L’ATTACCO

Autrice: Dany

Pairing: nessuno                  Censura: chi odia i libri dell’orrore

NOTE: i personaggi sono della Rowling, l’ispirazione è in parte dovuta alla lettura di un libro dell’orrore (a cui non intendo fare pubblicità), in parte a “Tra le braccia del male” di Mariacarla (a cui intendo fare pubblicità)^^

 

Vª PARTE

Al centro della grande sala, sul pavimento prima uniforme, si apriva ora un buco circolare di circa quattro metri di diametro.

Da dove si trovava, Piton non poteva vedere quanto fosse profondo, ma lo sapeva fin troppo bene: il Pozzo dell’Inferno! Un’escrescenza, un tumore venuto in  superficie…

Sul bordo, Lupin, la McGrannit ed alcuni Auror guardavano dentro, apparentemente senza avvertire l’orrore che ne scaturiva, denso, palpabile, come una nebbia intossicante, che stava spingendo Piton, cercando di allontanarlo, aggredendo tutti i suoi sensi fisici e psichici.

Il mago si aggrappò agli stipiti della porta e poi si addossò al muro interno, sentendo la tensione fortissima premerlo contro la pietra: un sapore amaro gli salì in gola mentre la nausea lo aggrediva con rinnovato vigore.

Il marchio adesso bruciava con la stessa intensità di quando era stato impresso; si artigliò il braccio, chiudendo gli occhi e pensando di fuggire, ma non c’era posto abbastanza lontano sulla Terra, nessun buco in cui prima o poi, sarebbe stato raggiunto…

I servitori del Signore Oscuro erano stati catturati, ma a lui, adesso, non servivano più, perché lui, Voldemort, era lì, in fondo, dentro il Pozzo, e quando ne sarebbe riemerso avrebbe deciso se voleva ancora, accanto a sé, quei miseri, pezzenti mortali…

Il ticchettio di legno su pietra, alternato al passo di uno stivale, convinse Piton a riaprire gli occhi: dalla porta era appena entrato Malocchio Moody.

Il vecchio Auror si fermò oltre la porta, probabilmente guardando quegli stolti che osservavano perplessi la bocca della notte, poi l’occhio magico dovette notare Piton, dietro di lui, perché si girò a mezzo, osservando il mago con ambedue gli occhi, con espressione non del tutto benevola.

- Nh, tu lo senti vero? Mi sono arrivate voci su quello che hai fatto… o non hai fatto, ma resti sempre un Mago Oscuro! Il tuo ex signore ha avuto davvero una brillante idea!

Piton si sentiva troppo male per rispondere, ma la voce di Moody aveva fatto girare i presenti e adesso Lupin e la McGrannit stavano venendo velocemente verso di loro.

- Che pensi di fare qui?! – lo aggredì Lupin – Dovresti essere in un letto di ospedale! Hai proprio deciso di voler morire?!

Il mago gli lanciò un’occhiata rovente.

- Siete voi che non capite un accidenti!! Ve ne state sul bordo dell’orrore come se fosse un ornamentale pozzo del ‘500! Voldemort è già giù, immagino… Silente e Potter?

La professoressa di Trasfigurazione spostava lo sguardo da lui a Malocchio.

- Non li abbiamo trovati da nessuna parte, per cui pensiamo che siano giù anche loro. Degli Auror sono scesi a cercarli, ma…

- Tze! – sbuffò il vecchio mago – Andati! Perduti per sempre! Che razza di idioti!! Ma nessuno legge più i vecchi libri?! Nessuno che sappia cosa sia quel buco?! Mi devo ritrovare con uno stramaledetto Mago Oscuro a sapere che cosa abbiamo di fronte?!

Si guardò intorno con aria indagatrice e sospetta.

- L’ho sentito da casa, l’ho sentito!! Le vibrazioni sono tali da non poter essere ignorate… mi aspettavo Lupi mannari e Vampiri alla porta: una visita di cortesia, invece di questo incubo… dannazione!!!

Se Piton era già spaventato, scoprire che anche un Auror potente come Malocchio Moody aveva paura, peggiorò solo la situazione. Comunque il suo corpo si stava abituando alle “vibrazioni”, come le chiamava il vecchio mago, e si raddrizzò un po’.

- Se Voldemort riesce a fare quello che ha in mente, faremo bene a darci una dolce morte adesso, perché nessuno riuscirà più a fermarlo! Però… c’erano neonati in giro?

La McGrannit lo guardò stupita.

- Neonati? Ma, Severus…

- Dannazione, donna! – interloquì spazientito Moody – Rispondi: il ragazzo non è pazzo, sa quello che dice!

La McGrannit lo guardò risentita, ma rispose.

- Durante l’attacco sono stato schiantata e quando sono stata rinvenuta ero nella stanza dei professori, insieme agli altri, senza bacchetta, controllata da Mangiamorte, e lì sono rimasta finché non ci hanno liberato! Non so niente di neonati: io non li ho visti!

Lupin, però, era impallidito.

- Ma io sì, ne ho sentito uno piangere mentre ero trasformato in Lupo, ed ho sentito il suo tenero profumo. – Si guardò attorno come se solo allora si fosse reso conto che c’era un altro scomparso.

- È inutile che ti guardi attorno! – Grugnì Moody – È giù, insieme agli altri e questo vuol dire che il Signore Oscuro ha tutto ciò che gli serve: possiamo chiudere bottega e andare a cercarci un bel posto dove morire! Immagino che Silente sia disarmato!

Lupin assentì.

- Il Signore Oscuro è stato abbastanza furbo da catturare prima Potter… adesso che lo può toccare… Silente non ha potuto combattere…

 

Mentre gli altri parlavano Piton aveva cominciato ad avvicinarsi al Pozzo, la testa gli faceva ancora male, ma adesso era qualcosa che poteva sopportare.

Lupin si girò di scatto.

- Dove pensi di andare?

- Vado giù!

Tutti e tre lo guardarono come se fosse impazzito, ma poi Moody ridacchiò.

- Sei libero di scegliere dove, come e quando morire, ragazzo, ma io non sceglierei quel posto e quel modo! Sono davvero scelte orribili!

- Non è che ho intenzione di suicidarmi… – rispose Piton senza girarsi e avvicinandosi al bordo – Dopotutto, a parte te, sono il solo a sapere cosa mi aspetta… e se devo morire, avevo già deciso di farlo con stile: non voglio rintanarmi come un coniglio, aspettando che i cani del cacciatore mi vengano a tirare fuori per il muso…

A proposito: la mia bacchetta?

Lupin si avvicinò ad un tavolino su cui erano accatastati diversi oggetti requisiti.

- È questa, se non sbaglio…

Riavere la su arma fece sentire Piton decisamente meglio: per tutto quel tempo, da quando gli era stata sottratta, si era sentito nudo e indifeso come un bambino… una sensazione che sperava di non provare mai più.

 

Si girò a guardare i presenti: in quelle ultime ore lui e Lupin si erano avvicinati come non mai, da quando si conoscevano: adesso erano “fratelli di energia”… decisamente una cavolata! Però faceva lo stesso un certo effetto…

Si chiese, se le cose fossero andate diversamente, se ne sarebbe scaturito qualcosa… forse non proprio amicizia, ma rispetto… considerazione…

Scaccio un pensiero molesto che cominciava ad affiorare, fece un cenno di saluto e saltò verso l’antro buio.

 

VIª PARTE

In un passato lontano, Piton ricordava di aver letto un libro scritto da babbani, dove si narrava di una ragazzina che seguiva un coniglio parlante e finiva in un pozzo, nel quale cadeva lentamente e si chiamava… Alice?

Il Pozzo dell’Inferno avrebbe potuto ricordare quel passo del libro, perché lui stava cadendo, ma lentamente, da un tempo decisamente troppo lungo, solo che era tutto nero, buio, claustrofobico, per essere il pozzo di Alice, senza simpatici oggetti che ti passavano accanto, senza un minimo di luce a confermare che stava scendendo: per quello avvertiva poteva anche essere sospeso in aria, immobile.

L’aria era calda, marcia ed il mal di testa stava tornando ad essere insopportabile, pulsante, e poi perché? Per tentare di salvare quel piccolo mostro di Potter? Se fosse morto sarebbe stata una vera liberazione… E Silente: vecchiaccio disgraziato che gli aveva rovinato la vita!! Perché tentare di salvarlo?

Nel buio ebbe una guizzante visione di Voldemort che faceva a pezzi il preside e provò un fremito di piacere selvaggio… meritavano tutti di morire: luridi, infingardi, stupidi, dissacratori, laidi, squallidi maghi schifosi!

Gli Auror, genia maledetta: chi dava loro il potere di decidere che una magia aveva diritto di esistere e l’altra no?! Puzzolenti ratti da sterminare: Voldemort ava fatto ciò che andava fatto!

Ed i suoi “colleghi”: quella  CENSURA  della McGrannit, ridacchiante schifosa, ogni volta che i suoi piccoli scarafaggi vincevano quelle idiote partite di Quidditch! Le sarebbe stato bene un ghigno eterno sulla testa mozzata ed attaccata al muro, come una testa di cervo…

 

Rabbia, odio e risentimento vorticavano nella sua mente impazziti, facendogli battere il cuore e partendo come frecce infuocate contro tutti quelli che Piton conosceva.

Poi, Piton doveva essere arrivato sul fondo senza accorgersene, davanti a lui una forma prese consistenza, brillando leggermente bianca, come di luce propria. Avanzava lentamente, con un’andatura oscillante, irregolare; aveva qualcosa in mano ed emetteva un leggero ringhio.

Il mago si fermò, cercando di mettere a fuoco la vista e sentendo un’istintiva vampata d’odio verso quell’essere, anche senza sapere cosa fosse.

La forma si avvicinò e Piton riconobbe un Auror, o quello che era stato un Auror, la veste grigia sporca di sangue ed il viso deformato da un’espressione di odio indirizzata verso di lui: quel rospo osava odiarlo!!

L’Auror alzò la bacchetta, ma Piton fu più veloce.

- Avada Kedavra!

Il raggio verde sprizzò dalla punta della sua bacchetta e colpì in pieno l’altro mago, che cadde a terra morto.

Un sentimento di folle trionfo invase l’animo di Piton, che si avvicinò al corpo disteso e gli diede un calcio in segno di ripugnanza.

Poi si girò e all’improvviso vide sul terreno i corpi degli altri Auror che erano scesi nel pozzo: gli stronzi si erano ammazzati a vicenda! Perché erano quello che erano.

Una risatina di scherno uscì dalle sue labbra contratte in un ghigno: ciò che meritavano.

Prese a camminare lentamente tra i corpi, riprendendo la lista dei suoi colleghi, i loro difetti che li rendevano indegni di vivere e ciò che gli sarebbe piaciuto far loro, magari quando sarebbe tornato su…

Lupin, il  CENSURA licantropo, amico di quella fogna di Black

Il viso sorridente di Lupin gli apparve nella mente: cercò di vedere oltre il sorriso aperto i veri pensieri di derisione… compassione… disprezzo…, ma il sorriso non cambiava.

Quel figlio di…

ma questa volta non funzionò.

Provò a cambiare genere: in effetti quel sempliciotto era troppo stupido per pensare male di chicchessia. Il buono per eccellenza: probabilmente si sentiva compiaciuto della sua bontà, quella sua disgustosa e affettata disponibilità verso tutti, quel melenso sorriso…

Non funzionava! Il sorriso di Lupin continuava a balenargli davanti agli occhi ed era del tutto innocente.

certo! Ma non c’è posto in questo mondo per gli innocenti!!

C’era qualcosa che si agitava a livello del cuore: un senso di disgusto che risaliva dallo stomaco e cercava di raggiungere il cervello.

“… sta tranquillo, fratello di sangue… e di energia!”…

Le parole di Lupin furono come una vampata di luce bianca e fu come se Piton si svegliasse da un sogno: ondeggiò in preda a vertigini e poi trasse un respiro profondo, come se per tutto quel tempo fosse rimasto in apnea.

Si guardò intorno disorientato e vide il corpo dell’Auror che aveva ammazzato: fu come un colpo di frusta!

C’era caduto!!!

L’orrore di quello che aveva fatto, di quello che aveva pensato di fare lo assalì, percotendolo.

Oddio! Ci sono cascato… lo sapevo e ci sono cascato lo stesso!!!

Affondò il viso nelle mani, inorridito e scosso: pensava di sapere e invece non sapeva niente. Pensava che il Male, l’odio e la rabbia lo avrebbero attaccato di fronte, rivelandosi per quello che erano e non si aspettava che strisciassero silenziosi e venefici alle spalle, infiltrandosi lentamente nella sua mente, avvelenando lentamente il cuore, così che alla fine era perduto senza neanche accorgersene… perché, infondo, il Male sa molto bene come confondersi con le passioni umane: uccidere l’Auror era stata semplice autodifesa e quello che aveva pensato dei suoi colleghi, d’altra parte, era vero, solo un po’ estremizzato, e non era naturale desiderare vendetta per i torti subiti?

Ed è su questa strada che si perde l’anima…

 

Restò in silenzio, abbassando le mani e chiudendo gli occhi, chiedendo perdono ad un Dio che avrebbe anche potuto stancarsi di aspettarlo.

La stanchezza era tornata, il torpore invase le sue membra, ma poteva essere un nuovo attacco, diverso, di quel posto maledetto, che adesso cercava di immobilizzarlo?

Più probabilmente erano le ferite che aveva prima e che certo non erano guarite da sole!

Trasse un nuovo profondo respiro, non che l’aria putrida potesse portargli giovamento, ma non aveva altro da respirare, e si incamminò nel buio, cercando una traccia degli altri.

 

Non sapeva da quanto tempo stesse camminando o quanto spazio avesse percorso, perché in quel mondo buio e fetido non aveva punti di riferimento, ma alla fine li trovò, sbucati dal buio come fantasmi, tenui bagliori bianchi.

Voldemort gli dava le spalle, davanti a lui Potter e Silente erano legati a catene incrostate di sangue scuro, le cui estremità si perdevano nel buio ed al centro c’era quella che sembrava una mezza sfera, o una sfera spuntante a metà dal terreno marcio, un metro di diametro, come un orrida pupilla più nera del buio, l’essenza pura dell’oscurità, la fonte delle fiamme che ormai gli bruciavano il braccio tatuato, del mal di testa pulsante, della follia che gli aveva invaso la mente: l’ultima porta prima dell’indicibile.

E per aprirla, per ottenere il potere stesso del Diavolo, oh, non quell’insignificante spirito maligno di cui parlavano le religioni dei babbani! Il Male vero, il vero Demone Supremo, era al di là del descrivibile, era il marcio che invadeva il cuore di molti, babbani o maghi, la cancrena che divorava l’umanità e l’anima di persone capaci di fare ai propri simili atrocità insensate, senza rendersi conto dei propri abomini, distruggere la terra su cui camminavano, inquinare l’aria che respiravano, per avidità di un potere che non li avrebbe mai potuti salvare dalla distruzione che loro stessi spargevano. Soldi, lusso, potere, Potere: suadenti prospettive, sottili cappi del Male che si avvolgevano melliflui sul corpo della mente, per poi stringersi intorno al collo e soffocare l’essenza umana, lasciando gusci vuoti di quelli che erano stati esseri umani.

Diavolo al cui confronto Voldemort era stato un bambino capriccioso, che aveva distrutto solo qualche vita e sparso un po’ di terrore… fino ad allora!

Per aprirla occorreva solo il sangue di tre maghi: un neonato, un giovane ed un vecchio; il futuro, il presente ed il passato; la speranza, la forza e la sapienza…

 

Il neonato (probabilmente figlio di Auror) giaceva tra le braccia del Signore Oscuro, senza piangere o muoversi?

Piton si avvicinò aguzzando la vista.

Voldemort di spalle gli risparmiò la vista del corpicino, ma il sangue che colava sulla sfera, avidamente assorbito, non dava più speranze: aveva iniziato!!

Il cuore di Piton si riempì di orrore e di compassione: forse suo padre si sarebbe scandalizzato, forse Salazar lo avrebbe disconosciuto come Serpeverde, ma non c’era nulla al mondo, nessun tesoro, non la Conoscenza del conoscibile, non il Potere assoluto, che lo avrebbero mai convinto ad uccidere un neonato… ma tanti, invece, lo avrebbero fatto…

Il dolore e la pietà sembrarono risplendere sul mago, un bagliore argentato pulsò intorno a lui e all’improvviso il mondo circostante cominciò a pulsare in modo discorde, mentre la sfera sembrava infossarsi e tremiti si diffusero nel terreno: non era posto dove emozioni pulite potessero essere espresse indisturbate, tutto il luogo digrignava i denti con repulsione.

Voldemort si girò di scatto: gli occhi erano ormai luci rosse incandescenti, la bocca era sporca del sangue del neonato – Piton indietreggiò sconvolto – il corpicino pendeva come una bambola di pezza tra gli artigli affilati.

Il Signore Oscuro lo gettò sulla sfera, dove fu assorbito, tirò fuori la bacchetta e la puntò su Piton prima che questi riuscisse a reagire.

- Avada Kedavra!

Il fascio di luce verde colpì il mago in pieno, lo attraversò e il mondo di Severus divenne di luce verde.

Passarono secondi lentissimi, prima che Piton e Voldemort si rendessero conto che qualcosa non quadrava.

Perché Piton era ancora in piedi: la maledizione “che non perdona” lo aveva attraversato come fumo, il mago l’aveva vista arrivare, ma non aveva provato assolutamente nulla al suo passaggio.

La luce argentea che lo circondava era intatta: non aveva fermato l’Avada, l’aveva forse neutralizzata?

Indubbiamente sarebbe stato un argomento interessante per un dibattito, ma quello non pareva il luogo adatto per fermarsi a fare dotte disquisizioni.

Doveva pensare a salvare Potter e Silente.

Pessimo pensiero!!

Decisamente troppo positivo per la casa del Male: la luce argentea aumento, la pulsazione aumentò, divenendo rullante come il suono di un tamburo, decisamente stonato ed infuriato, la sfera s’infossò ancora di più.

Piton guardò stupito la scena: era possibile che bastassero semplici pensieri positivi?

Voldemort urlò e si scagliò contro il mago, Piton si scansò, ma non abbastanza in fretta da evitare un artiglio che gli lacerò il braccio sinistro: il colpo ebbe l’effetto di una scarica elettrica. Che per un attimo paralizzò il mago, permettendo a Voldemort di girarsi e afferrarlo alle spalle.

Il contatto con il suo ex padrone fu devastante: qualunque cosa l’avesse salvato dalla maledizione, non impedì al Signore Oscuro di piantargli gli artigli nel petto. Fasci di dolore partirono in tutte le direzioni, bloccandogli il respiro, forse fermando, per un attimo, il cuore (quella fu almeno la sensazione) e diffondendo nel corpo un gelo mortale.

Piton lottò contro la perdita di sensi, pensò ad un incantesimo che l’avrebbe potuto salvare, ma non era certo che fosse il caso di usare un incantesimo di Magia Oscura in quel luogo, rischiando di ricadere nelle spire del Male.

Voldemort lo teneva stretto, aspettando che il veleno uccidesse quello stramaledetto guastafeste.

La mente di Piton si stava svuotando: non avrebbe mai scoperto se lui e Lupin potevano diventare amici… niente più sole… erba verde… incantesimi affascinati… da imparare… non era riuscito a salvarli…

“Un pensiero buono per mille cattivi”: la sfera sembrò emettere uno sfrigolio e quasi scomparve nel terreno. Voldemort fu assalito dal panico: se fosse scomparsa non l’avrebbe più potuta richiamare, avendo già sacrificato il neonato.

Scagliò di lato Piton e si precipitò ringhiante sul posto, evocando di nuovo la sfera: liberò dalle catene un Potter stordito e lo trascinò in avanti, verso la porta dell’Inferno che aveva fermato la sua discesa, sembrando indecisa se tornare su o meno, abbassandosi a raccogliere il coltello.

Il veleno scorreva nelle vene di Piton e ormai non aveva più la forza di alzarsi in piedi, poteva solo provare…

- Potter! – urlò, sperando di essere sentito – Pensa ai tuoi amici, a Sirius Black (in casi estremi…), pensa a quanto vuoi loro bene!…

Un sapore acido gli salì in gola, strozzandogli le parole e facendolo piegare a terra, in preda a violenti colpi di tosse.

Poi tutto scomparve, il rullare del terreno si affievolì ed infine l’incoscienza pietosa lo strappò dalle grinfie del dolore…

 

VIIª PARTE

Aprire gli occhi può essere un’impresa?

Se si è sotto psicofarmaci, o decidete di svegliarvi prima che il sonnifero abbia terminato il suo effetto o se siete stati anestetizzati, probabilmente la risposta è sì.

E anche se state cercando di uscire dal coma o almeno questo era il caso di Piton.

Una luce bianca batteva sui suoi occhi e confusamente il mago si chiese se l’aurea argentea lo stesse costringendo a riprendere i sensi: il suo corpo, se ancora c’era, da qualche parte, non dava notizie di sé. Il cerchio alla testa, nulla in confronto al mal di testa che aveva segnato le sue ultime ore, lo informava che la testa era ancora al suo posto e se la sensazione di inspirare ed espirare era vera, voleva dire che, contro ogni prospettiva e contro ogni legge della natura, era ancora vivo.

Però le pulsazioni erano cessate ed intorno a lui c’era solo silenzio, tranne uno strano fruscio, ad intervalli, accanto a sé.

“La curiosità ha ucciso il gatto” dice un proverbio ed all’inizio Piton decise che non voleva sapere la fonte di quel rumore e non voleva sapere cosa c’era fuori dalle sue palpebre: era poco probabile che ci fosse qualcosa di piacevole in fondo al Pozzo dell’Inferno.

Ma il fruscio continuava e, in lontananza, si udivano rumori che gli ricordavano qualcosa: decise di dare una sbirciata… se riusciva a convincere le palpebre ad alzarsi.

La discussione mentale durò un certo tempo, poi, riluttanti, le palpebre si sollevarono di circa un centimetro.

La vista era confusa, gli occhi non riuscivano a mettere a fuoco, ma lì intorno era tutto bianco e la luce non proveniva da sé, ma dall’esterno.

Chiuse di nuovo gli occhi, che avevano cominciato a pizzicare, poi li aprì di nuovo, più deciso questa volta, e girò lentamente la testa, inclinata sul lato sinistro: tenda bianca, tenda bianca, Lupin che legge un libro…

Per un attimo Piton fissò l’altro mago, non essendo sicuro di ciò che gli occhi gli comunicavano, poi l’altro alzò lo sguardo dal libro e spalancò gli occhi.

- Severus! – la voce era poco più di un bisbiglio – Ti sei ripreso!

A quanto pare…

- Vado subito a chiamare Madama Chips!

Piton lo guardò sparire dietro le tende bianche, poi chiuse di nuovo gli occhi stanchi: era finita!

 

Si era già riaddormentato, quando si sentì scuotere.

Di malavoglia aprì gli occhi e guardo male Madama Chips.

- Non ho diritto di dormire? – domandò, strascicando sonnolento la voce.

Madama Chips sorrise inflessibile.

- Hai dormito fin troppo: mi sembra che un mese in quello che si potrebbe definire coma, sia sufficiente, anche se, in realtà, erano pochi quelli che pensavano che ce l’avresti fatta! Sei decisamente una pelle dura.

Un mese?

Piton abbassò lo sguardo sulla propria mano, che riposava abbandonata sulla coperta e la trovò molto simile alla zampa di un uccello: magra lo era sempre stata, come il resto del corpo, ma adesso era scheletrica e ciò lasciava supporre che il resto del corpo fosse nelle stesse condizioni.

D’altra parte la nutrizione passiva, attuata con la magia, non era mai stata il massimo per mettere su qualche chilo.

Si sentiva intontito e desiderava solo riposare un po’ di più: un mese era appena sufficiente, visto ciò che aveva passato, ma avrebbe riposato meglio sapendo cosa era successo.

- Perché non mi dite come stanno le cose? Credo di essermi perso il finale…

Lupin fece un cenno all’infermiera di Hogwarts, che si ritirò, e si sedette.

- Beh, dopo che il tuo corpo, a mio parere saggiamente, ha deciso che era ora di staccare la spina, per impedirti ulteriori follie, Voldemort ha cercato di sgozzare Potter, il quale, però, ha seguito il tuo consiglio, ha riempito il suo cuore di amore e questo, stando a ciò che ci hanno riferito Potter e Silente, ha fatto richiudere la porta orripilata, che è scomparsa alla vista.

Potter ha cominciato a splendere come una torcia e Voldemort ha preso letteralmente fuoco: si pensa che avesse assorbito troppo spirito demoniaco per poter resistere all’aurea di amore di Harry.

Non sappiamo se sia morto, sai che è un osso duro da ammazzare, ma è scomparso e penso che, se anche è ancora vivo, sarà uno spirito infestante e nulla più. Ed il Pozzo ha deciso di chiudersi. Per fortuna ciò che è successo è che il fondo è tornato su, portandovi allo scoperto come se fosse stati spruzzati in aria da un getto d’acqua.

Potter e Silente stavano abbastanza bene, tu invece eri in condizioni disperate: il veleno di Voldemort ti era entrato in circolo e nessuno avrebbe scommesso mezzo zellino che te la saresti cavata. Credo che alcuni Auror si preoccuperanno parecchio quando sapranno che sei vivo: hai una tendenza a rifiutarti di morire decisamente preoccupante!

- A questo proposito avrei una domanda – lo interruppe Piton – qualcuno mi sa dire perché non sono morto quando l’Avada Kedavra di Voldemort mi ha preso in pieno?

- Uhm, Silente se lo è chiesto ed ha una teoria: l’Avada Kedavra non danneggia il corpo, come sai. In effetti si pensa che distacchi a forza l’anima dal corpo, causando così la morte del corpo… ma forse la tua anima era protetta dall’aurea bianca, non un vero scudo, infatti non ti ha difeso da un attacco fisico e se Voldemort ti avesse lanciato contro un incantesimo di fuoco, probabilmente adesso saresti un mucchietto di cenere. I cervelloni del Ministero ci stanno lavorando su.

Sorrise tranquillo, poi si batté una mano sulla fronte.

- A proposito, qualche giorno dopo ti è arrivato qualcosa dal Ministero… - la mano di Lupin scomparve dal campo visivo di Piton, verso il comodino, e ricomparve reggendo in mano una pergamena dal bordo dorato, chiusa con ceralacca rossa.

Piton la guardò perplesso.

- Hn, cos’è? Una lettera di ringraziamento o una richiesta di comparizione per uso improprio di Incantesimi Oscuri?  

Lupin ridacchiò.

- No, in realtà questa è la versione cartacea del riconoscimento che meriti…

Piton lo guardò interrogativo.

- Beh, in effetti è un’ordinazione…

Piton lo guardò in tralice: non era in vena di giochetti.

- Ordinazione viene da “ordine”…

Piton era troppo stordito per cogliere il nesso.

- Lupin, mi stai facendo tornare il mal di testa: cosa mi ordinano?

- Ti hanno ordinato socio del Club dei Secchioni, Severus: Ordine di Merlino di Seconda Classe!

Piton spalancò gli occhi, adesso totalmente sveglio e si era svegliato anche il suo corpo: faticosamente si tirò a sedere.

- Stammi a sentire, lupo spelacchiato, se mi stai prendendo in giro…

Ma Lupin, adesso, reggeva in mano un nastro di velluto nero da cui pendeva quella che pareva una medaglia d’argento su cui era inciso, da un lato, un viso barbuto, severo ma benevolo, tale mago Merlino, raro caso di celebrità conosciuta anche nel mondo dei babbani.

- In effetti –proseguì Lupin. – Silente ha fatto il diavolo a quattro perché ti dessero la Prima Classe, visto che lui ha solo sconfitto qualche vecchio negromante acido e creato una semplice pietra filosofale, mentre tu hai salvato il mondo dalla distruzione. Purtroppo, come notavi una vita fa, il Ministero è composto da molte zucche vuote, alquanto restie a consegnare l’Ordine di Merlino a quello che giudicano comunque un Mago Oscuro.

Sono dei dannati razzisti, sono d’accordo, ma le cose stanno comunque cambiando…

E sorrise enigmatico.

Piton, per metà ipnotizzato dai bagliori della medaglia, spostò lo sguardo.

- Muori dalla voglia di dirmelo, qualunque cosa sia: procedi!

Il sorriso di Lupin si allargò.

- Beh, non sta bene rallegrarsi della morte altrui, ma non è possibile cambiare il passato. Al Ministero ritenevano che anch’io meritassi qualche cosina, ma un riconoscimento ad un Lupo Mannaro era fuori discussione: tuttavia uno degli Auror morti nel pozzo era il viceministro per il Controllo delle Creature Magiche ed il posto si era fatto vacante, così hanno pensato che un Lupo Mannaro domestico poteva essere adeguato per trattare con creature… non molto di buon carattere, soprattutto adesso che sono state di nuovo poste sotto controllo!

- Così adesso hai un lavoro! – Piton si sentiva sconvenientemente felice per l’altro – Posso quindi sperare che non ti vedremo più ad Hogwarts?

Lupin ghignò al tono leggero dell’altro.

- Al contrario! Sono spiacente Severus, ma mi ritroverai fra i piedi più volte al mese, perché ho bisogno della pozione che solo tu sai preparare!

Severus finse un’aria inorridita.

- Che orrore! Possibile che in tutto il Ministero non c’è nessun esperto!

Il ghigno di Lupin si allargò di nuovo.

- Beh, magari la puoi insegnare al nuovo professore di Pozioni, che insegnerà ad Hogwarts dal prossimo anno…

- Cosa?… Che diavolo stai dicendo? Siamo a Marzo: per il prossimo anno mi sarò completamente ristabilito! Non c’è bisogno di un nuovo professore di Pozioni!

Lupin assunse un’aria mortificata.

- Oh, mi sono dimenticato di dirti anche questo! Vedi, Severus, non ti verrà rinnovata la cattedra di Pozioni il prossimo anno! – Piton restò pietrificato – Perché, vedi, è estremamente facile trovare un nuovo insegnante di Pozioni, mentre non c’è più neanche un cane disposto ad insegnare Difesa dalle Arti Oscure, e così Silente è stato costretto a confessare che tu avresti accettato con entusiasmo! – Piton era ancora pietrificato, ma adesso gli occhi brillavano. – Al Ministero sono contenti di aver trovato un altro matto disponibile, io penso che siano matti loro: sono restii a darti l’Ordine di Merlino e poi mettono un lupo a far la guardia alle pecore… bah, Silente farà attenzione a ricordarti di insegnare il Patronus e non il Patronus Rex e altre diavolerie che, lo riconosco, sono più efficaci, ma un mago bianco che se ne va in giro ad infilzare spilloni ad una bambolina di cera non è una cosa carina!

Piton si lasciò andare sui cuscini con il cuore che batteva forte: era un sogno, non poteva che essere un sogno!

Il quel momento tornò Madama Chips con un calice fumante e l’aria accigliata.

-Bene Lupin, vedo che hai svuotato il sacco in un colpo solo! Stai cercando di fargli venire un infarto? È appena uscito da una sorta di coma e tu gli butti tutto in faccia! Adesso vedi di sparire e tu, Severus, bevi in un colpo solo. Avrete tutto il tempo per chiacchierare quando ti sarai risvegliato!

Piton obbedì soddisfatto e lasciò che il sonno lo ricatturasse, addormentandosi, per la prima volta da anni, terribilmente felice.

 

Come in seguito Piton si accorse, non sempre l’avverarsi di un desiderio è una cosa positiva: insegnare Difesa dalle Arti Oscure può essere difficile per un Mago Oscuro più che per un mago “bianco” e l’Ordine di Merlino Di Seconda Classe poteva essere un ostacolo oltre ad un bel titolo di cui fregiarsi, ma questa è un’altra storia!

 

                                      Fine  (per il momento…)

                          

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