L'umiltà del dubbio

 

Cerchiamo parole che restino dentro, che ci facciano alzare dalla sedia e prendere altri libri. Cercare un'altra pagina, capire e guardare fuori, la notte. Scoprire un'altra parola, nuova. C'è chi la porta, quella parola, scritta nel sangue e gli gira pel corpo. Per questo la si legge dagli occhi, da un sorriso, da un colpo di tosse, dalla voce sicura. E noi, pallidi, la cerchiamo, gli stiamo di fronte, emozionati, scopriamo la vita, diversa.

Nicola Benedetti

 

 

Colloquio con Vittorio Foa

di Annalisa Fiore e Michele Pezza

 

Pensavamo di andare a trovare uno dei primi cospiratori antifascisti, un eroe della Resistenza, un membro dell'Assemblea Costituente, un tenace sindacalista e invece... e invece ci ritroviamo dinanzi un giovane di ottantotto anni! Inizia così il nostro piccolo viaggio nell'universo di Vittorio Foa. Il senso di soggezione per l'incontro svanisce subito grazie a Sesa, la sua compagna, che col calore di una semplice tazza di tè riesce a sciogliere la nostra palpabile emozione. Prima ancora di poter solo pensare alla prima domanda è lui, Foa, che, con la curiosità che gli è propria, si interessa a noi attraverso domande semplici sui nostri studi e sulla nostra vita. Entriamo così in un bellissimo colloquio aperto a qualsiasi sbocco, dove le differenze generazionali trovano un punto di incontro nei sentimenti che sostengono l'azione. Il rapporto fra ruolo pubblico e vita privata, questo è il primo argomento al centro del discorso. Nel '44 la moglie di Foa, per di più incinta, venne rapita da una banda di fascisti. Alla proposta di questi ultimi di rilasciarla, insieme agli altri prigionieri, in cambio della cessazione totale dell'attività partigiana nella città di Milano, egli oppose un netto rifiuto.

Per un ideale si può andare incontro alla propria morte, ma è giusto rinunciare ai sentimenti, che della vita costituiscono l'essenza? Quanto una rinuncia, una limitazione, un danno arrecato alla sfera privata e più intima dell'individuo a favore del pubblico e del sociale, non danneggia anche questi ultimi, oltre che il privato stesso?
"Per noi, in quei momenti, - risponde, portandosi le dita al centro della fronte, quasi a voler cercare più a fondo nella sua memoria - la libertà era un sentimento. Un sentimento primario, condizione necessaria per la nascita di qualsiasi altro affetto o legame sentimentale."
La libertà come sublimazione del sentimento. Difficile da capire, per noi ventenni, che della libertà non abbiamo pagato il prezzo, che possiamo permetterci di darla per scontata. Ed è proprio questa difficoltà a testimoniare con forza la grandezza della scelta di Vittorio Foa, che, intrecciando le sue dita con quelle di Sesa, continua: "Ogni vera libertà personale non può esprimersi altrimenti che nel poter scegliere il modo di rinunciarvi." La libertà come possibilità di rinunciare ad essa!

Ma sono ancora riscontrabili, nella nostra società, ideali così forti?
"Ci sono - afferma - sono solo diversi da quelli della mia generazione... basti pensare al volontariato". Gli ideali cambiano velocemente, almeno quanto la società che li supporta e li genera, e non è detto che quelli di ieri siano più forti o più importanti di quelli di oggi.
"Per me, - riprende con voce ferma - nato nel 1910 e cresciuto in un periodo di guerra sanguinaria e violenta fra le nazioni europee, era impensabile vedere nel finire del secolo un tentativo che, per quanto sarà lungo e difficile, ha come obiettivo di giungere ad un'unità politica, oltre che economica, dell'Europa."

Fine secolo caratterizzato da un'altra grande sfida che la politica ha il dovere di affrontare: l'immigrazione, con i suoi risvolti di natura economica, sociale e culturale.
"Ma attenti - ci dice Foa - l'immigrazione è ben accolta da chi può trarne un vantaggio economico, ad esempio sfruttando, in modo legale o meno, questa nuova forza lavoro e inoltre, spesso, l'immigrazione genera razzismo. Un razzismo che supera le tradizionali divisioni destra-sinistra, non essendo solo di derivazione classista, caratterizzato cioè da uno scontro "ricchi-poveri", ma anzi manifestandosi come guerra fra poveri."

La sinistra sottolinea che la diversità è fonte di ricchezza, la destra mette in luce il nesso fra immigrazione e criminalità; Foa, con la sua capacità di analisi, parte dalle risposte e cerca ancora nuove domande, senza mai perdere l'umiltà del dubbio.

 

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