L'eccidio
Quel sabato la polizia
prima di portarsi a Fragalà si recò dal sindaco Antonio Squillace per
invitarlo ad intervenire e chiedere agli occupanti delle terre di desistere
e abbandonare il luogo. Il sindaco si rifiutò.
I poliziotti guidati dal maresciallo dei carabinieri di Cirò e dalle
guardie del Berlingieri si apprestarono a raggiungere il luogo dell'occupazione.
Alcuni abitanti del paese percepita l'atmosfera accorsero ad avvisare.
Erano le ore 14:30 quando i poliziotti giunsero a Fragalà, gli occupanti
appena li videro scorgere dall'alto li salutarono festanti al grido
di "EVVIVA LA POLIZIA DEL POPOLO" e "VOGLIAMO PANE E
LAVORO". Ma il maresciallo dei carabinieri forte nella sua uniforme
e convinto nel rappresentare lo Stato e la Giustizia gridò ai contadini
"andatevene morti di fame, questa non è la vostra terra".
La loro resistenza era l'urlo "VOGLIAMO PANE E LAVORO".
Dopo qualche minuto di tensione, la polizia dette inizio all'attacco
lanciando prima lacrimogeni per disorientare la gente, poi iniziarono
a sparare in direzione delle persone con pistole e mitra. Il primo ad
essere raggiunto da un proiettile d'arma da fuoco fu Francesco Nigro,
morto dopo pochi minuti sotto gli occhi del fratello Giuseppe. Spensero
per sempre i sogni della vita di un giovane che voleva lavorare e formare
una famiglia propria.
La gente osservò inerme e sotto shock la ferocia dell'intervento, non
poté fare altro che soccorrere i feriti che erano ormai in tanti.
Subito dopo ferito mortalmente si accasciò al suolo Giovanni Zito, aiutato
in quegli ultimi attimi tragici e dolorosi dal padre che tentò in ogni
modo di comprimere le ferite ed arrestare la fuoriuscita di sangue dalla
pancia del figlio, morì dopo pochi minuti, la sua energia vitale fu
spezzata per un'ideale di vita.
L'altra vittima, una donna, Angelina Mauro ferita gravemente
venne portata all'ospedale di Crotone con un asino, unico mezzo di trasporto
a disposizione, morì il giorno dopo. Una tenera giovinezza infranta
nel desiderio di una vita normale e non subordinata.
Ci furono una trentina di feriti più o meno gravi che vennero trasportati
all'ospedale, persone che hanno portato i segni di quella tragedia per
tutta la vita.
Per concludere la polizia lasciò ancor di più il segno del proprio passaggio
divertendosi a sparare agli asini, alle caprette, a bucherellare i barili
d'acqua e le ceste dove tenevano il cibo.
Dopo la sparatoria i poliziotti abbandonarono il luogo della tragedia
senza soccorrere i feriti.
Il giorno dei funerali tutto il paese partecipò con grande commozione
e sdegno, furono presenti diversi parlamentari, nessun poliziotto.
Nel sud dell'Italia le lotte contadine continuarono e ci
furono altri spargimenti di sangue in Basilicata a Montescaglioso, in
Puglia a Torremaggiore.
La perdita di tante vite, la situazione sempre più incontrollabile spinse
il governo e l'opposizione a ripensare una riforma agraria, tanto osteggiata
dalle forze conservatrici egemoni, i baroni, ancora influenti nel meridione
in particolare.
La Riforma Agraria del 1950 portò ad una distribuzione delle terre ai
poveri contadini, ma poi seguirono tanti errori nella gestione di quella
che doveva essere una svolta importante per il mezzogiorno.
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