I.P.I.A. "E. MATTEI"  -  Latina

 

 

pagina  aggiornata  il  giorno  12   marzo  2002

 


 

In  memoria...

a  sei  mesi  dal  giorno  11 settembre 2001

"Dossier America"

Quando  la  storia  si  presenta  come  un  film  di  Alessandro  Baricco

(“la Repubblica”  - 12/09/2001)

E tutti ci ricorderemo dove eravamo in quel momento. Seduti in macchina a cercar parcheggio, con la testa tra i surgelati a cercar la paella, davanti al computer a cercare la frase giusta. Poi uno squillo di telefonino, e l'amico, il parente, il collega che ti staccano una storia inverosimile di aerei e grattacieli, ma va' via, dai, lasciami perdere che oggi è già una giornata difficile, ma lui non ride e dice: ti giuro che è vero. Ricorderemo l'istante passato a cercare in quella voce una qualunque sfumatura di ironia, senza trovarla. Ti giuro che è vero. E non dimenticheremo la prima persona a cui abbiamo telefonato, subito dopo, e nemmeno quel pensiero - immediato, sciocco ma incredibilmente reale - "Dov'è mio figlio?", i miei figli, la mamma, la fidanzata, domanda inutile, perfino comica, lo capisci subito dopo, ma intanto è scattata - la Storia siamo noi, è solo un verso di una canzone di De Gregori, ma adesso ho capito cosa voleva dire - risvegliarsi con la Storia addosso. Che vertigine...

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La  rabbia  e  l'orgoglio  di  Oriana  Fallaci

(“Corriere  della  sera”  - 29/09/2001)

Mi chiedi di parlare, stavolta. Mi chiedi di rompere almeno stavolta il silenzio che ho scelto, che da anni mi impongo per non mischiarmi alle cicale. E lo faccio. Perché ho saputo che anche in Italia alcuni gioiscono come l'altra sera alla Tv gioivano i palestinesi di Gaza. «Vittoria! Vittoria!». Uomini, donne, bambini. Ammesso che chi fa una cosa simile possa essere definito uomo, donna, bambino. Ho saputo che alcune cicale di lusso, politici o cosiddetti politici, intellettuali o cosiddetti intellettuali, nonché altri individui che non meritano la qualifica di cittadini, si comportano sostanzialmente nello stesso modo. Dicono: «Bene. Agli americani gli sta bene». E sono molto molto, molto arrabbiata. Arrabbiata d'una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza. Che mi ordina di rispondergli e anzitutto di sputargli addosso. Io gli sputo addosso. Arrabbiata come me, la poetessa afro-americana Maya Angelou ieri ha ruggito: «Be angry. It's good to be angry, it's healthy. Siate arrabbiati. Fa bene essere arrabbiati. E' sano». E se a me fa bene io non lo so. Però so che non farà bene a loro, intendo dire a chi ammira gli Usama Bin Laden, a chi gli esprime comprensione o simpatia o solidarietà. Hai acceso un detonatore che da troppo tempo ha voglia di scoppiare, con la tua richiesta. Vedrai. Mi chiedi anche di raccontare come l'ho vissuta io, quest'Apocalisse. Di fornire insomma la mia testimonianza. Incomincerò dunque da quella...

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Ma il dolore non ha una bandiera  di  Dacia  Maraini

(“Corriere  della  sera”  - 05/10/2001)

Cara Oriana, ho sempre ammirato la tua sincerità, il tuo coraggio. Sono stata contenta di vedere di nuovo la tua firma sul Corriere : finalmente Oriana Fallaci torna a battagliare come è nel suo carattere, mi sono detta. Bentornata in Italia! Leggendo il tuo lungo e appassionato articolo però devo dirti che l’ammirazione per il tuo coraggio si è trasformata presto in allarme per la tua incoscienza. Proprio nel momento in cui tutti, dal Papa al presidente degli Stati Uniti, cercano di distinguere fra cultura islamica e terrorismo, proprio in questa circostanza così delicata e grave per il futuro del mondo, tu te la prendi con chi non è pronto a buttarsi in una guerra di religione. Per te chi distingue fra terrorismo e Islam è un ipocrita, un «fottuto» intellettuale, meschino e spocchioso....

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Il  Sultano  e  San  Francesco  di  Tiziano  Terzani

(“Corriere  della  sera”  - 08/10/2001)

Oriana, dalla finestra di una casa poco lontana da quella in cui anche tu sei nata, guardo le lame austere ed eleganti dei cipressi contro il cielo e ti penso a guardare, dalle tue finestre a New York, il panorama dei grattacieli da cui ora mancano le Torri Gemelle. Mi torna in mente un pomeriggio di tanti, tantissimi anni fa quando assieme facemmo una lunga passeggiata per le stradine di questi nostri colli argentati dagli ulivi. Io mi affacciavo, piccolo, alla professione nella quale tu eri già grande e tu proponesti di scambiarci delle «Lettere da due mondi diversi»: io dalla Cina dell’immediato dopo-Mao in cui andavo a vivere, tu dall’America. Per colpa mia non lo facemmo. Ma è in nome di quella tua generosa offerta di allora, e non certo per coinvolgerti ora in una corrispondenza che tutti e due vogliamo evitare, che mi permetto di scriverti. Davvero mai come ora, pur vivendo sullo stesso pianeta, ho l’impressione di stare in un mondo assolutamente diverso dal tuo.

Ti scrivo anche - e pubblicamente per questo - per non far sentire troppo soli quei lettori che forse, come me, sono rimasti sbigottiti dalle tue invettive, quasi come dal crollo delle due Torri. Là morivano migliaia di persone e con loro il nostro senso di sicurezza; nelle tue parole sembra morire il meglio della testa umana - la ragione; il meglio del cuore - la compassione.

Il tuo sfogo mi ha colpito, ferito e mi ha fatto pensare a Karl Kraus. «Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia», scrisse, disperato dal fatto che, dinanzi all’indicibile orrore della Prima Guerra Mondiale, alla gente non si fosse paralizzata la lingua. Al contrario, gli si era sciolta, creando tutto attorno un assurdo e confondente chiacchierio. Tacere per Kraus significava riprendere fiato, cercare le parole giuste, riflettere prima di esprimersi. Lui usò di quel consapevole silenzio per scrivere Gli ultimi giorni dell’umanità, un’opera che sembra essere ancora di un’inquietante attualità.

Pensare quel che pensi e scriverlo è un tuo diritto. Il problema è però che, grazie alla tua notorietà, la tua brillante lezione di intolleranza arriva ora anche nelle scuole, influenza tanti giovani e questo mi inquieta...

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Scenari  di  una  guerra  globale   di  Umberto  Eco

(“la Repubblica”  - 15/10/2001)

LA QUESTIONE che agita la coscienza di tutti in questi giorni non è se il terrorismo sia bene o male e se vada debellato, anche in modo violento: su questo, almeno in occidente e in molti paesi arabi, il consenso è unanime, e persino un pacifista ammette che una dose di violenza sia indispensabile in ogni reazione di legittima difesa. Altrimenti non dovrebbero esistere neppure le forze di polizia, e non si dovrebbe usare violenza a chi sta sparando sulla folla. I veri problemi sono altri due: se la guerra sia la forma giusta di violenza e se lo scontro che ci attende debba diventare uno scontro di civiltà, o di culture che dir si voglia, ovvero una guerra tra oriente e occidente. D'ora in poi userò l'espressione "guerra E/O" per comodità, così come durante la guerra fredda, con molta flessibilità geografica, si consideravano Est la Cecoslovacchia e Ovest la Finlandia, Est la Cina e Ovest il Giappone. E naturalmente, parlando di un confronto tra mondo cristiano e mondo musulmano, metto tra i cristiani tutti gli occidentali, anche gli atei e gli agnostici, così come nel mondo musulmano porremo anche fedeli di poca fede, che bevono vino di nascosto curandosi pochissimo del Corano.

Da un lato le operazioni di guerra possono spingere le masse fondamentaliste a oriente a prendere il potere nei vari stati musulmani, anche quelli che oggi appoggiano gli Stati Uniti, dall'altro, l'intensificarsi di attentati insostenibili può spingere le masse occidentali a considerare l'Islam nel suo complesso come il nemico. Dopo di che si avrebbe lo scontro frontale, l'Armageddon decisivo, l'urto finale tra le forze del Bene e quelle del Male (e ciascuna parte considererebbe male la parte opposta). Non è uno scenario impossibile. Quindi, come tutti gli scenari, deve essere delineato sino alle sue ultime conseguenze...

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Sette giorni tra pace e guerra - Diario della finta normalità   di  David Grossman

(“la Repubblica”  - 21/10/2001)  

Sabato, 13 ottobre, 2001. Il sabato è una giornata ideale per riordinare il rifugio. Mentre io e mia moglie cerchiamo di sgomberare tutta la "paccottiglia" accumulatasi dall'ultima volta in cui abbiamo temuto una guerra (non più di un anno fa, all'inizio dell'Intifada), mia figlia più piccola è alle prese con l'elenco delle amiche da invitare alla prossima festa di compleanno. Il quesito importante è il seguente: invitare Tali, alla cui festicciola lei non è stata invitata?

 

Dopo gli attentati negli Stati Uniti ci è stata negata anche questa illusione: la possibilità di fare affidamento su una routine consueta e sensata. Nella mente aleggia continuamente il pensiero: chissà dove saremo tra un mese?
Ormai abbiamo capito che le nostre vite non saranno più come prima dell'undici settembre. Il crollo delle Twin Towers ha aperto una spaccatura lunga e profonda nella vecchia realtà e da lì sale verso di noi il rombo sordo di ciò che potrebbe scaturirne: violenza, crudeltà, fanatismo, follia. Di colpo tutto è possibile. Sembra che la nuova situazione abbia liberato e scatenato negli uomini l'istinto di distruzione, di devastazione, la smania di fare a pezzi, di sgretolare qualsiasi espressione di vita corpi umani, il tessuto sociale, la legge, lo stato, la cultura. Il desiderio di preservare ciò che si ha e una normale vita quotidiana appare all'improvviso tenue e illusorio. Ed è così commovente e addirittura eroico lo sforzo di mantenere una facciata di ordinarietà, di tenere unita la famiglia, di salvaguardare la casa e gli amici (decidiamo di invitare Tali).

 

Domenica. Per mia fortuna l'invito a redigere questo diario arriva dopo che ho cominciato a scrivere un nuovo racconto. Se così non fosse temo che queste mie cronache sarebbero molto deprimenti. E' già passato qualche mese da che ho terminato il mio ultimo romanzo e mi rendo conto che il fatto di non essere occupato nella stesura di un libro influisce negativamente su di me. Quando non scrivo ho la sensazione di non capire veramente ciò che mi succede. Gli avvenimenti, le esternazioni, gli incontri paiono esistere solo "l'uno di fianco all'altro", senza alcuna connessione tra loro. Ma dal momento in cui mi dedico a un nuovo racconto tutto si ricompatta in un'unica trama: ogni avvenimento ne alimenta un altro e lo carica di vitalità. Ogni cosa che vedo, ogni persona che incontro è un "suggerimento" che mi viene inviato e che attende di essere interpretato.

 

Sto scrivendo la storia di un uomo e di una donna. A dire il vero nelle mie intenzioni il protagonista avrebbe dovuto essere solo l'uomo ma la donna, un personaggio in cui si imbatte per caso e che avrebbe dovuto limitarsi ad ascoltare la sua storia, d'un tratto mi pare interessante quanto lui. Mi chiedo se sia giusto, da un punto di vista letterario, concederle tanto spazio. Il suo personaggio sta spostando il centro di gravità del racconto e ne turba il fragile equilibrio. Ieri notte mi sono svegliato pensando che avrei dovuto eliminarla e sostituirla con un altro personaggio, più "defilato", che non metta in ombra il protagonista. Ma al mattino, quando l'ho vista sulla carta, non sono stato capace di separarmi da lei. E non lo farò fintanto che non la conoscerò meglio. Ho scritto di lei per tutto il giorno.

Ora è quasi mezzanotte. Quando scrivo un racconto cerco di addormentarmi con un'idea appena abbozzata, non ben definita, con la speranza che durante la notte, nei miei sogni, prenda forma. E' così stimolante e ritemprante liberarsi, grazie alla scrittura, dello sconforto di vivere in un luogo sciagurato. E' talmente bello tornare a sentirsi vivi...

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GOD  BLESS  AMERICA

Alcune immagini in sequenza... per non dimenticare. MAI !!!

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- - - - - - - In memoriam - - - - - - -

On this date of September 11, 2001,  World Trade Centers One, Two & Seven along with countless human lives have been destroyed, casualties of a horrific, despicable act of terrorism. 

Virtual New York expresses profound grief; our deepest sympathies reach out to the many affected by this devastating tragedy.

 

 URL : www.vny.com/