Gioacchino NANIA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Popolazione nelle città demaniali della Sicilia Occidentale alla vigilia del Vespro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pro-Jato, associazione turistica di San Giuseppe Jato e San Cipirello

Istituto Professionale di Stato per l'Agricoltura "P.Balsamo", sez. San Cipirello

Casa vinicola "Calatrasi" - San Cipirello

 

Popolazione nelle città demaniali della Sicilia Occidentale alla vigilia del Vespro

Il documento che segue, riportato dall'Amari nella sua "Guerra del Vespro Siciliano" a pag. 487, è tratto dalle pergamene del Regio Archivio di Napoli al fasc.45, n.3 ed è relativo all'anno 1279.

"Cedula distributionis nove denariorum monete facte in Curia Regia, mense augusti vij Indictionis apud Lacumpensilem pro anno future octave Indictionis, de nova moneta Sicle Messane in Justitiaratu Sicilie ultra flumen Salsum.

Centro abitato

Toponimo attuale

once

tarì

grani

Panormum

Palermo

790

25

5

Mons Regalis

Monreale

13

15

9

Carinum

Carini

9

2

11

Alcamum

Alcamo

25

13

0

Calatafimum

Calatafimi

29

29

0

Salem

Salemi

90

25

0

Mons S.Juliani

Erice

58

4

0

Drapanum

Trapani

257

8

11

Marsalia

Marsala

141

27

11

Mazzaria

Mazara

109

0

0

Castrum Veteranum

Castelvetrano

22

0

11

Burgium

Burgio

4

10

16

Xacca

Sciacca

58

25

16

Calatabellocta

Caltabellotta

43

24

11

Agrigentum

Agrigento

72

20

0

Licata

Licata

55

6

16

Calatanixetta

Caltanissetta

50

13

11

Narum

Naro

40

9

18

Sutera

Sutera

36

20

17

Camerata

Cammarata

51

28

14

Castrum novum

Castronovo

95

16

14

Curilionum

Corleone

239

24

0

Biccarum

Vicari

36

20

17

Sclafanum

Sclafani Bagni

15

18

14

Calatabuturum

Caltavuturo

65

12

0

Golisanum

Collesano

14

15

19

Politium

Polizzi

86

6

0

Petralia inferior

Petralia Sottana

1

24

12

Petralia superior

Petralia Soprana

2

5

8

Giracium

Geraci

18

15

0

Sanctus Maurus

San Mauro Castelverde

5

24

9

Asinellum

Isnello

8

21

12

Gratterium

Gratteri

3

19

0

Pollina

Pollina

5

13

11

Ypsigro

Castelbuono

3

19

0

Chephaludum

Cefalù

79

28

0

Therme

Termini Imerese

29

2

0

Caccabum

Caccamo

39

29

0

Brucatum

Broccato

0

21

16

Mons major

Montemaggiore

0

21

16

Amena

Ciminna

3

19

0

Busachinum

Bisacquino

7

8

0

Bibona

Bivona

13

24

4

Trocculum

Sant'Anna

5

24

8

Sanctus Angelus

Prizzi

3

19

0

Juliana

Giuliana

     

Adragna

Adragna (presso Sambuca)

4

10

16

Dranagi

Comicchio (presso Sambuca)

     

Modica

Modica (presso Alcamo)

1

24

9

Adriana

Palazzo Adriano

1

24

9

Baya

Raya (presso Prizzi)

1

24

9

Summa pecunie totius predicte distributionis, unc.duomilia septigent. viginti quinque. Pro qua pecunia distribuenda sunt in prescriptis terris, juxta ipsam taxationem, ad rationem de libris tribus per unciam denariorum, in numero librarum octomilia centum septuaginta quinque. Dat. Apud Lacumpensilem, anno Domini MCCLXXIX die xij aug vij Ind. Regnor. Nostr. Jerhusalem anno iij, Sicilie vero xv".

Già l'Amari, resosi conto dell'importanza del documento, aveva scritto a pag. 59: "Una di queste pergamene contiene la distribuzione alle città e terre della Sicilia di là dal Salso (regione occidentale); e questa, perché mostra particolari importanti, l'ho io trascritta dall'originale, e la pubblico qui Documento IV".

L'importanza della pergamena è legata oltre all'elenco dettagliato delle città demaniali alla vigilia del Vespro, agli importi distinti in once, tarì e grani ossia alle unità di misura allora correnti di cui i grani costituivano i più piccoli sottomultipli. Vi figurano inoltre alcuni termini come pecunia, moneta, denari che nella lingua italiana sono divenuti pressoché sinonimi ma che all'epoca avevano significati diversi.

Scopo della presente ricerca è quello di calcolare la popolazione delle città sopra riportate nell'anno 1279 utilizzando anche altri documenti coevi.

Sarà necessario, prima di procedere a tale calcolo, dire qualcosa sulla moneta e sulla popolazione in quel periodo.

La moneta

Parlare di moneta in senso lato è come entrare in un ginepraio nel quale è difficile districarsi. Cercheremo di limitarci ad alcuni concetti essenziali.

La moneta è definita come "ogni mezzo di pagamento utilizzato negli scambi o nel rimborso di debiti". L'origine del termine sembra essere legato alla dea Giunone Ammonitrice (dal verbo latino moneo), presso il cui tempio, a Roma, venne realizzata la prima zecca: voce quest'ultima derivata dall'arabo dar as-sikka (casa della moneta) e che nel latino medievale corrispondeva a sicla.

I mezzi di pagamento utilizzati negli scambi o nel rimborso di debiti sono stati, nel corso del tempo, numerosissimi: conchiglie, zolle di sale, monili, zanne di cinghiale: ma i mezzi di pagamento più importanti, prima dell'avvento della moneta intesa come mezzo metallico nelle transazioni, sembrano essere stati alcuni animali come i vitelli e le pecore. Il termine pecunia parrebbe derivare dal latino pecus, pecoris = bestiame perché, nell'economia a carattere pastorizio della Roma primitiva, il bestiame costituiva l'unico mezzo di scambio.

Possiamo cominciare col fare una considerazione difficilmente confutabile: in un mondo composto esclusivamente da pastori l'unica moneta circolante, sarebbe costituita dal bestiame; come pure in un mondo composto solo da contadini l'unica moneta circolante sarebbero i prodotti della terra. Utilizzando la mole o l'importanza di ciascun animale potremmo ad esempio porre: 1 cavallo = 2 vitelli; 1 vitello = 10 pecore; 1 pecora = 2 agnelli; e di conseguenza 1 vitello = 20 agnelli, 1 cavallo = 20 pecore e così via. Analogamente nel caso dei contadini: 1 secchio di frumento = 2 secchi di orzo; 1 secchio di orzo = 25 lattughe e quindi 1 secchio di frumento = 50 lattughe ecc.

In un mondo composto da pastori e contadini lo scambio delle merci farebbe sorgere un primo problema legato alla non omogeneità dei prodotti; ma trattandosi ancora di pochi elementi si troverebbe un sistema di equivalenza. Ad esempio 1 agnello = 5 secchi di frumento e allora 1 vitello verrebbe cambiato per 500 secchi di frumento oppure per 25000 lattughe. Il cavallo, inoltre, costituendo il valore più elevato verrebbe assunto come moneta principale di riferimento e sarebbe soprattutto utilizzato nella compravendita di grosse partite. Lattughe e agnelli sarebbero utilizzati per lo scambio di minutaglie.

A questo punto sorgerebbe un altro problema: il vitello, ad esempio, può essere grasso, normale o magro e così pure gli altri animali. Anche in questo caso certamente si troverebbe la soluzione: 1 vitcllo normale verrebbe cambiato per 10 pecore; 1 vitello grasso per 10 pecore + 1 agnellino; 1 vitello magro per 9 pecore + 1 agnellino. E così via.

Supponiamo che un'epidemia facesse scomparire totalmente gli agnelli e quindi anche le pecore. A quel punto verrebbero a mancare due elementi intermedi del sistema monetario e l'attività commerciale entrerebbe in crisi: si potrebbero, ad esempio, trattare solo grosse partite di prodotti agricoli corrispondenti al valore dei cavalli e dei vitelli.

Sino a questo momento abbiamo trattato di pochissimi elementi. Ma che succede quando il numero degli elementi cresce sensibilmente?

In un mondo composto da gente dedita alle più svariate attività e con interessi legati non solo ai beni per la sussistenza ma anche a quelli legati al lusso è chiaro che la moneta di riferimento deve essere legata a qualcosa d'interesse comune, deve essere stabile e non soggetta a deperimento nel tempo.

Da diversi millenni, presso un po' tutti i popoli, tale riferimento è stato trovato nei metalli più rari, in particolare nell'oro e nell'argento. Sarà stato perché l'oro è malleabile, non si ossida, è raro, è lucente, è bello: chi lo sa? Il fatto è che da oltre 3000 anni è utilizzato e riconosciuto da tutti come principale moneta di riferimento.

Tra il 1100 e il 560 a.C. sulle sponde del Mediterraneo orientale si cominciano ad utilizzare barre e dischi punzonati di oro e argento. Ed è immaginabile ciò che poteva accadere nelle transazioni commerciali. Occorrevano persone esperte nel riconoscere se il metallo fosse effettivamente oro, cosa non facile, e controllarne il peso. Ben presto ci si rese conto della necessità di un garante il quale assicurasse celermente la bontà e il peso dell'oro o dell'argento. E chi meglio dell'autorità costituita poteva assolvere tale compito?! Nacquero così le zecche e quindi la moneta. La moneta aveva forma non sempre rotondeggiante e riportava inciso o impresso il nome dell'autorità emittente la quale garantiva soprattutto che il peso della moneta corrispondeva a quello del metallo per il quale veniva cambiata.

Ben presto però l'autorità emittente si accorse che coniare monete d'oro puro poteva essere bello, poteva anche dare delle soddisfazioni nel campo artistico e nella ritrattistica; purtroppo era un'attività da registrare tra quelle passive. Già! Chi se ne fregava se la faccia del re, impressa nella moneta, era venuta bella o brutta: l'unica cosa che contava era il peso dell'oro, il valore intrinseco! E i costi di lavorazione chi li pagava!?

Fu allora che si ricorse alla lega. Per coprire i costi di lavorazione si metteva nell'oro fuso una certa quantità di altro metallo, in genere rame, facendo passare il tutto per oro.

Naturalmente la percentuale di rame fu limitata ai costi di lavorazione solo per un lasso di tempo brevissimo: il tempo necessario a capire che aumentando la percentuale di rame, e di conseguenza diminuendo quella dell'oro, si poteva pure guadagnarci. Da quel momento in poi la storia della moneta, sino ai nostri giorni, è stata di una monotonia ineguagliabile; non solo, ma si può tranquillamente affermare, senza tema di smentita, che nell'arte del furto e della truffa quella della moneta è stata la più grande invenzione di tutti i tempi.

Oltre che dei ladri, diciamo autorizzati, bisognava anche tener conto di coloro che la truffa la portavano nel Dna: i falsari, la cui attività è continuata indefessa sino ai nostri giorni. Ma nei tempi passati, anteriormente alla scomparsa delle monete in metallo pregiato, c'era un'altra categoria di falsari che faceva affari...d'oro! Oggi nessuno si sognerebbe di raschiare una banconota: perderebbe tempo e rischierebbe di rovinarla. Con le monete metalliche era diverso. Raschia in una moneta, poi in un'altra e in un'altra ancora, alla fine si otteneva un bel gruzzolo. Tale attività doveva essere abbastanza diffusa se nel 1297 veniva emanato un editto in cui si invitava(!) a non raschiare le monete d'oro e d'argento.

Naturalmente scoperto, o meglio inventato il trucco, si scatenò la corsa a battere moneta. Re, feudatari, signorotti, ecclesiastici, singole città si cimentarono in quest'arte che consentiva notevoli guadagni. Chi in un territorio riusciva a far valere il proprio potere, o se si preferisce la propria forza, batteva moneta. L'esistenza, quindi, di moneta emessa da una sola autorità, in una determinata area, è indice della potenza politica e/o economica di un sovrano, di un governo. Al contrario, l'esistenza di tante monete nella stessa area ci assicura che il potere è distribuito tra tante entità. Sotto l'Impero Romano le monete circolanti venivano battute quasi esclusivamente dall'autorità imperiale anche se era consentito a qualche stato (es. Egitto) di battere moneta sotto stretto controllo di Roma. Nel 1606 un manuale per cambiavalute, pubblicato dal Parlamento olandese, elencava 341 monete d'argento e 505 d'oro. Due epoche con realtà politiche ed economiche totalmente diverse.

Ci si era però accorti che non sempre la quantità d'oro era sufficiente a soddisfare le necessità commerciali della gente. In Europa, dopo la caduta dell'Impero Romano, vi furono dei lunghi periodi in cui l'oro scomparve quasi del tutto. Inoltre negli scambi minuti della gente comune il valore dell'oro era troppo elevato. Si potevano coniare, è vero, monete piccolissime; ma non risultava pratico. Si ricorreva allora all'emissione di monete di altri metalli alle quali veniva imposto un valore (valore edittale) dall'autorità emittente. Inutile dire che, con operazioni di raschiatura e di aggiunte di altri metalli, anche le monete d'argento fecero la stessa fine di quelle d'oro. Per il periodo del quale trattiamo sarà sufficiente dire che da un diploma del 25 maggio 1275 si rileva che nella zecca di Messina venivano coniate monete d'argento puro (si fa per dire!) dove entravano 7.5 tari d'argento per ogni libbra di lega: e poiché una libbra corrispondeva a 360 tarì allora in una moneta c'era appena il 2,1% di argento. Però passava per moneta d'argento. E chi lo stabiliva? Naturalmente il Re il quale imponeva non solo il valore della moneta ma dava anche le istruzioni su come trattare coloro che non ottemperassero alle sue disposizioni. Da un editto del 13 agosto1278 sappiamo che Carlo d'Angiò, dopo aver fatto coniare la sua nuova moneta, il carlino, di oro purissimo (diceva lui!) e dello stesso peso e valore dell'agostale, moneta fatta coniare da Federico II, ordinava che, dando o ricevendo carlini d'oro per un valore inferiore a quello edittale, se si trattava di suoi ufficiali, subissero la pena della confisca dei beni e del taglio della mano, mentre la gente comune fosse marchiata in faccia con la propria moneta arroventata sui carboni ardenti. Far passare per oro una moneta con una percentuale inferiore di tale metallo, in una società composta solo da pastori, sarebbe stato come far ingoiare ad un vitello una certa quantità di pietre per aumentarne il peso. Nel caso delle monete di bronzo, in cui il valore intrinseco del metallo era trascurabile rispetto al valore edittale, sarebbe stato come far passare un agnello per un vitello. La conseguenza poi della raschiatura della moneta sarebbe corrisposto a vendere un cavallo al quale era stata amputata una gamba.

Sin dai tempi più remoti ogni Stato o entità politico-economica ha battuto moneta assegnando a ciascuna di esse - oltre a composizione, peso e valore - anche un nome. I romani coniarono monete che chiamarono aureus, solidus; gli svevi, augustali; gli angioini, carlini; i fiorentini. fiorini; i genovesi, genovini; i veneziani, ducati chiamati anche zecchini. Ciascuna di queste monete aveva un peso ed un titolo. Così l'augustale aveva un peso di 5.3 grammi e un titolo di 0.854: ciò significava che in ogni grammo di moneta c'erano 0.854 grammi di oro, quindi una moneta conteneva 5.3x0.854 = 4.526 grammi d'oro. Lo zecchino era considerato nominalmente puro, anche se dall'analisi si è potuto rilevare che aveva un titolo di 0.997, per cui ogni grammo di moneta conteneva 0.997 grammi di oro; lo zecchino, quindi, che pesava 3.559 grammi, in realtà conteneva 3.559x0.997 = 3.548 grammi d'oro.

Sino a questo punto il peso, sia della moneta che dell'oro in essa contenuto, lo abbiamo espresso in grammi perché è l'unità di misura che usiamo ai nostri giorni. Ma l'utilizzo del grammo con multipli e sottomultipli di ragione 10 (kilogrammo, ettogrammo, milligrammo ecc.) è piuttosto recente. Nel corso del tempo le unità di misura dei pesi sono state diverse. I Romani utilizzavano come unità di peso, la siliqua, corrispondente a circa 0.19 grammi attuali. Il solidus aureus pesava 24 siliquae o, diremmo oggi, 24x0.19 = 4.43 grammi. Per il periodo di cui stiamo trattando diciamo che l'unità di misura utilizzata nel peso delle monete d'oro era l'oncia la quale aveva come multiplo la libbra e come sottomultipli tarì e grani nei seguenti rapporti: 1 libbra = 12 once; 1 oncia = 30 tarì; 1 tarì = 20 grani. L'oncia continuò ad essere utilizzata come unità ponderale sino al 1733: in quell'anno nella zecca di Palermo, sotto Carlo VI, venne coniata l'oncia d'oro, divenendo moneta effettiva. Ma in quel periodo troviamo un ulteriore sottomultiplo: il picchiolo da leggere picciolo. 6 picchioli corrispondevano ad un grano.

Possiamo provare a calcolare l'equivalente in grammi di un'oncia facendo il seguente ragionamento: si rileva da molti documenti che per fare un'oncia d'oro occorrevano 4 augustali oppure 5 fiorini o 5 ducati (zecchini). Di tali monete conosciamo oggi sia il peso in grammi che il titolo.

Moltiplicando il peso di ciascuna moneta per il numero di monete e per il rispettivo titolo, otteniamo l'equivalente in grammi di un'oncia e di conseguenza i relativi sottomultipli. E allora:

moneta

num.monete

peso in grammi

titolo

oncia in gr.

Augustale

4

5.3

0.854

18.105

Fiorino

5

3.536

0.997

17.627

Ducato

5

3.559

0.997

17.742

possiamo allora assumere che un'oncia equivaleva a 18 grammi, quindi 1 tarì = 18/30 = 0,6 grammi e 1 grano = 0.6120 = 0,03 grammi ossia 3 centigrammi. Oggi l'oncia. utilizzata come unità di peso nei paesi anglosassoni, equivale a 28.35 grammi.

Naturalmente i rapporti sopra indicati erano validi solo quando le monete erano, come si diceva allora, di giusto peso. Ma non sempre era così. Nel 1269, ad esempio, Carlo d'Angiò ordinava alla zecca di Brindisi che i Reali e i mezzi Reali fossero coniati in peso come erano stati coniati gli Augustali e i mezzi Augustali del fu Federico Secondo Imperatore dei Romani ma che ogni libbra di lega, con cui coniare le monete, contenesse 8 once e 5 tarì di oro, con un titolo, quindi, di (8x30+5)/360 = 0,68 di gran lunga inferiore a quello dell'augustale (0.854).

Sino a questo punto abbiamo parlato di monete d'oro o con una certa percentuale d'oro: esse potevano pure avere nomi diversi ma il loro peso veniva misurato in once, tarì e grani. Tali unità di peso consentivano di poter confrontare i valori delle monete a prescindere dal nome della moneta, dall'autorità emittente, dal luogo o dalla data di emissione: si diceva, ad esempio, che 5 fiorini valevano 4 augustali. Once, tarì e grani, pur essendo unità di peso, venivano a costituire la misura del valore di ciascuna moneta d'oro, la moneta di conto.

Un quadro abbastanza succinto della circolazione monetaria nel Medioevo è riportato da P.Spufford. "La varietà di monete usate nell'Europa tardomedievale era notevole, e tuttavia si possono fissare alcuni criteri generali. Soltanto i pezzi aurei, in genere, percorrevano lunghe distanze, mentre la circolazione delle monete d'argento era limitata a quelle che un autore moderno ha definito province monetarie....Nel tardo Medioevo i pezzi d'argento più grossi erano usati per il pagamento dei salari, ad esempio quello dei soldati mercenari, il versamento di canoni e il saldo degli acquisti quotidiani, mentre il denaro rappresentava ormai gli spiccioli, e la moneta aurea era riservata largamente al commercio internazionale e alle spese governative." Dove il termine denaro, corrispondente al latino denarius, sta ad indicare una moneta metallica come tante altre.

Abbiamo parlato di monete d'oro caratterizzate dall'avere un discreto valore intrinseco e dall'essere utilizzate nelle grosse transazioni. Per gli scambi minuti venivano utilizzate monete in lega il cui valore, più che dal valore del metallo in esse contenuto (valore intrinseco), era determinato dall'autorità emittente (valore edittale). Anche in questo caso ciascuna moneta aveva un suo peso e un suo nome. E l'elenco dei nomi utilizzati sarebbe lunghissimo: asse, semisse, sesterzio, denaro, obolo, soldo, penny, scellino ecc. Inoltre ciascuna moneta stava in un determinato rapporto con le altre emesse dalla stessa autorità: presso i Romani, ad esempio, un sesterzio equivaleva inizialmente a 2 assi e mezzo, in seguito a 4 assi; il denario equivaleva a 2 sesterzi e mezzo oppure a l0 assi. Per gli scopi della presente ricerca ci limiteremo solo a dire che i Carolingi, nell'VIII secolo, innestarono sul denarius d'argento un'importante riforma monetaria. Innanzitutto il diritto di battere moneta divenne una prerogativa esclusiva dell'Imperatore. In secondo luogo venne fissata la seguente equivalenza 1 solidus (soldo) = 12 denari; venne inoltre stabilita la regola che da una libbra di argento gli zecchieri traessero 240 denari, pertanto ogni libbra (da cui lira) equivaleva a 20 soldi. Nacque così il sistema di computo (lira, soldi, denari) che, diffuso in tutto l'Impero ed in Europa, è durato sin quasi ai nostri giorni.

La popolazione

La popolazione nel XIII secolo risulta suddivisa in: villani, rustici, borgesi, militi, baroni e conti oltre agli ecclesiastici. La condizione di ciascuna classe può essere riassunta nello schema che segue:

villano: era il servo della gleba, legato, lui e la sua famiglia nonché i discendenti, alla terra vita natural durante. Il possessore della terra era il suo padrone al quale prestava il giuramento di fedeltà. Egli serviva il suo padrone con determinati servizi e faceva parte della sua proprietà. I servizi consistevano nello zappare, mietere, vendemmiare per un certo numero di giorni (diete). Soddisfatti tali servizi poteva anche dedicarsi ad altre attività. Poteva acquistare beni e rivenderli. Il villano non poteva testimoniare contro i nobili, ma poteva farlo contro rustici e borgesi. Abitava in campagna. La maggior parte dei villani era costituita da musulmani, ossia dalle popolazioni sottomesse. Vi erano anche greci e giudei. Il numero dei villani musulmani era notevole nei periodi normanno e svevo. Nel periodo angioino e aragonese il loro numero è notevolmente limitato quasi certamente a causa delle grandi deportazioni di musulmani in Puglia tra il 1222 e il 1246.

rustico: era occupato nei lavori dei campi ma non aveva alcuna dipendenza dal possessore della terra. Per libera scelta abitava e lavorava in campagna dietro compenso. Quasi certamente non era proprietario di terre.

borgese: uomo libero abitante nella città o nel villaggio o borgo (da cui borgese). I borgesi erano persone dedite alle più svariate attività: erano anche proprietari terrieri.

milite: proprietario di un feudo. Doveva seguire il barone, suo diretto superiore, nelle spedizioni militari e prestargli alcuni servigi.

barone: la baronia era un insieme di feudi quindi il barone aveva come vassalli i militi ed era subordinato al conte.

conte: il contado era un insieme di baronie: il conte aveva come vassalli i baroni. Il conte era una delle persone più importanti del reame.

ecclesiastico: componente di corporazione religiosa a sua volta proprietaria di terre (feudi) concesse direttamente dal Re.

E' anche possibile costruire una scala dei valori di ciascuna classe attraverso alcuni documenti riguardanti le costituzioni. Nel giudizio contro un conte, accusato di fatti criminali, era ritenuta valida la testimonianza di altri 2 conti o di 4 baroni o di 8 militi oppure di 16 borgesi. La scala completa era la seguente: 1 conte = 2 baroni = 4 militi = 8 borgesi = 16 rustici. Da ciò si evince che borgese e rustico, pur essendo ambedue uomini liberi, valevano uno il doppio dell'altro. La testimonianza poi dei villani nei confronti dei nobili non valeva nulla o, come si dice in matematica, c'era un rapporto di 1 a infinito.

Naturalmente tale scala di valori aveva conseguenze diverse nei rapporti tra le varie classi: così, ad esempio, l'offesa di un milite ad una altro milite veniva punita con la perdita del suo cavallo, delle armi e con l'esilio di un anno. La stessa offesa fatta da un borgese ad un milite comportava, per il primo, il taglio di una mano.

La classe dei nobili era costituita da militi, baroni e conti, ed era proprietaria, assieme alla classe degli ecclesiastici, di tutti i feudi. Nobili ed ecclesiastici dimoravano rispettivamente in castelli e monasteri. La classe popolare era costituita da villani, rustici e borgesi: mentre villani e rustici abitavano nelle campagne, i borgesi abitavano nelle città demaniali così dette perché dipendevano direttamente dal sovrano (dominus).

Per la finalità del presente lavoro è necessario dire qualcosa sulle collette.

Le entrate del sovrano erano costituite da tanti elementi: dazi, tasse, introiti derivanti dalle numerose proprietà demaniali, allevamenti. Queste erano le entrate ordinarie con le quali il sovrano faceva fronte alle spese. Ogni tanto, però, succedeva qualcosa di imprevisto: una guerra, il re veniva preso prigioniero e bisognava riscattarlo, l'incoronazione del re, la costituzione della dote alla figlia del re che convolava a nozze, l'investitura a cavaliere di un figlio del re. Era a quel punto che si ricorreva alla colletta ossia all'imposizione, in genere solo alle città demaniali, di una tassa straordinaria. E' quanto avviene anche ai nostri giorni; solo che per una nazione come la nostra, classificata tra le prime potenze industriali del pianeta, l'uso del termine colletta farebbe perdere la faccia e allora si ricorre alla locuzione una tantum. I nobili erano esentati perché dovevano al sovrano altri servizi soprattutto quelli militari. I sovrani normanni, e per un certo periodo anche gli svevi, rispettarono la caratteristica di eccezionalità della colletta. Sotto gli angioini il ricorso alle collette diventò ordinario.

E' importante conoscere le modalità di esazione delle collette.

Supponiamo che il sovrano avesse bisogno di una certa somma (in oro). L'importo veniva ripartito proporzionalmente al numero di famiglie del regno e per ogni provincia veniva redatto un elenco con le quantità per ciascuna città demaniale. Tali elenchi venivano spediti ai giustizieri delle varie province i quali comunicavano ai giurati di ciascuna città gli importi richiesti. I giurati, così chiamati perché giuravano sui vangeli e venivano eletti direttamente dai borgesi, avevano il compito di ripartire - proporzionalmente alle possibilità di ciascuna famiglia - la somma comunicata dal giustiziere.

Diciamo adesso qualcosa sulle città demaniali dette allora università delle terre demaniali (universitates terrarum et locorum demanii) per distinguerle dalle università degli ecclesiastici, dei conti e dei baroni (universitates ecclesiarum, comitum et baronum).

E' nel XIII secolo che le città cominciano ad eleggere loro rappresentanti ai quali vengono affidate alcune mansioni. Con Federico II, attorno al 1232, cominciano ad essere eletti in ciascuna città i giurati ai quali vengono assegnati dei compiti limitati: ripartire le collette, denunziare artigiani e venditori che frodano la popolazione, riparare le mura della città. Attorno al 1240 viene accordato alle città demaniali l'intervento nel parlamento attraverso l'elezione di due ambasciatori o nunzi volgarmente chiamati sindaci. Con Federico d'Aragona si viene a stabilire un vero e proprio governo municipale nelle città demaniali. Sono i giurati, eletti dagli abitanti della città, ad amministrare le rendite e il patrimonio della città, ad occuparsi dell'annona pubblica, ad imporre le multe, a soprintendere ai pesi e alle misure. E' compito dei giurati far rispettare la disciplina pubblica e proteggere il popolo dai potenti. Vengono anche eletti i giurati edili i quali si occupano dei nuovi edifizii, che si volessero fabbricare, per quelli che erano cadenti e dovean ristorarsi per conservare l'ampiezza e la mondezza conveniente alle strade e alle piazze. I giurati duravano in carica un anno e dovevano dare ai successori conto e ragione del denaro amministrato.

Ritorniamo a questo punto al documento del 1279 che non è relativo ad una colletta ma ad una distribuzione di moneta e cerchiamo di capire di che cosa si trattava.

In quell'anno Carlo d'Angiò batte una nuova moneta: il nuovo denario, come al solito in puro argento; perlomeno cosi assicurava lui. Nulla di diverso da quel che succede oggi quando in sostituzione di una banconota da 1000 lire se ne mette in circolazione un'altra dello stesso valore ma con un disegno diverso. Ai giorni nostri mettere in circolazione una nuova banconota risulta abbastanza semplice: lo Stato la distribuisce negli Uffici Postali, nella Banca d'Italia, nelle altre banche, paga i salari etc. e la banconota entra in circolazione. Ma, soprattutto, la gente l'accetta senza pensarci due volte. All'epoca era diverso: la gente, scottata da precedenti esperienze relativamente alla quantità di metallo prezioso contenuto nelle monete, cercava di farne a meno. Era a quel punto che il Re correva ai ripari. Spediva una circolare ai Giustizieri del Regno grosso modo del seguente tenore: "Con la collaborazione del mio Maestro di Zecca (una sorta di Ministro del Tesoro) ho fatto battere il nuovo denario (nova denariorum moneta). Purtroppo la gente non ne vuole sentire di utilizzarla. Allora ti ordino di distribuirla a ciascuna città, ricorrendo se occorre anche alla forza, secondo l'allegato elenco (cedula distributionis). Resta inteso che per ogni tre libbre in peso di denari, che io ti spedisco, dovrai farti consegnare un'oncia in peso di oro (ad rationem de libris tribus per unciam denariorum). Punto."

La ripartizione alle varie città era fatta in proporzione al numero di fuochi (foculares), oggi diciamo famiglie. Vediamo di fare un po' di conti in tasca a Carlo d'Angiò.

Non sono in possesso di documenti che riportino il contenuto in argento del denario emesso nel 1279 ma possiamo utilizzare i diplomi del 18 e 25 Maggio del 1275, dove viene ordinato ai maestri della zecca di Messina di fare entrare, nella moneta di denari 7 tarì e mezzo di argento per ogni libbra di lega. Come in precedenza riportato tale rapporto corrispondeva a circa il 2%.

L'oro e l'argento all'epoca (ved. nota 3 a pag.5) stavano nel rapporto 1 a 15. Per fare un'oncia d'oro occorrevano 4 carlini o 5 fiorini o 5 ducati veneziani oppure 60 carlini d'argento: quando erano iuxti ponderis, di giusto peso. Trattandosi di denari il cui contenuto in argento era del 2% allora in 3 libbre di lega c'era un contenuto di argento pari a 3x2/100 = 0.06 libbre d'argento ossia 0.06x12 = 0.72 once d'argento; e siccome l'oro e l'argento stavano nel rapporto l a 15 allora il valore intrinseco dei denari d'argento in confronto a quello dell'oro era di 0.72/15 = 0,048 = 4.8 %: come dire che Carlo d'Angiò per ogni 100 lire che incamerava ne spendeva 4.8 o, che è lo stesso, per ogni 100 chili di oro che riceveva ne spendeva 4.8 kg. Naturalmente bisogna considerare altri elementi che abbiamo trascurato: il metallo della lega, la lavorazione e il trasporto delle monete.

Arrotondando al 5%, per tener conto delle spese, il calcolo del guadagno del Re Angioino nella Sicilia Occidentale, in cui il totale in once d'oro era pari a 2725 (unc. duomilia septingent viginti quinque), a questo punto diventa rapidissimo: 2725x0.95 = 2588.75 once d'oro ossia 2588.75x18 = 46597.5 grammi = 46.597 kilogrammi d'oro.

Il guadagno totale nelle città demaniali di tutto il Regno con l'emissione del denario nel 1279 possiamo calcolarlo utilizzando un diploma del 13 Febbraio 1276 che impone alla Sicilia ultra Salsum un pagamento di 7500 e all'intero Regno 60170 once d'oro. Dal rapporto tra le eguaglianze 46.597/7500 = X/60170 otteniamo X=46.597x60170/7500 = 373,832 Kg d'oro.

Oggi (gennaio 1997) il valore dell'oro è di circa Lire 18.000 al grammo. Se volessimo valutare l'intero guadagno del Re in lire attuali (ma attenzione che tale confronto non è assolutamente corretto) otterremmo 373.832 x 1000 x 18.000 = 6.728.976.000: una bel gruzzolo di quasi sette miliardi.

Interessanti sono, invece, i valori di alcuni elementi in quell'epoca.

Da Minieri Riccio:

- Nel 1326 a Napoli 1 gallina (gallina) valeva 5 grani, l cappone (capo) ne valeva 6, e 7 uova costavano 1 grano (ad rationem septem ovorum pro grano uno). (pag. 2).

- Nel 1316 un tumulo di farina (circa 14 kg) valeva grani 15. (pag.9).

- Dal 1268 al 1305 i cavalli venivano venduti al prezzo variabile tra le 13 e le 25 once d'oro. I muli per 10 once d'oro. (pag. 11).

- Nel 1297 si pagavano 9 once d'oro per dazio di uscita dal regno per ogni cento salme (224 quintali) di grano. (pag. 15).

Dall'Amari - Lo Guerra del Vespro Siciliano - pag. 576:

- Nel 1269 il frumento nella Sicilia Occidentale si vendeva a tarì 20 a salma (224 Kg).

- Nel 1278 i cavalieri ultramontani di presidio a Messina erano pagati ad 1 tarì d'oro al giorno; i fanti a 8 grani al giorno.

- Nel 1299 uno scudiero preso dai nemici veniva riscattato per 8 once d'oro: meno del costo di un mulo.

Passiamo all'analisi dei documenti e al calcolo della popolazione.

Oltre al documento del 1279 vengono presi in esame altri due documenti con le stesse caratteristiche ma relativi agli anni 1277 e 1283. Il documento del 1277 (Minieri Riccio) riporta le stesse città demaniali mentre quello del 1283 (siamo ad 1 anno dal Vespro) presenta delle variazioni sul numero delle stesse. A differenza del documento del 1279, che riguarda una distribuzione di i moneta, i documenti del 1277 e del 1283 riguardano una colletta.

Per effettuare gli opportuni confronti, le città sono state catalogate in ordine alfabetico.

 

 

 

Tabella 1

Le città di Adragna, Juliana e Dranagi nel documento del 1279 sono riportate assieme, in quello del 1277 sono riportate separatamente. Per rendere le quantità confrontabili sono state accorpate in tutti i documenti.

Nelle colonne 1-2-3 sono riportati gli importi distinti in Once, Tarì e Grani relativi a ciascuna città demaniale nel 1279. Si nota che il totale calcolato degli importi è di once 2771 e 10 tarì contro il totale di 2725 riportato in lettere (summa pecunie totius predicte distributionis. Unc.duomilia septingent.viginti quinque) nel documento. I casi possono essere due: o, all'epoca, sono stati fatti male i conti oppure i dati riportati dall'Amari non sono stati trascritti correttamente. Come vedremo in seguito quest'ultima ipotesi sembra essere la più attendibile.

Nella colonna 4 sono riportati gli importi equivalenti in grani. Nelle colonne 5-6-7 e 8-9 sono ripetute le stesse operazioni per gli anni 1277 e 1283.

Nella colonna 10 è riportata l'aliquota, espressa in percento, pagata da ciascuna città rispetto all'importo totale (2725 once ossia 1.635.000 grani). Così la percentuale 2.67% relativa ad Agrigento è calcolata nel seguente modo: 43600x100/1635000. La sommatoria delle singole percentuali dovrebbe dare 100 mentre, invece da 101.70. Evidentemente c'è qualcosa che non quadra. Proviamo ora a seguire lo stesso procedimento per l'anno 1277 utilizzando come totale la somma dei singoli importi pari a 7500 once ossia 4.500.000 grani e riportando le percentuali nella colonna 11. Come si può notare dai confronti fra le colonne 10 e 11 le percentuali, in quasi tutte le città, coincidono perfettamente il che ci assicura quanto meno una cosa: il calcolo della ripartizione sia nel 1277 che nel 1279 è stato fatto sullo stesso numero di focolari. Notiamo delle difformità solo nelle quantità in neretto corrispondenti a: Amena, Calatanixetta, Chimigna, Drapanum, Giracium, Panormum. Notiamo inoltre :

- Amena (farebbe pensare ad Alimena) figura nel documento relativo al 1279 ma non in quello del 1277.

- Chimigna figura nel documento del 1277 ma non in quello del 1279.

- La percentuale di Amena e Chimigna risulta identica nei due documenti.

Allora quasi certamente si tratta della stessa città Ciminna. Amena sarà stato un errore di trascrizione.

In tal modo le città con quantità errate si riducono a 5. Passiamo ora alla tabella 2.

Tabella 2

Nella colonna 1 sono riportati, relativamente al 1279, gli importi delle città per le quali non sono state riscontrate anomalie nella tabella precedente. Prima di procedere al calcolo della colonna 2 è necessario porsi la seguente domanda: "Come hanno fatto i ragionieri dell'epoca a ripartire gli importi alle singole città?". Molto probabilmente avranno fatto il seguente ragionamento:

L'importo totale da addebitare alla Sicilia Occidentale è di 2725 once ossia 1635000 grani.

Dividendo il numero totale in grani per il numero totale di focolari otteniamo quanti grani dovrà pagare ogni focolare. Moltiplicando il risultato della divisione per il numero di focolari costituenti ciascuna città otteniamo quanto, ciascuna città, dovrà pagare in grani. Infine sarà sufficiente trasformare il numero di grani in once, tarì e grani.

Loro però conoscevano il numero di focolari. Noi no. E allora facciamo il ragionamento inverso:

E' chiaro che il numero di grani N pagato da ciascuna città è il risultato di una moltiplicazione tra il numero di focolari F ed il numero in grani per focolare che chiamiamo G. I numeri N espressi in grani sono noti e sono tutti interi. G, rappresentando il numero di grani per ciascun focolare è una costante. Sappiamo inoltre che F deve essere un numero intero in quanto non è ipotizzabile un mezzo o un quarto di focolare.

Dalla relazione N=FxG ricaviamo F=N/G. .

Se noi troviamo un numero G (divisore comune) tale che dividendo N/G otteniamo sempre dei numeri interi allora avremo trovato il numero di focolari di ciascuna città. Operando per tentativi con una routine iterativa per approssimazioni successive troviamo che gli unici numeri che soddisfano la condizione sono 4.36 e 43.6 grani. A questo punto la matematica non ci può più aiutare e dobbiamo fare un'altra considerazione: un eventuale divisore comune G pari a 4.36 ci porterebbe, ad esempio, ad assegnare a Corleone 143880/4.36 = 33000 famiglie; considerando poi una media di 4 componenti a famiglia risulterebbe che nel 1279 Corleone contava 33000x4= 132000 abitanti. Assurdo. Corleone era sì una città grande ma non sino a questo punto. Allora non ci rimane che G=43.6 grani a focolare ossia 2 tarì e 3.6 grani. Si poteva anche evitare la ricerca per tentativi considerando che le quote spettanti alle città di Mons Maior, Busachinum e Agrigentum erano rispettivamente 436, 4360, 43600 grani, numeri che stanno nel rapporto reciproco 1/10/100 o, che è lo stesso 10/100/1000. I comuni divisori non possono che essere 4.36, 43.6, 436, oltre a tutti i sottomultipli di ragione 10: 0.436, 0.0436, 0.00436 etc. 436 bisogna scartarlo in quanto in corrispondenza, ad esempio, di Narum, (ma anche di altre città), avremmo ottenuto 24198/436 = 55.5 ossia un numero non intero. Rimangono allora 4.36 e 43.6 per i quali resta valida la considerazione fatta in precedenza.

Definiti con A il numero di grani corrispondenti a ciascuna città, nella colonna 2 sono calcolati i rapporti A/43.6. Il calcolo è stato spinto sino alla cifra centesimale. Si nota che nella maggior parte dei casi siamo in presenza di numeri interi. Per alcune città si rileva uno scarto massimo, in positivo o in negativo, di 0.02 ossia 2 centesimi di grano: una quantità piccolissima che, anche allora, arrotondavano per eccesso o per difetto. Nella colonna 3 sono riportati i valori arrotondati corrispondenti al numero dei focolari per ciascuna città. Nella colonna 4 sono riportati i valori in grani (B) pagati da ciascuna città nella colletta del 1277. Il divisore comune G, per le considerazioni fatte nella precedente tabella 1 deve soddisfare alla condizione che il numero dei focolari deve essere identico: il suo valore non può che essere 120 ossia 6 tarì. I risultati sono riportati nella colonna 5. Con l'ausilio dei dati relativi al 1277, possiamo calcolare i dati anomali di alcune città nel 1279. I risultati sono riportati nelle colonne 8 e 9. In tal modo il documento trascritto dall'Amari è da rettificare nel seguente modo:

invece di

Città

Once

Tarì

Grani

Once

Tarì

Grani

Calatanixetta

5

13

11

50

13

11

Drapanum

247

8

11

257

8

11

Giracium

18

5

0

18

15

0

Panormum

799

25

5

790

25

5

Petralia Inferior

1

24

9

1

24

12

Passiamo alla

Tabella 3:

Nella colonna 1 sono riportati i dati in once nella colletta del 1283. Nel relativo documento non figurano tarì e grani. Nella colonna 2 sono riportate le quantità equivalenti in grani. 1 divisori comuni G sono numerosi: 5-10-15-20-25-30-40-50-60-75-100-120-150-200-300-600. In corrispondenza a ciascun valore G si ha un totale di focolari per tutta la Sicilia Occidentale. Teniamo a mente che il numero di focolari nel 1279 è 37500. Se ipotizziamo una diminuzione della popolazione tra il 1279 e il 1283 allora saltano tutti i valori G compresi tra 120 e 5. Infatti per G=100 si avrebbe il totale dei focolari pari a 48060; per G=120 si avrebbe un totale pari a 40050 e così via. Tale ipotesi risulta abbastanza attendibile se teniamo conto degli sconvolgimenti del Vespro nel 1282: nel solo mese di Aprile, riporta il Villani, furono uccisi più di 4000 Francesi oltre ai caduti di parte avversa. Restano i valori di G=150-200-300-600. Assumendo G=300 si avrebbe un numero totale di famiglie pari 16020 ossia la scomparsa di 2/3 della popolazione tra il 1279 e il 1283. Con G=600 si avrebbe un numero totale di famiglie pari a 8010. A questo punto non si è in possesso di alcun elemento per poter fare una scelta. Nella colonna 3 è calcolato il numero dei focolari per G= 120 grani ossia 6 tari a focolare. Nella colonna 4 lo stesso calcolo è fatto per G= 150 grani ossia 7 tarì e mezzo: tale dato, col beneficio del dubbio, viene considerato il più attendibile. Nella colonna 5 è ripetuto il numero di focolari nel 1279. Nella colonna 6 è riportata, in percentuale la popolazione di ciascuna città in rapporto al totale della Sicilia Occidentale per l'anno 1283. Idem nella colonna 7 per l'anno 1279. Nella colonna 8 è riportato, per ciascuna città, l'aumento o la diminuzione percentuale dei propri abitanti tra il 1279 e il 1283. Nella colonna 9 è riportato l'aumento o la diminuzione del numero di focolari tra il 1279 e il 1283.

Considerazioni conclusive

- Se poniamo la composizione media di una famiglia pari a 4 si ricava che la popolazione delle città demaniali della Sicilia Occidentale doveva essere pari a 37500x4=150000 abitanti. Naturalmente tale numero non corrispondeva a tutti gli abitanti della Sicilia Occidentale in quanto erano esclusi dalle collette ecclesiastici, baroni e feudatari oltre ai rustici e ai villani.

-Una conferma indiretta ai dati relativi al 1279 può essere trovata in Saba Malaspina il quale assicura che i Corleonesi. nella Guerra del Vespro mettono in campo 3000 combattenti. Tale numero confrontato con il numero di famiglie nel documento del 1279, pari a 3300, corrisponderebbe quasi ad 1 combattente a famiglia.

-Esaminando i dati delle colonne 9 e 10 nella Tabella 3 si nota uno sconvolgimento sul numero di abitanti delle città tra il 1279 e il 1283. Volendo citare solo alcune città con un apprezzabile numero di famiglie, si nota Trapani che perde il 46% dei propri abitanti, Mazara perde il 59%. Marsala il 49%.Vicari il 75%, Cammarata il 37%, Palermo il 18%, Salemi il 38%: contemporaneamente troviamo città in cui aumenta notevolmente i numero di abitanti: Caltanissetta aumenta del 124%, Ciminna del 356%, Monreale del 72%, Petralia Sottana e Soprana aumentano rispettivamente del 396 e 700%, Polizzi del 67%. Occorrerebbe uno studio approfondito per valutare le motivazioni di tali variazioni per ogni singola città si può, in ogni caso, provare ad azzardare alcune ipotesi:

- che la diminuzione degli abitanti di Vicari (-377 famiglie) sia stata determinata dall'avere parteggiato per gli angioini avendo dato asilo al giustiziere Giovanni di San Remigio fuggito da Palermo.

- che la diminuzione degli abitanti di Palermo (-2027 famiglie) e Corleone (-340 famiglie) possa essere stata determinata dalla partecipazione attiva alla Guerra del Vespro.

che la diminuzione di alcune città costiere munite di porti, Trapani (-1563 famiglie), Marsala (-953), Mazara (-888), Cefalù (-460) ed il contemporaneo aumento di alcune città vicine come Monte San Giuliano (+120), Castelvetrano (+189), Polizzi (+800), Petralia Superior (+200), Monreale (+134) sia da addebitare alla fuga degli abitanti verso posizioni più fortificate. Bisogna tener conto, infatti, che soprattutto le città costiere furono continuamente soggette alle incursioni degli Angioini, di stanza a Napoli, nella lunghissima Guerra del Vespro.

 

TABELLA 1

Anno 1279

Anno 1277

Anno 1283

A

B

Località

On

Ta

Gr

T.Grani

On

Ta

T.Grani

On

T.Grani

an.1279

an.1277

Adragna-Juliana-Dranagi

4

10

16

2616

12

7200

27

16200

0,16

0,16

Adriana

1

24

9

1089

5

3000

10

6000

0,07

0,07

Agrigentum

72

20

43600

200

120000

380

228000

2,67

2,67

Alcamum

25

13

15260

70

42000

51

30600

0,93

0,93

Amena

3

19

2180

0

0

0

0,13

0,00

Asinellum

8

21

12

5232

24

14400

41

24600

0,32

0,32

Baya (Raya?)

1

24

9

1089

5

3000

12

7200

0,07

0,07

Bibona

13

24

4

8284

38

22800

36

21600

0,51

0,51

Biccarum

36

20

17

22017

101

60600

32

19200

1,35

1,35

Brucatum

21

16

436

2

1200

6

3600

0,03

0,03

Burgium

4

10

16

2616

12

7200

5

3000

0,16

0,16

Busachinum

7

8

4360

20

12000

61

36600

0,27

0,27

Caccabum

39

29

23980

110

66000

173

103800

1,47

1,47

Calatabellocta

43

24

11

26291

120

18

72360

122

73200

1,61

1,61

Calatabuturum

65

12

39240

180

108000

160

96000

2,40

2,40

Calatafimum

39

29

23980

110

66000

143

85800

1,47

1,47

Calatanixecta

50

13

11

30271

15

9000

42

25200

1,85

0,20

Camerata

51

28

14

31174

143

85800

112

67200

1,91

1,91

Carinum

9

2

11

5451

25

15000

15

9000

0,33

0,33

Castrum novum

95

16

14

57334

263

157800

125

75000

3,51

3,51

Castrum Veteranum

22

11

13211

60

18

36360

123

73800

0,81

0,81

Chefaludum

79

28

47960

220

132000

160

96000

2,93

2,93

Chimigna

0

10

6000

57

34200

0,00

0,13

Comichium

0

0

5

3000

0,00

0,00

Curilionum

239

24

143880

660

396000

740

444000

8,80

8,80

Darfudium

0

0

6

3600

0,00

0,00

Delia

0

0

3

1800

0,00

0,00

Dissisa

0

0

2

1200

0,00

0,00

Drapanum

257

8

11

154371

680

18

408360

460

276000

9,44

9,07

Fisaulum

0

0

5

3000

0,00

0,00

Giracium

18

15

11100

50

30000

20

12000

0,68

0,67

Golisanum

14

15

19

8719

40

24000

60

36000

0,53

0,53

Gratterium

3

19

2180

10

6000

15

9000

0,13

0,13

Juliana

0

0

0

0

0,00

0,00

Licata

55

6

16

33136

152

91200

238

142800

2,03

2,03

Maletta

0

0

3

1800

0,00

0,00

Marsalia

141

27

11

85151

390

18

234360

250

150000

5,21

5,21

Mazzaria

109

65400

300

180000

153

91800

4,00

4,00

Misiliusiphus

0

0

4

2400

0,00

0,00

Modica

1

24

9

1089

5

3000

10

6000

0,07

0,07

Mons major

21

16

436

2

1200

6

3600

0,03

0,03

Mons Regalis

13

15

9

8109

37

6

22320

80

48000

0,50

0,50

Mons S.Juliani

58

4

34880

160

96000

230

138000

2,13

2,13

Narum

40

9

18

24198

111

66600

166

99600

1,48

1,48

Panornum

790

25

5

474505

2201

12

1320840

2245

1347000

29,02

29,35

Patellarium

0

0

2

1200

0,00

0,00

Petralia Inferior

1

24

12

1092

5

3000

31

18600

0,07

0,07

Petralia Superior

2

5

8

1308

6

3600

60

36000

0,08

0,08

Politium

87

6

52320

240

144000

500

300000

3,20

3,20

Pollina

5

13

11

3271

15

9000

30

18000

0,20

0,20

Rahalbutum

0

0

15

9000

0,00

0,00

Salem

90

25

54500

250

150000

194

116400

3,33

3,33

Sanctus Angelus

3

19

2180

10

6000

25

15000

0,13

0,13

Sanctus pps (Philippus?)

0

0

3

1800

0,00

0,00

Sanctus Maurus

5

24

9

3489

16

9600

20

12000

0,21

0,21

Sclafanum

15

18

14

9374

43

25800

35

21000

0,57

0,57

Sutera

36

20

17

22017

101

60600

122

73200

1,35

1,35

Therme

29

2

17440

80

48000

112

67200

1,07

1,07

Trocculum

5

24

8

3488

16

9600

0

0

0,21

0,21

Tusa

0

0

2

1200

0,00

0,00

Xacca

58

25

16

35316

162

97200

250

150000

2,16

2,16

Ypsygro

3

19

2180

10

6000

15

9000

0,13

0,13

Totale

2743

831

380

1662800

7497

90

4500000

8010

4806000

101,70

100,00

Totale calcolato

2771

10

0

1662800

7500

-

4500000

Totale nel documento

2725

0

0

1635000

Colonna

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

 

 

TABELLA 2

anno 1279

anno 1277

anno 1277

anno 1279

Località

A(grani)

A/43,6

A1

B(grani)

B/120

B(grani)

B/120

A(grani)

A/43,6

Adragna (Juliana-Dr)

2616

60,00

60

7200

60

2400

20

872

20

Adriana

1089

24,98

25

3000

25

3000

25

1089

25

Agrigentum

43600

1000,00

1000

120000

1000

120000

1000

43600

1000

Alcamum

15260

350,00

350

42000

350

42000

350

15260

350

Asinellum

5232

120,00

120

14400

120

14400

120

5232

120

Baya (Raya?)

1089

24,98

25

3000

25

3000

25

1089

25

Bibona

8284

190,00

190

22800

190

22800

190

8284

190

Biccarum

22017

504,98

505

60600

505

60600

505

22017

505

Brucatum

436

10,00

10

1200

10

1200

10

436

10

Burgium

2616

60,00

60

7200

60

7200

60

2616

60

Busachinum

4360

100,00

100

12000

100

12000

100

4360

100

Caccabum

23980

550,00

550

66000

550

66000

550

23980

550

Calatabellocta

26291

603,00

603

72360

603

72360

603

26291

603

Calatabuturum

39240

900,00

900

108000

900

108000

900

39240

900

Calatafimum

23980

550,00

550

66000

550

66000

550

23980

550

Calatanixecta

9000

75

3271

75

Camerata

31174

715,00

715

85800

715

85800

715

31174

715

Carinum

5451

125,02

125

15000

125

15000

125

5451

125

Castrum novum

57334

1315,00

1315

157800

1315

157800

1315

57334

1315

Castrum Veteranum

13211

303,00

303

36360

303

36360

303

13211

303

Chefaludum

47960

1100,00

1100

132000

1100

132000

1100

47960

1100

Chimigna

2180

50,00

50

6000

50

6000

50

2180

50

Comichium

2400

20

872

20

Curilionum

143880

3300,00

3300

396000

3300

396000

3300

143880

3300

Darfudium

Delia

Dissisa

Drapanum

408360

3403

148371

3403

Fisaulum

Giracium

30000

250

10900

250

Golisanum

8719

199,98

200

24000

200

24000

200

8719

200

Gratterium

2180

50,00

50

6000

50

6000

50

2180

50

Juliana

2400

20

872

20

Licata

33136

760,00

760

91200

760

91200

760

33136

760

Maletta

Marsalia

85151

1953,00

1953

234360

1953

234360

1953

85151

1953

Mazzaria

65400

1500,00

1500

180000

1500

180000

1500

65400

1500

Misiliusiphus

Modica

1089

24,98

25

3000

25

3000

25

1089

25

Mons major

436

10,00

10

1200

10

1200

10

436

10

Mons Regalis

8109

185,99

186

22320

186

22320

186

8109

186

Mons S.Juliani

34880

800,00

800

96000

800

96000

800

34880

800

Narum

24198

555,00

555

66600

555

66600

555

24198

555

Panormum

1320840

11007

479905

11007

Patellarium

Petralia Inferior

3000

25

1089

25

Petralia Superior

1308

30,00

30

3600

30

3600

30

1308

30

Politium

52320

1200,00

1200

144000

1200

144000

1200

52320

1200

Pollina

3271

75,02

75

9000

75

9000

75

3271

75

Rahalbutum

Salem

54500

1250,00

1250

150000

1250

150000

1250

54500

1250

Sanctus Angelus

2180

50,00

50

6000

50

6000

50

2180

50

Sanctus pps

Sanctus Maurus

3489

80,02

80

9600

80

9600

80

3489

80

Sclafanum

9374

215,00

215

25800

215

25800

215

9374

215

Sutera

22017

504,98

505

60600

505

60600

505

22017

505

Therme

17440

400,00

400

48000

400

48000

400

17440

400

Trocculum

3488

80,00

80

9600

80

9600

80

3488

80

Tusa

Xacca

35316

810,00

810

97200

810

97200

810

35316

810

Ypsygro

2180

50,00

50

6000

50

6000

50

2180

50

TOTALI

991461

22739,93

22740

2728800

22740

4500000

37500

1635000

37500

Colonna

1

2

3

4

5

6

7

8

9

 

TABELLA 3

anno 1283

a.1283

a.1279

a.1283

a.1279

Località nel 1279

Nel 1283

Once

D(grani)

D/120

D/150

B/120

P1

P2

P3

P4

Adragna

15

9000

75

60

20

0,19%

0,05%

200%

40

Adriana

Palacium Adriani

10

6000

50

40

25

0,12%

0,07%

60%

15

Agrigentum

380

228000

1900

1520

1000

4,74%

2,67%

52%

520

Alcamum

51

30600

255

204

350

0,64%

0,93%

-42%

-146

Asinellum

41

24600

205

164

120

0,51%

0,32%

37%

44

Baya (Raya?)

12

7200

60

48

25

0,15%

0,07%

92%

23

Bibona

36

21600

180

144

190

0,45%

0,51%

-24%

-46

Biccarum

32

19200

160

128

505

0,40%

1,35%

-75%

-377

Brucatum

6

3600

30

24

10

0,07%

0,03%

140%

14

Burgium

5

3000

25

20

60

0,06%

0,16%

-67%

-40

Busachinum

Busackinum

61

36600

305

244

100

0,76%

0,27%

144%

144

Caccabum

173

103800

865

692

550

2,16%

1,47%

26%

142

Calatabellocta

Calatabellotum

122

73200

610

488

603

1,52%

1,61%

-19%

-115

Calatabuturum

160

96000

800

640

900

2,00%

2,40%

-29%

-260

Calatafimum

143

85800

715

572

550

1,79%

1,47%

4%

22

Calatanixecta

Calatarapetta

42

25200

210

168

75

0,52%

0,20%

124%

93

Camerata

112

67200

560

448

715

1,40%

1,91%

-37%

-267

Carinum

15

9000

75

60

125

0,19%

0,33%

-52%

-65

Castrum novum

125

75000

625

500

1315

1,56%

3,51%

-62%

-815

Castrum Veteranum

123

73800

615

492

303

1,54%

0,81%

62%

189

Chefaludum

Cephaludum

160

96000

800

640

1100

2,00%

2,93%

-42%

-460

Chimigna

57

34200

285

228

50

0,71%

0,13%

356%

178

Comichium

5

3000

25

20

20

0,06%

0,05%

0%

0

Curilionum

740

444000

3700

2960

3300

9,24%

8,80%

-10%

-340

Darfudium

6

3600

30

24

0,07%

0,00%

Delia

3

1800

15

12

0,04%

0,00%

Dissisa

2

1200

10

8

0,02%

0,00%

Drapanum

Trapanum

460

276000

2300

1840

3403

5,74%

9,07%

-46%

-1563

Fisaulum

5

3000

25

20

0,06%

0,00%

Giracium

20

12000

100

80

250

0,25%

0,67%

-68%

-170

Golisanum

60

36000

300

240

200

0,75%

0,53%

20%

40

Gratterium

15

9000

75

60

50

0,19%

0,13%

20%

10

Juliana

Iuliana

12

7200

60

48

20

0,15%

0,05%

140%

28

Licata

238

142800

1190

952

760

2,97%

2,03%

25%

192

Maletta

3

1800

15

12

0,04%

0,00%

Marsalia

250

150000

1250

1000

1953

3,12%

5,21%

-49%

-953

Mazzaria

Mazaria

153

91800

765

612

1500

1,91%

4,00%

-59%

-888

Misiliusiphus

4

2400

20

16

0,05%

0,00%

Modica

10

6000

50

40

25

0,12%

0,07%

60%

15

Mons major

6

3600

30

24

10

0,07%

0,03%

140%

14

Mons Regalis

80

48000

400

320

186

1,00%

0,50%

72%

134

Mons S.Juliani

Mons Trapani

230

138000

1150

920

800

2,87%

2,13%

15%

120

Narum

166

99600

830

664

555

2,07%

1,48%

20%

109

Panormum

Palermus

2245

1347000

11225

8980

11007

28,03%

29,35%

-18%

-2027

Patellarium

2

1200

10

8

0,02%

0,00%

Petralia Inferior

31

18600

155

124

25

0,39%

0,07%

396%

99

Petralia Superior

60

36000

300

240

30

0,75%

0,08%

700%

210

Politium

Policium

500

300000

2500

2000

1200

6,24%

3,20%

67%

800

Pollina

30

18000

150

120

75

0,37%

0,20%

60%

45

Rahalbutum

15

9000

75

60

0,19%

0,00%

Salem

194

116400

970

776

1250

2,42%

3,33%

-38%

-474

S. Angelus

S.A.de Pericio

25

15000

125

100

50

0,31%

0,13%

100%

50

Sanctus pps

3

1800

15

12

0,04%

0,00%

Sanctus Maurus

20

12000

100

80

80

0,25%

0,21%

0%

0

Sclafanum

35

21000

175

140

215

0,44%

0,57%

-35%

-75

Sutera

122

73200

610

488

505

1,52%

1,35%

-3%

-17

Therme

112

67200

560

448

400

1,40%

1,07%

12%

48

Trocculum

0

0

0

80

0,00%

0,21%

Tusa

2

1200

10

8

0,02%

0,00%

Xacca

Sacca

250

150000

1250

1000

810

3,12%

2,16%

23%

190

Ypsygro

Ypsicro

15

9000

75

60

50

0,19%

0,13%

20%

10

TOTALI

8010

4806000

40050

32040

37500

100%

100%

-5560

Colonna

1

2

3

4

5

6

7

8

9

D/150 = Numero di famiglie nel 1283

D/120 = Numero di famiglie nel 1279

P3 = Percentuale di variazione tra il 1279 e il 1283

P4 = Variazione del numero di famiglie tra il 1279 e il 1283

(Un ringraziamento al dott. Franco D'Angelo per avermi fornito i dati del documento relativi al 1279)

Gioacchino NANIA