L'assemblea di Strasburgo sulla Charta Ecumenica

 

 

 

Charta Ecumenica: Strasburgo 22 aprile 2001 Metropolita Jérémie presidente della Kek Mons. Amédée Grab presidente del Ccee

 

 

La terza Assemblea Ecumenica Europea si è tenuta dal 19 al 22 aprile 2001 a Strasburgo (Francia), per iniziativa del Consiglio delle 34 Conferenze Episcopali Europee (Ccee) e della Conferenza delle Chiese Europee (Kek), che raggruppa 124 Chiese tra ortodosse, riformate, anglicane, libere e vecchio-cattoliche dell'Europa. Alla manifestazione, sul tema «Io sono con voi», hanno partecipato cento tra leader e delegati delle Chiese e cento giovani delle varie confessioni cristiane. Le altre due Assemblee precedenti si sono svolte rispettivamente a Basilea (Svizzera) nel 1989 e a Graz (Austria) nel 1997.

Proprio dall'assemblea di Graz era partito l'invito a realizzare una Carta ecumenica che impegnasse le Chiese su alcuni punti. Così il 22 aprile, a Strasburgo, città simbolo - sede del Parlamento europeo, del Consiglio d'Europa e dell'Alta Corte per i diritti umani -, si è arrivati a un documento base, che il metropolita Jérémie per la Kek e il cardinale Miloslav Vlk per il Ccee hanno firmato nella chiesa luterana di Saint Thomas.

Nella città alsaziana, però, non si respirava l'ottimismo di Basilea o l'entusiasmo del popolo di Graz, ma il disagio di questa stagione ecumenica. Anche se alcuni segnali sono riusciti a scaldare il cuore, a dire che il cammino non può interrompersi. Come è accaduto il giorno delle testimonianze, al Palazzo del Consiglio d'Europa, di fronte alla genuina passione ecumenica del card. Roger Etchegaray che deponendo la croce nelle mani del metropolita ortodosso e in quelle della pastora luterana ha detto: «Vi chiedo di aiutarmi a portarla»; o all'entusiasmo del giovane rumeno, Vlad Namescu, simboleggiato da un paio di sandali consunti; e ancora, alle parole delicate di Dean Isberg, pastora svedese, che ha deposto sul tavolo dei relatori un anfora di acqua purificatrice e rinnovatrice; o mentre scorre il video che racconta i 30 anni del Ccee, con le immagini del card. Carlo Maria Martini, di Alessio II, del card. Basil Hume e di tanti altri protagonisti dell'avventura ecumenica. E ancora, dopo la preghiera del venerdì, quando i giovani e i leader delle Chiese percorrono a due a due il tragitto da Saint Paul all'Università Marc Bloch, dove si svolge l'incontro e hanno sede, in un unico edificio, le facoltà di teologia cattolica e protestante. E infine, all'atto della firma di una Carta che non raccoglie unanimi consensi, ma è importante proprio perché rappresenta un punto di incontro in un momento di difficile.

«A Graz si aveva in mente un testo con regole vincolanti, ma non potevamo fare un catalogo di norme», spiega il card. Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca e vicepresidente uscente della Ccee. Il documento offre allora delle Linee guida per la crescita della collaborazione tra le Chiese in Europa. «Riunisce esperienze comuni, dà suggerimenti e ogni Chiesa potrà trovare qualcosa su cui lavorare. L'importante sarà camminare insieme», dichiara Lehmann. La Carta si concentra su tre punti - l'impegno per l'unità visibile della Chiesa, la missione in un'Europa secolarizzata e la testimonianza cristiana nella costruzione della nuova società europea - e fa cenno, anche senza citarlo, al problema del proselitismo, che compromette il dialogo.

Come già a Graz, tocca ancora una volta alla pastora Elisabeth Parmentier, docente di teologia pratica, aprire i lavori e sintetizzare in un'immagine l'aria che tira: «Siamo tra il mattino di Pasqua e la sosta alla taverna di Emmaus. La strada che i due discepoli percorrono sembra quella di chi si assume la fatica ecumenica: sono senza speranza, sfiduciati, eppure Cristo li raggiunge e cammina al loro fianco», afferma nel sermone d'apertura nella cattedrale di Strasburgo.

Nel '97 aveva detto: «L'Europa è incinta, attende due gemelli, paura e speranza». Oggi, le viene chiesto, che fine hanno fatto quei due bambini? «Crescono, quell'impressione è confermata: proprio perché abbiamo fatto dei progressi in campo ecumenico, assistiamo in tutte le Chiese alla tentazione di chiudersi, di tornare indietro». Questo è il tempo di fare dei gesti concreti, dice la Parmentier. E aggiunge: «Il dialogo teologico tradizionale è stato importantissimo, perché ci ha mostrato che sulle questioni prioritarie, come la salvezza, siamo più vicini di quanto crediamo. Divergiamo, invece, su temi meno essenziali, come l'autorità, le strutture decisionali, il senso dei sacramenti... Ma queste dispute spesso nascondono la paura di perdere la propria identità, di sentirsi spiazzati sul proprio territorio. «Le Chiese devono capire che il loro ruolo nella società è cambiato, non possono più pensare a esercitare il potere che avevano in passato. A tutte è richiesta una conversione di mentalità, da idee di grandezza, anche finanziaria, da una teologia gloriosa a una più umile e più credibile. Ed è un cammino da fare insieme».

La Carta, suggerisce Parmentier, potrebbe diventare la mappa per orientarsi. I riferimenti per la strada da percorrere non mancano: si va dall'invito a operare insieme, nell'ecumenismo quotidiano delle coppie miste alle mediazioni nei conflitti tra Stati; dalla difesa dei diritti delle minoranze all'eliminazione di equivoci e pregiudizi tra Chiese maggioritarie e minoritarie; dall'impegno a muoversi in direzione dell'obiettivo della condivisione eucaristica alla ricerca del dialogo sui temi controversi di etica e di fede; dalla responsabilità sociale comune di fronte alle istituzioni civili europee, alla resistenza a ogni tentativo di strumentalizzare la religione e la Chiesa a fini etnici o nazionalistici; dalla promozione della parità di diritti delle donne anche nelle Chiese alla realizzazione di condizioni sostenibili di vita per l'intero creato. Infine un accenno viene fatto all'approfondimento della comunione con l'Ebraismo e alla cura della relazioni con l'Islam e con le altre religioni del mondo.

Nonostante l'impegnativo lavoro di limatura e integrazione di oltre due anni - la prima bozza ha ricevuto più di 150 contributi da tutte le Chiese ed è stata rivista da una commissione congiunta Ccee-Kek -, la Carta firmata il 22 a qualcuno lascia un po' di amaro in bocca. «Per noi il testo deve essere rivisto ancora molto, sarebbe stato meglio non firmarlo e considerarlo un'ulteriore bozza», dice Andrei Elisseev, giovane diacono del Patriarcato di Mosca. Nonostante il caloroso telegramma di saluti del Patriarca Alessio II, la delegazione russa ha avuto un profilo abbastanza basso. Ed è stato affidato al giovane Andrei il compito di sottolineare (durante la plenaria Kek, ma non nell'assemblea congiunta) i due punti di malcontento: «Per la nostra teologia l'unità della Chiesa di Cristo è già visibile in quella ortodossa; ciò che manca è l'unità tra le Chiese cristiane». Altra obiezione: per gli ortodossi russi è ambiguo parlare genericamente di difesa dei diritti delle minoranze, «perché bisogna specificare che si parla di Chiese, non di sètte o di minoranze sessuali. Insomma, meglio sarebbe stato non firmare e dedicare quest'appuntamento soltanto all'incontro tra i giovani e i capi delle Chiese».

Ed è proprio ai 100 giovani presenti che vescovi, pastori e delegati hanno affidato la Carta, come testimone del futuro cammino, in uno scenario straordinario. La novità dello scenario era che nell'emiciclo ampio e luminoso dell'aula universitaria di Strasburgo erano stati sistemati 25 tavoli, ad ognuno dei quali avevano trovato posto otto persone, vescovi cattolici, rappresentanti delle Chiese ortodosse e responsabili delle Chiese evangeliche e anglicane. E tra di loro, con grande naturalezza, i giovani. Un cartello indicava la lingua parlata in ogni tavolo: inglese, francese, tedesco o italiano.

Non era poco quello che le Chiese in Europa si erano proposte: non erano infatti soltanto i responsabili delle chiese che volevano dialogare, ma anche le generazioni. Durante l'Assemblea di Graz, i delegati al di sotto dei trent'anni non superavano il 5%. Questa volta, a Strasburgo, i partecipanti giovani erano esattamente la metà. Per tre giorni hanno potuto conoscersi, scambiare le loro esperienze di fede e discutere sulla "Charta Œcumenica".

Sin dall'inizio, la trentenne pastora rumena Elfriede Dörr, con disinvoltura, si è rivolta al card. Karl Lehmann chiedendo: «Saremo in grado di incontrarci alla pari? Eminenza, lei è veramente pronto ad ascoltare i sogni e le speranze dei giovani?». Lehmann a nome dei suoi "colleghi dirigenti" ha promesso di cogliere quella occasione per imparare dai giovani come trasmettere un nuovo coraggio al dialogo ecumenico.

I giovani puntavano sull'incontro diretto ed immediato, e richiedevano agli adulti una testimonianza personale di fede. E lo hanno fatto a volte in modo «quasi spietato». D'altra parte i giovani avevano anche il bisogno di "rispecchiarsi" negli adulti, come commentava la pastora Elfriede Dörr al termine dell'incontro. E si è dimostrata d'accordo col card. Lehmann quando questi ha detto: «Ad un certo momento dobbiamo anche superare il livello interpersonale ed entrare nella comunità di fede, la chiesa, per confrontarci con la sua storia e tradizione».

Il bilancio conclusivo di questi giornate lo indica mons Aldo Giordano, segretario generale del Ccee. È positivo. «Sta crescendo una generazione ecumenica alla quale non importa più di rivendicare per la propria tradizione il più possibile. Qui ho incontrato tanti, non solo giovani, ai quali l'altro, le sue convinzioni e la sua chiesa, importano almeno quanto sé stesso, le proprie convinzioni e la propria chiesa. Su tale base tutto è possibile».

Maria, una giovane luterana slovacca, nel corso della tavola rotonda finale, fa un appello forte ai dirigenti delle chiese: «Accompagnateci anche nel futuro». E, rivolgendosi ai suoi coetanei: «Non molliamo le mani che ci sono state tese. E quando - nonostante tutto - ciò accadrà, corriamo allora dietro ai nostri vescovi, finché questi si stancheranno».

 

Ma quale sarà il cammino italiano Charta Œcumenica? «Da noi, a livello dei sinodi valdo-metodisti, non c'è stata una discussione preliminare seria. Ma la sua diffusione è necessaria, anche se molto complicata», dice Alessandro Spanu segretario della federazione giovanile evangelica italiana. «Il fatto che la si possa integrare mi sembra molto valido, perché così si potrà recuperare ciò che non è stato fatto nella preparazione», sostiene il presidente della Fcei (Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia), Gianni Long, che annuncia un convegno nazionale e una discussione della Carta in tutte le assemblee ordinane.

«Anche gli organi della Conferenza episcopale, la presidenza, il Consiglio e forse l'assemblea, esamineranno il testo», dice il cardinale Camillo Ruini. «Proprio perché si tratta di un documento che indica delle vie generali, non credo ci saranno particolari problemi». Il presidente della Cei ha afferma che laddove si parla di formazione ecumenica, la Carta «potrebbe anche inserirsi nel progetto culturale» e, a livello di diffusione di base, «si farà in modo che tutte le parrocchie possano averla». Infine sul punto del dialogo con l'Islam Ruini ha precisa che, «a parte l'organizzazione di momenti formativi», sembra difficile l'ipotesi di incontri di conoscenza «perché non è facile individuare gli interlocutori interessati. Comunque saremmo ben lieti di poterli fare».

Mi giunge notizia che all'Assemblea Generale della Cei (tenutasi a Roma dal 14 al 18 maggio 2001) S.E. Mons. Giuseppe Chiaretti ha presentato il documento ai Vescovi Italiani e il cammino da fare in Italia per l'attuazione di questo documento.

Quanto ai giovani, non è stato inviato nessun rappresentante dell'Ufficio di pastorale giovanile, perché la Cei ha scelto come delegata ufficiale Evelina Martelli, una giovane che ha maturato esperienza in campo ecumenico con la Comunità di Sant'Egidio. Un'altra italiana presente, in rappresentanza dei giovani salesiani, è Rosaria Cortellese, che dichiara entusiasta: «La cosa che più mi ha colpito è che tra noi giovani le divisioni e le differenze non sono state percepite».

È proprio su questo punto di forza che bisogna insistere, secondo mons. Vincenzo Savio, vescovo di Belluno e membro del sottosegretariato ecumenico della Cei: «I giovani non si pongono l'interrogativo delle divisioni perché è loro connaturale una capacità di intesa reciproca e di confronto. È un carisma che deve farci ripensare al cammino formativo. Penso a un percorso che rimetta al centro la Parola, espressione per eccellenza della relazione, in cui va inserita la dimensione ecumenica, finora pressoché assente. Così che questa forza relazionale propria dei giovani venga coltivata e non sia dispersa una volta diventati adulti e maturato un forte senso di identità». I luoghi di formazione da cui ripartire? «Prima di tutto quelli ordinari, le parrocchie. Per questo la riflessione sulla Carta dovrà passare dalla commissione ecumenismo a tutti i vescovi, che assumendola la propongano alle realtà locali».

 

 

 

Per una completa informazione, riporto l'intero testo del documento.

 

 

 

CHARTA ŒCUMENICA - Strasburgo, 22/4/2001

Linee guida per la crescita della collaborazione tra le chiese in Europa

 

"Gloria al Padre, al Figlio, ed allo Spirito Santo!"

 

In quanto Conferenza delle Chiese europee (KEK) e Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE) siamo fermamente determinati, nello spirito del messaggio scaturito dalle due Assemblee Ecumeniche europee di Basilea 1989 e di Graz 1997, a mantenere ed a sviluppare ulteriormente la comunione che è cresciuta tra noi. Ringraziamo il nostro Dio Trinità che, mediante lo Spirito Santo, conduce i nostri passi verso una comunione sempre più intensa.

Si sono già affermate svariate forme di collaborazione ecumenica, ma fedeli alla preghiera di Cristo: "Tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, affinché il mondo creda che tu mi hai inviato" (Gv 17,21), non possiamo ritenerci appagati dell'attuale stato di cose. Coscienti della nostra colpa e pronti alla conversione dobbiamo impegnarci a superare le divisioni che esistono ancora tra noi, in modo da annunciare insieme, in modo credibile, il messaggio del Vangelo tra i popoli.

Nel comune ascolto della Parola di Dio contenuta nella Sacra Scrittura e chiamati a confessare la nostra fede comune e parimenti ad agire insieme in conformità alla verità che abbiamo riconosciuto, noi vogliamo rendere testimonianza dell'amore e della speranza per tutti gli esseri umani.

Nel nostro continente europeo, dall'Atlantico agli Urali, da Capo Nord al Mediterraneo, oggi più che mai caratterizzato da un pluralismo culturale, noi vogliamo impegnarci con il Vangelo per la dignità della persona umana, creata ad immagine di Dio, e contribuire insieme come Chiese alla riconciliazione dei popoli e delle culture.

In tal senso accogliamo questa Charta come impegno comune al dialogo ed alla collaborazione. Essa descrive fondamentali compiti ecumenici e ne fa derivare una serie di linee guida e di impegni. Essa deve promuovere, a tutti i livelli della vita delle Chiese, una cultura ecumenica del dialogo e della collaborazione e creare a tal fine un criterio vincolante. Essa non riveste tuttavia alcun carattere dogmatico-magisteriale o giuridico-ecclesiale. La sua normatività consiste piuttosto nell'auto-obbligazione da parte delle Chiese e delle organizzazioni ecumeniche europee. Queste possono, sulla base di questo testo, formulare nel loro contesto proprie integrazioni ed orientamenti comuni che tengano concretamente conto delle proprie specifiche sfide e dei doveri che ne scaturiscono.

 

I. - Crediamo "la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica"

"Cercate di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ef 4,3-6).

 

1. Chiamati insieme all'unità della fede

In conformità al Vangelo di Gesù Cristo, come ci è testimoniato nella Sacra Scrittura ed è formulato nella Confessione ecumenica di fede di Nicea-Costantinopoli (381), crediamo al Dio Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Dal momento che, con questo Credo, professiamo la Chiesa "una, santa, cattolica ed apostolica", il nostro ineludibile compito ecumenico consiste nel rendere visibile questa unità, che è sempre dono di Dio.

Differenze essenziali sul piano della fede impediscono ancora l'unità visibile. Sussistono concezioni differenti soprattutto a proposito della Chiesa e della sua unità, dei sacramenti e dei ministeri. Non ci è concesso rassegnarci a questa situazione. Gesù Cristo ci ha rivelato sulla croce il suo amore ed il segreto della riconciliazione: alla sua sequela vogliamo fare tutto il possibile per superare i problemi e gli ostacoli, che ancora dividono le Chiese.

Ci impegniamo

 - a seguire l'esortazione apostolica all'unità dell'epistola agli Efesini (Ef 4,3-6) e ad impegnarci con perseveranza a raggiungere una comprensione comune del messaggio salvifico di Cristo contenuto nel Vangelo;

 - ad operare, nella forza dello Spirito Santo, per l'unità visibile della Chiesa di Gesù Cristo nell'unica fede, che trova la sua espressione nel reciproco riconoscimento del battesimo e nella condivisione eucaristica, nonché nella testimonianza e nel servizio comune.

 

II. - In cammino verso l'unità visibile delle Chiese in Europa

"Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35).

 

2. Annunciare insieme il Vangelo

Il compito più importante delle Chiese in Europa è quello di annunciare insieme il Vangelo attraverso la parola e l'azione, per la salvezza di tutti gli esseri umani. Di fronte alla multiforme mancanza di riferimenti, all'allontanamento dai valori cristiani, ma anche alla variegata ricerca di senso, le cristiane e i cristiani sono particolarmente sollecitati a testimoniare la propria fede. A tal fine occorrono, al livello locale delle comunità, un accresciuto impegno ed uno scambio di esperienze sul piano della catechesi e della pastorale. Al tempo stesso è importante che l'intero popolo di Dio si impegni a diffondere insieme l'Evangelo all'interno dello spazio pubblico della società, ed a conferirgli valore e credibilità anche attraverso l'impegno sociale e l'assunzione di responsabilità nel politico.

Ci impegniamo

 - a far conoscere alle altre Chiese le nostre iniziative per l'evangelizzazione e a raggiungere intese in proposito, per evitare in tal modo una dannosa concorrenza ed il pericolo di nuove divisioni;

 - a riconoscere che ogni essere umano può scegliere, liberamente e secondo coscienza, la propria appartenenza religiosa ed ecclesiale. Nessuno può essere indotto alla conversione attraverso pressioni morali o incentivi materiali. Al tempo stesso a nessuno può essere impedita una conversione che sia conseguenza di una libera scelta.

 

3. Andare l'uno incontro all'altro

Nello spirito del Vangelo dobbiamo rielaborare insieme la storia delle Chiese cristiane, che è caratterizzata oltre che da molte buone esperienze, anche da divisioni, inimicizie e addirittura da scontri bellici. La colpa umana, la mancanza di amore, e la frequente strumentalizzazione della fede e delle Chiese in vista di interessi politici hanno gravemente nuociuto alla credibilità della testimonianza cristiana.

L'ecumenismo, per le cristiane e i cristiani, inizia pertanto con il rinnovamento dei cuori e con la disponibilità alla penitenza ed alla conversione. Constatiamo che la riconciliazione è già cresciuta nell'ambito del movimento ecumenico. È importante riconoscere i doni spirituali delle diverse tradizioni cristiane, imparare gli uni dagli altri e accogliere i doni gli uni degli altri. Per un ulteriore sviluppo dell'ecumenismo è particolarmente auspicabile coinvolgere le esperienze e le aspettative dei giovani e promuovere con forza la loro partecipazione e collaborazione.

Ci impegniamo

 - a superare l'autosufficienza e a mettere da parte i pregiudizi, a ricercare l'incontro reciproco e ad essere gli uni per gli altri;

 - a promuovere l'apertura ecumenica e la collaborazione nel campo dell'educazione cristiana, nella formazione teologica iniziale e permanente, e nell'ambito della ricerca.

 

4. Operare insieme

L'ecumenismo si esprime già in molteplici forme di azione comune. Numerose cristiane e cristiani di Chiese differenti vivono ed operano insieme, come amici, vicini, sul lavoro e nell'ambito della propria famiglia. In particolare, le coppie interconfessionali devono essere aiutate a vivere l'ecumenismo nel quotidiano.

Raccomandiamo di creare e di sostenere a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale organismi finalizzati alla cooperazione ecumenica a carattere bilaterale e multilaterale.

A livello europeo è necessario rafforzare la collaborazione tra la Conferenza delle Chiese europee (KEK) ed il Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE) e realizzare ulteriori assemblee ecumeniche europee. In caso di conflitti tra Chiese occorre avviare e sostenere sforzi di mediazione e di pace.

Ci impegniamo

 - ad operare insieme, a tutti i livelli della vita ecclesiale, laddove ne esistano i presupposti e ciò non sia impedito da motivi di fede o da finalità di maggiore importanza;

 - a difendere i diritti delle minoranze e ad aiutare a sgombrare il campo da equivoci e pregiudizi tra le chiese maggioritarie e minoritarie nei nostri paesi.

 

5. Pregare insieme

L'ecumenismo vive del fatto che noi ascoltiamo insieme la parola di Dio e lasciamo che lo Spirito Santo operi in noi ed attraverso di noi. In forza della grazia in tal modo ricevuta esistono oggi molteplici sforzi, attraverso preghiere e celebrazioni, tesi ad approfondire la comunione spirituale tra le Chiese, e a pregare per l'unità visibile della Chiesa di Cristo. Un segno particolarmente doloroso della divisione ancora esistente tra molte Chiese cristiane è la mancanza della condivisione eucaristica.

In alcune Chiese esistono riserve rispetto alla preghiera ecumenica in comune. Tuttavia, numerose celebrazioni ecumeniche, canti e preghiere comuni, in particolare il Padre Nostro, caratterizzano la nostra spiritualità cristiana.

Ci impegniamo

 - a pregare gli uni per gli altri e per l'unità dei cristiani;

 - ad imparare a conoscere e ad apprezzare le celebrazioni e le altre forme di vita spirituale delle altre Chiese;

 - a muoverci in direzione dell'obbiettivo della condivisione eucaristica.

 

6. Proseguire i dialoghi

La nostra comune appartenenza fondata in Cristo ha un significato più fondamentale delle nostre differenze in campo teologico ed etico. Esiste una pluralità che è dono e arricchimento, ma esistono anche contrasti sulla dottrina, sulle questioni etiche e sulle norme di diritto ecclesiastico che hanno invece condotto a rotture tra le Chiese; un ruolo decisivo in tal senso è stato spesso giocato anche da specifiche circostanze storiche e da differenti tradizioni culturali. Al fine di approfondire la comunione ecumenica, occorre assolutamente proseguire negli sforzi tesi al raggiungimento di un consenso di fede. Senza unità nella fede non esiste piena comunione ecclesiale. Non c'è alcuna alternativa al dialogo.

Ci impegniamo

 - a proseguire coscienziosamente e con intensità il dialogo tra le nostre Chiese ai diversi livelli ecclesiali e a verificare quali risultati del dialogo possano e debbano essere dichiarati in forma vincolante dalle autorità ecclesiastiche;

 - a ricercare il dialogo sui temi controversi, in particolare su questioni di fede e di etica sulle quali incombe il rischio della divisione, e a dibattere insieme tali problemi alla luce del Vangelo.

 

III. - La nostra comune responsabilità in Europa

"Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9)

 

7. Contribuire a plasmare l'Europa

Nel corso dei secoli si è sviluppata un'Europa caratterizzata sul piano religioso e culturale prevalentemente dal cristianesimo. Nel contempo, a causa delle deficienze dei cristiani, si è diffuso molto male in Europa ed al di là dei suoi confini. Confessiamo la nostra corresponsabilità in tale colpa e ne chiediamo perdono a Dio e alle persone. La nostra fede ci aiuta ad imparare dal passato e ad impegnarci affinché la fede cristiana e l'amore del prossimo irraggino speranza per la morale e l'etica, per l'educazione e la cultura, per la politica e l'economia in Europa e nel mondo intero.

Le Chiese promuovono una unificazione del continente europeo. Non si può raggiungere l'unità in forma duratura senza valori comuni. Siamo persuasi che l'eredità spirituale del cristianesimo rappresenti una forza ispiratrice arricchente l'Europa. Sul fondamento della nostra fede cristiana ci impegniamo per un'Europa umana e sociale, in cui si facciano valere i diritti umani ed i valori basilari della pace, della giustizia, della libertà, della tolleranza, della partecipazione e della solidarietà. Insistiamo sul rispetto per la vita, sul valore del matrimonio e della famiglia, sull'opzione prioritaria per i poveri, sulla disponibilità al perdono ed in ogni caso sulla misericordia.

In quanto Chiese e comunità internazionali dobbiamo contrastare il pericolo che l'Europa si sviluppi in un Ovest integrato ed un Est disintegrato. Anche il divario Nord-Sud deve essere tenuto in conto. Occorre nel contempo evitare ogni forma di eurocentrismo e rafforzare la responsabilità dell'Europa nei confronti dell'intera umanità, in particolare verso i poveri di tutto il mondo.

Ci impegniamo

 - ad intenderci tra noi sui contenuti e gli obbiettivi della nostra responsabilità sociale ed a sostenere il più possibile insieme le istanze e la concezione delle Chiese di fronte alle istituzioni civili europee;

 - a difendere i valori fondamentali contro tutti gli attacchi;

 - a resistere ad ogni tentativo di strumentalizzare la religione e la Chiesa a fini etnici o nazionalistici.

 

8. Riconciliare popoli e culture

Noi consideriamo come una ricchezza dell'Europa la molteplicità delle tradizioni regionali, nazionali, culturali e religiose. Di fronte ai numerosi conflitti è compito delle Chiese assumersi congiuntamente il servizio della riconciliazione anche per i popoli e le culture. Sappiamo che la pace tra le Chiese costituisce a tal fine un presupposto altrettanto importante.

I nostri sforzi comuni sono diretti alla valutazione ed alla risoluzione dei problemi politici e sociali nello spirito del Vangelo. Dal momento che noi valorizziamo la persona e la dignità di ognuno in quanto immagine di Dio, ci impegniamo per l'assoluta eguaglianza di valore di ogni essere umano.

In quanto Chiese vogliamo promuovere insieme il processo di democratizzazione in Europa. Ci impegniamo per un ordine pacifico, fondato sulla soluzione non violenta dei conflitti. Condanniamo pertanto ogni forma di violenza contro gli esseri umani, soprattutto contro le donne ed i bambini.

Riconciliazione significa promuovere la giustizia sociale all'interno di un popolo e tra tutti i popoli ed in particolare superare l'abisso che separa il ricco dal povero, come pure la disoccupazione. Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa una accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi ed a chi cerca asilo in Europa.

Ci impegniamo

 - a contrastare ogni forma di nazionalismo che conduca all'oppressione di altri popoli e di minoranze nazionali ed a ricercare una soluzione non violenta dei conflitti;

 - a migliorare e a rafforzare la condizione e la parità di diritti delle donne in tutte le sfere della vita e a promuovere la giusta comunione tra donne e uomini in seno alla Chiesa e alla società.

 

9. Salvaguardare il creato

Credendo all'amore di Dio creatore, riconosciamo con gratitudine il dono del creato, il valore e la bellezza della natura. Guardiamo tuttavia con apprensione al fatto che i beni della terra vengono sfruttati senza tener conto del loro valore intrinseco, senza considerazione per la loro limitatezza e senza riguardo per il bene delle generazioni future.

Vogliamo impegnarci insieme per realizzare condizioni sostenibili di vita per l'intero creato. Consci della nostra responsabilità di fronte a Dio, dobbiamo far valere e sviluppare ulteriormente criteri comuni per determinare ciò che è illecito sul piano etico, anche se è realizzabile sotto il profilo scientifico e tecnologico. In ogni caso la dignità unica di ogni essere umano deve avere il primato nei confronti di ciò che è tecnicamente realizzabile.

Raccomandiamo l'istituzione da parte delle Chiese europee di una giornata ecumenica di preghiera per la salvaguardia del creato.

Ci impegniamo

 - a sviluppare ulteriormente uno stile di vita nel quale, in contrapposizione al dominio della logica economica ed alla costrizione al consumo, accordiamo valore ad una qualità di vita responsabile e sostenibile;

 - a sostenere le organizzazioni ambientali delle Chiese e le reti ecumeniche che si assumono una responsabilità per la salvaguardia della creazione.

 

10. Approfondire la comunione con l'Ebraismo

Una speciale comunione ci lega al popolo d'Israele, con il quale Dio ha stipulato una eterna alleanza. Sappiamo nella fede che le nostre sorelle ed i nostri fratelli ebrei "sono amati (da Dio), a causa dei Padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!" (Rm 11,28-29). Essi posseggono "l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne." ( Rm 9,4-5).

Noi deploriamo e condanniamo tutte le manifestazioni di antisemitismo, i pogrom, le persecuzioni. Per l'antigiudaismo in ambito cristiano chiediamo a Dio il perdono e alle nostre sorelle e ai nostri fratelli ebrei il dono della riconciliazione.

È urgente e necessario far prendere coscienza, nell'annuncio e nell'insegnamento, nella dottrina e nella vita delle nostre Chiese, del profondo legame esistente tra la fede cristiana e l'ebraismo e sostenere la collaborazione tra cristiani ed ebrei.

Ci impegniamo

 - a contrastare tutte le forme di antisemitismo ed antigiudaismo nella Chiesa e nella società;

 - a cercare ed intensificare a tutti i livelli il dialogo con le nostre sorelle e i nostri fratelli ebrei.

 

11. Curare le relazioni con l'Islam

Da secoli musulmani vivono in Europa. In alcuni paesi essi rappresentano forti minoranze. Per questo motivo ci sono stati e ci sono molti contatti positivi e buoni rapporti di vicinato tra musulmani e cristiani, ma anche, da entrambe le parti, grossolane riserve e pregiudizi, che risalgono a dolorose esperienze vissute nel corso della storia e nel recente passato.

Vogliamo intensificare a tutti i livelli l'incontro tra cristiani e musulmani ed il dialogo cristiano-islamico. Raccomandiamo in particolare di riflettere insieme sul tema della fede nel Dio unico e di chiarire la comprensione dei diritti umani.

Ci impegniamo

 - ad incontrare i musulmani con un atteggiamento di stima;

 - ad operare insieme ai musulmani su temi di comune interesse.

 

12. L'incontro con altre religioni e visioni del mondo

La pluralità di convinzioni religiose, di visioni del mondo e di forme di vita è divenuta un tratto caratterizzante la cultura europea. Si diffondono religioni orientali e nuove comunità religiose, suscitando anche l'interesse di molti cristiani. Ci sono inoltre sempre più uomini e donne che rigettano la fede cristiana, si rapportano ad essa con indifferenza o seguono altre visioni del mondo.

Vogliamo prendere sul serio le questioni critiche che ci vengono rivolte, e sforzarci di instaurare un confronto leale. Occorre in proposito discernere le comunità con le quali si devono ricercare dialoghi ed incontri da quelle di fronte alle quali, in un'ottica cristiana, occorre invece cautelarsi.

Ci impegniamo

 - a riconoscere la libertà religiosa e di coscienza delle persone e delle comunità ed a fare in modo che esse, individualmente e comunitariamente, in privato ed in pubblico, possano praticare la propria religione o visione del mondo, nel rispetto del diritto vigente;

 - ad essere aperti al dialogo con tutte le persone di buona volontà, a perseguire con esse scopi comuni ed a testimoniare loro la fede cristiana.

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Gesù Cristo, Signore della Chiesa "una", è la nostra più grande speranza di riconciliazione e di pace. Nel suo nome vogliamo proseguire in Europa il nostro cammino insieme. Dio ci assista con il suo Santo Spirito!

"Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo" (Rm 15,13).

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In qualità di Presidenti della Conferenze delle Chiese europee (KEK) e del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE) noi raccomandiamo questa Charta Oecumenica quale testo base per tutte le Chiese e Conferenze episcopali d'Europa affinché venga recepita ed adeguata allo specifico contesto di ciascuna di esse.

Con questa raccomandazione sottoscriviamo la Charta Oecumenica nel contesto dell'Incontro ecumenico europeo, che si svolge la prima domenica dopo la Pasqua comune dell'anno 2001.

Strasburgo, 22 aprile 2001

Metropolita Jeremias Presidente della KEK.

Card. Miloslav Vlk, presidente del CCEE

 

 


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