L'assemblea
di Strasburgo sulla Charta Ecumenica
La
terza Assemblea Ecumenica Europea si è tenuta dal 19 al 22
aprile 2001 a Strasburgo (Francia), per iniziativa del Consiglio
delle 34 Conferenze Episcopali Europee (Ccee) e della Conferenza
delle Chiese Europee (Kek), che raggruppa 124 Chiese tra
ortodosse, riformate, anglicane, libere e vecchio-cattoliche
dell'Europa. Alla manifestazione, sul tema «Io sono con voi»,
hanno partecipato cento tra leader e delegati delle Chiese e
cento giovani delle varie confessioni cristiane. Le altre due
Assemblee precedenti si sono svolte rispettivamente a Basilea (Svizzera)
nel 1989 e a Graz (Austria) nel 1997.
Proprio
dall'assemblea di Graz era partito l'invito a realizzare una
Carta ecumenica che impegnasse le Chiese su alcuni punti. Così
il 22 aprile, a Strasburgo, città simbolo - sede del Parlamento
europeo, del Consiglio d'Europa e dell'Alta Corte per i diritti
umani -, si è arrivati a un documento base, che il metropolita Jérémie
per la Kek e il cardinale Miloslav Vlk per il Ccee hanno firmato
nella chiesa luterana di Saint Thomas.
Nella
città alsaziana, però, non si respirava l'ottimismo di Basilea
o l'entusiasmo del popolo di Graz, ma il disagio di questa
stagione ecumenica. Anche se alcuni segnali sono riusciti a
scaldare il cuore, a dire che il cammino non può interrompersi.
Come è accaduto il giorno delle testimonianze, al Palazzo del
Consiglio d'Europa, di fronte alla genuina passione ecumenica del
card. Roger Etchegaray che deponendo la croce nelle mani del
metropolita ortodosso e in quelle della pastora luterana ha detto:
«Vi chiedo di aiutarmi a portarla»; o all'entusiasmo del
giovane rumeno, Vlad Namescu, simboleggiato da un paio di sandali
consunti; e ancora, alle parole delicate di Dean Isberg, pastora
svedese, che ha deposto sul tavolo dei relatori un anfora di
acqua purificatrice e rinnovatrice; o mentre scorre il video che
racconta i 30 anni del Ccee, con le immagini del card. Carlo
Maria Martini, di Alessio II, del card. Basil Hume e di tanti
altri protagonisti dell'avventura ecumenica. E ancora, dopo la
preghiera del venerdì, quando i giovani e i leader delle Chiese
percorrono a due a due il tragitto da Saint Paul all'Università
Marc Bloch, dove si svolge l'incontro e hanno sede, in un unico
edificio, le facoltà di teologia cattolica e protestante. E
infine, all'atto della firma di una Carta che non raccoglie
unanimi consensi, ma è importante proprio perché rappresenta un
punto di incontro in un momento di difficile.
«A
Graz si aveva in mente un testo con regole vincolanti, ma non
potevamo fare un catalogo di norme», spiega il card. Karl
Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca e
vicepresidente uscente della Ccee. Il documento offre allora
delle Linee guida per la crescita della collaborazione tra le
Chiese in Europa. «Riunisce esperienze comuni, dà
suggerimenti e ogni Chiesa potrà trovare qualcosa su cui
lavorare. L'importante sarà camminare insieme», dichiara
Lehmann. La Carta si concentra su tre punti - l'impegno per
l'unità visibile della Chiesa, la missione in un'Europa
secolarizzata e la testimonianza cristiana nella costruzione
della nuova società europea - e fa cenno, anche senza citarlo,
al problema del proselitismo, che compromette il dialogo.
Come
già a Graz, tocca ancora una volta alla pastora Elisabeth
Parmentier, docente di teologia pratica, aprire i lavori e
sintetizzare in un'immagine l'aria che tira: «Siamo tra il
mattino di Pasqua e la sosta alla taverna di Emmaus. La strada
che i due discepoli percorrono sembra quella di chi si assume la
fatica ecumenica: sono senza speranza, sfiduciati, eppure Cristo
li raggiunge e cammina al loro fianco», afferma nel sermone
d'apertura nella cattedrale di Strasburgo.
Nel
'97 aveva detto: «L'Europa è incinta, attende due gemelli,
paura e speranza». Oggi, le viene chiesto, che fine hanno fatto
quei due bambini? «Crescono, quell'impressione è confermata:
proprio perché abbiamo fatto dei progressi in campo ecumenico,
assistiamo in tutte le Chiese alla tentazione di chiudersi, di
tornare indietro». Questo è il tempo di fare dei gesti
concreti, dice la Parmentier. E aggiunge: «Il dialogo teologico
tradizionale è stato importantissimo, perché ci ha mostrato che
sulle questioni prioritarie, come la salvezza, siamo più vicini
di quanto crediamo. Divergiamo, invece, su temi meno essenziali,
come l'autorità, le strutture decisionali, il senso dei
sacramenti... Ma queste dispute spesso nascondono la paura di
perdere la propria identità, di sentirsi spiazzati sul proprio
territorio. «Le Chiese devono capire che il loro ruolo nella
società è cambiato, non possono più pensare a esercitare il
potere che avevano in passato. A tutte è richiesta una
conversione di mentalità, da idee di grandezza, anche
finanziaria, da una teologia gloriosa a una più umile e più
credibile. Ed è un cammino da fare insieme».
La
Carta, suggerisce Parmentier, potrebbe diventare la mappa per
orientarsi. I riferimenti per la strada da percorrere non mancano:
si va dall'invito a operare insieme, nell'ecumenismo quotidiano
delle coppie miste alle mediazioni nei conflitti tra Stati; dalla
difesa dei diritti delle minoranze all'eliminazione di equivoci e
pregiudizi tra Chiese maggioritarie e minoritarie; dall'impegno a
muoversi in direzione dell'obiettivo della condivisione
eucaristica alla ricerca del dialogo sui temi controversi di
etica e di fede; dalla responsabilità sociale comune di fronte
alle istituzioni civili europee, alla resistenza a ogni tentativo
di strumentalizzare la religione e la Chiesa a fini etnici o
nazionalistici; dalla promozione della parità di diritti delle
donne anche nelle Chiese alla realizzazione di condizioni
sostenibili di vita per l'intero creato. Infine un accenno viene
fatto all'approfondimento della comunione con l'Ebraismo e alla
cura della relazioni con l'Islam e con le altre religioni del
mondo.
Nonostante
l'impegnativo lavoro di limatura e integrazione di oltre due anni
- la prima bozza ha ricevuto più di 150 contributi da tutte le
Chiese ed è stata rivista da una commissione congiunta Ccee-Kek
-, la Carta firmata il 22 a qualcuno lascia un po' di amaro in
bocca. «Per noi il testo deve essere rivisto ancora molto,
sarebbe stato meglio non firmarlo e considerarlo un'ulteriore
bozza», dice Andrei Elisseev, giovane diacono del Patriarcato di
Mosca. Nonostante il caloroso telegramma di saluti del Patriarca
Alessio II, la delegazione russa ha avuto un profilo abbastanza
basso. Ed è stato affidato al giovane Andrei il compito di
sottolineare (durante la plenaria Kek, ma non nell'assemblea
congiunta) i due punti di malcontento: «Per la nostra teologia
l'unità della Chiesa di Cristo è già visibile in quella
ortodossa; ciò che manca è l'unità tra le Chiese cristiane».
Altra obiezione: per gli ortodossi russi è ambiguo parlare
genericamente di difesa dei diritti delle minoranze, «perché
bisogna specificare che si parla di Chiese, non di sètte o di
minoranze sessuali. Insomma, meglio sarebbe stato non firmare e
dedicare quest'appuntamento soltanto all'incontro tra i giovani e
i capi delle Chiese».
Ed
è proprio ai 100 giovani presenti che vescovi, pastori e
delegati hanno affidato la Carta, come testimone del futuro
cammino, in uno scenario straordinario. La novità dello scenario
era che nell'emiciclo ampio e luminoso dell'aula universitaria di
Strasburgo erano stati sistemati 25 tavoli, ad ognuno dei quali
avevano trovato posto otto persone, vescovi cattolici,
rappresentanti delle Chiese ortodosse e responsabili delle Chiese
evangeliche e anglicane. E tra di loro, con grande naturalezza, i
giovani. Un cartello indicava la lingua parlata in ogni tavolo:
inglese, francese, tedesco o italiano.
Non
era poco quello che le Chiese in Europa si erano proposte: non
erano infatti soltanto i responsabili delle chiese che volevano
dialogare, ma anche le generazioni. Durante l'Assemblea di Graz,
i delegati al di sotto dei trent'anni non superavano il 5%.
Questa volta, a Strasburgo, i partecipanti giovani erano
esattamente la metà. Per tre giorni hanno potuto conoscersi,
scambiare le loro esperienze di fede e discutere sulla "Charta
cumenica".
Sin
dall'inizio, la trentenne pastora rumena Elfriede Dörr, con
disinvoltura, si è rivolta al card. Karl Lehmann chiedendo: «Saremo
in grado di incontrarci alla pari? Eminenza, lei è veramente
pronto ad ascoltare i sogni e le speranze dei giovani?». Lehmann
a nome dei suoi "colleghi dirigenti" ha promesso di
cogliere quella occasione per imparare dai giovani come
trasmettere un nuovo coraggio al dialogo ecumenico.
I
giovani puntavano sull'incontro diretto ed immediato, e
richiedevano agli adulti una testimonianza personale di fede. E
lo hanno fatto a volte in modo «quasi spietato». D'altra parte
i giovani avevano anche il bisogno di "rispecchiarsi"
negli adulti, come commentava la pastora Elfriede Dörr al
termine dell'incontro. E si è dimostrata d'accordo col card.
Lehmann quando questi ha detto: «Ad un certo momento dobbiamo
anche superare il livello interpersonale ed entrare nella comunità
di fede, la chiesa, per confrontarci con la sua storia e
tradizione».
Il
bilancio conclusivo di questi giornate lo indica mons Aldo
Giordano, segretario generale del Ccee. È positivo. «Sta
crescendo una generazione ecumenica alla quale non importa più
di rivendicare per la propria tradizione il più possibile. Qui
ho incontrato tanti, non solo giovani, ai quali l'altro, le sue
convinzioni e la sua chiesa, importano almeno quanto sé stesso,
le proprie convinzioni e la propria chiesa. Su tale base tutto è
possibile».
Maria,
una giovane luterana slovacca, nel corso della tavola rotonda
finale, fa un appello forte ai dirigenti delle chiese: «Accompagnateci
anche nel futuro». E, rivolgendosi ai suoi coetanei: «Non
molliamo le mani che ci sono state tese. E quando - nonostante
tutto - ciò accadrà, corriamo allora dietro ai nostri vescovi,
finché questi si stancheranno».
Ma
quale sarà il cammino italiano Charta cumenica? «Da
noi, a livello dei sinodi valdo-metodisti, non c'è stata una
discussione preliminare seria. Ma la sua diffusione è
necessaria, anche se molto complicata», dice Alessandro Spanu
segretario della federazione giovanile evangelica italiana. «Il
fatto che la si possa integrare mi sembra molto valido, perché
così si potrà recuperare ciò che non è stato fatto nella
preparazione», sostiene il presidente della Fcei (Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia), Gianni Long, che annuncia un
convegno nazionale e una discussione della Carta in tutte le
assemblee ordinane.
«Anche
gli organi della Conferenza episcopale, la presidenza, il
Consiglio e forse l'assemblea, esamineranno il testo», dice il
cardinale Camillo Ruini. «Proprio perché si tratta di un
documento che indica delle vie generali, non credo ci saranno
particolari problemi». Il presidente della Cei ha afferma che
laddove si parla di formazione ecumenica, la Carta «potrebbe
anche inserirsi nel progetto culturale» e, a livello di
diffusione di base, «si farà in modo che tutte le parrocchie
possano averla». Infine sul punto del dialogo con l'Islam Ruini
ha precisa che, «a parte l'organizzazione di momenti formativi»,
sembra difficile l'ipotesi di incontri di conoscenza «perché
non è facile individuare gli interlocutori interessati. Comunque
saremmo ben lieti di poterli fare».
Mi
giunge notizia che all'Assemblea Generale della Cei (tenutasi a
Roma dal 14 al 18 maggio 2001) S.E. Mons. Giuseppe Chiaretti ha
presentato il documento ai Vescovi Italiani e il cammino da fare
in Italia per l'attuazione di questo documento.
Quanto
ai giovani, non è stato inviato nessun rappresentante
dell'Ufficio di pastorale giovanile, perché la Cei ha scelto
come delegata ufficiale Evelina Martelli, una giovane che ha
maturato esperienza in campo ecumenico con la Comunità di
Sant'Egidio. Un'altra italiana presente, in rappresentanza dei
giovani salesiani, è Rosaria Cortellese, che dichiara entusiasta:
«La cosa che più mi ha colpito è che tra noi giovani le
divisioni e le differenze non sono state percepite».
È
proprio su questo punto di forza che bisogna insistere, secondo
mons. Vincenzo Savio, vescovo di Belluno e membro del
sottosegretariato ecumenico della Cei: «I giovani non si pongono
l'interrogativo delle divisioni perché è loro connaturale una
capacità di intesa reciproca e di confronto. È un carisma che
deve farci ripensare al cammino formativo. Penso a un percorso
che rimetta al centro la Parola, espressione per eccellenza della
relazione, in cui va inserita la dimensione ecumenica, finora
pressoché assente. Così che questa forza relazionale propria
dei giovani venga coltivata e non sia dispersa una volta
diventati adulti e maturato un forte senso di identità». I
luoghi di formazione da cui ripartire? «Prima di tutto quelli
ordinari, le parrocchie. Per questo la riflessione sulla Carta
dovrà passare dalla commissione ecumenismo a tutti i vescovi,
che assumendola la propongano alle realtà locali».
Per
una completa informazione, riporto l'intero testo del documento.
CHARTA
CUMENICA - Strasburgo, 22/4/2001
Linee
guida per la crescita della collaborazione tra le chiese in
Europa
"Gloria
al Padre, al Figlio, ed allo Spirito Santo!"
In
quanto Conferenza delle Chiese europee (KEK) e Consiglio delle
Conferenze episcopali europee (CCEE) siamo fermamente
determinati, nello spirito del messaggio scaturito dalle due
Assemblee Ecumeniche europee di Basilea 1989 e di Graz 1997, a
mantenere ed a sviluppare ulteriormente la comunione che è
cresciuta tra noi. Ringraziamo il nostro Dio Trinità che,
mediante lo Spirito Santo, conduce i nostri passi verso una
comunione sempre più intensa.
Si
sono già affermate svariate forme di collaborazione ecumenica,
ma fedeli alla preghiera di Cristo: "Tutti siano una sola
cosa. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch'essi in
noi una cosa sola, affinché il mondo creda che tu mi hai inviato"
(Gv 17,21), non possiamo ritenerci appagati dell'attuale stato di
cose. Coscienti della nostra colpa e pronti alla conversione
dobbiamo impegnarci a superare le divisioni che esistono ancora
tra noi, in modo da annunciare insieme, in modo credibile, il
messaggio del Vangelo tra i popoli.
Nel
comune ascolto della Parola di Dio contenuta nella Sacra
Scrittura e chiamati a confessare la nostra fede comune e
parimenti ad agire insieme in conformità alla verità che
abbiamo riconosciuto, noi vogliamo rendere testimonianza
dell'amore e della speranza per tutti gli esseri umani.
Nel
nostro continente europeo, dall'Atlantico agli Urali, da Capo
Nord al Mediterraneo, oggi più che mai caratterizzato da un
pluralismo culturale, noi vogliamo impegnarci con il Vangelo per
la dignità della persona umana, creata ad immagine di Dio, e
contribuire insieme come Chiese alla riconciliazione dei popoli e
delle culture.
In
tal senso accogliamo questa Charta come impegno comune al dialogo
ed alla collaborazione. Essa descrive fondamentali compiti
ecumenici e ne fa derivare una serie di linee guida e di impegni.
Essa deve promuovere, a tutti i livelli della vita delle Chiese,
una cultura ecumenica del dialogo e della collaborazione e creare
a tal fine un criterio vincolante. Essa non riveste tuttavia
alcun carattere dogmatico-magisteriale o giuridico-ecclesiale. La
sua normatività consiste piuttosto nell'auto-obbligazione da
parte delle Chiese e delle organizzazioni ecumeniche europee.
Queste possono, sulla base di questo testo, formulare nel loro
contesto proprie integrazioni ed orientamenti comuni che tengano
concretamente conto delle proprie specifiche sfide e dei doveri
che ne scaturiscono.
I.
- Crediamo "la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica"
"Cercate
di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della
pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la
speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra
vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un
solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per
mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ef 4,3-6).
1.
Chiamati insieme all'unità della fede
In
conformità al Vangelo di Gesù Cristo, come ci è testimoniato
nella Sacra Scrittura ed è formulato nella Confessione ecumenica
di fede di Nicea-Costantinopoli (381), crediamo al Dio Trinità:
Padre, Figlio e Spirito Santo. Dal momento che, con questo Credo,
professiamo la Chiesa "una, santa, cattolica ed apostolica",
il nostro ineludibile compito ecumenico consiste nel rendere
visibile questa unità, che è sempre dono di Dio.
Differenze
essenziali sul piano della fede impediscono ancora l'unità
visibile. Sussistono concezioni differenti soprattutto a
proposito della Chiesa e della sua unità, dei sacramenti e dei
ministeri. Non ci è concesso rassegnarci a questa situazione.
Gesù Cristo ci ha rivelato sulla croce il suo amore ed il
segreto della riconciliazione: alla sua sequela vogliamo fare
tutto il possibile per superare i problemi e gli ostacoli, che
ancora dividono le Chiese.
Ci
impegniamo
-
a seguire l'esortazione apostolica all'unità dell'epistola agli
Efesini (Ef 4,3-6) e ad impegnarci con perseveranza a raggiungere
una comprensione comune del messaggio salvifico di Cristo
contenuto nel Vangelo;
-
ad operare, nella forza dello Spirito Santo, per l'unità
visibile della Chiesa di Gesù Cristo nell'unica fede, che trova
la sua espressione nel reciproco riconoscimento del battesimo e
nella condivisione eucaristica, nonché nella testimonianza e nel
servizio comune.
II.
- In cammino verso l'unità visibile delle Chiese in Europa
"Da
questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore
gli uni per gli altri" (Gv 13,35).
2.
Annunciare insieme il Vangelo
Il
compito più importante delle Chiese in Europa è quello di
annunciare insieme il Vangelo attraverso la parola e l'azione,
per la salvezza di tutti gli esseri umani. Di fronte alla
multiforme mancanza di riferimenti, all'allontanamento dai valori
cristiani, ma anche alla variegata ricerca di senso, le cristiane
e i cristiani sono particolarmente sollecitati a testimoniare la
propria fede. A tal fine occorrono, al livello locale delle
comunità, un accresciuto impegno ed uno scambio di esperienze
sul piano della catechesi e della pastorale. Al tempo stesso è
importante che l'intero popolo di Dio si impegni a diffondere
insieme l'Evangelo all'interno dello spazio pubblico della società,
ed a conferirgli valore e credibilità anche attraverso l'impegno
sociale e l'assunzione di responsabilità nel politico.
Ci
impegniamo
-
a far conoscere alle altre Chiese le nostre iniziative per
l'evangelizzazione e a raggiungere intese in proposito, per
evitare in tal modo una dannosa concorrenza ed il pericolo di
nuove divisioni;
-
a riconoscere che ogni essere umano può scegliere, liberamente e
secondo coscienza, la propria appartenenza religiosa ed
ecclesiale. Nessuno può essere indotto alla conversione
attraverso pressioni morali o incentivi materiali. Al tempo
stesso a nessuno può essere impedita una conversione che sia
conseguenza di una libera scelta.
3.
Andare l'uno incontro all'altro
Nello
spirito del Vangelo dobbiamo rielaborare insieme la storia delle
Chiese cristiane, che è caratterizzata oltre che da molte buone
esperienze, anche da divisioni, inimicizie e addirittura da
scontri bellici. La colpa umana, la mancanza di amore, e la
frequente strumentalizzazione della fede e delle Chiese in vista
di interessi politici hanno gravemente nuociuto alla credibilità
della testimonianza cristiana.
L'ecumenismo,
per le cristiane e i cristiani, inizia pertanto con il
rinnovamento dei cuori e con la disponibilità alla penitenza ed
alla conversione. Constatiamo che la riconciliazione è già
cresciuta nell'ambito del movimento ecumenico. È importante
riconoscere i doni spirituali delle diverse tradizioni cristiane,
imparare gli uni dagli altri e accogliere i doni gli uni degli
altri. Per un ulteriore sviluppo dell'ecumenismo è
particolarmente auspicabile coinvolgere le esperienze e le
aspettative dei giovani e promuovere con forza la loro
partecipazione e collaborazione.
Ci
impegniamo
-
a superare l'autosufficienza e a mettere da parte i pregiudizi, a
ricercare l'incontro reciproco e ad essere gli uni per gli altri;
-
a promuovere l'apertura ecumenica e la collaborazione nel campo
dell'educazione cristiana, nella formazione teologica iniziale e
permanente, e nell'ambito della ricerca.
4.
Operare insieme
L'ecumenismo
si esprime già in molteplici forme di azione comune. Numerose
cristiane e cristiani di Chiese differenti vivono ed operano
insieme, come amici, vicini, sul lavoro e nell'ambito della
propria famiglia. In particolare, le coppie interconfessionali
devono essere aiutate a vivere l'ecumenismo nel quotidiano.
Raccomandiamo
di creare e di sostenere a livello locale, regionale, nazionale
ed internazionale organismi finalizzati alla cooperazione
ecumenica a carattere bilaterale e multilaterale.
A
livello europeo è necessario rafforzare la collaborazione tra la
Conferenza delle Chiese europee (KEK) ed il Consiglio delle
Conferenze episcopali europee (CCEE) e realizzare ulteriori
assemblee ecumeniche europee. In caso di conflitti tra Chiese
occorre avviare e sostenere sforzi di mediazione e di pace.
Ci
impegniamo
-
ad operare insieme, a tutti i livelli della vita ecclesiale,
laddove ne esistano i presupposti e ciò non sia impedito da
motivi di fede o da finalità di maggiore importanza;
-
a difendere i diritti delle minoranze e ad aiutare a sgombrare il
campo da equivoci e pregiudizi tra le chiese maggioritarie e
minoritarie nei nostri paesi.
5.
Pregare insieme
L'ecumenismo
vive del fatto che noi ascoltiamo insieme la parola di Dio e
lasciamo che lo Spirito Santo operi in noi ed attraverso di noi.
In forza della grazia in tal modo ricevuta esistono oggi
molteplici sforzi, attraverso preghiere e celebrazioni, tesi ad
approfondire la comunione spirituale tra le Chiese, e a pregare
per l'unità visibile della Chiesa di Cristo. Un segno
particolarmente doloroso della divisione ancora esistente tra
molte Chiese cristiane è la mancanza della condivisione
eucaristica.
In
alcune Chiese esistono riserve rispetto alla preghiera ecumenica
in comune. Tuttavia, numerose celebrazioni ecumeniche, canti e
preghiere comuni, in particolare il Padre Nostro, caratterizzano
la nostra spiritualità cristiana.
Ci
impegniamo
-
a pregare gli uni per gli altri e per l'unità dei cristiani;
-
ad imparare a conoscere e ad apprezzare le celebrazioni e le
altre forme di vita spirituale delle altre Chiese;
-
a muoverci in direzione dell'obbiettivo della condivisione
eucaristica.
6.
Proseguire i dialoghi
La
nostra comune appartenenza fondata in Cristo ha un significato più
fondamentale delle nostre differenze in campo teologico ed etico.
Esiste una pluralità che è dono e arricchimento, ma esistono
anche contrasti sulla dottrina, sulle questioni etiche e sulle
norme di diritto ecclesiastico che hanno invece condotto a
rotture tra le Chiese; un ruolo decisivo in tal senso è stato
spesso giocato anche da specifiche circostanze storiche e da
differenti tradizioni culturali. Al fine di approfondire la
comunione ecumenica, occorre assolutamente proseguire negli
sforzi tesi al raggiungimento di un consenso di fede. Senza unità
nella fede non esiste piena comunione ecclesiale. Non c'è alcuna
alternativa al dialogo.
Ci
impegniamo
-
a proseguire coscienziosamente e con intensità il dialogo tra le
nostre Chiese ai diversi livelli ecclesiali e a verificare quali
risultati del dialogo possano e debbano essere dichiarati in
forma vincolante dalle autorità ecclesiastiche;
-
a ricercare il dialogo sui temi controversi, in particolare su
questioni di fede e di etica sulle quali incombe il rischio della
divisione, e a dibattere insieme tali problemi alla luce del
Vangelo.
III.
- La nostra comune responsabilità in Europa
"Beati
gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio"
(Mt 5,9)
7.
Contribuire a plasmare l'Europa
Nel
corso dei secoli si è sviluppata un'Europa caratterizzata sul
piano religioso e culturale prevalentemente dal cristianesimo.
Nel contempo, a causa delle deficienze dei cristiani, si è
diffuso molto male in Europa ed al di là dei suoi confini.
Confessiamo la nostra corresponsabilità in tale colpa e ne
chiediamo perdono a Dio e alle persone. La nostra fede ci aiuta
ad imparare dal passato e ad impegnarci affinché la fede
cristiana e l'amore del prossimo irraggino speranza per la morale
e l'etica, per l'educazione e la cultura, per la politica e
l'economia in Europa e nel mondo intero.
Le
Chiese promuovono una unificazione del continente europeo. Non si
può raggiungere l'unità in forma duratura senza valori comuni.
Siamo persuasi che l'eredità spirituale del cristianesimo
rappresenti una forza ispiratrice arricchente l'Europa. Sul
fondamento della nostra fede cristiana ci impegniamo per
un'Europa umana e sociale, in cui si facciano valere i diritti
umani ed i valori basilari della pace, della giustizia, della
libertà, della tolleranza, della partecipazione e della
solidarietà. Insistiamo sul rispetto per la vita, sul valore del
matrimonio e della famiglia, sull'opzione prioritaria per i
poveri, sulla disponibilità al perdono ed in ogni caso sulla
misericordia.
In
quanto Chiese e comunità internazionali dobbiamo contrastare il
pericolo che l'Europa si sviluppi in un Ovest integrato ed un Est
disintegrato. Anche il divario Nord-Sud deve essere tenuto in
conto. Occorre nel contempo evitare ogni forma di eurocentrismo e
rafforzare la responsabilità dell'Europa nei confronti
dell'intera umanità, in particolare verso i poveri di tutto il
mondo.
Ci
impegniamo
-
ad intenderci tra noi sui contenuti e gli obbiettivi della nostra
responsabilità sociale ed a sostenere il più possibile insieme
le istanze e la concezione delle Chiese di fronte alle
istituzioni civili europee;
-
a difendere i valori fondamentali contro tutti gli attacchi;
-
a resistere ad ogni tentativo di strumentalizzare la religione e
la Chiesa a fini etnici o nazionalistici.
8.
Riconciliare popoli e culture
Noi
consideriamo come una ricchezza dell'Europa la molteplicità
delle tradizioni regionali, nazionali, culturali e religiose. Di
fronte ai numerosi conflitti è compito delle Chiese assumersi
congiuntamente il servizio della riconciliazione anche per i
popoli e le culture. Sappiamo che la pace tra le Chiese
costituisce a tal fine un presupposto altrettanto importante.
I
nostri sforzi comuni sono diretti alla valutazione ed alla
risoluzione dei problemi politici e sociali nello spirito del
Vangelo. Dal momento che noi valorizziamo la persona e la dignità
di ognuno in quanto immagine di Dio, ci impegniamo per l'assoluta
eguaglianza di valore di ogni essere umano.
In
quanto Chiese vogliamo promuovere insieme il processo di
democratizzazione in Europa. Ci impegniamo per un ordine
pacifico, fondato sulla soluzione non violenta dei conflitti.
Condanniamo pertanto ogni forma di violenza contro gli esseri
umani, soprattutto contro le donne ed i bambini.
Riconciliazione
significa promuovere la giustizia sociale all'interno di un
popolo e tra tutti i popoli ed in particolare superare l'abisso
che separa il ricco dal povero, come pure la disoccupazione.
Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa una
accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai
profughi ed a chi cerca asilo in Europa.
Ci
impegniamo
-
a contrastare ogni forma di nazionalismo che conduca
all'oppressione di altri popoli e di minoranze nazionali ed a
ricercare una soluzione non violenta dei conflitti;
-
a migliorare e a rafforzare la condizione e la parità di diritti
delle donne in tutte le sfere della vita e a promuovere la giusta
comunione tra donne e uomini in seno alla Chiesa e alla società.
9.
Salvaguardare il creato
Credendo
all'amore di Dio creatore, riconosciamo con gratitudine il dono
del creato, il valore e la bellezza della natura. Guardiamo
tuttavia con apprensione al fatto che i beni della terra vengono
sfruttati senza tener conto del loro valore intrinseco, senza
considerazione per la loro limitatezza e senza riguardo per il
bene delle generazioni future.
Vogliamo
impegnarci insieme per realizzare condizioni sostenibili di vita
per l'intero creato. Consci della nostra responsabilità di
fronte a Dio, dobbiamo far valere e sviluppare ulteriormente
criteri comuni per determinare ciò che è illecito sul piano
etico, anche se è realizzabile sotto il profilo scientifico e
tecnologico. In ogni caso la dignità unica di ogni essere umano
deve avere il primato nei confronti di ciò che è tecnicamente
realizzabile.
Raccomandiamo
l'istituzione da parte delle Chiese europee di una giornata
ecumenica di preghiera per la salvaguardia del creato.
Ci
impegniamo
-
a sviluppare ulteriormente uno stile di vita nel quale, in
contrapposizione al dominio della logica economica ed alla
costrizione al consumo, accordiamo valore ad una qualità di vita
responsabile e sostenibile;
-
a sostenere le organizzazioni ambientali delle Chiese e le reti
ecumeniche che si assumono una responsabilità per la
salvaguardia della creazione.
10.
Approfondire la comunione con l'Ebraismo
Una
speciale comunione ci lega al popolo d'Israele, con il quale Dio
ha stipulato una eterna alleanza. Sappiamo nella fede che le
nostre sorelle ed i nostri fratelli ebrei "sono amati (da
Dio), a causa dei Padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono
irrevocabili!" (Rm 11,28-29). Essi posseggono "l'adozione
a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le
promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne."
( Rm 9,4-5).
Noi
deploriamo e condanniamo tutte le manifestazioni di
antisemitismo, i pogrom, le persecuzioni. Per
l'antigiudaismo in ambito cristiano chiediamo a Dio il perdono e
alle nostre sorelle e ai nostri fratelli ebrei il dono della
riconciliazione.
È
urgente e necessario far prendere coscienza, nell'annuncio e
nell'insegnamento, nella dottrina e nella vita delle nostre
Chiese, del profondo legame esistente tra la fede cristiana e
l'ebraismo e sostenere la collaborazione tra cristiani ed ebrei.
Ci
impegniamo
-
a contrastare tutte le forme di antisemitismo ed antigiudaismo
nella Chiesa e nella società;
-
a cercare ed intensificare a tutti i livelli il dialogo con le
nostre sorelle e i nostri fratelli ebrei.
11.
Curare le relazioni con l'Islam
Da
secoli musulmani vivono in Europa. In alcuni paesi essi
rappresentano forti minoranze. Per questo motivo ci sono stati e
ci sono molti contatti positivi e buoni rapporti di vicinato tra
musulmani e cristiani, ma anche, da entrambe le parti, grossolane
riserve e pregiudizi, che risalgono a dolorose esperienze vissute
nel corso della storia e nel recente passato.
Vogliamo
intensificare a tutti i livelli l'incontro tra cristiani e
musulmani ed il dialogo cristiano-islamico. Raccomandiamo in
particolare di riflettere insieme sul tema della fede nel Dio
unico e di chiarire la comprensione dei diritti umani.
Ci
impegniamo
-
ad incontrare i musulmani con un atteggiamento di stima;
-
ad operare insieme ai musulmani su temi di comune interesse.
12.
L'incontro con altre religioni e visioni del mondo
La
pluralità di convinzioni religiose, di visioni del mondo e di
forme di vita è divenuta un tratto caratterizzante la cultura
europea. Si diffondono religioni orientali e nuove comunità
religiose, suscitando anche l'interesse di molti cristiani. Ci
sono inoltre sempre più uomini e donne che rigettano la fede
cristiana, si rapportano ad essa con indifferenza o seguono altre
visioni del mondo.
Vogliamo
prendere sul serio le questioni critiche che ci vengono rivolte,
e sforzarci di instaurare un confronto leale. Occorre in
proposito discernere le comunità con le quali si devono
ricercare dialoghi ed incontri da quelle di fronte alle quali, in
un'ottica cristiana, occorre invece cautelarsi.
Ci
impegniamo
-
a riconoscere la libertà religiosa e di coscienza delle persone
e delle comunità ed a fare in modo che esse, individualmente e
comunitariamente, in privato ed in pubblico, possano praticare la
propria religione o visione del mondo, nel rispetto del diritto
vigente;
-
ad essere aperti al dialogo con tutte le persone di buona volontà,
a perseguire con esse scopi comuni ed a testimoniare loro la fede
cristiana.
***************
Gesù
Cristo, Signore della Chiesa "una", è la nostra più
grande speranza di riconciliazione e di pace. Nel suo nome
vogliamo proseguire in Europa il nostro cammino insieme. Dio ci
assista con il suo Santo Spirito!
"Il
Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede,
perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito
Santo" (Rm 15,13).
***************
In
qualità di Presidenti della Conferenze delle Chiese europee (KEK)
e del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE) noi
raccomandiamo questa Charta Oecumenica quale testo base per tutte
le Chiese e Conferenze episcopali d'Europa affinché venga
recepita ed adeguata allo specifico contesto di ciascuna di esse.
Con
questa raccomandazione sottoscriviamo la Charta Oecumenica nel
contesto dell'Incontro ecumenico europeo, che si svolge la prima
domenica dopo la Pasqua comune dell'anno 2001.
Strasburgo,
22 aprile 2001
Metropolita
Jeremias Presidente della KEK.
Card.
Miloslav Vlk, presidente del CCEE