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ANDO' FLAVIO collega ed ... amante
 

Nell’agosto del 1885 la Duse, quale membro della compagnia di Cesare Rossi, sbarca in Sud America, a Rio de Janeiro.

 Olga Signorelli (agiografa per eccellenza della Divina) scrive: «Una grave prova si presentò a Eleonora: a causa della simpatia sentimentale sorta fra lei e Flavio Andò, la separazione col marito divenne inevitabile.» (Olga Signorelli, Vita di Eleonora Duse, Bologna, Cappelli, 1962)   

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Flavio Andò (1884)

Passione strana questa, dal momento che i due si conoscono da diversi anni, e che è forse cominciata a bordo del piroscafo ”Umberto I” (a quel tempo l’Andò se la faceva con una ballerina…),  probabilmente i due «a furia di interpretare scene d’amore sul palcoscenico, [finirono] per recitarle anche fuori, nella realtà della vita» (Francesco Possenti, I teatri del primo Novecento, 1987)

 

Eleonora come Margherita Gautier ne

 "La signora dalle Camelie (1884)

In una recensione di qualche anno dopo (in “L'Arte Drammatica”, 7 aprile 1888), Luigi Rasi descrive la spettacolare conclusione del 3° atto della Fedora di Victorien Sardou:  «la Duse prende per il collo Andò, e Andò, svelto, agguanta a mezza vita la Duse – quel dondolamento ... va in terra sì ... va in terra no, porta al delirio [il pubblico] » e pensare che la passione allora si era già estinta !

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sempre il mitico Andò !

«ll suo partner era bello e di temperamento appassionato come un vero siciliano anche fuori delle scene, bravissimo attore del resto, capelli a spazzola e vasti mustacchi con le punte rialzate che gli arrivavano fino a metà guancia. Elegante, raffinato, sembra tuttavia che un giorno dicendo: « Il était béte, mais il était beau », Eleonora alludesse molto precisamente a lui. Nonostante la sua bétise di cui probabilmente non s'era ancora accorta, il loro sodalizio durò a lungo, anche perché il pubblico era troppo entusiasta della valente coppia, dicendo della Duse che se non era bella era però intelligente e superlativamente dotata. Rimasero insieme formando un perfetto connubio artistico destinato a estinguersi sulle soglie dell'amore dannunziano, già diluito di tenero cameratismo, arte e reciproca indulgenza, perdono dei peccati piccoli e grandi» (Antonietta Drago, I furiosi amori dell’ottocento, Milano, Longanesi ,1969).

 

 

 

Nel 1886 la “nostra” diventa capocomica, fonda e dirige con Andò  la “Compagnia drammatica della Città di Roma”, come già è stato osservato, sarà stato anche “stupido” il Flavio, ma è in ogni caso  un “cavallo vincente”, un investimento sicuro per il botteghino.

Infine, se consideriamo che la Duse scrive raramente su altri colleghi – incontrati e visti recitare - e che ancora più raramente ne parla bene, diventa  notevole che, quando il compagno d'arte muore, ricordi  «… cosi, ripensando le difficili annate di lavoro trascorse insieme, i lunghi viaggi, contro core, quasi smarrito lo scopo dei viaggio, e l'anima in affanno, tanto era effimera e puerile l'opera d'arte che apportavamo in giro per il mondo! Se ripenso quante esistenze nate per l'arte e inchiodate al “binario” della vita, che la vita, poi, non consente, che la giornata d'ogni giorno disperde...  Se ripenso a tanta ansietà, a tanta attesa, a tanta fedeltà.... svanita nel niente [ ... ]. Povero e caro Andò! e poveretta me, che non mi fu concesso andarmene prima del mio buon camerata! […] » (lettera a Giovanni Rosadi del 5 agosto 1915)  

Per Sapere Qualcosa in Piu' ...

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