Fondamenti
teologici dell'ecumenismo
La
comunione come volontà di Dio
Nel
Credo niceno-costantinopolitano nella
sezione dedicata alla Chiesa ricorre il termine cattolica:
ovviamente il termine viene predicato per la chiesa di Cristo,
una e apostolica, poiché allora non esistevano le denominazioni
confessionali presenti oggi nella Chiesa divisa (cattolica
romana, ortodossa, protestante, anglicana). Certo la chiesa dei
primi secoli ha conosciuto momenti laceranti di divisione: nel
periodo tra i Concili di Nicea (325) e di Costantinopoli (381) la
chiesa ebbe molti martiri sotto gli imperatori Giuliano
l'apostata e Valente l'ariano. Queste profonde ferite non
portarono comunque a una chiesa frammentata; anzi, prevalse la
concezione della cattolicità. Cattolica,
cioè universale, è tutta la chiesa di Cristo, che di fronte
alle crisi ereticali risplendeva come monito
affinché l'unità e la comunione fossero effettive o ristabilite.
Perciò,
ogni confessionalismo è contrario al concetto di cattolicità.
Abbandonare atteggiamenti confessionali non significa
perdere l'identità confessionale con le sue
ricchezze: infatti la caratteristica negativa dell'atteggiamento
confessionale evidenzia soltanto quei tratti di sufficienza e di
pregiudizio nei confronti degli altri fratelli
cristiani. L'unità implica l'impegno di armonizzare le diversità;
ecco allora tradursi in cattolicità come comunione di molteplici
realizzazioni. Per superare il particolarismo delle chiese
bisogna ripensare la categoria della cattolicità per
riappropriarsene e rendersi conto che essa più che una pretesa
è un progetto, una vocazione santa, secondo
il suo etimo (kath' hòlon) che indica un
orientamento tendente al tutto, ma in termini di comunione.
Quanto segue intende mostrare le motivazioni teologiche di tale
vocazione ecumenica.
1.
- La preghiera di Gesù per l'unità (Gv 17)
Il
Vangelo di Giovanni al cap. 17 presenta la
vocazione all'unità nel contesto dell'economia della salvezza.
Tale testo è chiamato preghiera sacerdotale. Il
fatto è rilevante, perché essa tipizza ogni preghiera che vuole
essere conforme all'ufficio sacerdotale di
ogni battezzato; una preghiera che implora fedeltà all'opera
salvifica di Dio ed unità con i fratelli di fede. Eccone la
struttura:
a)
vv. 1-8: La preghiera di Gesù per la sua glorificazione;
b)
vv. 9-19: La preghiera per i discepoli;
c)
vv. 20-26: La preghiera per la Chiesa.
La
rilevanza ecumenica, implicita nella prima parte, diventa
chiarissima nella seconda e terza parte; essa prende avvio dalla
preghiera di Gesù per la propria glorificazione, manifestata
nella sua missione di portare il nome del Padre al
mondo (v. 3). Le altre intenzioni sono volte al gruppo
dei discepoli: affinché essi appartengano a Dio e non più al
mondo (v. 9); in essi Gesù stesso venga glorificato (v. 10); e
Dio li conservi: «uno come siamo noi» (v. 11). L'unità è
segno della somiglianza con Dio. Gesù li ha conservati uniti
finché era con loro, mediante il dono della Parola, che li ha
resi invisi al mondo e preda ambita del maligno (v. 14); ma tale
Parola è verità (v. 17). La verità dell'uomo è il Verbo
del Padre che si fa principio interiore di vita per i discepoli.
Il
brano pone al versetto 13, centrale e rilevante della pericope,
il richiamo all'essere uno dei discepoli:
questa unità è il frutto dell'aver accolto l'opera salvifica di
Dio. Da notare che l'unità non è fine a se stessa: i discepoli
devono essere segno di comunione per poter essere inviati al
mondo (v. 18) e consacrati nella verità (v. 19). La comunione è
lo strumento persuasivo della missione dei discepoli di Gesù,
perché se questi saranno in comunione fra loro, allora anche
altri crederanno in Gesù, mediante la loro parola (v. 20).
Nella
terza parte del brano, la comunione dei discepoli diventa il modo
proprio per cui Gesù può essere in loro e così renderli
perfetti nell'unità (v.23) che non può che essere una
perfezione d'amore (v. 26). Emergono qui punti importanti in
prospettiva ecumenica: a) Gesù prega per coloro che grazie alla
missione dei discepoli hanno creduto in Lui; b) la fede va intesa
non solo come adesione intellettuale, ma come prassi di vita
condotta in comunione d'amore; c) la comunione rende il Cristo
presente ed è immagine della comunione fra Padre e Figlio; d) perciò
i credenti devono restare ancorati alla Parola che realizza tale
comunione; e) in quest'opera universale d'amore siamo sostenuti
dallo Spirito (Gv 19,30; 20,22).
Ne
risulta che le divisioni fra i cristiani si configurano come un
vero e proprio peccato contro l'opera dello Spirito, poiché non
si può essere fedeli al mandato del Signore annunciando nei
fatti un Cristo diviso.
2.
- Unità della Chiesa nell'ambito della dottrina trinitaria
La
dottrina trinitaria del Credo Niceno-Costantinopolitano,
mette in luce come le tre persone divine condividono la stessa
natura in una perfetta comunione, di cui ci rende ragione la
dottrina delle relazioni sussistenti, che
impone di pensare che senza la comunione necessaria del rapporto
relazionale Padre-Figlio, Figlio-Padre, Padre-Spirito e
Figlio-Spirito, le stesse persone divine non avrebbero
alcuna caratterizzazione e proferire simili nomi non avrebbe
senso.
Nel
Movimento Ecumenico si è sentito il grande peso della dottrina
trinitaria al punto che si decise di escludere dal Consiglio
Ecumenico delle Chiese (CEC) quelle confessioni che non avevano
la dottrina trinitaria quale parte integrante e centrale del loro
credo. La decisione fu presa nell'assemblea di Nuova Delhi del
1961: nella Base del CEC fu inserito un
riferimento necessario alla fede trinitaria per poterne far parte.
Questa decisione ebbe rilevanti conseguenze al punto che alcune
chiese che in precedenza aveva aderito si ritirarono
dall'istituzione[1].
3.
- L'uomo in prospettiva trinitaria
La
prima conseguenza della dottrina trinitaria ha un riflesso
immediato nell'antropologia. Fin da S. Agostino si è cercato di
mostrare come l'asserto biblico dell'uomo immagine e
somiglianza di Dio (Gn 1,26) comporti un'esigenza
comunionale della stessa persona umana. L'umanità oggi è
descritta in termini di dissipazione e disgregazione causato
dalla pubblicità che plasma gli individui
ad un livello subliminale. La risultante è una umanità
umiliata, tenuta in uno stato di semi-coscienza da fattori e
strategie di potere esterne; una persona ha problemi assai seri
per ritrovare l'unità con se stesso a livello psicologico e
spirituale e ha notevoli ostacoli per maturare un'esigenza di
comunione con gli altri. Per poter costruire la comunione in
dimensione comunitaria bisogna ricostruire l'uomo in sé, la sua
unità a livello interiore, la sua dignità di persona.
Nella
tradizione cristiana esiste un processo spirituale chiamato di conformazione
alla somiglianza di Dio: potenzialmente mediante il
battesimo tutti tornano come Adamo prima del peccato. Però, la
restaurazione dell'immagine è solo potenziale, per cui l'uomo
deve mettersi concretamente alla sequela del Signore per rendere
attuale quel dono che lo rende somigliante a
Dio.
Agostino
aveva individuato le vestigia della Trinità nell'uomo
esteriore, ma anche al suo interno nella costituzione conoscitiva
dell'anima. A livello esteriore vi è una struttura ternaria
nella percezione della vista (cosa in sé; vista della cosa;
attenzione alla cosa); una struttura ternaria del ricordo (memoria,
visione interna e volontà che unisce l'una all'altra). Ma esiste
una struttura ternaria interiore al livello dell'anima che ha
coscienza di sé: la memoria, l'intelligenza e la volontà («si
ricorda di sé, si comprende e si ama»). Queste tre funzioni
sono immagine di Dio ed agiscono conformando l'uomo al Dio trino.
La
speculazione di Agostino può apparire lontana dalla sensibilità
odierna, ma è fondamentale per restituire dignità creaturale
all'essere umano. Se l'uomo non ritrova in sé l'immagine del Dio
trino che crea l'armonia interiore, non potrà mai agire in
maniera armonica a livello intellettuale, morale, esteriore. Tale
presa di coscienza crea quella comunione interiore necessaria
affinché si possa ricostruire la comunione ecumenica per
recuperare l'armonia della Chiesa.
4.
- La dottrina ecclesiologica di popolo di Dio
Per
conformarsi al Dio trino bisogna uscire dai rapporti umani
chiusi, aprendosi agli altri: cogliersi non solo come singoli, ma
costituiti popolo di Dio che ha nella
comunione lo strumento privilegiato. La categoria di popolo
di Dio ha radici nella Bibbia ebraica: soprattutto
nelle vicende di Abramo, di Giacobbe e di Mosè; il popolo
diviene segno dell'Alleanza, indica la benedizione di Dio sul
clan del Patriarca che passando dalla dimensione familiare a
quella di popolo si fa segno per gli altri
popoli della fedeltà di Dio (Ez 37,27; Is 43,10s). Il popolo di
Dio passando poi nel Testamento Cristiano diventa la Chiesa di
Cristo: un popolo che agisce in sintonia con il suo Capo. Anzi la
sinfonia comunionale deve essere tale che la chiesa possa essere
paragonata ad un corpo le cui membra fanno propria l'esigenza del
Regno e della salvezza del loro Capo e Signore (cf. 1Cor 12,13.
27; Rm 6,4-5; 12,5). Essendo un solo corpo
che si nutre del sacrificio del suo Capo (1Cor 10,17), il popolo
di Dio attua la comunione dei redenti.
Già
da questi accenni si capisce come non possa sussistere una chiesa
divisa, come essa sia contradictio in terminis; in
realtà la comunione di tutti quelli che appartengono a Cristo è
un'esigenza teologicamente essenziale poiché costoro devono
assumere la missione del loro Capo come popolo.
La
LG spiega: come dalla Nuova Alleanza emerga
un nuovo popolo che entra nel patto a pieno titolo di comunione (n.
9); come questo popolo sia caratterizzato da un sacerdozio
comune, che si esplica mediante i tria
munera Christi (regalità, sacerdozio e profezia), i
quali per il battesimo sono compiti affidati a tutti i membri del
popolo (n. 10), da esercitare prima di tutto nella comunione
sacramentaria (n. 11). In tale prospettiva il popolo di Dio
sviluppa un senso della fede che fa
progredire nella storia la fede della chiesa, vivificata dallo
Spirito mediante i carismi dei suoi membri (n. 12). Così il
popolo di Dio è chiamato ad una reale universalità, poiché fa
sua l'opera salvifica del suo Capo di raccogliere e salvare gli
uomini in ogni parte del mondo (n. 13). Per cui la chiesa
è necessaria alla salvezza (n. 14). Ma nonostante
l'adesione ad essa non si salverà chiunque avrà derogato dal
precetto fondamentale della carità. La
carità è il criterio base per stabilire le condizioni di
appartenenza al popolo di Dio.
Proprio
in virtù del riferimento alla carità, il Concilio può
rivolgersi anche agli altri cristiani non cattolici (n. 15) e ai
non cristiani (n. 16). Riconoscendo ai primi una serie di
elementi (incorporazione a Cristo, azione dello Spirito,
centralità della Scrittura, vita di preghiera...) che li
configurano come comunità e chiese salvifiche, con le quali si
è già in comunione parziale. Anzi, questi elementi salvifici e
di comunione li rendono non estranei alla Chiesa popolo di Dio.
Ai non cristiani, riconoscendone l'anelito e la ricerca di Dio,
l'ignoranza non colpevole del Vangelo..., si attesta che possono
salvarsi in virtù di una grazia divina che non nega loro gli
aiuti necessari alla salvezza (LG n.
16).
Ne
deriva che il popolo di Dio è una categoria
descrittiva della chiesa ed una sua costituente in sé, che non
si esaurisce in criteri di comunione limitati alla appartenenza
ad una singola confessione storica, ma proietta tali criteri di
comunione in una direzione universale. Quindi il criterio di
appartenenza al popolo di Dio diventi
duttile, permettendoci di pensare a criteri di appartenenza non
pieni, parziali, impliciti, differenziati, comunque permettendoci
di vedere sia i cristiani delle varie confessioni che l'intera
umanità sotto l'azione salvifica di Dio che chiama l'universo ad
una fattiva comunione.
6.
La dottrina della ecclesiologia di comunione
Tale
non esclusione deve concretizzarsi in uno sforzo in direzione
dell'unità comunionale sempre più piena soprattutto fra
cristiani. A tale scopo è necessario cogliere l'importanza dell'ecclesiologia
di comunione: infatti, tale dibattutissimo modello
ecclesiologico si presta a due considerazioni assai importanti.
Il
primo livello dell'ecclesiologia di comunione è l'interscambio
all'interno di una comunità ecclesiale o di una chiesa locale:
qui si nota come la comunione chieda di essere vissuta in una
dimensione armonica fra i vari fattori costitutivi la comunità.
In essa interagiscono due realtà: quella dei ministeri
(ordinati e istituiti) e quella dei carismi,
suscitati dallo Spirito. La comunità ecclesiale è la
risultante dei rapporti di mutua carità fra la dimensione
carismatica e quella ministeriale: una con una caratteristica più
profetica, l'altra con il compito più specifico di insegnare,
santificare e verificare l'autenticità dei carismi.
Tale
prospettiva comunionale deve essere ritenuta possibile, e talora
già data, anche a livello di chiese: infatti, già per la sola
chiesa cattolica, si deve considerare che essa non è una realtà
monolitica. In realtà riflettendo sulla realtà delle chiese
orientali, in comunione con Roma, ci si può rendere conto come
ogni diocesi sia da considerare una chiesa,
con un suo specifico, la quale nella comunione con il vescovo di
Roma forma la comunione cattolica. In tal senso si nota come
l'ecclesiologia di comunione renda ragione di una certa
autonomia, ma anche dell'identità specifica delle singole
chiese, che deve, però, essere considerata in maniera armonica
con le altre chiese. L'ecclesiologia di comunione consente, nella
carità, di pensare ad un popolo di Dio appartenente a varie
chiese locali l'una in comunione con le altre. La comunione nella
fede e nella carità diventa allora il principio guida per
gettare rapporti di comunione fra le chiese.
Riflettere
sull'urgenza di unità, pur mantenendo le identità e le
peculiarità, significa lavorare ecumenicamente per la chiesa
una, creando comunione, combattendo la diabolica divisione che
genera solitudine ed affossa nella prassi della contro-testimonianza
ogni progetto pastorale, se unilaterale, chiuso.
7.
L'ambito spirituale
Dall'urgenza
teologica di prendere sul serio la chiamata evangelica all'unità,
emerge una duplice esigenza: da una parte il progredire verso una
costante riforma della chiesa, operando in
direzione di una conversione effettiva all'appello comunionale
del Vangelo; dall'altra lo sviluppare una dimensione spirituale
per tale riforma. Segnalo tre necessità di ordine spirituale
affinché sia possibile un conversione alle esigenze comunionali
dell'economia salvifica:
1)
la necessità di pensarsi in comunione, quindi
di eliminare la tentazione di fare da sé, dell'essere assoluti
rispetto a tutto il resto, per porsi dinanzi alla comunione
trinitaria in un atteggiamento di preghiera accogliente l'altro,
che determini una prassi di comunione;
2)
la necessità di una seconda conversione che,
innestandosi sulla prima conversione a Cristo, diventi apertura
ecumenica ai fratelli; una conversione avente almeno tre ambiti:
intellettuale, pensando e riconoscendo il fratello; orante,
pregando per l'altro e per la mia apertura a lui; pratica, una
comunione fattiva di carità e di promozione altrui;
3)
una prassi, ecumenicamente rilevante, di lotta contro ogni forma
di pregiudizio.
8.
Per concludere... si dovrà riconoscere che l'imperativo
ecumenico è un compito teologicamente fondato che non ammette
ritardi. Così anche in una dimensione strettamente ecumenica
diviene assai significativa l'osservazione di Bonhoeffer: «Può
darsi che domani spunti l'alba dell'ultimo giorno: allora, e non
prima, noi interromperemo il lavoro per un futuro migliore» (Resistenza
e resa 73). In attesa di un'alba
definitiva non resta che procedere sempre più nel solco
ecumenico, perché il futuro migliore sia conforme all'economia
salvifica, sviluppando di riflesso un atteggiamento esistenziale
che non vede nel rapporto comunionale con altri una realtà
negativa, ma un fattore cristianamente positivo.
[1] Il testo prima del 1961 era generico: «Il CEC è un'associazione fraterna di chiese, che riconoscono N.S.G.Cristo come Dio e Salvatore». A Nuova Delhi le puntualizzazioni furono diverse e la Base risultò: «Il CEC è un'associazione fraterna di chiese, che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le Scritture e si sforzano di rispondere insieme alla loro comune vocazione per la gloria del solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo».