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Baldassarre: «Sarebbe una nuova spallata per i
nostri associati. A rischio anche diecimila posti di
lavoro nell’indotto»
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di GIAMPAOLO RUSSO |
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E’ ormai guerra aperta tra gli
allevatori ciociari e la Parmalat. I nodi del
contendere sono due: la trattativa in corso per il
prezzo del latte e l’immissione sul mercato del
cosiddetto "Latte Fresco Blu". Rischiano la chiusura
circa 2.000 aziende locali, anche se nella maggior
parte dei casi si tratta di ditte individuali. Sulla
questione del prezzo del latte, le associazioni di
agricoltori ciociari si schierano compatte contro il
tentativo, da parte della Parmalat, di ridurre il
prezzo che andrebbe ad influire pesantemente sui
ricavi delle stesse aziende.
«La Parmalat — dichiarano congiuntamente l’Unione
Agricoltori e la Cia di Frosinone — ha inteso
definire la trattativa sulla questione del prezzo
senza le nostre organizzazioni. Si tratta di un
atteggiamento di inusitata arroganza senza
precedenti e dimostra come la stessa azienda
emiliana, sfruttando la sua posizione dominante,
ritenga di poter prevaricare le leggi, le regole e i
ruoli». Sulla stessa lunghezza d’onda la Coldiretti
di Frosinone: «L’accordo siglato martedì — affermano
Mauro D’Arpino, presidente della Coldiretti
provinciale ed il direttore regionale del Lazio,
Toni De Amicis — tra Parmalat e cooperative romane
ha solo valenza per la provincia di Roma mentre noi
ci siamo astenuti evidenziando la necessità di
portare la trattativa in ambito provinciale e non
riconoscendoci nell’accordo siglato che riduce di 30
lire al litro il prezzo del latte. E’ bene far
presente ai consumatori che di 1,14 euro (2200 lire)
al litro di latte che pagano al negozio, a noi
produttori arrivano solo 0,30 euro (740 lire)».
La battaglia si preannuncia dura e al tempo stesso
lunga, così come lascia presagire il presidente
della Cia di Frosinone: «Venderemo cara la nostra
pelle — dichiara Mario Mancini — perché passi la
strada della qualità a tutela del consumatore. Il
minor prezzo che vuole imporre la Parmalat è dovuto
al fatto che il latte proviene da altre realtà
europee che hanno costi inferiori ma anche qualità
più scadente. A rischio sono anche le aziende che
producono mozzarella di bufala. Si vuole introdurre
una norma che permetta di produrre tali prodotti
anche con un latte di 60 ore dalla mungitura. Questo
vuol dire che il latte potrebbe provenire anche
dall’estero ma che, comunque, non garantirebbe la
freschezza del prodotto». Sulla questione del "Latte
Fresco Blu" (vedi box al lato n.d.r.) la
preoccupazione è forte: «Si sta sconvolgendo il
mercato — conclude Mancini — e i consumatori devono
essere preoccupati del latte che berranno in futuro.
Il "Latte Fresco Blu" non può essere, infatti,
considerato fresco perché ha una conservazione
doppia rispetto al latte normale a cui noi siamo
abituati». A preoccupare gli allevatori sono anche
gli scenari futuri che si delineerebbero nel caso in
cui si abbassassero i prezzi. «Nel corso di questi
ultimi anni - dichiara Franco Baldassarre, direttore
dell’Unione agricoltori - le aziende che producono
latte in provincia di Frosinone sono passate da 9
mila a circa 2 mila. La scelta di ridurre i prezzi
costituisce un’altra spallata per i nostri
allevatori. Un prezzo più basso taglierebbe circa
10.000 lavoratori, se consideriamo anche l’indotto».
IL PRODOTTO
Quel “fresco” non convince tutti
Sempre più pubblicizzato, il latte fresco Blu
prodotto dalla Parmalat e dall’Eurolat (ex Solac)
sta entrando pian piano nelle case dei consumatori.
Ma qual è la differenza con il latte fresco che, da
sempre, siamo abituati a bere? Il latte fresco Blu è
un latte prodotto prevalentemente in Germania (con
costi più bassi rispetto a quelli dell’Italia) e ha
una capacità di conservazione del doppio rispetto a
quella normale: otto giorni. Si tratta di un latte
microfiltrato, frutto delle più innovative
tecnologie che consentono di eliminare ogni forma
batterica. I detrattori di tale prodotto affermano,
invece, che tale lavorazione non sia rispettosa
della naturalità del latte che, di conseguenza,
perderebbe di qualità. Gli allevatori ciociari
temono, inoltre, che questo prodotto innovativo
arrechi loro un calo negli ordinativi e, di
conseguenza, un enorme danno economico.
Gia.Rus. |
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