«Alla vigilia dell’andata in scena, fu colta da una violenta emottisi. La sua giovinezza vinse il male, ma ne rimasero tracce per tutta la vita» (testimonianza del 1885, da: Olga Signorelli, Vita di Eleonora Duse, Bologna, Cappelli, 1962)).

«La figura della Duse è stata circondata da un sentimento particolare, una venerazione soffusa di una sfumatura di compassione […]

Qualcosa ne rimane ancora oggi, sotto forma di una comprensiva

considerazione […] per la sua vita di sofferenze.  […] La Duse fragile, la Duse malata, la Duse malinconica, logorata dai nervi tesi».  

(Mirella Schino, Bologna. Il Mulino, 1992)

Realmente non ha una “salute di ferro”: Eleonora Duse non recita mai più di tre giorni la settimana, mentre le sue colleghe si concedono al pubblico anche tutte le sere. I giornali del tempo riportano con discreta frequenza i chiacchierati forfait dell’attrice, alimentando la fama di attrice “nevrotica”.

« … “Volete fare il confronto con le attrici d’oggi, che van cercando i loro modelli negli ospedali delle isteriche ? Volete dirmi che la Duse è una tragica ? Non mi fate ridere ! E’ semplicemente una isteroide !” … e pensava ad Adelaide Ristori (“la somma”) e nei salotti si usavano molto i termini isteroide, genialoide , pazzoide ... » (questo pensa il  nonno del critico Vergani; da Orio Vergani, Memorie di ieri mattina, Milano, Rizzoli 1958).

« … Tutta la combriccola Giornalistica è ancora tutta viva – Io spero sempre di trovarmene qualcuno morto tra i piedi ---- e invece, come li vermi, si spezzano e ricrescono ---» (lettera di Eleonora ad Arrigo del 1887)

La corrispondenza  tra Eleonora ed Arrigo (Boito)  è costellata di frasi che riguardano le preoccupazioni per i polmoni (la tubercolosi la colpisce nel 1884 e la riprende  più volte), le emorragie, i mal di denti, per il lavoro che incide troppo profondamente sullo stato di salute. (Raul Radice, Eleonora Duse - Arrigo Boito: lettere d’amore, Milano, Il saggiatore, 1979)

Genova, 17 settembre 1887 – Sabato – verso le 6

[…] Arrigo – Mi sono alzata un po’ – in letto – la testa lavora e il corpo trova poco riposo –

Sto meglio di stamane, respiro meglio – Sto riguardata e non esco di casa – bene inteso -- […]

 

Genova, 17 settembre 1887 - Sabato sera – ore 9

[…]  E ora – sorridendoti, ti prego, se per caso ti capita un giornale, di non crederci – perché al solito faranno “La D. ammalata”. – Maledettissimi !  Non mi è permesso neppure d’essere raffreddata, o prender … la Santonina, senza che lo sappiano – Razza antipatica!.[…]

 

Genova, 26 settembre 1887 Lunedì – alle tre

[…]  Io non ho lavoro gaio, Arrigo mio, non ho tolleranza, non ho la virtù delle piccole cose -  E’ una condanna – e’ una condanna – le settimane son anni, le ore, sono giornate – l’attimo della posta – mi affanna, e nulla più –

E’ malattia Arrigo! – E’ malattia – Il lavoro mi stronca dalla stanchezza, e la sfiducia del non vincere è penetrata nella povera povera --[…]

 

Genova, 11 e 12 ottobre 1887

[…] Insomma, dopo un pranzo, dove non ho potuto magnare niente – mi buttai sul letto – e la cosa minacciava male – Mi dispiaceva levare cartello, sul tardi – Basta! A furia di roba calda – alle 8 meno un quarto entravo in camerino = 1° atto la testa mi girava, e le gambe non mi tenevano in gamba – ma poi – LA BUONA VOLONTA’, vinse il malessere del piccolo corpo --[…]

Eleonora ti dice di non stare in pena, perché stamane, sebbene sta a letto sta molto meglio di ieri che stavo  alzata. Eleonora stamane si è svegliata … ferita,e i feriti stanno al riposo – Ecco dunque la ragione del malessere i ieri - […]

   

Genova, 15 ottobre 1887 – Sabato mattina ore 8 e mezza

[…]  Questo villanzone di dente, asino, villano, degno d’una bocca da carrettiere, è così violento che io non so più come chetarlo –

Ieri e l’altro ieri, fatti quei tagli e uscito quel sangue, lì per lì, mi son sentita proprio benino, e ho sperato fosse finita, ma oggi sento ci sarà bisogno dei ferri daccapo –

[ ... ]  Poi, tra parentesi, ieri, ho perso la replica di Francine [Francillon di Dumas figlio] – con tutto il teatro venduto come la prima sera. […]

 

Genova, 15 ottobre 1887 – Sabato verso sera … le 5

[…]  Domani, per non far dire, al solito, che sono moribonda, e per non perdere tanti soldi – imbastirò alla meglio quella infelice sora Locandiera  che faccio male – ma che cercherò di far bene – pensando che ARRIGO LO SA.

Ecco dunque che è quasi passata anche questa - - stamane avevo un po’ di febbriciattola, ma ora  sta tranquillo, non me la sento più – […]

   

 

Napoli, 15 marzo 1889

[…]  ----- la bruciatura, anzi il dottore dice: L’applicazione del ferro rovente, che cosa fa? Distrugge una fungosità che BISOGNA distruggere, ora nel rimarginarsi della bruciatura è probabile qualche piccolo tessuto capillare (vedi come parlo bene) rimane scoperto, e produce un leggero stillicidio (vedi come ricorso le parole) di sangue, che non ha per causa la causa stesa della malattia, la  stessa incominciata distruzione di essa ----  […]  

 

Napoli, 14 maggio 1889

[…]  Ma la salute è sufficiente per poter riprendere il lavoro --- Questo è indispensabile, a questo bisogna tornare, --- sempre – sempre ---- Bisogna riunire tutte le forze, tutto il coraggio ---- bisogna aver un viso diverso dalla faccia vera, e bisogna utilizzare ogni facoltà --- e aiutare ogni difetto --- Bisogna lavorare. L’ho sempre fatto --- e lo farò ancora, sempre ----  […]

Questo scrive il medico bolognese Gino Ravà (medico dell'attrice per un periodo, nonché autore di un saggio sulle malattie nervose) ricordando il soggiorno montano del 1920, dilungandosi anche su un aneddoto pittoresco....

"Vado e la trovo in uno stato pietoso. Asma, espettorazione purulenta abbondantissima, depressione nervosa tale da non lasciarle azzardare a viaggiare da sola. La convinco facilmente a partire con me. Bisognava rimetterla in forze fisiche e morali; aveva necessità di un luogo tranquillo e pieno di conforto: pensai di condurla la lago di Dobbiaco ove era un albergo adatto. Ricordo sempre il nostro arrivo col treno a Dobbiaco e l'attesa lunga, e per la Duse penosissima, cui fummo obbligati per ottenere una vettura che ci conducesse al lago, distante tre chilometri. 

Eravamo seduti davanti all' unico albergo riaperto allora dopo le distruzioni della guerra, e Eleonora attendere seccata e sofferente, quando vidi giungere una automobile di lusso aperta, sulla quale erano un uomo aitante e una giovane signora. Si fermano e si slanciano meravigliati a salutare la Diva. Egli le bacia la mano e la giovane le se inginocchia davanti piangendo. Io mi trattengo in disparte. Si trattava della popolarissima giovane attrice Vera Vergani e del drammaturgo e regista Dario Niccodemi. Dopo averla salutata con grande effusione, i due risalirono sulla loro costosa automobile e ripartirono. L'amaro commento della Duse fu: "Queste giovani attrici quando mi vedono piangono per la commozione! Tenessero le lacrime per altro!". "Signora - le dissi - siamo qui disperati perchè non riusciamo a trovare una carrozzella e lei si lascia sfuggire quella bella automobile". Sorrise, Non ci aveva pensato. Così facilmente dimenticava a un tratto sé stessa. E forse fu questa facoltà portentosa che l'aveva resa la più grande attrice del suo tempo....".

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Vera Vergani

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Dario Nicodemi (al centro)