San Giuseppe Jato e San Cipirello. Due comuni, in unica realtà urbana, ubicati alle spalle di Palermo in posizione baricentrica rispetto al circolo formato da Monreale, Piana degli Albanesi, Corleone, Alcamo, Partinico, Montelepre.
Comuni noti per i Brusca, Di Maggio, Siino, Salamone e per la base operativa insediatavi, negli ultimi decenni, da Salvatore Riina. Comuni che, con motivazioni diverse, si rilevano nelle biografie non solo di Andreotti, Calvi, Insalaco, Martelli, Salvo, Sindona ma anche di Marco Minghetti, Benito Mussolini, V.E. Orlando o dei parlamentari Rocco Balsano, Alfredo Cucco, Lanza di Trabia, Giovanni Lo Monte, Francesco Termini, Nicolò Zito. Sono i comuni di Portella della Ginestra e dell' "ideologo" della banda Giuliano, Pasquale Sciortino. Comuni di luminari, professori, professionisti e di straordinari arricchimenti attraverso mediatori, assicuratori, industrie conserviere e portuali, mulini e pastifici. Nel 1927 l'on. Rocco Balsano dichiarava dinanzi al giudice Triolo: "Se un comune vi era in Sicilia dove la maffia era onnipotente era proprio quello di San Giuseppe Jato". Erano gli anni del ducino on. Alfredo Cucco, plenipotenziario del fascismo in Sicilia, legato alla mafia dei comuni jatini attraverso il suo compare d'anello Santo Termini, Sindaco di San Giuseppe Jato. Erano gli anni del prefetto Mori che, quasi certamente indagando sulla mafia dei comuni jatini, veniva "promosso" e trasferito.
Attraverso documenti, in massima parte inediti, questo lavoro ricostruisce, in maniera sistematica, nascita e sviluppo del fenomento mafioso nell'area dello Jato a partire dall'abolizione dei diritti feudali, nel 1812, sino ai tempi moderni.
L'esposizione, sotto forma di dialogo, e lo stile, a tratti ironico, rendono la lettura scorrevole e piacevole senza nulla togliere alla serietà dell'argomento e al contenuto, spesso tragico, della documentazione d'archivio riportata.

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