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Prof. Pierluigi Zampetti

Era da qualche tempo che non sentivo al telefono il prof. Pierluigi Zampetti, con il quale discorrevo spesso di politica, di economia, della famiglia e di altri argomenti. Ma le nostre chiacchierate  si concludevano sempre sul valore di Maria Santissima, della quale eravamo entrambi devoti, e sull’importanza di vivere e di diffondere i suoi messaggi. Il prof. Zampetti era particolarmente devoto a Fatima, tant’è che aveva scritto un libro su questa importantissima apparizione per le sorti del mondo “La profezia di Fatima ed il crollo del comunismo”. L’avevo infatti “scoperto” in seguito ad un’intervista televisiva proprio in riferimento all’uscita di questo libro. Miracolosamente era stato addirittura invitato alla Rai per parlare dell’argomento. Lo contattai e fu mio ospite durante alcune puntate che curavo presso diverse televisioni private cattoliche. Capii immediatamente che il prof. Zampetti, oltre ad essere una persona colta e ben preparata, era un vero uomo di fede. Ricordo che dopo la prima puntata televisiva andammo a bere qualcosa presso un bar vicino all’emittente televisiva ed in quell’occasione gli parlai dell’importanza della recita quotidiana del Santo Rosario intero. Lui mi guardò e mi disse “Che singolare combinazione. Pensi che avevo promesso a mia mamma, in occasione della sua morte, di recitare il Rosario intero ogni giorno e dopo poco tempo ho incontrato lei che mi parla dell’importanza del Rosario intero. Non si tratta certamente di una coincidenza”. Riguardo alla mamma il prof. Zampetti scrisse un libro “Il Vangelo di mia mamma” che divenne un best seller. In tale libro mise in risalto la santità di una madre veramente credente e l’importanza educativa di una mamma cristiana. Un libro che molte madri dovrebbero leggere. Il prof. Zampetti mi confidò l’amarezza di non essere stato quasi mai aiutato dalla “cultura” e dai mass media cattolici: e sì che era una figura luminosa al servizio di Dio. Ovviamente io gli rammentavo il trattamento di Gesù Cristo e di molti santi, tra i quali Padre Pio, indicativo del fatto che i profeti subiscono ostilità, rifiuti e feroci critiche soprattutto in campo cattolico. Basti pensare all’avversione (ben diversa dal doveroso discernimento!) che accompagna le apparizioni mariane genuine.

Da qualche tempo non lo sentivo al telefono, ma non mi preoccupavo più di tanto sapendolo spesso all’estero in occasione di conferenze nelle quali lui inseriva sempre il contesto cristiano. In occasione del Santo Natale gli feci una telefonata e scoprii che era morto nel giorno dei Santi; un chiaro segno, per i veri credenti, che la Madonna, alla quale era molto devoto, era certamente intervenuta presso Dio onde manifestare al mondo che il vero devoto prof. Zampetti era salito al cielo.

Caro prof. Zampetti, adesso dal Cielo in cui ti trovi capirai molto meglio che i veri profeti subiscono l’ostracismo del mondo; di un mondo che mediante molti mass media preferisce concedere notevole spazio “ai seni e ai glutei” anziché agli uomini di Dio. La tua morte non è stata menzionata, salvo forse qualche eccezione che ignoro in questo momento; non è stata menzionata neppure dai mass media cattolici. Ma tu ora sai quanto sia vera l’espressione scritturale “Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!” (Gal. 1,10). D’altronde lo sapevi bene; diffondendo con amore la devozione al Santo Rosario, a Gesù e a Maria non potevi certo aspettarti il riconoscimento di un mondo ammorbato dall’AIDS, dalla Sars, dalla violenza, dall’odio, dalle perversione sessuali, dall’impudicizia, dal ladrocinio ecc.

Arrigo Muscio

 

Segue una biografia che dimostra l’importanza del prof. Zampetti, prezioso agli occhi di Dio

 

Il prof. PierLuigi Zampetti  è nato il 29-3-1927. Seguì gli studi medi nel Collegio Arcivescovile  di Saronno e di Tradate ove conseguì la maturità scientifica. Volendo però iscriversi alla Facoltà di Filosofia  ottenne nello stesso anno, a 17 anni, la maturità classica. Si laureò successivamente in Filosofia e poi in  Giurisprudenza. Nel 1957 conseguì la Libera Docenza   in Filosofia del Diritto e successivamente vinse la Cattedra in Dottrina dello Stato presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Trieste divenendone Preside nel 1963. Trasferitosi successivamente  presso la neonata Facoltà di Scienze Politiche  dell’Università di Milano, fu  Preside nei momenti difficili della contestazione e del terrorismo. Per aver voluto continuare   a sostenere nei suoi insegnamenti i valori della tradizione giuridica e filosofica di libertà, di democrazia,  di coesistenza sociale,  ispirati a principi cristiani,  proprio a Milano fu constestato insultato e minacciato di morte.

Dopo aver dato l’impronta decisiva della propria personalità scientifica  si trasferì  dall’Università di Milano all’Università di Genova dove sviluppò i suoi studi sociali e politici sulla partecipazione dei cittadini  al potere coinvolgendoli nella difesa dell’individuo,  della famiglia e delle istituzioni a cominciare dal Comune. Tali insegnamenti,  accolti con molto interesse negli ambienti politici  italiani, furono  particolarmente apprezzati in vari Stati dell’America Latina dove più volte  egli si recò  perchè  chiamato all’insegnamento in vari Atenei e dove più volte fu insignito della laurea honoris causa.

In particolare, in Bolivia, la sua teoria della partecipazione si trova attualmente inserita nella Costituzione del  Paese.

Nel 1981 fu nominato dal Parlamento italiano membro del Consiglio Superiore della Magistratura. In tale consesso, come ha affermato durante la funzione funebre il Presidente della Corte di Appello di Milano, ebbe modo di essere apprezzato per la finezza del suo sapere giuridico  con  dottrine mai astratte e mai disgiunte dagli stretti rapporti che esse devono avere sulla intera personalità dell’uomo  nel  contesto della società.

Nel 1994   fu  nominato  da Giovanni Paolo II membro dell’Accademia Pontificia delle Scienze Sociali  dove ha ricoperto  la carica di Consigliere  fino alla sua morte.

Gli ultimi suoi scritti sono stati orientati su temi  economici e sociali  verso nuove soluzioni nel governo della società seguendo i concetti formulati dalla dottrina sociale della Chiesa secondo le enclicliche di Papa Giovanni Paolo II, ma in tutti i suoi  libri  e insegnamenti  appare manifestamente evidente la sua  testimonianza cristiana che è stata anche  il perno della sua fede religiosa.

In particolare oltre  alle  numerose pubblicazioni scientifiche   nel 1986 pubblicò  un libro di carattere religioso “Il Vangelo di mia mamma”  che divenne un autentico best seller,  finalista del Premio Bancarella,  tradotto in parecchie lingue e diffuso in tutto il mondo.

 

In ricordo del professor Pier Luigi Zampetti

 

Il giorno dei Santi improvvisamente è morto un amico della nostra Rivista: il prof. Pierluigi Zampetti. Era un cristiano autentico ed uno scienziato di grande valore.

Aveva scritto con entusiasmo diversi articoli per “Operare in Calabria” e ci aveva suggerito di farne una rivista nazionale, riprendendo la antica attività culturale che l’indimenticabile Vaccari, figura di spicco non solo dell’UCID ma anche dell’UNIAPAC, aveva iniziato fondando appunto la testata “Operare” ed organizzando convegni anche a livello internazionale nei quali a Zampetti spesso era affidata la relazione introduttiva.

La sua prestigiosa carriera accademica, da professore ordinario di Dottrina dello Stato, lo aveva portato in varie sedi italiane: alla Università Statale di Milano negli anni della contestazione studentesca, particolarmente difficili per un cattolico militante dichiaratamente antimarxista, poi a Trieste dove fondò la Facoltà di Scienze Politiche e ne divenne Preside, infine a Genova, dove rimase sino alla fine della sua vita terrena.  Molti docenti delle nostre Università gli sono debitori di consigli scientifici ed efficaci  sostegni concorsuali.

Avevamo in comune la provenienza universitaria, entrambi laureati nella Facoltà di Giurisprudenza della Università Cattolica del Sacro Cuore. Comune era pertanto l’orientamento culturale. Anche a causa della differenza di età, non avevamo tuttavia avuto modo di frequentarci prima di un anno per entrambi significativo: il 1981, quando la Democrazia Cristiana ci chiese la disponibilità di proporre i nostri nomi per l’elezione da parte del Parlamento al Consiglio Superiore della Magistratura. Entrambi risultati eletti, lasciammo temporaneamente la vita universitaria per dedicarci alla istituzione dello Stato italiano che presiede al governo autonomo della magistratura.

Entrati al CSM (presieduto da Sandro Pertini e negli ultimi mesi della nostra permanenza da Francesco Cossiga) condividemmo le fatiche e le soddisfazioni, gli oneri e gli onori della appartenenza ad un organismo istituzionale tanto significativo quanto spesso nell’occhio del ciclone, come del resto l’intera magistratura italiana. Zampetti divenne Presidente della Commissione speciale per la Riforma giudiziaria e l’Amministrazione della giustizia, particolarmente adatta per la sua preparazione scientifica ed attitudine culturale ed io Presidente della Commissione per gli Incarichi Direttivi. Ci ritrovavamo seduti a fianco durante le sedute del plenum intorno al tavolo circolare dell’Aula dedicata a Vittorio Bachelet ed in quelle lunghissime ore, protratte per l’intera giornata e talvolta anche durante la notte, pur con la doverosa attenzione alle pratiche da trattare, spesso oggetto di contrapposizioni polemiche, scambiare qualche parola  con chi condividesse gli stessi valori umani e spirituali era per entrambi un sollievo. Una consuetudine durata quattro anni e mezzo ci consentì pertanto di conoscerci meglio.

Ricordo ancora oggi con quale scrupolo egli cercasse soluzioni eque per le molte questioni che ci venivano sottoposte e con quale rispetto trattasse l’ordine giudiziario, per la terzietà che esso doveva rappresentare a garanzia della eguaglianza dei cittadini. Ma ricordo anche con quale senso delle “cose ultime” egli ogni giorno intorno alle ore 18 comunicasse a me (capogruppo del gruppo DC) che si sarebbe allontanato per partecipare alla Messa in una Chiesa vicina a Palazzo dei Marescialli. Confesso che talvolta, nel bel mezzo di qualche accesa discussione e con il timore che si giungesse ad una spaccatura in sede di votazione con la sconfitta del nostro fronte, la sua mi pareva una pietas eccessiva, anche perché mi costringeva ad interventi defatiganti l’uditorio strumentali a prendere tempo, finché egli arrivasse. Egli invece era tranquillo, sicuro che la Provvidenza ci avrebbe dato una mano. E così in effetti avveniva.

Un momento per lui durissimo fu nel 1985 la morte della sua amatissima genitrice. Egli diceva di dovere a lei un’educazione cristiana non solo spiritualmente attenta, ma anche intelligente nell’indicargli settori di ricerca da esplorare (come ad esempio l’influenza dell’economia nella vita politica e sociale). Non aver più al proprio fianco la mamma nella vita terrena era per lui una grande tristezza, soltanto mitigata dalla certezza che ella fosse ormai tra i santi del cielo. Una santa che egli avrebbe voluto fosse proclamata tale anche sulla terra: come esempio di madre cristiana, secondo quel principio della chiamata universale alla santità proprio della Chiesa post-conciliare. In tal senso già allora ed ancora negli ultimi giorni della sua vita terrena si adoperò per raccogliere testimonianze preziose per poter introdurre la causa di beatificazione, come ad esempio quella autorevolissima del suo antico confessore e educatore, Mons. Villa, che lo aveva conosciuto bambino e che della mamma serba tuttora memoria come di una anima bella.

Con la profonda emozione, provocata dalla morte di una persona così cara, nei ritagli di tempo del lavoro istituzionale al CSM, Zampetti scrisse un libro assai toccante, che, mi confidò, gli sembrava di scrivere con prodigiosa celerità sotto dettatura della mamma. Ed  il Vangelo di mia mamma (1985) subito premiato con la selezione Bancarella è giunto ormai alla ottava edizione. La larghissima diffusione e la traduzione in più lingue a lui parevano segni della santità della compianta genitrice. 

Autore di numerosi volumi, dopo una fase di ricerca scientifica dedicata alla filosofia del diritto  (con le opere: Il problema della conoscenza giuridica del 1953, Metafisica e scienza del diritto nel Kelsen  del 1956; Il problema della giustizia nel protestantesimo tedesco contemporaneo del 1962; Il finalismo nel diritto. Verso una concezione personalistica dell’ordinamento giuridico del 1967), aveva elaborato e propugnato una teoria alternativa al capitalismo e al socialismo, la teoria della partecipazione, della quale era fiero, pur con quella umiltà che rappresentava un aspetto peculiare del suo carattere o, forse, della sua educazione.

Sin dal 1967, in una relazione “Democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa” ad un Convegno di Dottrina dello Stato tenutosi a Perugia, aveva lanciato il concetto di democrazia partecipativa e, successivamente, di “partito di elettori” e di “capitalismo popolare”, come concetti  integrantesi  vicendevolmente e, se attuati, destinati a cambiare l’assetto della società e dello Stato. Si segnalano in proposito diversi saggi, tradotti anche all’estero: Dallo Stato liberale allo Stato dei partiti. La rappresentanza politica (1965); Democrazia e potere dei partiti (1969); La partecipazione popolare al potere. Una nuova alternativa al capitalismo e al socialismo (1976); La società partecipativa (1981); L’uomo e il lavoro nella nuova società (1983).

La sua analisi scientifica è rigorosa nel metodo e spesso profetica nelle osservazioni, oggi di speciale attualità. Ad essa si applica quel “non omnis moriar” (non del tutto morrò), con il quale gli antichi indicavano la perennità dell’opera dei grandi pensatori.

Soprattutto in La sfida del Duemila (del 1988) scienza e profezia si intersecano, nel riprendere e perfezionare tesi già svolte o abbozzate in precedenti saggi. Ricordiamone insieme i contenuti. L’uomo occidentale -dice l’Autore- devasta la natura. Ma devasta anche se stesso. Il degrado ambientale deve preoccupare: dagli strappi nel manto di ozono, all’aumento della temperatura terrestre, al mare infetto, alla avanzata dei deserti, alla scomparsa di migliaia di specie viventi. Ma, ancor più grave dell’inquinamento, è la desertificazione dello spirito. La sua origine sta in quel “materialismo edonistico”, che strumentalizza ogni valore e riduce il progresso a una pura proliferazione dei beni di consumo.

Con quella attenzione ai problemi dell’economia che spesso i giuristi, sbagliando, disdegnano, egli sostiene che oggi non sono più i filosofi ad elaborare il pensiero, ma la massa indistinta degli operatori economici. E, ad evitare che le energie spirituali si sviliscano nelle leggi degli scambi commerciali, sotterrando o inutilizzando le migliori qualità dell’uomo, formula una suggestiva soluzione: la nascita di una coscienza che si opponga alla logica del consumismo permissivo e si impegni nella creazione di concetti sociali ed etici traducibili in azione diretta. I riferimenti possibili di questa soluzione sono: la priorità del lavoro sul capitale, il senso del risparmio, la rinuncia ai beni inutili e immaginari, la partecipazione popolare agli investimenti produttivi, il potenziamento dei beni immateriali rappresentati dal mondo dell’informazione.

In antitesi ad ogni forma di materialismo, Zampetti auspica dunque l’alba di uno “spiritualismo storico”, fondato sulla democrazia partecipativa, vale a dire l’effettivo concorso di tutti i cittadini all’esercizio del potere. Lo spirito, conclude, con questa nuova filosofia deve di nuovo calarsi nella realtà storica e plasmarla dall’interno, così da consentire all’uomo di vincere la sfida del futuro e salvare il mondo dalla catastrofe.   

La sua originale teoria della partecipazione ha significativi riconoscimenti di Università straniere. Proprio l’applicazione di essa alla realtà politica di alcuni Paesi latino-americani lo fa considerare per questi stessi Paesi un “padre della Patria”, come ha giustamente ricordato, il giorno delle esequie, il console generale di Bolivia in Italia, Alvaro Del Portillo.

Di qui la nomina a membro dell’Accademia nazionale di Diritto e Scienze sociali di Cordoba (Argentina); di qui varie lauree honoris causa  in Università latino-americane.

Sempre partendo dall’analisi della situazione socio-economica e dello Stato capitalistico attuali, nell’anno internazionale della famiglia (1994) indica un modello di sviluppo, che permetta l’eliminazione dello Stato assistenziale e la creazione di un vero Stato sociale imperniato sulla famiglia comproprietaria dei mezzi di produzione, e perciò in grado di far risplendere nella società i valori ibernati dal consumismo. La proposta è che famiglia e società assumano un ruolo determinante e decisivo nell’ambito della nuova concezione dello “Stato delle autonomie”, grazie alla democrazia partecipativa. che istituzionalizza la solidarietà (La sovranità della famiglia e lo Stato delle autonomie: un nuovo modello di sviluppo del 1996).

Il riferimento al magistero sociale della Chiesa è, in questo saggio, reso evidente dalla bella citazione di un famoso passo della “Lettera alle famiglie” di Giovanni Paolo II, posto a premessa dell’intera trattazione : “La famiglia è soggetto più di ogni altra istituzione sociale: lo è più della Nazione, dello Stato, più della società e delle Organizzazioni internazionali. Queste società, specialmente le Nazioni, intanto godono di soggettività propria in quanto la ricevono dalle persone e dalle loro famiglie”. 

La conoscenza ed insieme fedeltà al magistero della Chiesa e l’apprezzamento in particolare del pensiero di Giovanni Paolo II (che, nella dedica della prima edizione de La società partecipativa, è ricordato come l’ “iniziatore con la ‘Redemptor hominis’ di una nuova epoca nella storia”) sono le caratteristiche che fanno di Zampetti un convinto e convincente “vir catholicus”, di tale affidabilità da essere nominato, sin dalla sua costituzione nel 1994, Membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e componente del Consiglio della medesima. In essa porta il contributo di una scienza ispirata alla dottrina sociale della Chiesa, come si conviene in questo alto consesso, e con quella convinta fedeltà alla Chiesa in nome della quale talvolta egli, pur mite, osava perfino  esprimere una di quelle vibrate indignazioni che solo i giusti possono permettersi.

Nominata anch’io lo scorso anno su sua proposta Accademico Pontificio per le Scienze sociali, ho potuto riprendere quella consuetudine di rapporti, anche famigliari, che avevamo ai tempi del CSM. Ma, con mio grande dolore,  solo per pochi mesi.

Il Signore lo ha chiamato presso di Sé con uno di quei disegni misteriosi, che, benché divini, non riusciamo a comprendere e perciò ci rendono a tratti amara la vita quotidiana. Credo di potere interpretare il pensiero di tanti suoi estimatori ed amici, se affermo che  osiamo tutti sperare che ci protegga dal cielo. La sua devozione che lo aveva spinto a recarsi più volte in luoghi di apparizioni mariane, e a dedicare al mistero di Fatima un interessante volume, La profezia di Fatima e il crollo del comunismo (1990), ci porta  ad accantonare il nostro dolore umano per la sua troppo improvvisa scomparsa per immaginare che in Cielo ad accoglierlo, insieme alla amatissima mamma, sia stata la Vergine Maria.

 

Ombretta Fumagalli Carulli

Accademico Pontificio per le Scienze Sociali

 

 

L’articolo apparirà su OPERARE, dicembre 2003, Rivista dell’UCID (Unione cristiana Imprenditori e Dirigenti)

 

PIERLUIGI ZAMPETTI: UN MAESTRO DA RISCOPRIRE

di Marcello Masotti

 

E' recentemente deceduto il professor Pier Luigi Zampetti, docente di Dottrina dello Stato presso l'Università di Genova, membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, elaboratore della teoria della partecipazione illustrata nel noto volume “la società partecipativa”. Contemporaneamente usciva nelle librerie, per le edizioni S. Paolo, l'ultima opera dell'autore dal titolo ”La dottrina sociale della Chiesa. Per la salvezza dell' uomo e del pianeta.”

Il libro oltre, a ripercorre le tappe fondamentali dell'insegnamento sociale dei Papi, offre una analisi della “società dei consumi” e delle sue cause che può risultare di grande interesse, specie per i cattolici che, dopo la cosiddetta “scelta religiosa”, avvenuta in reazione a una politica deludente e sempre più laicizzata in una società secolarizzata, devono domandarsi se “si può ottenere con la scelta religiosa una presenza sociale della Chiesa nella società pluralistica e nel Paese, dal momento che è proprio stata l'assenza di una cultura cristiana dell'uomo integralmente considerato a favorire il processo di secolarizzazione”.

E' necessario, però, che si faccia chiarezza tanto sui principi ideali quanto sui meccanismi sociali ed economici che regolano la società in cui viviamo, della quale non siamo soddisfatti e per le cui sorti vengono nutrite serie preoccupazioni.

Si assiste a strane contraddizioni nel nostro mondo: da una parte, ad esempio, si rivendica la autonomia della politica e della economia che non possono essere costrette nella camicia di forza della morale,dall'altra,forse perché c'è il bisogno di parlare proprio di ciò che manca, si mette l'etica dappertutto. Nascono continuamente proclami sotto l'insegna della morale:bisogna avere imprese e manager etici, fondi etici,finanza etica, risparmio etico, mentre fioriscono ovunque i comitati della bioetica .

Da ciò la utilità e la necessità di una presentazione in termini aggiornati e attuali di quel corpo organico di principi e di valori che è l'Insegnamento Sociale della Chiesa, quale visione e riferimento globale della vita e della società, supporto necessario di comportamenti moralmente corretti nei vari ambiti sociali e in mancanza della quale gli appelli etici non solo assumono un tono meramente utilitaristico o di espediente pubblicitario ma è dubbio che possano sortire un qualche effetto concreto.

Nella analisi delle cause della società attuale, cosiddetta “post-cristiana”, Zampetti offre altri originali contributi. Tale società ha diverse denominazioni; da quella più generica di “società permissiva”,a quelle che definiscono aspetti della medesima riferendosi ai principi ispiratori: società consumistica”, “società dell'inflazione”, “società secolarizzata”.

La crisi della società, la decomposizione della natura e anche il blocco dello sviluppo, secondo la dottrina sociale e per Zampetti che la ripercorre, sono da attribuire a un progetto materialistico che deve essere sostituito da un progetto umano che preveda lo sviluppo di tutto l'uomo nei suoi due aspetti spirituale e materiale; per realizzare concretamente la sintesi tra spirito e materia, arrivando ad una concezione personalistica dell'uomo, diventa fondamentale l'Incarnazione di Cristo.

Passando a individuare i principi ispiratori della vita economica e sociale racchiusi nelle varie encicliche Zampetti sottolinea nella Rerum Novarum oltre al diritto dei lavoratori alla giusta retribuzione e alla difesa della loro dignità, il diritto alla proprietà la cui fonte è da ritrovare nel lavoro. La proprietà ,in altri termini, tutela l'uomo contro ogni tentativo di statalismo dal momento che “l'uomo è anteriore allo Stato: si' che prima che si formasse il consorzio civile egli dovette avere da natura il diritto di provvedere a se stesso”. Si va anche oltre ritenendo che l'operaio debba partecipare in qualche misura di quella ricchezza che egli produce.

Nella Quadragesimo Anno viene ripreso il discorso della proprietà che non ha solo una funzione individuale, ma altresi' una funzione sociale;si delinea il principio della sussidiarietà per cui “l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale non di distruggerle o assorbirle”. Viene contestata qualsiasi forma di statalismo che freni o impedisca l'attività delle “minori e inferiori comunità”.Pio XI si addentra anche a tratteggiare nuovi rapporti tra capitale e lavoro: “il contratto di lavoro venga temperato alquanto col contratto di società, come si cominciato a fare in diverse maniere, con non poco vantaggio degli operai stessi e dei padroni. Cosi' gli operai diventano cointeressati o nella proprietà o nell'amministrazione e compartecipi in certa misura dei lucri percepiti”.

La Costituzione del 1948, soprattutto per l'apporto dei deputati della Democrazia Cristiana, recepisce tali principi: primo quello della persona umana contenuto negli articoli 2e3. E' da ricordare l'art.42, che prevede la funzione sociale della proprietà che deve essere resa accessibile a tutti e l'art.47, che recita testualmente:”La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina , coordina e controlla l'esercizio del credito;favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese”.

Tuttavia l'inserimento di tali punti nella Costituzione non ha prodotto realizzazioni concrete. La ricerca delle cause si collega per Zampetti alla nascita della società dei consumi e alle degenerazioni dello Stato assistenziale. L'analisi del sistema Keynesiano è un punto centrale,forse il più importante, per il contributo che offre allo studio della attuale società occidentale e delle sue deformazioni.

Augusto Del Noce aveva affrontato il problema della società secolarizzata e del consumismo su un piano eminentemente speculativo, ripercorrendo l'iter di pensiero che va dall'idealismo al marxismo,da Hegel a Gramsci, fino a Reich e Marcuse, che porta alla assolutizzazione del politico e, quindi, al totalitarismo da una parte e, dall'altra,al fenomeno libertario del mondo occidentale, teorizzando “il suicidio della rivoluzione” che, escludendo Dio dalla storia, conduce al vuoto dei valori e al nichilismo.

Zampetti nella sua analisi socioeconomica, potremmo dire da filosofo dell'economia, prende l'avvio dal New Deal americano; per superare la grande crisi e rilanciare il sistema inceppato si ricorse all'intervento dello Stato nella economia, introducendo da un lato il principio della redistribuzione dei redditi per aumentare la capacità di acquisto dei cittadini, sollecitando, dall'altra, gli investimenti dello Stato attraverso il disavanzo di bilancio o deficit spendine; “nacquero cosi'un nuovo tipo di società e un nuovo stato: la società dei consumi e lo stato assistenziale”. Nota a questo punto Zampetti che certi principi economici, inseriti nella realtà individuale e sociale, modificano profondamente la medesima non solo dal punto di vista economico, ma altresi' sociale, politico ed anche morale”.

L'inflazione è un punto cruciale della questione che influisce su molteplici aspetti della società e a cui si collega l'ideologia dell'intera società.

Keynes diceva: “E'una fortuna che i lavoratori oppongano resistenza a riduzioni di salari monetari….mentre non oppongano resistenza a riduzioni di salari reali, che siano connesse con aumenti dell'occupazione complessiva e lascino invariati i relativi salari monetari”.

Nota duramente Zampetti: “La società dei consumi diventa società dell'inflazione nella quale ben due comandamenti, il VII (non rubare) e l'VIII (non dire falsa testimonianza) sono sistematicamente violati!”

Con l'inflazione lo Stato si avvale del suo potere di emettere moneta e di attribuire ad essa un valore legale; mediante la riduzione del potere di acquisto della moneta si ottiene la redistribuzione dei redditi e la elevazione del livello dei consumi. Anche con meccanismi quali la scala mobile, la retribuzione viene menomata nella parte destinata al risparmio.. D'altra parte se “il reddito non è piu' percepito per il lavoro prestato e per i meriti , ma per il consumo da effettuare”, si entra in una spirale di egualitarismo deresponsabilizzante in cui chi lavora poco o male è posto sullo stesso piano di chi lavora molto e, magari, bene .

“Cos'è la proprietà? si domanda la Rerum Novarum. L'inflazione espropria in maniera illegittima i lavoratori di una parte della loro retribuzione, togliendo loro la libertà con cui provvedere a destinare i propri redditi. Il proprietario può infatti destinare i suoi redditi al risparmio, agli investimenti o ai consumi.In questo caso la destinazione è sollecitata ad orientarsi verso i consumi, anziché verso gli investimenti od il risparmio; questo, peraltro,può essere scoraggiato anche per altre cause quali, ad esempio, l'interesse negativo sui depositi o il blocco degli affitti.

La società dei consumi, in cui il consumo precede la produzione, diventata società dell'inflazione, porta in sè i germi della società permissiva. La redistribuzione del reddito, realizzata in modo meccanico attraverso una sorta di esproprio invisibile, apre la strada alla ideologia del materialismo edonistico, in cui l'uomo viene ridotto al suo momento materiale e considerato funzione di consumo di beni materiali che vanno sempre soddisfatti con la massima intensità. “In tal modo, anziché integrare il contratto di lavoro con il contratto di società, come auspicava il pensiero della Chiesa ,è nato un contratto di società del tutto diverso,che ha trasformato il contratto di lavoro in un contratto di consumo. Contratto, questo, che è stato alla base della stessa società dei consumi e della deformazione che l'uomo ha subito”.

Nell'opera “La società partecipativa” Zampetti aveva preso in esame anche altri aspetti particolari dell'applicazione italiana del sistema keynesiano rispetto a quello americano mettendone in rilievo i connotati di assistenzialismo, conseguenza anche della applicazione di istituti quali: “contratti unici”, “statuto lavoratori”, “salario variabile indipendente.” Inoltre dietro lo Stato che amplia interventi e spesa pubblica entrano i partiti. “La partitocrazia si accompagna cosi' allo statalismo e allo sperpero del pubblico denaro, cosi'come del resto aveva rilevato Luigi Sturzo.”

Oggi , di fronte ad una crisi generale, morale prima che economica, della società, è necessaria una nuova cultura che, partendo dal nesso tra etica ed economia, cali nella realtà attuale i principi racchiusi nelle encicliche sociali. Punto fondamentale è la realizzazione di una “società partecipativa fondata sull'estensione della proprietà dei mezzi di produzione a tutti i lavoratori”, in grado di valorizzare “ l'uomo del lavoro” della Laborem Exercens e di realizzare concretamente“ il primato del lavoro sul capitale”. Inoltre un processo di democrazia partecipativa, altro tema primario di Zampetti ,è da incentrare sul popolo sovrano e, quindi, sulla soggettività della società e delle famiglie; un volume del 1996 recava come titolo: “La sovranità della famiglia e lo Stato delle autonomie”.

Dal volume di Zampetti quindi alcuni stimoli: in primo luogo l'invito a una rilettura organica dei testi della dottrina sociale dei papi; poi ad un ripensamento critico dei meccanismi perversi della società dei consumi ed infine ad un impegno per l'elaborazione di una nuova cultura pratica volta tradurre in realtà concreta i principi delle encicliche “per la salvezza del pianeta e dell'uomo” come Lui dice.

Marcello Masotti
Dicembre 2003