti uno stress per i microrganismi non metabolicamente adattati a tenori diversi di ossigeno.

Durante il passaggio del liquame attraverso il medium, la rimozione dei patogeni avviene anche per processi fisici per filtrazione e sedimentazione. Altre ricerche hanno inoltre ipotizzato che i batteri vengano eliminati anche a causa dell'escrezione di antibiotici dalle radici delle macrofite.

Determinante azione viene svolta dal supporto solido che ricoprendosi di membrana attiva, con spessori variabili, innesca processi degradativi, in fase aerobica e anossica. Tali processi determinano la riduzione dei composti azotati ed organici con trasformazione degli stessi cataboliti biochimici ed allontanamento dalla frazione liquida sottoforma gassosa nei passaggi dei laghi a superficie libera e nelle varie sezioni dell'impianto. Determinante per il mantenimento degli equilibri chimici di degradazione e lo sviluppo delle specie biologiche specializzata, risulta la disponibilità di carbonio organico attraverso il filtro stesso. Per tale motivo la frazione di carbonio proveniente dall'impianto a fanghi attivi esistente, esplica azione condizionante nel supporto ottenendo un buon rendimento di abbattimento della frazione organica che diventa indispensabile per il buon funzionamento di tutto processo.

Le essenze vegetali prescelte per la completa formazione del sistema Wetlands SF risultano:
Phragmites communis
Salix Babilonica
Arundo donax
Juncus lacustris
Prato polifita
Scirpus lacustris
Populus nigra
Platanus hybridus

L'uso di queste macrofite radicate, comporta una capacità depurativa favorita dall'apporto di ossigeno attraverso il sistema vascolare fino alle radici creando condizioni chimiche simili a quelle esplicantesi sul supporto solido. La sinergia di azione di supporto solido e apparato radicale, rende l'efficienza di abbattimento nei confronti dei solidi particolarmente elevata. Se a questa azione si aggiungono i tempi di permanenza del liquido all'interno dei laghi, si vede come il parametro solidi sospesi in uscita diventa praticamente trascurabile.

La rimozione del fosforo avviene sia nei processi fisici di adsorbimento per reazioni innescate dalla dissoluzione di parte dei sali contenuti nel supporto solido e conseguente precipitazione.

Nell'economia del sistema, si è considerata la possibilità di mantenere l'attuale bacino di clorazione anche per l'eventuale disinfezione dell'uscita fitodepurazione. In normale esercizio, il refluo in uscita dai due bacini compatti potrà essere convogliato alla fitodepurazione inserendo la serranda relativa alla feritoia in collegamento con la disinfezione.

Alla configurazione tipica di una flusso superficiale, si è abbinata una sezione di lagunaggio destinato alla sedimentazione dei solidi eventualmente presenti, allo sviluppo di microalghe, alla riossigenazione con sistemi artificiali e naturali, nonché come polmone idraulico per l'abbassamento dei carichi in ingresso alla sezione fitoassorbente dovuti al ricircolo delle acque in uscita.

 

Bilanci

I bilanci dei carichi inquinanti si possono così riassumere:

Uscita fanghi attivi (ingresso fitodeputazione) Quantità ammesse allo scarico Da trattare con processi naturali
Carico organico Kg BOD5/d 122,1 37 85,1
Azoto totale Kg Ntot/d 157,25 92,5 64,75
Fosforo totale Kg Ptot/d 46,86 37 7,86

Riguardo all'azoto con il sistema di fitodepurazione, recenti ricerche riportano assorbimenti, dovuti all'assunzione ed alla trasformazione in biomassa da parte delle macrofite, quantificabile in un intervallo tra il 10% e il 16% dell'azoto totale in ingresso (ammoniacale e nitrico). Assumendo un assorbimento massimo del 12% risulterebbe:

64.75 x 0.12 = 7.77 Kg N/d

Risultando cautelativo un valore di fitoassorbimento dell'azoto pari a 3 gr N/mq (da un precedente calcolo, non riportato) si ottiene:

3 gr N/mq x 1225 mq = 3.67 Kg N /d

Un'ulteriore riduzione dell'azoto è da attribuirsi al metabolismo della biomassa ed in particolare a quella percentuale di fango in continuo distacco dal supporto inerte, la quale durante il processo di mineralizzazione sul fondo del rispettivo lago periferico in fase anossica, determina una riduzione di azoto per diretta assunzione e/o produzione di azoto gassoso.

L'abbattimento del fosforo avviene per l'azione di processi di assorbimento-precipitazione dovuta alla natura chimica del supporto solido all'interno del filtro. Considerando che l'intera massa vegetale porti a un assorbimento di circa 2% del fosforo totale, risulta:

7.86 x 0.02 = 0.157 Kg Ptot /d

ovvero fosforo residuo da trattare pari a:

7.86 -0.157 =7.703 Kg Ptot /d

 

Apporto di ossigeno

I processi che si realizzano all'interno del filtro sono interessati da un insieme di reazioni fra di loro combinate in diretta correlazione alla quantità di ossigeno apportata.

L'ossigeno viene fornito al sistema attraverso quattro principali fonti:
1. Ossigeno residuo da impianto esistente
2. Ossigeno trasferito da reazioni di denitrificazione
3. Ossigeno apportato da macrofite piantumate e microalghe
4. Ossigeno apportato meccanicamente

 

IMPATTI AMBIENTALI

Impatti connessi alla configurazione dell'impianto

Ogni intervento antropico, anche correttamente progettato e realizzato, comporta inevitabilmente delle modifiche e delle alterazioni all'ambiente. L'analisi della correlazione tra l'intervento in progetto ed il contesto in cui esso va ad inserirsi viene condotta sia per la fase di costruzione vera e propria, con i conseguenti effetti nel breve periodo, sia per la fase gestionale dell'impianto, con i relativi effetti di medio-lungo periodo. Nel caso specifico trattandosi di opere di ampliamento finalizzate alla realizzazione di un impianto di fitodepurazione, è ragionevole prevedere un impatto pressoché trascurabile in confronto ad un convenzionale impianto; infatti, pur nel confrontare i diverso impatti positivi o negativi, occorre ricordare che l'intervento stesso costituisce un importante impatto positivo, dovuto al fatto che la finalità dell'impianto è quella di trattare acque di scarico inquinate, restituendo le stesse, depurate all'ambiente.

 

Impatti potenziali connessi all'adeguamento dell'impianto

* Sull'ecosistema

Gli impatti potenziali relativi alle caratteristiche fisiche di tipo prescelto e delle aree circostanti possono riguardare il suolo, l'acqua, la flora.

* Il suolo

L'attività costruttiva interessante il suolo è legata sia alle scelte tecnologiche e quindi alle soluzioni progettuali che ne derivano, sia alla struttura geologica del terreno, in superficie ed in profondità. Le principali attività risultano le operazioni di scavo, che comportano movimenti di terra. Quali impatti indotti dalle operazioni di scavo si considerano quelli connessi al trasporto del materiale di risulta. Gli impatti potenziali relativi al microsistema esistente possono essere imputabili alla ricaduta delle polveri, ai contaminanti nei gas di scarico delle macchine operatrici, il rilascio di combustibile e lubrificanti dalle medesime.

* L'acqua

La zona, per precedenti interventi antropici è caratterizzata da un sistema di canalizzazioni esistenti, strettamente collegato alla sua destinazione agricola. Nessun canale attraversa l'area dell'impianto. L'efficienza depurativa prevista nel futuro adeguamento impiantistico migliorerà ulteriormente le caratteristiche qualitative delle acque scaricate perciò il ricettore finale e l'ambiente in generale ne trarranno un significativo vantaggio.

* L'aria

Nel corso delle operazioni costruttive lo stato dell'aria può essere modificato dall'uso delle attrezzature di cantiere, quali escavatori, pale meccaniche, automezzi che generano l'emissione di gas combusti e di rumori, nonché il sollevamento, specie in periodi asciutti, di polveri. La progettazione prevista, vista la limitata importanza strutturale delle opere, consente di limitare modificazioni, in ogni modo non rilevanti, a brevi periodi.

* La flora

Per quanto attiene all'aspetto della flora, l'impatto sul terreno considerato è dovuto prevalentemente alle operazioni discarico del terreno stesso, vale a dire alla rimozione dell'eventuale strato di copertura vegetale ed all'abbattimento degli arbusti, ove esistenti. Nel sito di progetto la tipologia e l'attuale destinazione d'uso dell'area soggetta ad intervento, nn presentano caratteristiche tali da richiedere la salvaguardia delle specie vegetali presenti. A seguito della realizzazione del comparto di fitodepurazione, la piantumazione di essenze autoctone consentirà un notevole incremento delle specie vegetali con ricadute positive sul sistema vegetale complessivo dell'area.

 

Sull'ambiente antropico

L'impatto dell'attività di costruzione dell'impianto si esercita prevalentemente in funzione di alcune caratteristiche socioeconomiche, quali:
- connotazioni della zona (residenziale, agricola, industriale)
- livello occupazionale e sistema produttivo
- attività ricreativa

Connotazione socioeconomica della zona

Gli impianti sono essenzialmente legati all'acquisizione dell'area, vale a dire ad atti amministrativi quali acquisizione bonaria ecc. Nello specifico il terreno risulta di proprietà dell'Ente che ha già provveduto allo svincolo dei rapporti di affittanza. Questi ultimi ovviamente comportano effetti secondari, quali la variazione del valore dei terreni circostanti, degli insediamenti (abitativi e produttivi) limitrofi. L'inserimento del progetto generale di ampliamento-adeguamento della capacità depurativa, in un articolato progetto di riqualificazione ambientale dell'intera area valliva S.Pierino, porta ad una scarsa influenza sui terreni circostanti come deprezzamento del capitale.

Il livello occupazionale e sistema produttivo

I parametri citati al paragrafo precedente (diversa destinazione d'uso, variazione di vocazione produttiva) legati alla presenza dell'impianto non comportano, in linea generale, variazioni del livello occupazionale agricolo essendo le attività interessate marginalmente influenzate dalla perdita di produttività.

L'attività ricreativa

Sono implicate, in questo caso, le attività legate al tempo libero su aree attrezzate e non. L'area non presenta attualmente significative valenze ricreative nel territorio comunale. Nel contesto della futura rinaturalizzazione dell'area valliva S.Pierino, di cui farà parte anche l'impianto, così come sarà ampliato, l'esistenza di processi naturali di fitodepurazione, costituirà un'ottimale integrazione con il territorio circostante rendendolo meta di eventuali escursioni naturalistiche.

Le infrastrutture del sito prescelto e delle aree circostanti

Tali impianti derivano dall'attività di costruzione dell'impianto che come detto comporta movimenti di terra, presenza di personale utilizzo di attrezzature e macchinari, costruzione dei locali cantiere, con conseguente fabbisogno di energia elettrica e combustibili.

Impatti connessi con l'esercizio dell'impianto

Si vogliono qui esaminare, in via del tutto generale, i fattori ambientali modificati per effetto della gestione dell'impianto.

Sull'ecosistema

* Il suolo

La gestione della stazione di fitodepurazione non comporterà nessun impatto sul suolo, mentre le stazioni di trattamento dell'impianto a fanghi attivi potranno tuttalpiù interessare il suolo per la ricaduta delle trascurabili quantità di aerosol che possono essere emesse nella movimentazione dei fluidi. Al contenimento dell'immissione dei nuclei di aerosol batterico eventualmente sollevati dal vento, contribuiranno le specie arboree preposte alla fitodepurazione. L'azione delle piante si esplica a livello delle foglie mediante filtrazione e per impatto.

* L'acqua

Tali impianti coinvolgono prevalentemente acque superficiali. La realizzazione della fitodepurazione non può altro che apportare un ulteriore beneficio in riferimento alla situazione esistente.

* L'aria

L'impianto complessivo immette nell'ambiente circostante: rumori (prodotti dai compressori e da altre apparecchiature elettromeccaniche delle stazioni esistenti) e odori (provenienti dalle fasi di grigliatura, dissabiatura, sedimentazione e trattamento fanghi).

Per quanto riguarda le emissioni sonore provenienti dall'impianto di fitodepurazione descritto dal progetto, è prevedibile che poco si discostino dal rumore di fondo. Il rumore verrà ulteriormente attenuato ad opera della distanza e dell'alberatura prevista. Il livello sonoro attribuibile alla configurazione di impianto esistente, sulla base di rilievi effettuati presso impianti similari, è prevedibile che oscilli entro l'intervallo 65-90 db in funzione delle attrezzature presenti e della distanza dalle fonti; un insediamento civile posto ad una distanza di 100 m verrà interessato, considerando un fattore di attenuazione pari a 2, da un livello di pressione sonora non superiore a 30 db, valore ampiamente al di sotto dei limiti di tolleranza generalmente ammessi per i rumori. I valori maggiori sono riscontrabili nei locali destinati al ricovero dei compressori a servizio dei bacini di ossidazione biologica e stabilizzazione fanghi.

Relativamente al traffico veicolare inteso come potenziale fonte di rumori e/o polveri, quello imputabile alla messa in esercizio dell'impianto è da ritenersi trascurabile e può essere attribuito alle autovetture degli addetti alla gestione dell'impianto e per l'asporto del materiale vegetale prodotto rispettivamente: massimo n° 1 viaggio/giorno e massimo n° 1-2 viaggi/mese.

Per quanto attiene agli odori, le sostanze organiche o inorganiche, allo stato aeriforme, che sono all'origine della diffusione degli odori nelle aree limitrofi agli impianti di depurazione dei reflui urbani sono riconducibili a:
1. mercaptani
2. scatoli
3. indoli
4. acidi organici
5. aldeidi
6. chetoni
7. acido solfridico
8. ammoniaca

Tutte queste sostanze hanno origine in presenza di degradazione anaerobica di sostanze organiche. Il loro rilascio in atmosfera dipenderà da un certo numero di parametri relativi agli equilibri di fase liquido-vapore quali:
- natura del liquame
- solubilità e volatilità
- agitazione ed estensione delle superfici di emissione
- ventilazione
- grado di anossia dei liquami
- formazione di aerosol

Relativamente alla stazione di fitodepurazione, l'emissione di sostanze maleodoranti sarà trascurabile. A tutt'oggi non si hanno ancora chiare indicazioni sul mantenimento della virulenza nei patogeni aerotrasportati e su quali organismi come indicatori di rischio patogeno. Non si dispone di una casistica che evidenzi maggiore incidenza di malattie infettive dovute alla vicinanza di popolazioni ad un impianto di depurazione.

Si può affermare che si avrà formazione di aerosol microbico in qualsiasi stazione dell'impianto in cui si verifichino condizioni di miscelazione e di aerazione.

In funzione del fenomeno di aresolizzazione si potranno individuare aree a diversa concentrazione microbica. Nell'impianto di fitodepurazione non si avrà alcuna formazione di aerosol.

Al contenimento dell'immissione dei nuclei di aerosol batterico eventualmente sollevati dal vento contribuiranno le specie arboree preposte alla fitodepurazione e l'alberatura di mascheramento, realizzata al confine dell'area destinata all'impianto di fitodepurazione. L'azione delle piante si esplica a livello delle foglie mediante filtrazione e impatto.

Alcune specie di microrganismi riscontrate da vari ricercatori nell'aerosol batterico sono:
- Micrococcaceae: Staphylococcus , Streptococcus
- Pseudomonadaceae
- Enterobacteriaceae: Salmonella sp. , Klebsiella , Escherichia coli
- Vibrionaceae
- Bacillaceae: Clostridium pertrigens

 

Sull'ambiente antropico

In un raggio di 200-300 m, non esistono insediamenti abitativi per cui sono insignificanti gli effetti d'impatto sull'ambiente antropici.

L'ampliamento con sistemi naturali di fitodepurazione, caratterizzato da un insieme di laghetti interconnessi e da zone su cui sarà realizzata una piantumazione di varie essenze vegetali, messe selettivamente a dimora sulle zone dei bacini destinate a filtro biologico, consentirà una ricomposizione delle pur modeste strutture dell'impianto.

La scelta delle essenze per la piantumazione perimetrale è ricaduta sulla specie Carpinus betolus, sia per il buon adattamento alle condizioni climatiche e pedologiche locali, che per la specifica caratteristica legata all'abbandono delle foglie dell'anno precedente solo nel momento del rinnovamento del nuovo sistema fogliare.

 

Impatti positivi sull'ambiente

La progettazione concepita secondo criteri tradizionali di tipo esclusivamente idraulico, molto spesso propone soluzioni che realizzano il massimo sfruttamento dell'ambiente indipendentemente dalle sue peculiarità e dalla sua possibilità di rinnovamento.

La fitodepurazione, intesa come criterio di progettazione attento sia alla salvaguardia idraulica sia alle funzioni ecosistemiche, consente una buona azione autodepurativa, realizza in importante luogo di sosta per la fauna selvatica, consente possibilità ed esperienze d'acquacoltura, opportunità didattiche e di impiego alternativo del tempo libero.

Un altro aspetto non trascurabile è rappresentato dalla possibilità di considerare la fitodepurazione una reale opportunità di apertura orientata nella direzione dell'applicazione della "Legge Galli", In tal caso, infatti, potrebbe essere correttamente affrontato il principio legato al "riutilizzo delle acque". Esempi come la fertigazione, creazione di oasi di ripopolamento del patrimonio faunistico-venatorio, impianti di acquacoltura, rappresentano alcune possibilità reali di riuso dell'acqua.


Bibliografia

- Atti del convegno "Acque reflue civili e agricole" (San Bonifacio, Verona, 3-7-1992). Comune di S.Bonifacio e Provincia di Verona

- Relazione di compatibilità ambientale "Progetto esecutivo per le realizzazione dell'ampliamento dell'impianto di depurazione comunale con fitodepurazione" Maggio 1995 a cura dello Studio Consulenze Ambientali Ferro Ing. Marco (per il Comune di Bovolone). In questo tudio vengono citati in particolare:
- Vrhovskev D. (1993) The use of constructed wetlands for wastewater treatment in Slovenia
- Brix H. (1993) Wastewater treatment in coustrected wetlands:system design, removal process, and treatment performances. In Moshiri G.A., 1993. Constructed wetlands for water quality improvement. Lewis Pubilshers Inc., 1993


Documentazione fotografica

 

Vista dal lato sud dell'impianto esistente verso l'area destinata all'intervento

 

Vista in direzione nord dell'area destinata all'intervento. Oltre l'alberatura si scorge l'impianto esistente

 

Vista in direzione nord-ovest dell'area destinata all'intervento compresa nell'area valliva di S.Pierino