Le strade 

Un corretto studio delle antiche strade della Sicilia non può prescindere, a parer mio, dall’immaginarle. Esse avevano pochissime caratteristiche in comune con quelle attuali in dipendenza, soprattutto, dei mezzi di trasporto adoperati . Una descrizione abbastanza esauriente veniva fatta dal Perez a metà del secolo scorso:

Il commercio interno che consisteva specialmente in quello del grano e dell’olio faceasi per mezzo di animali da soma ed in particolare di muli, come praticasi tuttora nei paesi che sono sprovveduti di strade rotabili. I più agiati proprietari teneano un gran numero di tali bestie che spedivano carichi di derrate nei luoghi coi quali esercitavano i loro traffichi. Da tre sino ad otto di tali animali attaccati l’uno dopo l’altro per poter camminare negli angusti sentieri, chiamavasi redina e la mula più gagliarda che era la prima e su cui montava il condottiero detto burdunaro chiamavasi caporedina. Dal numero di queste redini si misurava l’agiatezza dei proprietari. Dei muli medesimi si avvalevano i viaggiatori; se non che le persone nobili e ricche faceano uso delle lettighe. Infatti tutti gli antichi ponti, molti dei quali ancora esistono, furono costruiti per servire a quell’uso, essendo disadattati al transito dei carri, attesa la ristrettezza loro e la forte pendenza delle rampe difficile alla accessione dei carri. Fin oltre la metà dello scorso secolo la Sicilia mancava quasi intieramente di vie atte alle ruote tranne taluni piccioli tratti presso qualche città demaniale e vicino la capitale. Ma queste piuttosto che strade carreggiabili poteano chiamarsi sentieri i quali seguendo le naturali irregolarità della superficie del terreno venivano in qualche modo spianati e permettevano in taluni mesi dell’anno il passaggio dei carri e delle carrozze.

Ancora nel 1848 l’uso della lettiga per il trasporto dei passeggeri doveva essere abbastanza diffuso.

Gli spostamenti non erano frequenti come ai nostri giorni e, considerato che il fondo stradale diventava un pantano con l’arrivo delle piogge, si cercava di viaggiare solo nelle stagioni meno piovose dell’anno. In genere, dove e quando era possibile, si optava per il viaggio in mare ritenuto più celere e sicuro ma anche meno costoso. Ibn Jobair nel 1183 per andare da Messina a Palermo affronta il viaggio in mare facendo una prima tappa a Cefalù, un’altra a Termini dove, dopo aver cambiato nave e, non potendo ripartire per Palermo a causa delle cattive condizioni del mare, ripiega per il viaggio via terra. Ma anche i numerosi viaggiatori dei secoli scorsi hanno seguito il criterio di Ibn Jobair utilizzando la nave e, una volta sbarcati, addentrandosi sin dove era possibile.

I motivi per cui le strade, sarebbe meglio dire percorsi, non venivano adoperate erano diversi in relazione anche alla realtà sociale ed economica delle varie epoche caratterizzate per lunghissimi periodi da società chiuse, le curtes; ma l’uso era anche sconsigliato dalle caratteristiche e dalla pericolosità delle stesse: mancanza di una vera e propria sede stradale, pedaggi, attraversamenti di fiumi e di boschi, presenza di malviventi.  

Il tracciato stradale: 

Alla luce di quanto in precedenza esposto, non dovendo ricorrere all’uso delle ruote ma esclusivamente agli animali da soma, il problema legato alle pendenze stradali diventava di secondaria importanza. Dall’esame dei tracciati di antiche regie trazzere ci si trova in presenza di pendenze del 20-25%. Ma vi sono anche degli attraversamenti dove la pendenza raggiunge limiti del 35%: in tali tratti (ancora oggi denominate scale) venivano realizzati dei gradini con pedate abbastanza ampie tali da consentire il transito agli animali da soma e alle bestie. Risulta chiaro che in una regione montuosa qual è la Sicilia, una soluzione del genere riduceva la tortuosità delle strade, caratteristica dominante in tutte le strade dei tempi successivi all’avvento dei mezzi muniti di ruote.

In ogni epoca la bontà di una strada è sempre stata legata al tempo impiegato a collegare due o più siti. Come è noto la velocità v, il tempo impiegato t e lo spazio percorso s sono tra loro correlati dall’espressione s=vt da cui il tempo t=s/v. E’ chiaro da questa relazione che, a parità di percorso s, il tempo di percorrenza diminuisce all’aumentare della velocità, per cui, per collegare due siti con una strada, si può anche allungare il tracciato s purché questo allungamento consenta il raggiungimento di una maggiore velocità che, come è noto, dipende soprattutto dalla pendenza e dai raggi di curvatura. Oggi è così perché la velocità è una variabile: è possibile essere più o meno veloci in funzione del mezzo di trasporto e delle caratteristiche della strada. Anticamente no. La velocità era, in generale, una costante. Si poteva viaggiare più o meno velocemente in funzione dello sforzo fisico ma l’influenza delle caratteristiche della strada era pressoché nulla. E’ chiaro in tale situazione che volendo ridurre i tempi di percorrenza tra due siti, l’unica variabile su cui potere intervenire era lo spazio s legato, a sua volta, al tempo t in proporzione diretta: minore spazio percorso, minore tempo impiegato. Ma il minore spazio tra due punti è il segmento di retta che li congiunge. Tutto ciò è ovvio, ma l’introdurre una teoria della linea retta nelle strade dell’antichità consente di spiegare perché le regie trazzere, nel corso del tempo chiamate anche vie pubbliche o vie reali, erano così diritte ed anche perché si chiamavano trazzere o traczerie: sembra che il termine derivi dal francese antico drecière che significava appunto strada diritta.

La via che da Palermo conduceva a Mazara ai tempi del Fazello, come egli ci assicura, era di 70 miglia. Se la lunghezza del miglio siciliano nel 1500 era pari a 1481 (poi unificato a 1487 mt nel 1809) allora la lunghezza del percorso doveva essere di circa 103 km. Se consideriamo che nel solo tratto tra la Scala della Targia e San Giuseppe Jato a fronte di una distanza in linea d’aria di 7 km si ha uno sviluppo del tracciato stradale pari a 10 km, determinato dalla necessità di superare la catena montuosa a mezzogiorno della Conca d’Oro e che anche in presenza di una strada diritta bisogna tener conto degli allungamenti dovuti alla pendenza del terreno, ci si rende conto che un aumento della lunghezza del tracciato di 17 km rispetto alla distanza in linea d’aria, oggi misurabile in 86 km, risulta irrisorio. Si avrebbe inoltre un rapporto tra lunghezza del percorso/distanza in linea d’aria = R = 103/86=1.19, ossia un aumento dello spazio percorso, sia in senso verticale che orizzontale, rispetto alla distanza in linea d’aria pari al 19%. In conclusione la via Palermo-Mazara doveva essere molto prossima all’asse congiungente le due città, salvo a considerare le inevitabili deviazioni dovute ai monti e ai fiumi.

Strabone, certamente riprendendo l’orbis pictus di Agrippa, riporta la distanza tra Lilibeo e Palermo pari a 70 miglia ed in particolare 32 da Palermo a Segesta e 38 da Segesta a Lilibeo. Segesta è esattamente sul segmento di retta congiungente Palermo e Lilibeo. Oggi, in linea d’aria, la distanza tra Marsala e Palermo è 89 km. Si verifica quindi la quasi identica situazione riportata per la Via da Mazara a Palermo, con un rapporto R=1.15.

Oggi l’allungamento del percorso di una strada non è determinato solamente da fattori tecnici ma anche politici. La costruzione di una strada richiede notevoli sforzi finanziari per cui, nel collegare due centri lontani, si progetta il tracciato tenendo conto dei centri abitati intermedi. Nei secoli passati il problema non si poneva in quanto i costi di realizzazione di una strada erano pressoché nulli. In genere si era in presenza di un asse principale lungo il segmento di minimo percorso e di tanti assi secondari di diramazione colleganti altri centri. In un punto della via Mazarie che portava a Palermo, oggi Croce (incrocio) di Fratacchia, sino al secolo scorso convergevano almeno altre 5 strade provenienti da Alcamo, Calatrasi-Corleone, Gibellina, Poggioreale, Camporeale. (ved. cartina n. 6)

Alla luce di queste considerazioni il volere cercare le grandi , sarebbe meglio dire lunghe, vie di comunicazione attraverso le strade che collegavano i centri intermedi, risulta , a parer mio, fuorviante.

Edrisi, nella sua descrizione della Sicilia, riporta le distanze tra i centri abitati vicini, ma non si preoccupa di riportare la distanza tra due centri lontani. La stessa situazione troviamo nell’opera del Fazello se si eccettua il collegamento Palermo-Mazara. L’identica considerazione credo possa valere per i vari itinerari dei tempi anteriori ed in particolar modo per l’Itinerario di Antonino, tanto utilizzato per la ricerca delle grandi vie di comunicazione. Lo scopo dell’opera di Edrisi era quello di descrivere i vari centri abitati non quello di creare delle tabelle odometriche; egli, infatti, raggiunto un centro abitato, imboccava la strada che lo conduceva ad un altro e poi ad un altro ancora.

Ma possiamo tentare un paragone con quanto avviene ai nostri giorni: un viaggiatore che volesse descrivere i centri abitati in una fascia abbastanza ampia tra Palermo e Mazara, tutto farebbe tranne che percorrere l’autostrada Palermo-Mazara del Vallo. Uno studioso di un lontano futuro che, in assenza di vestigia dell’autostrada e in possesso solamente della descrizione di questo ipotetico viaggiatore, tentasse di ricostruire la via di collegamento tra Palermo e Mazara attraverso i centri descritti, trarrebbe conclusioni certamente errate.

La funzione della strada pubblica non era solo quella legata ai trasporti e raramente ai viaggi ma anche alla transumanza: gli spostamenti di greggi e armenti dovevano essere notevoli e frequenti considerata la grande importanza economica che l’allevamento degli animali ha sempre costituito per l’isola. Può essere così spiegata la larghezza media delle regie trazzere pari a 36 metri (superiore a quella delle autostrade attuali!).

Verso la fine del 1700 con l’avvento dei trasporti su ruote e della politica borbonica tendente alla costruzione di strade adatte ai carri, parte delle vecchie regie trazzere venne abbandonata. Le minori pendenze richieste, specialmente nei tratti più accidentati, determinarono degli scostamenti, a volte anche notevoli, rispetto al percorso in linea retta. Naturalmente, dato il gran numero delle regie trazzere e soprattutto l’estensione del territorio che esse occupavano, si scatenò la corsa all’usurpazione. Ai primi del 1800 il governo Borbonico, con apposita circolare regia e tramite le realtà comunali dell’epoca, tentò un censimento e una reimmissione in possesso. L’operazione si protrasse sino al 1840. Alcuni comuni (Corleone, Marineo, Ogliastro, Borgetto, Godrano, Altofonte), risposero con una minuta descrizione delle regie trazzere; altri (Alcamo, Poggioreale, Gibellina, San Giuseppe li Mortilli), dopo anni di silenzio, si limitarono a comunicare che gli archivi comunali erano stati bruciati durante i moti del Luglio 1820. Evidentemente, già sin da allora in questi ultimi comuni, molte regie trazzere risultavano coltivate e scomparse per sempre. Per quelle superstiti l’operazione di usurpazione, lenta ed inesorabile, è continuata sino ai nostri giorni, per cui oggi la larghezza di una regia trazzera non supera i 3 metri.  

Ostacoli al percorso rettilineo

Ritornando all’esame del tracciato stradale diciamo che due erano i principali elementi ostativi al percorso rettilineo: i fiumi di una certa entità e le catene montuose. Per il territorio in esame, i fiumi, la cui portata poneva sicuramente dei problemi, erano almeno 6: Il Belice, destro e sinistro, il Fiume Freddo, lo Jato (con il braccio del fiume del Balletto), il Sosio, il fiume della Mendola. Nel documento del 1182 si rilevano solamente due punti di attraversamento caratterizzati dalla presenza di un ponte: il ponte tra le divise Rahal Bensehel e Menzelabdella (nella zona Balletto-Pernice-Raitano) ed il transitum Kalatatrasi (Ponte di Calatrasi) che per altro verso sappiamo essere stato costruito attorno al 1060. Considerato che i punti riportati nel documento sono relativi ai limiti delle varie divise è probabile che vi siano stati altri ponti. Ma non saranno stati tanti se si tiene conto dell’abbondanza di guadi (majaz): a fronte di 2 ponti ci troviamo in presenza di 7 guadi, uno dei quali nella divisa Desise su una via pubblica importantissima qual era la via Mazarie (incipit a vado fluminis Felu ubi est via Mazarie...), probabilmente l’attuale Passo del Polledro.

Se nei percorsi stradali lungo la direttrice est-ovest i maggiori ostacoli erano costituiti dai fiumi, lungo la direttrice nord-sud notevoli problemi erano creati dalle catene montuose nel senso est-ovest ed in particolare dai monti a mezzogiorno della Conca d’Oro e dalla catena montuosa di cui fa parte Rocca Busambra. In questi casi l’uso di passaggi opportuni determinava una deviazione del tratto rettilineo trasformandolo in un arco con grande raggio di curvatura. Il tratto ubicato nelle gole o sui monti assumeva la forma che la natura dei luoghi imponeva.

Un altro ostacolo era rappresentato dai boschi, a volte definiti foreste. L’esistenza di un bosco tra Alcamo e Partinico ha determinato una variazione dei percorsi rilevabile nel corso dei secoli almeno sino al 1500 e la sua pericolosità è stata oggetto di nota da parte del Fazello che lo definisce notissimo in tutta la Sicilia per cagion de’ grandi assassinamenti.

I fondachi  

Un’importanza notevole nella ricerca dei probabili percorsi dell’antichità acquistano i fondachi.

Il fondaco, derivato dall’arabo funduk, nella terminologia del nostro territorio è sinonimo di locanda: un posto dove si poteva dormire e, a volte, anche mangiare. Anticamente stava a rappresentare tutt’altra cosa: era soprattutto un deposito o magazzino di merci, spesso di notevoli proporzioni, che gli antichi mercanti erano autorizzati ad aprire in empori commerciali stranieri (Devoto-Oli).

In genere troviamo fondachi nei centri abitati ma l’esistenza di alcuni di essi in siti molto lontani da tali centri consente di poter confermare l’esistenza di una strada importante in una data almeno pari a quella riscontrata per il fondaco. L’elemento più importante nell’utilizzare il fondaco quale indice dell’esistenza di una strada importante è soprattutto legato alla sua persistenza nel corso del tempo: del fondaco di Ragali, nei pressi di Valguarnera, troviamo testimoniata l’esistenza almeno dal 1488 ai primi del 1700, oltre due secoli. Altrettanto per quello della Valle della Fico nei pressi di Altofonte. Un altro elemento importante è costituito dall’ubicazione: in genere i fondachi al di fuori dei centri abitati erano ubicati in corrispondenza di incroci o di punti da cui si dipartono altri percorsi secondari: Bonadia, Valle della Fico, Stretto solo per citarne alcuni.

Col trascorrere del tempo i fondachi, specialmente quelli ubicati lungo le strade, diventarono anche dei posti dove ristorarsi o alloggiare. In diverse concessioni di fondachi fatte dall’arcivescovado di Monreale viene distinto se si tratta di un semplice fundacum o di un fundacum cum taberna. Attorno al 1500 il fondaco viene riportato come sinonimo di osteria.

Per il presente lavoro sono stati accomunati fondaci, taverne, osterie riportati nelle diverse epoche e per avere un riferimento con i probabili percorsi sono stati tabellati secondo il seguente schema:

Via N.

Località di riferimento

1

Corleone-S.Cristina-Piana-Palermo

2

Sciacca-Sambuca-Contessa-Arcivocale-Piana-Palermo

3

Partinico-Montelepre-Carini

4

Mazara-Camporeale-San Giuseppe Jato-Altofonte-Palermo

5

Alcamo-Racali-Mirto-Pioppo-Monreale

6

San Giuseppe Jato-Monreale-Palermo

7

Santa Margherita-Calatrasi-San Giuseppe Jato-Palermo

8

Corleone-Bisacquino-San Carlo-Caltabellotta-Sciacca

 

Denominazione

Via

Territorio

Anno

Riferimento

Balletto

7

S. Cipirello

<1700

AAM F.M.vol.623

Bisacquino

8

Bisacquino

1308

Garufi-TM-pag.69

Bonadia

4

Camporeale

1529

AAM C2 s8 n564 F257

Cannavata

1

Marineo

1531

AAM Carte Sciolte F.583

Disisa

 

Grisì

1526

AAM Schedina 642

Fazio

5

Alcamo

1621

AAM F.M. B645

Fiume Lato

6

Monreale

1493

ASP SMS B1613 F490

Mercu

1 e 2

Piana d.Alb

1567

AAM C3 s24 n2446 F95

Monchilebi

3

Montelepre

1508

AAM C3 s24 n2446 F27

Mortilli

4

S.Giuseppe

1637

AAM C3 s24 n2446 F77

Nucilla

3

Partinico

<1550

Fazello Vol.1 pag.427

Piana

1 e 2

Piana d.Alb

<1700

AAM F.M. vol 623

Racali

3 e 5

Partinico

1488

AAM C1 s2 n29 F159

Rosselli

1

Marineo

1565

AAM C2 s8 n564 F301

Sant’Agata

1

Piana d.Alb

<1700

AAM F.M. vol 623

Scala Femina

2

Piana d.Alb

1522

AAM C2 s8 n564 F93

Senore

7

Contessa

<1550

Fazello-SdS-v.I p.391

Stretto d. surci

4

Camporeale

1566

AAM C2 s8 n566 F445

Torrazza

2

Corleone

<1600

Fazello vol.1 pag.390

Valle Fico

1 e 2

Altofonte

1487

AAM C3 s24 n2445 F28

 

Criterio seguito per la ricerca dei percorsi 

Viene innanzitutto tracciato uno schema possibile di strade in buona parte coincidente con il segmento di retta congiungente due centri. Si vedrà poi quali di esse trovano riscontro in documenti risalenti alle diverse epoche o in elementi tali da giustificare il probabile percorso. Naturalmente tali riscontri troveranno ulteriore compatibilità con l'esistenza o meglio la persistenza dei vari centri abitati. Sembra infatti logico che laddove per una determinata epoca siamo certi della persistenza di centri abitati, non c'è motivo di mettere in dubbio l'esistenza della strada che li aveva collegati.

I percorsi saranno esaminati singolarmente con riferimento soprattutto al documento del 1182 (La donazione di Guglielmo II all'Arcivescovado di Monreale) e di ciascuno di essi verranno riportati gli elementi probanti in possesso.

 Le vie riportate nel documento del 1182: 

Via

Terr.di riferimento

Corrispondenze in Edrisi

Adriano

Corleone

 

Alcamo-Partinico-Carini

Duane-Bonifato

Rahal al Marah-Partinico?

Battallaro-Calatalì

Battallaro

 

Battallaro-Entella

Battallaro

 

Benbark

Lacamuca

 

Bensehel

Garsciuaib

 

Bichinello-Hajarzneti

Hajarzneti

 

Bisacquino-Calatamauro

Battallaro

 

Bisacquino-Casba

Battallaro

 

Bisacquino-Radini

Battallaro

 

Bonifato-Menzilzarcun

Menzilzarcun

 

Calatafimi

Cubrici

 

Calatafimi-Calatrasi

Rahalamrun, Bonifato, Menzilzarcun, Cubrici inf.

Calatrasi-Rahal al Marah?

( un tratto)

Calatafimi-Permenino

Magna Divisa Jati

 

Calatafimi-Rahalgalid

Rahalgalid

 

Calatalì-Senure

Battallaro

 

Calatrasi-Calatalì

Calatrasi

 

Calatrasi-Menzilabdella

Menzilabdella

 

Calatrasi-Menzilabdella

Calatrasi

 

Calatrasi-Misilindino

Calatrasi

 

Corleone-Bisacquino

Battallaro

Qurliùn-Batalari

Corleone-Calatrasi

Malvello

Qurliùn-Qal’at at Tarzi

Corleone-Misilindino

Fantasina

 

Corleone-Vicari

Bufurere

 

Cubrici

Mezelzamur

 

Cubrici

Helkciliei

 

Desisa

Menselgresti

 

Garsciuaib

Rahalbensehel

 

Ginestra-Al uazzan

Jatina

 

Jato-Calatrasi

Calatrasi

Jato-Calatrasi

Jato-Magagi

Magagi

Jato-al Hazan (?)

Jato-Rahalmie

Rahalmie

Jato-Qurliùn (?)

Jato-Summini

Summini

 

Mazara

Cubrici,Desisa,Menselgresti,Mezelzamur, Rahalamrun, Rahalmud, Rahaluta

 

Menzilzarcun

Rahalamrun

 

Menzilzarcun

Sikeki

 

Palermo- Realcelsi

Realcelsi

 

Palermo-Corleone

Santagano

 

Palermo-Corleone-Sciacca

Battallaro

 

Palermo-Darge (Targia)

M.Divisa Jati

 

Palermo-Ducco

Ducco, Sant’Agata

 

Palermo-Hagiarzneti

Hagiarzneti

 

Palermo-Imbriaca

Corleone-Bisacquino

 

Palermo-Mirto

Mirto, Jatina

 

Palermo-Renda

Renda

 

Palermo-Sagana

Renda

 

Palermo-Sciacca

Battallaro

 

Palermo-Summini

Arcivocale

 

Picciano-Arcivocale

Picciano

 

Raya

Jal’so

 

Senure

Battallaro

 

Summini-Malvello

Summini

 

Sykeki

Rahalmud

 

Via militare

Bufurere

 

 La catena montuosa a mezzogiorno della Conca d’Oro

La catena montuosa a sud di Palermo, barriera naturale all’accesso alla Conca d’oro, è costituita da una sequenza di rilievi di altezza media attorno ai 1000 metri. Procedendo da occidente verso oriente e limitandosi al tratto Partinico-Piana degli Albanesi si incontrano: monte Belliemi (640), monti della Fiera (971), monte Mirto (1076), monte Signora (1131), monte Platti (1188), monte Dammusi (936), pizzo Mirabella (1165), monte Matassaro Renna (1151), Pizzo della Nespola, (1086), cozzo di Fratantoni (1065), pizzo Garrone (1163), Neviera (1253), monte Penlavet (1279), monte Pizzuta (1333). In tale tratto, da un esame corografico dell’intera area, i possibili punti di attraversamento, senza considerare i vari gradi di difficoltà, risultano 6: Portella Guastella, Marzuso, Dammusi, Procura della Scala della Corte, Vallone della Chiusa (Portella della Paglia), Scala della Targia (in corrispondenza della Serra del Frassino). Se consideriamo che gli accessi di Portella Guastella e Marzuso convergono quasi subito a Portella della Vecchia, quelli di Dammusi e Procura convergono alla masseria della Cannavera allora le vie di attraversamento per la Conca d’Oro si riducono a quattro. Il più difficoltoso è senz’altro quello corrispondente al Vallone della Chiusa, sede dell’attuale strada provinciale, caratterizzato da una strettissima gola al fondo della quale scorre perennemente l’acqua proveniente dalle numerose sorgenti. L’attuale strada di attraversamento è stata ricavata attorno ai primi del 1800 con delle notevoli opere consistenti nel taglio della roccia, per alloggiare la sede stradale, e da muraglie tuttora visibili. Difficilmente in passato tale gola sarà stata sede di una strada in considerazione anche del fatto che la strada da Palermo a San Giuseppe Jato, ancora alla fine del 1700, attraversava la catena montuosa circa 1 km ad est in corrispondenza della Scala della Targia; inoltre in tutti i documenti consultati non risulta mai riportato un tale percorso. In funzione di questa indagine possiamo ritenere che i punti di attraversamento per accedere da mezzogiorno alla Conca d’Oro, senza dover girare da Partinico o Piana degli Albanesi si riducevano a tre: Guastella-Marzuso, Procura-Dammusi e Scala della Targia.

Guastella-Marzuso nel feudo Mirto: il tracciato doveva svilupparsi lungo portella Savarino, portella della Vecchia, lavinaio Calosello, ponte Scifo; inoltre il percorso è caratterizzato da gole abbastanza profonde (tra monte Mirto e monte Signora) e da tratti ripidi.

Da un punto di vista documentale nel 1182 troviamo riportata nella divisa Iatini una via que ducit a Mertu ad Panormum poco prima di arrivare al monte al Marsus (monte della Fiera nel feudo Marzuso) seguendo il verso ovest-est. Nessun dubbio che si tratta di questa strada. Nella divisa Mertu troviamo anche una scala Mertu. In una descrizione del confini del bosco di Partinico del 1327 troviamo in corrispondenza a questa zona una via que itur ad Montem Regalem. (Ved.nota n.2 a pag. 208). La via da Mirto a Palermo all’altezza del ponte Scifo si collegava ad un’altra strada riportata nel documento del 1182: la via Panormi que ducit ad Saganum nella divisa Rande. Dalla descrizione tale strada sembra coincidere con un tratto della strada pubblica utilizzata sino ai primi del 1800 da Partinico a Palermo: Vallone d’Oro, Vallone dell’Omo Morto, Vallone Scalonazzo, Case Di Bella, Monreale, Palermo.

Procura-Dammusi: Il tracciato coincide perfettamente con la Regia Trazzera della Cannavera, trazzera non più utilizzata e transitabile con difficoltà nel tratto tra la gola della Procura e Giacalone. In alcune parti in corrispondenza della gola della Procura tale strada risulta scalpellata per una lunghezza di circa 100 metri. Il toponimo lungo questo percorso resiste tutt’oggi da San Giuseppe Jato sin sotto Monreale anche se la memoria della via per raggiungere Palermo è andata completamente perduta. Pur tuttavia l’attraversamento in corrispondenza del fiume Jato in contrada Mortilli è ancora conosciuto come passo di Palermo. La strada ha certamente avuto una notevolissima funzione con la creazione dell’arcivescovado di Monreale tanto che almeno dal XVI secolo rileviamo la presenza della Procura detta della Scala della Curia o della Corte ed ubicata in corrispondenza della gola tra Monte Mirabella e Monte Dammusi; ma i ruderi dell’edificio testimoniano un’origine ancora più antica: infatti nella parete nord è ancora visibile una bifora araba.

Nel documento del 1182 troviamo dei riferimenti inequivocabili: nella divisa Iatini subito dopo la fons vulturum (ai piedi del monte chiamato ancor oggi muntagna ‘i Vutùra, ma riportata nelle carte a volte come monte Dammusi altre come monte Camporeale) troviamo una via Panormi e in corrispondenza dal lato di Giacalone una via Panormi costituisce una parte del confine orientale di Renda. La prosecuzione della strada, seguendo la Regia Trazzera della Cannavera, portava a Palermo sul lato sinistro del fiume Oreto.

Scala della Targia: dalle carte topografiche dei primi del 1800 si rileva che essa era ubicata circa 1 km ad est dell’attuale gola di Portella della Paglia nel punto in cui oggi è costruita una casa appartenente al demanio forestale. Tale Scala è stata utilizzata sino ai primi del 1800 per collegare Palermo e Monreale con San Giuseppe li Mortilli, prima della realizzazione dell’attuale strada avvenuta attorno al 1838 (ved.cartina n.13). Da un esame dei luoghi risulta che il sito doveva costituire uno dei pochi punti transitabili dell’intera catena montuosa. I vantaggi che presentava rispetto ad altri punti di attraversamento erano diversi. Innanzitutto, dalla valle dello Jato, era possibile arrivare sin sulla cresta del catena montuosa con un percorso abbastanza comodo con una pendenza costante (tratto San Giuseppe Jato-Portella della Ginestra-Scala della Targia). In secondo luogo la Scala non si trovava in corrispondenza di una gola in genere sede di percorsi d’acqua se non di fiumi. Inoltre la parte scoscesa si limitava ad un tratto brevissimo, circa 200 metri, sede appunto della Scala. Unico inconveniente era l’allungamento del percorso, circa 10 Km contro i 7 del percorso in linea retta. Nel documento del 1182 è riportata come via a darge ad Panormum. La prosecuzione della strada portava, passando per Altofonte, a destra del fiume Oreto .

 

La via Palermo-Mazara (via Mazarie) 

Uno degli assi stradali più importanti in ogni epoca nella Sicilia Occidentale è stato senz’altro costituito dal collegamento tra Palermo e Mazara. L’importanza è legata soprattutto al territorio attraversato caratterizzato dalla presenza di numerosi centri abitati ed alla necessità di collegare la costa meridionale della Sicilia con quella settentrionale. Nel periodo punico-greco-romano l’ultimo tratto di tale percorso doveva certamente interessare città quali Selinunte, Lilibeo, Entella, Alicie, Segesta, Jato. Nel periodo medievale assume una funzione notevolissima sia per l’importanza dei poli d’estremità, Palermo e Mazara ambedue sede di potenti arcivescovadi, sia per i centri intermedi: Calatafimi, Salemi, Bonifato, Calatrasi, Jato.

Il segmento di retta congiungente Mazara con Palermo passa per le seguenti località: Gibellina Nuova(a valle di Salemi), Gallitello, Castellaccio di Fratacchia, Stretto, Desisa, Fiume Jato (a Valle di San Giuseppe Jato), Ponte Fiume Lato, Borgo Molara. E’ lungo questa direttrice che cercheremo eventuali conferme all’esistenza del percorso nelle epoche passate con le opportune deviazioni determinate da ostacoli lungo il tracciato.

Una caratteristica importante di un eventuale percorso coincidente con questa direttrice è legata all’attraversamento dei fiumi. Vengono evitati tutti i fiumi di una certa entità: il Mazaro, il fiume Freddo, lo Jato ed anche l’Oreto se si eccettua l’attraversamento nel punto finale del suo corso, ma ormai si è alle porte di Palermo e i ponti in una città importante non mancano. Altri fiumi di minore entità, il Delia, il Sirignano, il Balletto, vengono attraversati in punti all’inizio del loro corso dove la portata consente di ricorrere al guado.

La descrizione della parte iniziale della Via Mazarie da Palermo sino ad Altofonte, attorno al 1500, possiamo tranquillamente affidarla al Fazello. Essa, utilizzando i toponimi attuali, inizia dalla porta Mazara nei pressi dell’Ospedale dei Bambini di Palermo, attraversa il fiume Oreto oggi al ponte della Grazia, ma nei tempi passati probabilmente attraversava l’Oreto al Ponte di Corleone, raggiunge il b.go Greco dove, nelle adiacenze, si trovava la Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Successivamente si arrivava alla fontana Ambleri, nei pressi di Villa Ciambra. Subito dopo si ha il bivio della Valle della Fico, ossia della strada, ancor oggi regia trazzera, che conduce a Rebuttone, Piana, Santa Cristina, Corleone.

In tale bivio era ubicato almeno un fondaco di cui troviamo traccia nel 1487 e agli inizi del 1700. Subito dopo proprio ad Altofonte la strada era prossima alla chiesa cistercense di Santa Maria d’Altofonte, corrispondente all’antico monastero di San Nicolò del Churchuro. A questo punto si interrompe la descrizione del Fazello. Su questa parte del tracciato si hanno pochi dubbi. Alcuni toponimi lungo la strada, Malpasso, Torretta, Taverna in corrispondenza della Valle della Fico, confermano ulteriormente l’esistenza di un tracciato molto antico. Tale tratto, in parte, era costituito dalla regia trazzera del Ciraulo, oggi riportata come strada vicinale.

Per il secondo tratto da Altofonte alla Scala della Targia facciamo riferimento al documento del 1182 che riporta una via a darge ad panormum (darjah-al madina) ma troviamo anche, nella divisa Rahalygeus una via da Palermo a Rahalygeus che nel documento in arabo viene definita Via Pubblica, la quale doveva costeggiare i monti Carpineto e Moarda. Verso la Scala della Targia convergevano almeno tre regie trazzere: la trazzera del Ceraulo, di Realcelsi, di Renda. Ritengo che, in questo tratto, la strada sia da ricercare lungo la via vicinale Carpineto Villa Ada in corrispondenza degli attuali toponimi Lo Nigro,Butafaoco, Cozzo Paparina (ad est), Brivatura, Case Di Maggio, Poggio San Francesco, Masseria Strasatto.

Il tracciato tra la Scala della Targia e San Giuseppe Jato, data la natura del terreno e in riferimento alla vecchia strada Palermo-San Giuseppe li Mortilli riportata nelle carte dei primi del 1800, sembra quasi obbligato: Scala della Targia, Cozzo Valanca, Ginestra, Case Coglitore, Masseria Traversa, Scala del Ferro, San Giuseppe Jato, in corrispondenza della Regia Trazzera della Traversa. Il tratto di RT dalla Scala della Targia a Ginestra risulta ormai usurpato. A San Giuseppe Jato oltre al fondaco dei Mortilli, di cui troviamo traccia nel 1637 e attorno ai primi del 1700, all’interno del centro abitato troviamo un toponimo indice, quasi certamente, della presenza della via Palermo-Mazara: la via Mazara.

Un toponimo che merita particolare attenzione in questo tratto è Traversa. In italiano come nel dialetto siciliano il termine sta ad indicare una strada secondaria che taglia trasversalmente una strada più importante (Devoto-Oli). Il toponimo oggi indica la zona in corrispondenza della Scala del Ferro: tale scala, a quel che riporta Goffredo Malaterra durante l’assedio di Jato da parte del conte Ruggero I, costituiva nel 1079 l’unico accesso alla città. Il documento del 1455, riportato in nota, può essere utile per spiegare l’origine del toponimo e può servire a confermare che il tratto di strada (traversiis Yati) della Scala del Ferro costituiva una traversa di una via più importante (via publica) quale appunto poteva essere la via Mazarie.

Da San Giuseppe Jato sino allo Stretto si ha una pressoché totale coincidenza con la Regia Trazzera di Disisa e con il suo naturale prolungamento sino allo Stretto. In particolare dalla descrizione dei confini della divisa Desise si ha la certezza che la via Mazarie attraversava il fiume del Balletto al Passo del Polledro.

Essa, nel documento del 1182, viene sempre denominata Via Pubblica e confina o attraversa Mezelzamur, Mensegresti, Desise, Rahaluta, Rahalmud e, dopo lo Stretto, Rahalamrun. Elementi che possono confermare l’esistenza della strada nel corso del tempo sono due fondaci: il fondaco di Bonadia, in corrispondenza dell’incrocio della via pubblica di Desise con la via Mazarie, oggi Case Roanello. e il fondaco dello Stretto nel sito omonimo. In corrispondenza della Croce di Fratacchia troviamo un altro elemento importante per l’individuazione: la strada assume la denominazione di Regia Trazzera Passo di Palermo per un tratto e Regia Trazzera di Palermo per un altro tratto. Il fianco della collina confinante con tale sito, ancor oggi nelle carte IGM, è riportata Costa di Palermo. Il percorso continuava sino a Cartafalsa lungo la Regia Trazzera. Questa ricerca è stata limitata sino al Fiume Freddo nella zona di Orsino. Da qui sino a Mazara, con l’ausilio delle carte topografiche del secolo scorso, si può ben supporre che il tracciato doveva continuare in corrispondenza dei seguenti siti: Casuzze, Borgesati, Aquila, Gustera (borgata Costiera), Baglio Fanti (borgo Elefante), Mazara.

Nei pressi di San Cipirello una alternativa per arrivare a Palermo era costituita dalla Regia Trazzera della Cannavera. Attraverso la gola della Procura della Scala e passando per C.Trifirò, Masseria Cannavera, C.Zerbi, C.Leto, Nicolosi, Aquino, si raggiungeva la città dal lato sinistro del fiume Oreto.

Nella zona di Orsino nelle vicinanze del Fiume Freddo si dipartiva un altro braccio della Via Mazarie che proseguendo nel senso ovest-est raggiungeva il fiume Belice Destro nei pressi delle case Carbone. Tale tratto viene riportato nella Magna Divisa Jati e costituiva una parte del confine tra Jato e Mazara. Anche oggi la strada costituisce il confine tra la Provincia di Palermo e Trapani.

Successivamente, probabilmente in corrispondenza di un guado sul Belice sinistro presso il Bagno di Entella, la strada si immetteva nel territorio di Battallari attraverso il vallone del Petraro. L’esistenza di una via Mazarie in tale zona è testimoniata nella divise Kalatatrasi, della quale costituisce una parte del confine sud-occidentale.

Nella divise Battallari è riportata una Via Mazarie ma potrebbe non essere identica a quella riportata nella divise Kalatatrasi.

Volendo supporre un collegamento Entella-Mazara il percorso lungo questa strada risulterebbe notevolmente allungato rispetto ad un probabile tracciato per Poggioreale e Partanna. Ma non trovo elementi tali da giustificare un simile percorso.

Una Entella-Mazara, attraverso la zona Orsino, potrebbe trovare una giustificazione nelle difficoltà legate all’attraversamento del Belice sotto Poggioreale alla confluenza del Belice Destro col Sinistro. (ved. nota n.2 a pag. 65).

La via da Palermo a Sciacca 

Se tracciamo un segmento di retta congiungente Palermo e Sciacca esso attraversa i seguenti siti: Villagrazia, Piana degli Albanesi, Scala della Femina (tra monte Maganoce e monte Kumeta), Arcivocale, Torre dei Fiori, Portella Poira, Torrazza, Calatamauro e Monte Adranone. Vediamo quali sono gli elementi che possono consentire di confermare un percorso lungo questa direttrice.

Nel 1500 nella descrizione del marcato di Arcivocale troviamo riportata una Via Reale che conduce a Sciacca. Tale Via Reale corrisponde a quella che ancor oggi è riportata come Regia Trazzera di Arcivocalotto e punta diritto verso mezzogiorno sino a raggiungere Contessa Entellina.

Nella descrizione dei confini di Rahalbukal del 1182 troviamo riportato quousque pervenit ad viam que ducit a summenino ad panormum.

Nella descrizione delle divise Battallari troviamo riportato due volte un collegamento tra Palermo e Sciacca. La prima volta siamo in presenza di una via pubblica que ducit a panormo et corilione ad sciaccam che lascerebbe supporre un percorso da Sciacca a Palermo attraverso Corleone. Ma potrebbe anche essere, molto più razionalmente, una via che, partendo da Sciacca, si biforca per condurre a Corleone e a Palermo. In ogni caso, anche se questa via seguisse il percorso Sciacca-Corleone-Palermo sempre nella divisa Battallari viene citata una via che conduce direttamente da Sciacca a Palermo. Viene infatti riportato nel corso della descrizione: et vertuntur per ipsam ad meridiem quousque iuguntur ad viam sciacce prope vallonem servi et transeunt vallonem et vadunt per viam versus meridiem directe; et hic dimittitur via a sinistris que ducit panormum. Sembra vi siano pochi dubbi sul fatto che in questa zona (siamo nei pressi di Contessa Entellina) vi fosse una via che conduceva da Palermo a Sciacca senza passare per Corleone.

In definitiva si può ipotizzare l‘antico percorso da Palermo a Sciacca suddiviso nei seguenti tratti: il primo da Palermo alla Valle della Fico coincidente con la Palermo-Mazara; un secondo tratto Valle della Fico-Valle di Rebuttone: questo tratto risulta comune anche alla via Palermo Corleone. Un terzo tratto, dalla Valle di Rebuttone alla Diga chiamata anche Madonna della Scala o Scala della Femina, in corrispondenza della Regia Trazzera dell’Ohone o Fiume Grande (il Belice Destro) per continuare lungo la Regia Trazzera Arcivocalotto sino a Torrazza, Moli, Contessa, Sambuca e Sciacca.

Siamo in possesso di un altro elemento per poter confermare che da Torrazza passava una via che conduceva a Palermo. Nel 1820 troviamo nel Distretto di Corleone una Regia Trazzera che conduce da Corleone a Torrazza e Muranna dove si unisce alla trazzera che da Bisacquino conduce alla Capitale.

Lungo tale percorso troviamo in tempi diversi l’osteria Torrazza, il fondaco di Scala della Femina, il fondaco di Piana e il fondaco di Valle della Fico.

Una via da Corleone a Sciacca, passante per Contessa, può probabilmente essere ricostruita sul tracciato della Regia Trazzera da Corleone a Contessa riportato in nota. 

La via da Corleone a Calatrasi 

Questo collegamento è riportato in Edrisi con un percorso di 8 miglia. Se il miglio è quello da 75 miglia a grado allora la distanza tra i due centri risulta minore dell’effettiva distanza in linea d’aria: oggi si contano circa 15.5 km.

Nel documento del 1182 la via è riportata come confine meridionale della divisa Malviti. Essendo Malvello a nord del Belice Sinistro risulta una leggera deviazione rispetto all’asse congiungente Calatrasi con Corleone: deviazione probabilmente determinata dalla ricerca di un passaggio opportuno sul fiume.

Tale strada credo coincida perfettamente con la Regia Trazzera di Trapani che, partendo da Corleone, punta al ponte di Calatrasi. Nel 1820 viene così descritta: Trazzera Regia che porta alla città di Trapani: principia dal Comune di Corleone fino all’ex feudo di Galardo finaita di Sparaciotta territorio di Monreale

L’attraversamento del Belice Sinistro è riportato in corrispondenza della contrada Frattina e il rimanente percorso raggiunge case Marinesi, case Sparaciotta e il Ponte di Calatrasi, detto anche Ponte di Corleone. 

La via da Calatrasi a Jato 

Edrisi riporta una distanza da Jato a Calatrasi di 9 miglia. La distanza in linea retta fra i due centri oggi risulta di 14 km. Il percorso viene riportato nel documento del 1182 nella descrizione delle divise Kalatatrasi dopo l’attraversamento del Belice Destro nei pressi di Sparacia e dopo l’attraversamento della strada collegante Calatrasi con Menzilabdella. Collegando con un segmento di retta il Ponte di Calatrasi con Jato si ha una pressoché totale sovrapposizione con la Regia Trazzera Vallefondi e una parte del tracciato attuale della Provinciale San Cipirello-Camporeale. Il tracciato, seguendo la toponomastica attuale dovrebbe essere: Ponte di Calatrasi, Masseria Vallefondi, Ponte Pernice, Balletto, San Cipirello con collegamento alla via Mazarie in corrispondenza della attuale Regia Trazzera Disisa. 

La via da Corleone a Palermo 

Un collegamento in linea retta tra Palermo e Corleone attraversa i seguenti siti: Corleone, Portella Sant’Agata, Santa Cristina Gela, Valle Rebuttone, Palermo.

Nel documento del 1182 il percorso viene riportato nella descrizione della Magna Divisa Jati nei pressi di Sant’Agata lungo il corso d’acqua che scende da Sant’Agata. Nella divisa terrarum hospitalis Sancte Agnes (Sant’Agata), troviamo un’indicazione molto precisa: si comincia dalla grande sorgente chiamata sorgente Santagano che, si sa, si trova nella via che conduce da Corleone a Palermo. Il tracciato si sviluppava lungo la Regia Trazzera n.24 da Palermo a Corleone. Partendo da Corleone seguiva l’attuale SS 118 sino al Cozzo S.Severino, dopo, con tratto quasi rettilineo raggiungeva la parte occidentale di Pizzo Nicolosi immettendosi nella Regia Trazzera di Sant’Agata e seguendone il percorso sino ai confini del territorio di Santa Cristina Gela. Da Santa Cristina, lungo la Regia Trazzera di Rebuttone, si raggiungeva il Gorgo omonimo. Successivamente lungo la Valle della Fico la via andava a congiungersi con la via Mazarie. Un altro elemento può servire a confermare l’esistenza di un tale percorso: l’antico ponte denominato di Corleone nei pressi del ponte della Grazia.

Lungo questo tracciato nella divisa Bufurere incontriamo una via exercitus e nel testo arabo tariq al askar ossia una via militare. Si è voluto supporre, in base ad alcune ipotesi dell’Amari, che si trattasse di una via militare costruita dai Normanni. Non so se esistono altri elementi per rafforzare una tale supposizione. Se l’unico elemento è costituito da quanto riportato nel documento del 1182, ritengo che una affermazione del genere risulta priva di validi fondamenti in quanto viene riportato solamente usque ad viam exercitus que est a Jato e non più di tanto: per altro il testo arabo non da ulteriori lumi.

Del territorio di Bufurere è difficile immaginare l’estensione (ved.divisa Bufurere), ma si riesce ad individuare il confine occidentale e in questa zona sembra essere ubicata la via exercitus, ossia nei pressi del punto di incontro tra il fiume che scende da Sant’Agata e il fiume proveniente da Ficuzza: così almeno sembra di capire. Alla via exercitus sembra collegarsi la via pubblica que ducit a Panormo ad Briacam (oggi Imbriaca) della divisa Corilionis coincidente quasi certamente con la Regia Trazzera che dall’ex feudo Cappuccio (sulla Regia trazzera Corleone Prizzi) attraverso l’ex feudo Val di Vicari - Spinuso - Candelora - Zuccarone - Donna Giacoma - Ignone - Lavanche conduce sino alla finaita del Casale (territorio di Monreale). Quindi probabilmente la via militare non sarebbe altro che la continuazione della strada in cui nei primi anni 50 è stato trovato il Milliarum di Aurelio Cotta. Non è difficile immaginare, 800 anni fa, non uno ma diversi Milliarum lungo la strada e, considerata l’iscrizione che fa riferimento ad un console romano, non è neppure difficile immaginare che sia stata definita strada militare.

La logica prosecuzione, verso sud, di un tale percorso potrebbe essere verso Agrigento attraverso i seguenti siti: Prizzi, Filaga, Bivona o Santo Stefano di Quisquina, Raffadali. Sono in possesso di due soli elementi:

-un collegamento stradale tra Prizzi e Agrigento in una carta del 1823 dell’Ufficio topografico del Regno di Napoli

-un diploma dell’anno 1160 (ved. nota 1 a pag. 148) che riporta nei pressi di Fraga (Filaga) una via que vadit Panormum.

Lungo questo ipotizzato percorso da Corleone a Palermo, in periodi che vanno dal 1487 ad 1700, incontriamo almeno 4 fondaci: Sant’Agata, Mercu, Piana, Valle della Fico. 

La via da Selinunte a Palermo 

Con l’ausilio delle precedenti considerazioni, sempre che questa teoria del percorso rettilineo risulti valida, possiamo provare a tracciare una via da Selinunte a Palermo. La linea ideale congiungente i due punti estremi toccherebbe: Borgo Vecchio, Poggioreale, Balletto, Monte Jato, Altofonte, Palermo. Tale percorso, oltre naturalmente ad essere il più breve, presenta almeno due vantaggi:

- Scansa totalmente i grandi fiumi: il Belice, lo Jato e l’Oreto

- Sino alla catena montuosa della Conca d’Oro tutti i rilievi attraversati non superano i 400 metri slm.

L’esistenza di una via da Selinunte a Palermo viene testimoniata, almeno nel terzo secolo a.C., da Diodoro (ved. la duscwria Selinountia a pag.196). Alla luce delle ultime indagini archeologiche è nota l’influenza culturale di Selinunte in centri quali Jato e Castellazzo di Poggioreale anche in tempi anteriori alla prima guerra punica. Non sembra che vi siano motivi per cercare altrove una via da Selinunte a Palermo.

Tale via, partendo da Palermo, probabilmente seguiva lo stesso percorso della Palermo-Mazara sino a Jato per poi imboccare l’altro percorso, riportato sia nel documento del 1182 sia in Edrisi, da Jato a Calatrasi sino a Castellazzo di Poggioreale, sede quest’ultimo di una Regia Trazzera nel senso sud-nord, per finire a Selinunte. 

La via da Lilibeo a Palermo 

Il probabile percorso di una tale via è stato in genere cercato lungo i collegamenti intermedi tra vari centri abitati nel corso del tempo, facendo soprattutto riferimento all’Itinerario di Antonino. Il vedere riportato in tale itinerario un collegamento tra Palermo e Hiccara (Carini) e poi da Hiccara a Partinico ha fatto supporre che la via da Palermo a Lilibeo passasse per Carini e Partinico. Fino a questo punto l’ipotesi potrebbe anche essere accettabile. Il cercare poi la prosecuzione della strada sino a Lilibeo attraverso il collegamento di due centri o siti, Longaricum e ad Olivam, di cui si sconosce l’ubicazione, ha dato luogo a diverse posizioni. Longaricum come stazione lungo il percorso da Palermo e Lilibeo è stata posizionata a:

-Pietralunga, a metà strada tra Corleone e San Giuseppe Jato, dal Parthey.

-Macellaro, ad est di Camporeale, dal Lapie

L’Holm, dopo aver criticato le posizioni sia del Parthey che del Lapie, ha scritto la sua sostenendo che la via da Hyccara a Lilibeo doveva snodarsi lungo il seguente tracciato: Hyccara, Montelepre, Jato, Calatafimi, Vita, Salemi, Lilibeo: un itinerario turistico !

In modo più logico il Pace pone Longaricum presso Alcamo e ad Olivam presso Vita.

Ma neppure di Partinico e Hiccara si ha certezza dell’ubicazione.

Un percorso pressoché rettilineo tra Palermo e Lilibeo si identificherebbe con una ipotetica strada da Marsala a Segesta per poi continuare con Monte Bonifato, Valguarnera, Mirto, Sagana, Monreale e Palermo.

Strabone tra Palermo e Lilibeo pone una sola stazione intermedia: Segesta, proprio sul segmento di retta congiungente le due città.

Da monte Bonifato a Palermo troviamo dovizia di elementi che testimoniano l’esistenza di una tale strada nel corso del tempo. Degno di nota sembra il fatto che nel documento del 1182 nella divisa duane que sunt in partibus Bonifati, viene riportata una via que ducit ad karinum e partenicum senza riportare Panormo. Probabilmente perché la via utilizzata per andare a Palermo non era quella di Carini ma più opportunamente quella che da Mirto, attraverso Sagana, Pioppo e Monreale conduceva a Palermo.

Siamo in possesso di alcuni elementi che possono servire a confermare il percorso da Monte Bonifato a Palermo attraverso Mirto e Monreale.

- In un documento del 1627 vengono citati i confini di un pezzo di terra nel territorio di Alcamo a nord del Monte Ferricini (il toponimo Di Factio non è più riportato nelle carte moderne; nella carta al 100000 del 1879 si è trasformato Fazio). La via pubblica di Palermo, riportata in tale documento, corrisponde esattamente a quella che nelle mappe catastali attuali viene indicata come strada comunale Partinico-Monreale. In tale tratto, nel secolo XVII viene riportato anche un fondaco in corrispondenza delle case Fazio. Si vuol anche sottolineare come la via per Partinico e Monreale non sta solamente a indicare una via che, passando per Partinico, arriva a Monreale ma anche una via che, dopo una biforcazione, raggiunge sia Monreale che Partinico. E’ quel che succede anche ai nostri giorni: imboccare a Palermo l’autostrada Messina-Catania non significa andare a Catania passando da Messina.

- Nella delimitazione del Bosco di Partinico (ved. nota a pag.207) nell’anno 1327 nella stessa zona, piano Finocchio, troviamo riportato vadit per viam qua itur apud montem regalem e nella zona Falconeria una via che va da Palermo a Desisa e Modica. Immaginare due vie una delle quali va a Monreale ed un’altra a Palermo partendo da Alcamo sembra un po’ difficile. Immaginare, inoltre, una via che partendo da Alcamo, girando per Montelepre e Carini, porta prima a Palermo e dopo a Monreale sembra addirittura illogico.

- da un documento del 1624 rileviamo che una via pubblica per Palermo, proveniente da Alcamo, attraverso la portella della Zalora (nelle vicinanze dell’attuale torre Azzalora), passava per il gorgo Taguro ossia da Valguarnera. In corrispondenza di Valguarnera la strada deviava leggermente a valle probabilmente perché c’era uno dei pochi punti attraversabili del fiume. A monte, infatti, le sponde del fiume risultano particolarmente ripide e scoscese.

- Nella descrizione della divisa Jatini del 1182 a confine di Mirto troviamo una via que ducit a Mertu ad Panormum. Anche il toponimo scala Mertu, riportato nella divisa omonima sembra in collegamento con tale via.

- Nella divisa Benbark, a confine con Mertu nei pressi di Portella Guastella, troviamo un via pubblica quasi certamente coincidente con la via precedente.

- Superata la catena montuosa a nord di Mirto, la divisa Rande (oggi Renda) nei, pressi di ponte Scifo, confina, nel 1182, con la via panormi que ducit ad saganum.

- Da quest’ultimo punto sino a Monreale, il tratto di via che si snoda attraverso Misilcandone, Valle Tajo, Scalonazzo, Monreale, ha costituito l’asse principale di collegamento tra Partinico e San Giuseppe li Mortilli (oggi Jato) con Palermo sino ai primi del 1800, come si evince da diverse carte topografiche della Sicilia in tale periodo.

L’Itinerario di Antonino riporta fra Hiccara e Lilibeo le seguenti stazioni: Parthenico, aquis segestanis o pincianis, Drepanis (Trapani). Ma poi "da Hiccara l’Itinerario" - scrive Biagio Pace - "reca per Lilibeo una seconda comunicazione attraverso le località di Longaricum e ad Olivam."

Probabilmente la strada da Palermo per Trapani era diversa da quella per Lilibeo o quantomeno si biforcava a notevole distanza dai punti di arrivo per ridurre al massimo lo spazio da percorrere: un tratto in comune, quindi, partendo da Palermo e una biforcazione nell’area Mirto-Partinico-Valguarnera.

Per quanto riguarda Longaricum e ad Olivam possono farsi delle supposizioni fondate sull’esistenza di un via pubblica a sud di monte Bonifato nella zona di Passofondo. Nel diploma del 1182 tale via è denominata via que ducit ad Karinum et Partenicum ed è riportata nella divisa terrarum duane que sunt in partibus Benefati. Longaricum, ma solo per assonanza toponomastica, potrebbe corrispondere a Montelongo, mentre ad Olivam potrebbe accostarsi all’attuale toponimo Case dell’Oliva, anche se quest’ultimo sito risulta posizionato ad oriente rispetto al probabile tracciato stradale.