LA RACCOMANDAZIONE
Ma voi sapete cos’è la
raccomandazione?
Non riesco a descriverne
il vero significato, vi dico la verità, mi rimane complicato, difficile, non
capisco il perché.
Mettiamo lei signora, me
la può descrivere?
E lei signore dica, dica,
cos’è esattamente la raccomandazione, a chi occorre? Chi la fa? E’ proprio
necessaria?
Da parte mia posso solo
dire che la raccomandazione è malattia di secoli, tocca tutti gli strati
sociali, ricchi, poveri, bambini, giovani, vecchi, è sostenuta, avversata, secondo
il contesto, ad eccezione dei suoi prediletti, semina vittime a tutto spiano,
in ogni luogo è facile incontrare questi zombi speciali, che vagano sperduti
come fossero vivi.
Mi metterei a piangere, a
gridare, ma a cosa servirebbe, ingiustizie, vedo solo ingiustizie, nient’altro.
Occorre difendersi,
lottare, procurarsi spinte, anzi spintoni, per non essere calpestati, ignorati,
vilipesi, magari finire nella pattumiera come tanti.
Contro la raccomandazione
per me non esiste rimedio.
Sei bravo, intelligente,
volenteroso, magari bello? Niente da fare, caro mio, non sei nulla, non conti,
sei uno zero.
Se non hai appoggi,
difficilmente riesci a far parte della comunità dei privilegiati, quelli veri,
dico io.
Prendete me per esempio,
onesto lavoratore, simpatico, intelligente, come potete vedere anche bello,
della raccomandazione non mi importava, non occorreva, laureato con 110 e lode,
caro mio, mica racconto balle!
Studio, concorsi, una
fatica che non ti dico, un impiego l’ho finalmente ottenuto, anche se di bassa
mansione, “mi sono sistemato” pensavo.
Manco per l’anticamera del
cervello, se ci ripenso mi s’infiamma il sangue, mi sale alla testa, ho una
rabbia, una rabbia che spaccherei tutto.
Avevo raggiunto lo scopo,
ho avuto anche la bella idea di sposarmi, mettere su famiglia, che gioia! Ero
convinto di essere il padrone del mondo.
Invece, sono stati anni di
rinunce, litigi con mia moglie per i conti del mese che non quadravano mai,
altro che carriera.
“Il Fantoccio”, si,
“Fantoccio” hanno iniziato a chiamarmi in ufficio, mi è stato appioppato questo
soprannome..., per forza..., anche con ragione, tutte le pratiche sulla mia
scrivania, mentre i colleghi sempre a gingillarsi al bar, a fare pettegolezzi
maligni, chiacchiere inutili.
Non ho avuto la forza di ribellarmi,
sempre a lavorare per tutti, in silenzio, senza alzare mai il capo.
Voi direte che sono un
debole, un tipo senza spina dorsale, questo cari signori non lo credo
assolutamente, sono superiore a molti, per questo non ricevo che invidia, avevo
semplicemente paura di perdere
l’impiego, di essere retrocesso ulteriormente.
Davanti a me c’era una
masnada di classici figli di papà raccomandati, pronti a gettarmi da un momento
all’altro in un limbo di poveri dimenticati con le pezze ai piedi e sul di dietro.
Meglio se non parlo, che qui i muri hanno occhi e
orecchi.
Alla fine, a forza di far
finta di niente, mi sono beccato un bell’esaurimento nervoso, “depressione”
dicevano, ma che depressione, avevo semplicemente deciso di farmi chiamare
“Direttore” da tutti, anche da mia moglie, ero totalmente frustrato, avvilito,
che ho inventato una promozione per evitare di impazzire davvero, che c’è di
male, ditemelo voi.
Hanno detto che davo i
numeri..., vorrei vedere..., a forza di
fare i calcoli, eternamente conti per tutti, non ne potevo più.
La malattia era una
fantasiosa occasione di fuga, in cui finalmente ritrovavo me stesso alla
grande, con tutta la mia dignità.
Mi hanno rinchiuso per
mesi in una clinica per malattie
nervose, i medici non capivano, evitavano di comprendere i negletti, che invece
di essere pazzo, ero disperatamente solo.
Lontano da quelli che mi
facevano male, ero quasi felice, per cui mi sentivo anche in colpa, stavo
lì, spensierato, senza far nulla,
dimentico di tutto, mentre in casa preoccupati mi aspettavano con ansia.
A malavoglia un giorno ho
deciso di guarire, di tornare nel mondo, alle vecchie responsabilità.
Una volta fuori, problemi
insoluti, ossessioni, mi si sono parati davanti per divorarmi definitivamente,
ho finto indifferenza, esteriormente sono rimasto freddo, mi dimostravo serio,
ligio, lavoratore, così tutti soddisfatti, tranquilli all’infuori di me.
Eppure sono bravo,
molto più dell’imbecille qui accanto
alla mia scrivania, quello è un furbo, un leccapiedi, sempre teso, lucido, un
figurino, lui conosce bene il principale, meglio ancora la moglie, amici intimi
di famiglia sono..., corna a tutto spiano caro mio, ba..., contenti loro,
contenti tutti.
Sto cretino, ha fatto
anche carriera, ora si permette di darmi gli ordini, con che tono poi! Non
capisce il povero tapino che se perdo la pazienza faccio un macello.
Si muove sicuro lui, e chi
lo tocca, porcaccia la miseria, che è arrivato anni dopo di me, guardalo adesso,
con quella faccia da ebete, ritardato che non è altro, si crede una cima, con
quel sorrisino melenso stampato fra i denti.
I colleghi poi, che vergogna, tutti per lui, “presto diventerà capufficio”..., molluschi striscianti della malora!
Parlate dunque, ditemelo
che sono un buono a nulla! Lo dica lei signora..., e lei signore..., aspetto un aiuto, un suggerimento da parte
vostra.
Sono disperato, mi
mangerei il fegato, destino farabutto.
Devo calmarmi,
rassegnarmi, l’importante è resistere, in fondo manca così poco tempo alla
pensione, un ultimo sforzo, sangue freddo, poi ne sarò definitivamente fuori,
spero.
Il licenziamento, o la
cassa integrazione ora, sarebbero una disgrazia senza via d’uscita,
un’umiliazione da cui non potrei mai più risollevarmi, a parte il fatto che mia moglie non mi
perdonerebbe, senza pensarci due volte
mi caccerebbe immediatamente da casa.
Comunque, dopo tanto
rimuginare, e ripensamenti, credo di essere giunto a un’importante conclusione.
Devo riconoscerlo, le
raccomandazioni che contano sono d’importanza fondamentale.
Fatevi avanti dunque...,
se possibile..., bene gli appoggi, benissimo le spinte..., correte,
approfittatene, non esistono altre strade, altre soluzioni per quasi tutti i
problemi della vita, ve lo dice uno che oramai se ne intende, credetemi!
Ma lassù in alto, proprio
in alto, che si dice? Cosa ne pensano?
Boccaccia mia ti prego,
fammi stà zitto..., zitto..., zitto.