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Clonato, Matteo Basilè, 1997

 

Da sempre il corpo è limite tra dentro e fuori di sé. E’ mediazione tra il mondo fisico ed oggettivo dell’esterno e quello tutto soggettivo della nostra intimità intellettuale ed emotiva.

La storia del pensiero umano è tutta volta all’interrogativo riguardante la relazione tra dentro e fuori. Il corpo, in questo, è strumento di acquisizione dei dati e di verifica delle ipotesi.

Da un certo punto di vista, non possiamo essere certi dell’esistenza del nostro corpo, poiché questo potrebbe essere una metafora creata dalla nostra mente per comprendere il movimento (estrusione) della mente stessa, cioè i suoi collegamenti logici ed emozionali, in relazione ad una realtà-stimolo di attività “cerebrale”, anch’essa metaforizzata.

 Sempre più appare chiaro il senso della continuità tra mondo esterno e interno di cui parla M.L.Palumbo, e come tale continuità sia garantita proprio dal corpo.

Ora, questa continuità elettromagnetica è supportata e amplificata da nuove tecnologie ad elevatissima sensibilità (ricettività) e con una intelligente e veloce capacità di rispondere alle nostre richieste (interattività).

<<Il passo successivo è rappresentato dalla connessione tra la nostra “rete locale” del corpo e la rete di un ambiente anch’esso sensibilizzato attraverso componenti elettronici interconnessi>>.

Si prefigura un futuro, neanche tanto remoto, in cui la continuità tra esterno e interno sia sempre più affidata ad un ibridazione tra corpo e macchina corporea. Le ricerche e le sperimentazioni sull’intelligenza artificiale lo dimostrano.

Esiste una simmetria tra codici elettronici e codice genetico umano, e questo è evidente se ci riferiamo a certi sistemi intelligenti in rete.

Mi riferisco in particolare alle reti neurali, capaci di apprendere, memorizzare attivamente, costruendo una sorta di propria esperienza, modificarsi, autoregolandosi nel tempo, reagire agli stimoli esterni in modo differenziato a seconda delle situazioni, adattandosi a mutate condizioni …costituendosi, in qualche modo, come “organismo” autonomo, in grado di valutare le situazioni e scegliere le soluzioni.

Se pensiamo all’applicazione di network di reti neurali nell’architettura, ci rendiamo conto che le potenzialità sono enormi e vanno ben oltre l’ottimizzazione dei sistemi impiantistici (ad es. quello acustico), per i quali ci sono già un numero significativo di applicazioni.

Il punto è, dalla parte degli architetti, che potremmo ritrovarci ben presto a dover progettare spazi sensibili e intelligenti, in grado di prendere iniziative.

Tutto questo non può non sconvolgere letteralmente il modo di operare di un progettista e mi chiedo in cosa consisterà fare architettura da qui a non molti anni.

Ripenso ai progressi circa superfici topologiche altamente sensibili e interattive, sempre più facilmente modificabili nel loro aspetto (decoi); a strumenti di determinazione di forme attraverso l’interazione e aggregazione di entità, simili ad organismi naturali (Greg Lynn); alla generazione e allevamento, in ambiente virtuale, di “creature” in grado di reagire a stimoli, con scelte comportamentali proprie (Karl Sims); ai primi esperimenti di spazi sensibili che dialogano letteralmente con le persone, selezionando l’interlocutore, stimolandolo e inducendolo a comportamenti, e reagendo a sua volta in modo sempre diverso, imprevedibile, quasi emozionandosi (Ada).

Ripenso a tutto questo e realizzo che, nelle infinite possibilità “formali” e spaziali, che la tecnologia virtuale e la tecnica reale consentono, la soluzione non può essere  isolare un fermo immagine da una sequenza continua e praticamente infinita, illudendosi di una “scelta”, direi quasi casuale.

E, d’altra parte, bisogna immaginarsi di avere a che fare con spazialità che hanno la grande capacità di modificarsi, come organismo vivente respirante, (Oosterhuis/Nox), e su cui il nostro controllo, una volta realizzate è drasticamente ridotto.

Se, allora, proviamo, come per assurdo, a considerare un edificio come un essere vivente, dotato di sensibilità, capacità di valutazione e di decisione, di apprendimento e di crescita, di ricordi e di esperienza, non potremo che progettarne la personalità.

Definiremo strategie, i modi di reagire dell’architettura, pur consci del suo modificarsi nel tempo: determineremo, scienziati, le sue informazioni costituzionali (DNA).

Genereremo contenitori di memoria stratificata, come l’architettura è stata dall’inizio della storia; ma a questo punto la memoria sarà conservata in un luogo invisibile dell’edificio, e ci sarà raccontata dall’edificio stesso; e racconterà anche di noi, se gli avremo trasmesso le nostre esperienze e memorie.

In una realtà profondamente cambiata, una nuova figura di architetto, ibrido, di competenza e tecnica, programmatore-genitore, di architetture emotive, frutto di conoscenza e amore.

 

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