INDIA di Noemi Diverio © 2001


Quella mattina trovarsi a casa da sola era più difficile del solito. Le pareti della stanza claustrofobiche e pesanti, toglievano il fiato. Una prigione ecco cos'era la sua casa, una triste e definitiva prigione. Certo la porta non era chiusa. Avrebbe potuto andarsene quando voleva, ma la verità, la terribile verità era che lei non voleva non poteva uscire...perché l'esterno, il mondo e la gente che lei vedeva come una folla informe, le faceva più paura della solitudine.
Agorafobia l'aveva chiamata il dottore quando lei e Luca erano andati a chiedere un consulto. Non aveva mai sentito quella parola ma di sicuro non l'avrebbe più dimenticata, perchè in poche lettere era stata scritta la sua condanna.
Il telefono stava suonando chissà da quanto quando lei decise di interrompere il fluire dei suoi pensieri per rispondere. Era sicura che non poteva essere nessun altro che Luca.
Lui era il suo amato marito, l'unico che non l'avesse abbandonata durante gli anni di lotta interiore , standole accanto: sempre."Ciao Anna, questa mattina sono uscito prestissimo e non me la sono sentita di svegliarti, ti sei preoccupata quando non mi hai visto?" . La sua voce era dolce e rassicurante nonstante fosse velata dalla preoccupazione, "Va tutto bene ho immaginato che avessi avuto una chiamata urgente, spero non sia niente di grave", dall'altra parte Luca trasse un'impercettibile sospiro di sollievo "Un bambino ha inghiottito il tappo di una biro ma fortunatamente siamo riusciti ad estrarlo senza danni. Di sicuro non metterà più in bocca niente che non sia commestibile!" Rideva, aveva il dono di sdrammatizzare anche le situazini peggiori e questo in molte occasioni gli era stato utile per salvarsi da quei traumi che segnano la vita di ogni medico. "Quel bambino è stato fotunato a trovare te, miraccomando però cerca di non stancarti troppo anche oggi, ultimamente dormi solo 4 ore per notte." Anna sapeva che le sue parole non sarebbero state ascoltate, suo marito amava il suo lavoro e avrebbe continuato a correre ogni qual volta qualcuno si fosse trovato in difficoltà. "Si mammina cercherò di tornare il più presto possibile....qualsiasi cosa tu abbia bisogno chiamami ed io sarò felice di correre da te!".

Assolutamente irresistibile. Avrebbe voluto essere come lui.
Mentre appoggiava la cornetta sul ricevitore scorreva lo sguardo da una parte all'altra della casa, le pareti color crema si intonavano perfettamente con i mobili moderni ma di classe. Al centro dell'enorme salotto troneggiava la libbreria in legno chiaro contenente i numerossimi libri che Anna aveva letto accocolata nella poltrona bianca e soffice che accoglieva ore e ore di intensa lettura alla luce delle candele che lei adorava e disseminava per tutta la casa.
Osservava tutto questo e pensava a quanto la sua vita si fosse ridotta in quegli ultimi due anni. Da tempo ormai non si metteva più un vestito elegante per uscire a cena e l'ultimo giro in centro con un'amica non se lo ricordava nemmeno più. Ormai non si sentiva più nemmeno una donna... Maledizione perché Dio l'aveva condannata a una non vita, perché proprio lei!
Agorafobia, é incredibile come una parola così piccola nasconda un angoscia così grande.Per chi non ha mai avuto a che fare con i tormenti della mente é difficile riuscire a capire il terrore, il panico che ti assalgono improvvisamente lasciandoti stremata ed inerme di fronte ad un nemico invisibile.

Il caffé che aveva preparato era orami freddo, mentre lo beveva rabbrividiva, posò la tazza sul piattino di porcellana bianca accanto alle riviste che Luca le comprava per non affinché non si annoiasse durante il giorno, la donna in abito rosso le sorrideva dalla copertina patinata. Di nuovo un brivido, ci voleva qualcosa di caldo. Il maglione di lana rossa che le aveva regalato sua madre la settimana prima era nell'armadio. Percorse adagio il corridoio che la separava dalla stanza da letto: "Spero che Luca torni presto questa sera" pensava mentre tirava fuori il maglione dal cassetto. Una sensazione piacevole l'aveva avvolta una volta indossato l'indumento. Si era vista riflessa nello specchio era da tanto tempo che non si guardava più, non si ricordava e non gli interessava sapere di essere una bella donna. I capelli le ricadevano sulle spalle lisci e lucenti di un bel castano dorato che faceva risaltare i suoi grandi occhi marroni , il rosso illuminava splendidamente l'incarnato pallido del viso. Senza trucco sembrava ancora una ragazzina nonostante avesse compiuto il mese prima 29 anni. Alla sua immagine chiese: "Sapendo che sarebbe finita così rifaresti tutto esattamente allo stesso modo?".
Dieci anni prima, infatti aveva sfidato tutti per percorrere la strada che avrebbe cambiato la sua vita per sempre.

Si era diplomata con il massimo dei voti e i suoi genitori la vedevano già avviata ad una brillante carriera universitaria. Anna si era iscritta alla facoltà di medicina e contemporaneamente svolgeva servizio di volontariato presso la croce rossa della sua città. Pur trovando affascinante ciò che imparava all'Università si sentiva però sempre più portata verso la realtà del volontariato diventando sempre più attiva e partecipe. A vent'anni invece di uscire con i ragazzi si divideva tra lo studio e le persone che avevano bisogno di aiuto.
Una Domenica mattina dopo la funzione religiosa venne avvicinata dal prete che le parlò del prossimo viaggio che stava organizzando per portare aiuti in India, le chiese se se la sentisse di accompagnarlo perché aveva bisogno di tutto l'aiuto possobile dal momento che la situazione era veramente drammatica. Anna chiese del tempo per riflettere. Accettare significava dover accantonare temporaneamente lo studio e lasciare la sua casa, i suoi genitori e i suoi amici. Pensò a lungo esaminado tutti i pro e i contro ma dentro di se sapeva già la risposta: voleva andare in India più di ogni altra cosa.
La sera stessa ne parlò con i suoi genitori, non fu facile convincerli, non volevano saperne di vederla partire da sola per andare in un posto così pericoloso. Sopprattutto sua madre pareva sconvolta:" Come puoi solo pensare di lasciare la scuola per andare in quell'inferno, pieno di malati e di accatoni dove il minimo che ti può succedere e di finire stuprata da qualche delinquente, per non parlare poi del rischio di ammalarti di lebbra o peggio, ti proibisco anche solo semplicemente di pensare una cosa del genere, io e tuo padre non vogliamo, pensa piuttosto a studiare e a farti una posizione". Anna cercava di mantenere la calma tutta quella chiusura mentale le dava la nausea, ma non voleva andarsene senza aver tentato di far capire le ragioni di quello che poteva sembrare un gesto folle:"So che ci sono dei rischi ma so stare attenta, starò in un ospedale insieme al personale medico e Don Fulvio sarà sempre con me, qui le persone hanno bisogno di aiuto ma li non hanno via d'uscita...." a quel punto suo padre intervenne dicendo;"Non puoi sentiri responsabile per tutte le persone del mondo lascia che siano gli altri a risolvere problemi troppo grandi per te!" "Se tutti facessero il tuo ragionamento nessuno farebbe niente c'é bisogno di fatti le parole non danno da mangiare a nessuno e comunque io non sono qui per chiedervi il permesso di andare ma solo per informarvi della mia partenza; mi spiace non avere il vostro appoggio ma ormai ho preso la mia decisione". Uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Chiusa nella sua camera seduta sul letto con la testa tra le mani, prese il telefono che aveva sul comodino e compose il numero di Don Fulvio. "Ciao sono Anna , ho deciso che verrò con te" "Ne hai parlato con i tuoi genitori?" Un impercettibile tremito di incertezza nella voce"Si e sono d'accordo con me".

Una settimana dopo era sull'aereo diretto verso Calcutta. Oltre a lei e a Don Fulvio c'erano altre 8 persone , due erano giovani suore missionarie e gli altri cinque erano ragazzi volontari come Anna. Tra questi c'era Marco un bel ragazzo di 27 anni laureatosi l'anno prima in filosofia da sempre segretamente innamorato di lei. Non che lei non lo sapesse, ma pur considerandolo il suo più caro amico sapeva che i sentimenti nei suoi confronti non si sarebbero mai trasformati in amore.
Non era mai stata innamorata di nessuno, sognava l'incontro magico con il principe azzurro che le avrebbe fatto battere il cuore e girare la testa...
"Ragazzi miraccomando siate preparati, quello che vedrete é uno spettacolo scioccante, non avete di sicuro mai visto niente di simile nella vostra vita. Ma non dovete avere paura, si tratta di essere umani come voi e sopprattutto ricordatevi che non siete qui per guadagnarvi il paradiso o per fare dell'elemosina , ma per portare un messggio di amore e speranza oltre all'aiuto che riuscirete a dare. Anche il più piccolo gesto sarà un dono d'amore e la fede vi sosterrà nei momenti più difficili e duri quando penserete di non farcela, quando vi sembrerà di aver visto troppo." A quelle parole le due suore annuirono con il capo, i ragazzi si guardarono con meno sicurezza nello sguardo ma con uguale determinazione.
Ripensando a quella frase Anna, nonstante fossero passati dieci anni si sentiva ancora colpevole come se avesse infranto un giuramento.

Era stata a Calcutta per quattro anni, avrebbe dovuto rimanere solo per un mese, ma si era resa conto che il bisogno di aiuto era disperato, non poteva andarsene e lascirsi alle spalle la miseria , la distruzione, la povertà.
L'ospedale dove lei lavorava e dormiva era un costruzione fatiscente. Dall' esterno non era molto diverso dalle baracche in cui viveva la maggior parte degli abitanti. Profonde crepe scuarciavano le pareti come rughe sul viso di un vecchio, sporcizia ovunque emanava l'odore di uomini e animali che dividevano gli stessi spazi. In lontanaza si sentiva il pianto dei bambini e delle loro madri, un pianto struggente che straziava il cuore di che lo ascoltava, dove anche l'ultimo briciolo di speranza era svanito.
Li Anna aveva trovato la sua strada, era instancabile. Curava gli ammalati, preparava da mangiare per il personale, guidava il camioncino con i rifornimenti per l'ospedale, aiutava le madri ad accudire i propri piccoli e a volte li faceva venire al mondo.
Fu in una di quelle occasioni che conobbe Luca. Lui era il medico della missione. Alto, con i capelli scuri e gli occhi verdi che risaltavano sul suo bel viso abbronzato. Spalle larghe da nuotatore e fisico scolpito. Aveva 28 anni ma sembrava un ragazzo. Allegro gioviale con la battuta sempre pronta ma attento e sensibile . Tutti gli volevano bene e lo stimavano.
Si conobbero 11 mesi dall'arrivo di Anna e lei capì subito che aveva trovato il suo principe. Certo non aveva né mantello né il cavallo, solo un logoro camice non più bianco e una moto vecchia e scassata, ma questo non era importante perché le faceva battere il cuore e girare la testa. La loro unione fu consolidata oltre che dall'amore, dalla condivisione di momenti intensissimi. Vivevno e lavoravano insieme per lo stesso ideale e il loro sodalizio divenne perfetto e indissolubile.
Si sposarano due anni dopo, per l'occasione tornarono in Italia. Anna aveva appianato le divergenze con i suoi genitori. Erano felici di vederla realizzata e sposata ad un bravo ragazzo, anche se avrebbero preferito averla più vicina a casa, ma quella era la sua vita e loro dovevano accettarla.
Tornati a Calcutta spesero tutte le loro energie per cercare di migliorare le condizioni di vita degli abitanti, sopprattutto i più poveri e malati, ma era un'impresa titanica.
Dopo il matrimonio si erano trasferiti in una casetta vicino all'ospedale, era piccola e per niente simmetrica, sembrava una capanna dopo il passaggio di un tornado, ma almeno potevano avere un po' di privacy.
L'ospedale assorbiva tutte le loro energie, lavoravono giorno e notte senza sosta con la determinazione di chi ha trovato il proprio scopo nella vita.

Esiete al mondo così come noi lo conosciamo la perfezione? C'é un solo essere umano che possa vantarsi di condurre un'esistenza perfetta?
La felicità di Luca e Anna svanì imrprovvisamente e inesorabilmente una notte d'estate, una splendida notte in cui Dio aveva chiuso entrambi gli occhi.
Anna stava tornando a casa accompagata da Suor Angela, reggevano tra le mani un cesto pieno di vestiti che avrebbero rammendato il giorno dopo. La conversazione tra loro era animata e ogni tanto si fermavano e ridevano forte. Faceva caldo; la giovane Suora si sventolava il viso con la la manica di una maglia che fuoriusciva dal cesto, mentra Anna slacciò il primo bottone della cammicietta bianca che portava allacciata fino al collo. Un uomo, che nessuna della due donne aveva notato, le seguiva già da qualche minuto. Era rimasto colpito dalla bellezza della ragazza, la sua pelle bianca e i lunghi capelli castani avevano indotto torbidi pensieri nella sua mente. La voleva e quando la vide slacciarsi la camicetta decise che la voleva subito. Silenzioso come un gatto scivolò alle loro spalle, colpì con violenza il capo della suora che cadde a terra svenuta. Quando Anna si accorse di quello che stava accadendo si mise a gridare in preda al terrore ma l'uomo le coprì la bocca con la sua lurida mano e la trascinò in un vicolo e lei non poté fare nulla per salvarsi.

Quando suor Angela si riprese corse all'ospedale per avvertire Luca e gli altri di quello che era successo. La cercarono tutta la notte. Luca disperato gridava il suo nome mentre perlustravano ogni angolo, ogni strada, ogni fottuto centimetro di terra. Quando vide il cestino dei panni che le era caduto al momento dell'aggressione fu preso dall'angoscia.Continuava a ripetersi che era stata tutta colpa sua, non avrebbe dovuto lasciarla sola in un posto come quello, le aveva chiesto di aspettarlo, perché non gli aveva dato retta perché? La trovò Marco il mattino dopo era svenuta e ferita. Capì subito quello che era successo e pianse mentre la portava all'ospedale. Quando la vide Luca corse incontro al ragazzo, la prese delicatamente tra le braccia e corse più velocemente possibile. Aveva una brutta ferita alla testa ma si poteva curare, per le ferite dell'anima invece non poterono fare nulla. Quando riprese conoscenza il suo sguardo era vuoto e non pronunciò alcuna parola. Qualcosa dentro di lei si era rotto per sempre.
Luca le stava sempre vicino, se fosse servito le avrebbe dato la sua vita,ma niente di quello che faceva riusciva ad abbattere quel vetro che la separava dal resto del mondo.
Scrisse ai suoi genitori. Sconvolti gli ordinarono di riportarla subito a casa e lui obbedì consapevole che era l'unica cosa che poteva fare.
Arrivarono in Italia la mattina del 6 agosto 1993.

Anna era ancora davanti allo specchio. Gli occhi pieni di lacrime. Odiava ricordare.
Avrebbe voluto dimenticare tutto e vivere felice ma non poteva. Il passato non l'abbandonava mai.
Quando era tornata dall'India non riusciva a parlare, poi pian piano con l'aiuto della sua famiglia e degli amici, era riuscita a riacquistare una specie di equilibrio, ma non aveva più voluto sapere niente di Calcutta che nella sua mente aveva identificato con la persona che le aveva usato violenza.
E poi il panico, violento e incontrollabile, l'agarofobia, la recluisione. Le avevano rubato la sua vita per sempre.
Non era più riuscita ad uscire di casa, in tutte le persone che incontrava vedeva un nemico. Era stata insieme a Luca dallo psicologo che l'aveva messa in contatto con un'associazione che curava i disturbi mentali anche attraverso la terapia di gruppo. Aveva partecipato a qualcuna delle sedute, ma sentiva che il suo caso era differente da tutti gli altri. Sapeva che il dottore aveva ragione quando le diceva che il problema veniva da dentro e che doveva lavorare su se stessa per riuscire a sonfiggerlo, ma non aveva la forza di ripercorre le tappe dolorose che l'avevano segnata per sempre.
Così, ad un certo punto aveva semplicemente smesso, di farsi aiutare,di vedere gente...di vivere e si era rinchiusa nel suo volontario esilio con l'uomo che amava. I suoi genitori e i suoi amici avevano ceracato di dissuaderla ma avevano dovuto arrendersi di fronte ad una donna che rifiutava il mondo esterno.
Dopo anni passati come volontaria nelle missioni, tra i poveri e gli ammalati, dopo aver dato tutto il suo amore per gli altri, non riusciva più a trovare la forza per salvare la sua vita. Quella sera Luca era rientrato prima del solito, la salutò come al solito ma sul suo viso c'era un'ombra strana. Anna lo gaurdava preoccupata "E' successo qualcosa all'ospedale?". Lui non sapeva se raccontargli quello che sapeva, non voleva turbarla, però era sua moglie e lui aveva il dovere di essere onesto. "Si Anna ma non qui. Qualcuno ha apppiccatoil fuoco al nostro ospedale a Calcutta e tutto quello per cui abbiamo lavorato sta andando in rovina e...." "No basta non voglio sentire niente che riguardi quel posto non mi interessa più ormai!", Luca le mise le mani sulle spalle nel tentativo di calmarla ma anche di squoterle di dosso quel malessere che le avvelenava l'esistenza "Anna non può essere davvero quello che pensi, non puoi aver rinunciato ai tuoi sogni agli anni di fatica di speranze e a tutto il lavoro che abbiamo fatto insieme. So che quello che ti é successo ha lasciato un segno indelebile, ma non può aver spento in te la voglia di vivere per sempre. Devi cercare di reagire di combattere. Anna ti prego solo tu puoi salvare te stessa dipende da te". Lei era seduta in un angolo della cucina con le braccia intorno alle ginocchia rannicchiate e la testa abbassata "Non voglio combattere, non serve a niente, le persone muoiono a centinaia tutti i giorni e io non posso fare niente per loro. Aveva ragione mio padre quando diceva che non posso prendermi tutta la responsabilità del mondo. Se quello che mi stai chiedendo é di tornare a Calcutta la risposta é no mai." Pronunciò queste parole quasi con rabbia e Luca ne fu scosso "Non ti riconosco più Anna" Si allontanò da lei e per tutto il resto della serata parlarono pochissimo Lei capiva di avergli fatto del male. Sapeva quanto tenesse suo marito al piccolo ospedale di Calcutta era il posto in cui si sentiva realizzato. Sapeva anche che non l'avrebbe mai lasciata sola in Italia nelle sue condizioni, quindi quello che lei gli stavo chiedendo era di rinunciare per sempre allo scopo della sua vita. Avrebbe dato non so cosa per riuscire a sconfiggere quel tarlo che le roscchiava l'anima ma non poteva anche se amava suo marito con tutto il suo cuore.
La notte dormirono l'uno accanto all'altra ma ognuno perso nei propri pensieri.
Per la prima volta Anna smise di pensare all'uomo che l'aveva aggredita. Davanti ai suoi occhi scorrevano le immagini di quando lei e Luca si erano conosciuti, di come avevano cominciato a lavorare insieme, vedeva i bambini che avevano curato che le regalavano sorrisi così dolci da spezzarle il cuore....riusciva a distinguere il gruppo di ragazzi con cui aveva inziato la sua avventura in una terra sconosciuta....come aveva potuto scordare tutto questo. Era stata forte allora, aveva sfidato i suoi genitori, il buon senso ed era stata felice. Allungo' la mano verso quella del marito e la strinse forte.
Non era sicura di riuscire a farcela ma almeno voleva tentare.

II 21 giugno 1998 Anna e suo marito Luca tornarono a Calcutta. L'ospedale era distrutto ma i lavori di ricostruzione erano già iniziati. Don Fulvio spiegò loro che una sua parrochiana morendo aveva lasciato tutto quello che possedeva alla Chiesa e così avevano potuto finaziare l'operazione.
Avrebbero creato anche una specie di piccola casa d'accoglienza per i bambini rimasti senza genitori. Avrebbero avuto bisogno di tutto l'aiuto possibile.
anna come già era successo tanti anni prima capì che non avrebbe voluto fare nient'altro al mondo. Le veniva offerta una seconda possibilità, come poteva rifiutare?
Guardò Luca negli occhi e capirono che la loro vita sarebbe ricominciata dalle macerie dell'ospedale e del passato ormai sepolto.


MALI © 2001