Qualche notizia su Matilde:  

Nasce in Grecia (Patrasso) nel 1856 dall'avvocato Francesco, esule da Napoli per problemi con i Borboni allora regnanti, e da Paolina Borely di famiglia greca.  Poi, caduti i Borboni, la famiglia rientra a Napoli.  Fino ad otto anni non sa leggere né scrivere, finché la madre pazientemente non le fa scuola, si diploma nel 1874 e vince un concorso per un impiego di telegrafista nelle Poste, dove resta per quattro anni ad ottanta lire al mese battendo i telegrammi sull'apparecchio Morse.

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Matilde e colleghi in una foto di Primoli (1890)

  Intanto con lo pseudonimo di "Tuffolina" (una statuina che aveva visto con questo titolo, una bagnante in atto di tuffarsi, come lei che si accingeva al pelago della letteratura) scrive alcune novelline pubblicate sul "Piccolo " e sul " Corriere del Mattino”. Si sposta a Roma e collabora al "Capitan Fracassa",  dove conosce Scarfoglio che sposa nel 1885, da cui ha una bambina che purtroppo le muore; poi nascono " i quattro moschettieri " (Antonio detto Toto, i gemelli Carlo e Paolo e Michele). Lasciato Scarfoglio ha un’altra figlia dall'avvocato Natale, che però non sposa nemmeno rimasta vedova, e che chiamerà Leonora come la sua grande amica Duse.

Nessuno la ha descritta come bella, né pare abbia mai fatto nulla per abbellirsi, con la sua mole presto strabordante e con dei buffi cappelli, scherzando sovente sulla sua mancanza di femminilità; chi la conobbe la ha descritta come profondamente femminile ed appassionata, gelosa di suo marito, affettuosa e severa coi figli (fece da madre anche alla figlia che Scarfoglio ebbe dall’attrice Bressard, suicidatasi dopo aver lasciato la bambina sull'uscio della casa dell’amante).

Fonda assieme al marito il "Corriere di Roma" che si trova però già l'anno dopo sull’orlo del fallimento. Il destino fa incontrare loro il banchiere livornese Matteo Schilizzi, uomo di favolosa ricchezza che viveva a Napoli per questioni di clima e che già finanziava il "Corriere del Mattino" diretto da Martino Cafiero. Il mecenate propose loro di tornare a Napoli per collaborare al suo giornale. Morale della storia: in pochi mesi Cafiero fu liquidato, le due testate si fusero e il 1 gennaio 1888 usciva il nuovo "Corriere di Napoli".  Il giornale pubblica a puntate " L'innocente " di D'Annunzio che era stato rifiutato dall'editore Treves perché ritenuto scandaloso: cosa che invece ha fatto subito la fortuna del giornale. Ma l'accordo con Schilizzi dura poco, nel febbraio del 1892 gli Scarfoglio lasciano il giornale con 86.000 lire di liquidazione; due mesi dopo esce "Il Mattino".

L'ambiente di Napoli sul  finire del secolo, è tra i più fervidi, ricchi di cultura e di arte, ma anche tra i più turbolenti e socialmente sconquassati: la miseria della plebe da una parte e il persistente disinteresse delle classi agiate. Aristocratici, latifondisti, legittimisti e nostalgici dei Borbone o vicini ai Savoia, tutti alieni dal partecipare ai rischi dell'imprenditoria,  un magma difficile a spiegarsi e che la Serao cercò di descrivere nel "Paese di cuccagna ".

Nel 1903 la Serao lascia Scarfoglio e "Il Mattino" e successivamente si lega all’avvocato Natale, con cui rimarrà fino alla fine, e con lui  fonda un giornale che sarà tutto suo.

Nel 1904 nasce "Il Giorno", espressione della mentalità e della cultura della borghesia e di piccoli produttori che lo sostengono. Pur tra oscillazioni ideologiche e correzioni,  "Il Giorno" svolge una funzione di controllo della realtà politica e sociale di Napoli, sulla quale Matilde Serao interviene con appassionata partecipazione e causticità, esaltando lo spirito di libertà che deve animare la vita di un giornale. In quest'ottica non le è difficile, consumata nel 1921 la scissione di Livorno, appoggiare i socialisti per favorirne l'ingresso al governo centrale e nelle amministrazioni locali.

Ed è solo "Il Giorno" insieme a "Il Mondo" di Amendola a individuare subito dopo la  pericolosità del governo fascista e il rischio che ne deriva anche per la libertà di stampa. E' uno degli ultimi atti di libertà del giornale. Serao, mediatrice di se stessa con i piccoli produttori che sovvenzionano il suo  quotidiano, deve ammorbidire la polemica con il governo; ma sono ormai gli ultimi anni della sua vita. Muore nel 1927.

Lascia una quarantina di opere narrative, a cui non è estranea l'influenza dei francesi da Zola a Bourget, raccolte di novelle, articoli e  romanzi: "Il paese di cuccagna", "Addio amore", "Il ventre di Napoli", "Suor Giovanna della Croce", "Piccole anime", "Fantasia",  " La conquista di Roma ".

 (liberamente tratto da: "La città di Napoli: non tutto ma di tutto su questa magnifica città, vista sotto un profilo storico e culturale" - http://www.dentronapoli.it)