PREFAZIONE DELL'OPERA "OLTRE LA RAGIONE"

a cura della poetessa Oliva Gualtieri Bernardi

In "Oltre la ragione" di Maria Rosella Rotoloni, la nota più ricorrente l’amore, che spesso la parola veste di simboli per nascondere l'io lirico in forma preferibilmente ermetica che affascina per la solarità dell'immagine creativa. Questa, emersa da profondi strati emotivi, si leva oltre la mente con zampilli crescenti di colori fino a confondersi nell'azzurro, che è il colore preferito dalla Nostra: azzurra è 1'insonnia, la eco dei gabbiani, la foschia, la trasparenza d'infinito nell'anima; azzurro è il canto. Ma quanti altri colori nelle liriche! L'eco dell'alba, la luce sono verdi, la malinconia rosata; scarlatto è il sapore dei gerani e il bacio dell'amore: sono colori sfumati e forti di un abile artista. Gli accenti poetici s'ingigantiscono nell'"Oltre" per vigore immaginifico di mente in spazi liberi, dove l'abbandono, come a lidi felici raggiunti. Sulla terra, invece, la Nostra ama riandare indietro nel tempo, alla freschezza della sua stagione, quando, ancora sprovveduta, era più facile preda di conquista: e l'amore la uccise "lasciandola viva", le sue parole. Ci credeva, allora, ci credeva che l'amore l'avrebbe lasciata "madre di luce"? Sì, Maria Rosella Rotoloni, a mio modesto parere, è generatrice luminosa di note: le sue parole, incastonate come pietre preziose in un gioiello. Piace la sua poesia; si fa leggere più di una volta, ti stimola a scoprire nel mosaico delle voci i fili sottili che tramano ritmando il verso dal tono basso verso quello alto in uno sviluppo di colori-suoni. Lei, immersa nell'azzurro, sia mare, sia cielo, ubriaca di luce, con le mani congiunte a canto e preghiera. Vuole, forse, salvare dai "mostri" del potere le anime semplici con una nota d'amore che ha anche il grido del "Silenzio" mentre, brandello di spoglie, non sa rispondere all'infinito spazio d'anima.

L'amore gridato, evocato, pregato invano, solitudine trova nella Croce, lo sguardo all'universo: anche per un piccolo tratto di terra l’"abbraccio azzurro", quasi la poetessa non voglia perdere la vista del Cielo, che per lei è "dolcezza di fragranze".

La parola di Maria Rosella Rotoloni è, nel canto, calzante, ora tenue, ora forte, pulsante: in scorci di naturale bellezza, sfumata dolce, scivola dai monti al mare, dal cielo sui campi stesi al sole, sull'erba; tra pulviscolo d'oro, sorriso d'angelo, nell'intreccio di petali-colori, a quando a quando svela e nasconde l'immagine dell'amore in sinfonia di note.

"Oltre la ragione" la poetessa tenta di far tacere l'inquietudine di donna, che "si acconcia con fronzoli", quasi per una sfida in campo: dove se la donna non ha la meglio, vince la poetessa, misteriosamente nascosta nel suo "Enigma" in felice arrivo ispirativo.

"Al tepore dei sogni" la Rotoloni sa crearsi lidi sorpassati e nuovi, sfogliando margherite di primavere con miraggi sfumati di orizzonti.

"Già sera" è l'ora dei ricordi: "intima, segreta", ella sa ascoltarla in magia di voli con una vasta gamma cromatica di ultimo sole.

Il suo, è un canto tormentoso e quieto, passionale, evocativo di spazi; è smarrimento e ritrovo di fondali intimi ove la passione delle labbra si stempera e luce del bacio del sole, per dare all’"Avvento", con la voce della fede, il volto del "Luminoso Amante" che la conduce in alto.

Ma quando all'imbrunire vedi "tra il prugno, il melograno" affacciarsi la ginestra, quando tenera l'erba s'adagia sui fiori, è un dilatarsi di stelle; "Lontana l'alba" ha la nota della speranza sottesa; è luna piena.

Se vuoi un ritratto dai tratti di rilievo, affidati con fiducia alla penna della Nostra: ti scolpirà una scena di famiglia con una ricchezza d'immagini da arricchirti  la mente.

Cose spente e luminose tra stracci, fumo e scalate di glicini con nella cornice "Lui"; l'abbandono al chiarore gioioso di tendine, col sorriso di angeli alla finestra. Ricorrono, sulle liriche della Rotoloni, simboliche le mani; tenere ad oblio di sete; tenera quella tesa alla nostalgia; il canto dell'amore col "sigillo d'un fiore", affidato ad un gabbiano.

Sentite i versi: "Quante stelle stanotte! Che luce!”, non vi cogliete un'eco pascoliana? La poetessa, in particolari momenti lirici, pare recepirlo, farlo suo, ricrearlo ad incanto di soffi lunari, sentori di terra in una quiete che, a suo dire "sfinisce".

Sulle impronte del tempo, "impazzite di memorie", la solitudine di Maria Rosella Rotoloni, alla fine, attingendo da una fonte zampillante di parole, riaccende palpiti d'ali e germogli: l'amore, calore di teneri soffi, passione di "un fuoco di stelle", di "cespi di rose", è respiro profondo di note. Anche tra le pieghe di un ermetismo formale, tra inquietudine e quiete, si ascolta un sentire particolare di sofferenza gioiosa di canto. Quanta armonia nel ritmo! Quanta luce!

Piccoli aforismi, pochi versi che sanno dire tanto, intercalano le liriche di più vasti respiri poetici; quasi pietre mi1iari di meditati riposi dopo una fuga di pensieri e fremiti, avvolgono luminose voci e silenzi.

                                                                                              Oliva Gualtieri Bernardi

 

 


PRESENTAZIONE DELL'OPERA "OLTRE LA RAGIONE"

a cura del poeta Rosario Lo Verme

Nel titolo dato al testo poetico "Oltre la ragione” sembra ravvisarsi un'ambivalenza.  La prima intuizione porta alla conclusione che di là della facoltà del pensare e del discernere c'è altro: l'Assoluto, che travalica l’umano. Ma sotto il profilo psicologico ed esistenziale preminente, sulla scala dei valori affettivi, appare la pulsione dell'amore che la scrittrice umbra così delinea: "Nei riflessi d'un turbine d'oro - oltre la ragione, - si rispecchia l'insondabile abisso – del tuo amore”.

In un sentimento soggettivato s'impiglia l’io errante in cerca di spazi-luce fino a chiedersi se il dono del libero arbitrio sia speranza o follia del vero Amore.  Maria Rosella Rotoloni si perde nell’immaginario, interrogandosi senza tregua: ogni risposta "illude la ragione”. Nell’inganno nasce il sogno per fuggire verso l'impossibile, "lo sguardo teso oltre ragionevoli indizi".

Però l'orizzonte della scrittrice è delineato da un emblematico trinomio: amore umano, sacro e vegetale, perché quest'ultimo offre voce e colori splendidi al suo atto creativo.

Per una immediata visione dell'interiorità della donna-poetessa si leggano “Incertezza”, “Infermità”, “Mi ama” e tante altre ancora. .Ecco un'eco di voce sfumata: “La dolcezza della tua voce - dilata il mio orizzonte - di rosata malinconia”.

Ma la realtà ci segue come ombra ed allora s"invoca l'Eterno: “Ora innanzi a Te, depongo la mia umanità - … - La tua Parola, linfa del creato, varchi la soglia per condurmi in alto”. Ecco che il primo volto dell'ambivalenza del titolo diviene protagonista assoluto, l'Amore-Luce: “Con te nel buio dell'amore estremo, - abbraccio l'universo”.

E’ da rilevare che il mezzo tecnico espressivo; la parola, sembra perdere la propria fisicità, tale è la levità del linguaggio. Nota grafica costante è la luminosità delle immagini dai vividi colori, indipendentemente dalla natura del sentimento. E’ forse effetto dell’accennato amore che la Rotoloni ha per la natura, d 'un suo particolare alfabeto che si figura nei ricorrenti fonemi: luce, stelle, cielo, mare, rugiada, luna, sole, rosa.

Soltanto qualche citazione esemplificativa: “Quando ti rivedrò, - sarò leggera brezza mattutina ricamata di sole”.  Oppure: “Coglieva il sole, la luna per chiarire il cammino, - grandi distanze lo ammaliavano”. O ancora: “Di notte, appena brilla una stella, - ubriaca di luce, prego”.

Istintivo questo gioco di parole, forse per quell'ansia epifanica nascente dall'interiore conflitto tra l'effimero della passione amorosa e la propria aspirazione all'eternità. Liberarsi dall'universo del reale e sentire la levità delle ali nell'azzurro.

Veramente notevole l'orchestrazione ritmica di queste liriche. Sembra a volte che la Rotoloni naufraghi nella sua espressività, come accade con il termine azzurro: “Nell’azzurra foschia”, Audace giocoliere inventa ore liete per il suo amore, ”dipingendo d'azzurro le parole”.  Altre immagini rilucenti del bel colore “Occhi solcati d’azzurro”, “Una fiammata di candelabri azzurri”.

In "Oltre la ragione" c’è la ricerca e la vibrazione d'un altro amore:  quello della parola come fonte di gioia estetica già evidente nelle citazioni fatte. Veramente pregevoli le felici scelte fonoespressive che impreziosiscono le sequenze dei testi poetici, anche quelli che si risolvono in un semplice respiro creativo: il taglio epigrammatico rivela la capacità sintetica dell'Autrice.

Una sensibilità quella di Rotoloni che si estende anche al sociale, evidenziando gli aspetti più intimi e meditativi.  Si rivela nelle composizionì  Lui”, in cui viene stigmatizzato l'uomo che considera come un oggetto la donna, e "L’attesa”, in  cui si profila la notturna immagine d'una donna in attesa di vendere il proprio corpo.

La scrittrice, pur nel travaglio fra luce ed ombra, ha solitamente un respiro lirico lieve. Ciò forse per nativa tendenza ed anche per gli studi fatti (ha conseguito il Baccalaureato in teologia e filosofia), non escluso il suo nome Rosella: “agiti una rosa scarlatta - che accende il  pallore d'un raggio di sole”. Un fiore questo caro ad Adam Oehlenschlager, perché allude alla perenne vitalità della natura che la nostra poetessa predilige. Così lo descrive il poeta danese: “Dove siete voi, rose rosse, tuttavia, - dei giorni lieti della gioventù? – Nel breviario della memoria, - nascono i vostri petali”. C’è quasi una consonanza stilistica tra i due scrittori,  e la Rotoloni, che ha scelto a simbolo quel  fiore, canta: “Nel giardino sognato, - cespi di rose s’apriranno, - la poesia ci turberà il respiro”.

Con questa opera la Rotoloni ha quasi creato la propria mitologia dove voce e silenzio, smarrimento, deserto, so1e ed ombra s’accordano armoniosamente. C’è in “Oltre la ragione” una sensibilità vibrante d'Assoluto. Ascoltiamo il gioioso suo messaggio: Cantiamo la vita “con il giovane ardore del passero – che scopre trasognato il primo raggio di sole”.

                                                                                                   Rosario Lo Verme

 

 

CRITICA DELL'OPERA "OLTRE LA RAGIONE"

a cura del poeta Nonio Baeri

Scrivere poesie dà la chiave del colloquio con Dio?

E' questo l'interrogativo, non di poco conto, che si pone nella sua raccolta di versi Maria Rosella Rotoloni. Ed il lettore, affascinato dalla questione postagli, potrebbe avvertire la tentazione di estrapolarsi per proprio conto una silloge foriera di un discorso omogeneo che possa aiutare a formulare una risposta; ma farebbe torto all'esigenza che confina "oltre la ragione"(questo il titolo) le problematicità dell'uomo, e non solo del credente.

            L'ambiguità del poeta s'impone,  pur sottolineata dall'eleganza del verso e dalla apparente facilità con cui inscrive, nell'incanto della natura, il sottofondo della sua coscienza.

            L'ansia diventa desiderio di conoscenza delle cose intorno, si acquieta alla vista delle persone amate, si corruga in pensieri che incidono a fondo nell'anima, si scioglie poi in un fluire continuo delle cose che sembrano rispecchiare barlumi lontani: "mi nascondo nel fremito d'un fiore” (Fuggo, pag.36). Né la parola - strano per un poeta- acquista valore taumaturgico o salvifico, perché è coinvolta in prima linea nel dissidio fra l'anima, religiosamente avvertita, e la psiche, che rimane laica.

            "Cammino in equilibrio su una linea che non tratteggiai" (La linea, pag.50, ma nonostante questo "grandi, mutevoli furono le esperienze, il cammino fu lungo" (Il tuo volto, pag. 44).

            La parola, che condurrà in alto, è il verbo divino, "linfa del creato". Ma, di tutto ciò, la certezza vacilla, e allora bisogna scrivere, furiosamente versando nostalgie e tenerezze improvvise sulla pagina bianca, attendendo il miracolo:

 

"Se lo potessi / mi narrerei menzogne a non finire/

canterei la vita" (Se potessi, pag.86)

 

Ecco, ora la coscienza può meritare  la rigenerazione nelle cose di sempre, quelle che, a saper aspettare, cambiano di senso e di colore, assumendo baluginii lontani, come "un melograno, un prugno" (Quante stelle, pag. 79 e Lontana alba, pag. 55), certamente un paesaggio familiare dell'infanzia che induce a sperare ancora ( nel rispetto però di un rito magico):

 

"Attenta a non sfiorare i timidi germogli

corro prati lunari" ( ibidem, pag.55)

 

E' forse l'amore che può occasionare il miracolo invocato? Fra istintive adesioni, disillusioni e ripulse esso induce a riconoscere, con tormento, che la sola conquista senza tempo è il verso "ardito canto di torrente in piena"( Ti ho evocato, pag.98); solo il verso potrà respingere angosce esistenziali, auspice la favola di un pifferaio magico che condurrà con sé la scrittrice, dove le aquile nidificano.

E' una bella storia, questa descrizione di un ideale itinerario verso la verità, che mette a nudo pudicamente i più riposti presagi.

  La Rotoloni non indulge al simbolo né si compiace di tardive formulazioni ermetiche; non Le sarebbe possibile, dove il bisogno di credere viene così crudamente sezionato ed umanisticamente risolto. "Su me piove il cielo" ( da Vorrei dirti  pag.105) così conclude, in un fideismo panteistico di cui vorremmo, oltre la ragione, essere partecipi.

                                                                                                                                                                                                                                                                      Nonio Baeri

 

 

 

CRITICA DELL'OPERA "OLTRE LA RAGIONE"

 

a cura del poeta Ezio Nuccetelli

 

IL NOMADE ANNUNCIO DELLA POESIA

 

 Cè amore, c’è nostalgia, c’è conciliazione: i tre cardini su cui si sviluppa la melodia poetica di Rotoloni.

Un timbro molto originale, senza le divagazioni tautologiche che purtroppo spesso affliggono l’esercito di noi poeti minori.  Rotoloni sa raggiungere con freschezza e lucidità i suoi temi lirici, senza indulgere ai consueti pesanti orpelli. Lo strumento estetico è piacevolmente autoritario, ligio a quei canoni che connotano uno scrivere già maturo  e consapevole, lo scrivere  che  palesano  gli  animi  ormai padroni e schiavi della poesia.

C'è il rispetto: nella Rotoloni tace il clamore, tace il vezzo apertamente confessionale,  tace  l'istanza cauterizzante. Leggiamo una poesia fatta semplicemente di voli, di  pudiche ammissioni, di sinceri smarrimenti.

L'underground ontologico non  è  privo  di una certa nobiltà; nobiltà femminile? Io vorrei superare  questa  tentazione ricorrente ed evocare soltanto una sensibilità umana,  asessuata.

Nella silloge "Oltre la ragione" non scorgo bontà gratuita ma nemmeno odio. Come  ho  detto  subito in premessa, il tessuto lirico traduce piuttosto un costante  atto  di  fede verso il mondo circostante.

E' la serenità la chiave dell'impianto poetico della Rotoloni, la serenità e anche l'impotenza contro la mano  suprema della natura e la mano violenta dell'ingiustizia.

Il verso (  se si escludono alcune parentesi dove il canto si fa apertamente nostalgico come  in " E sbocciava la notte") è quasi sempre crudo, scarno, essenziale, frutto di una strategia poetica intransigente e volitiva. Inoltre,  la totale assenza di anafore manifesta una singolare peculiarità stilemica che mi sento di condividere appieno.

Il poeta soffre,  non può non soffrire e la  nostra sa esprimere la sua sofferenza con dignità,  soffre per un amore perduto, per la  sorte crudele della prostituta e  della  moglie ignorata; Rotoloni si  sofferma  sul  microdramma e denuncia; denuncia poeticamente l'agghiacciante corso della vita.

Il poeta ama, non può non amare e l'invocazione, il rimpianto, il ricordo si librano e si intrecciano in un gioco di delicato lirismo.

Dall'affresco pollano talora epigrammi gnomici di piacevole effetto, quasi un’agogica nel percorso euritmico che l'autrice propone; altre volte il pathos trabocca generoso coinvolgendo il lettore in un clima di soffusa sensualità. 

La poetessa, attraverso il canto si spinge oltre la ragione per credere nel mondo, per affrontare il mondo:  se vogliamo, in fondo è  questo  il ruolo della poesia ed è sempre un buon segno quando incontriamo poeti  come  Rotoloni che ci offrono la loro giumella di fede. 

                                                                                            

                                                                                                          Ezio Nuccetelli

 

 

 

CRITICA DELL'OPERA "OLTRE LA RAGIONE"

 

a cura del poeta Raoul Studer

 

In questa silloge Rosella Rotoloni raccoglie il caleidoscopio della sua poesia che è l’immagine speculare di se stessa.

Una bella immagine come lei. E come lei mutevole di aspetto pur nella costanza di bellezza.

Ma non è amore di forma: è luminosità di concetti; è spiritualizzazione dell’apparentemente concreto.

Non c’è argomento in cui Rosella non si cimenti. Non c’è argomento sul quale ella non formuli una domanda e non suggerisca implicitamente una risposta.

La poesia di Rosella Rotoloni è per tutti ma il lettore ne trarrà maggiore piacere e maggiore interesse a misura della propria capacità di intendere oltre le parole scritte.

Anche una poesia breve ed apparentemente semplice come “Meta”, se riletta più volte, lascia intravedere illimitati orizzonti.

                                                                                                            Raoul Studer

 

  

CRITICA DELL'OPERA "OLTRE LA RAGIONE"

 

a cura del poeta Raimondo Venturiello

 

Il titolo stesso della silloge poetica di Maria Rosella Rotoloni “Oltre la ragione" (Ed. Nuova Impronta, Roma 1998, pagg. 112, L 20000) è già una precisa dichiarazione di intenti.

Il mondo interiore dell'Autrice, quale poi traspare dai suoi versi, è tutto ansiosamente proteso verso un orizzonte metafisico, in cui la poesia ha un ruolo fondamenta1e: non contemplativo nè fine a se stesso, bensì strumentale e conoscitivo.

Questo approccio della Rotoloni risulta convinto e sistematico. Proviamo a seguirlo partendo, ovviamente, dalla genesi della sua poesia.

 (Per inciso: la scelta dell'Autrice di ordinare le sue liriche nella sequenza alfabetica pura dei loro titoli ha avuto un effetto di "depistaggio" che ha non poco complicato l'obiettivo della ricerca, dovendosi ricomporre un puzzle dalle tessere casualmente rimescolate, ma torniamo alla genesi della poesia risultante da "Oltre la ragione") 

Come essa nasce dal rapporto con la natura lo si vede in "Sulle cime" (pag. 95): "il Vento sillabava /.../ quando / . ./piovve nudo, innocente, /11 primo vagito della mia poesia"

 Come la poesia nasce dal rapporto umano lo si vede in "Ti chiederò" (pag. 97): "Ti chiederò di amarmi../Nel giardino sognato,/../la poesia ci turberà il respiro".

 La scintilla della poesia è dunque meraviglia, stupore, amore, passione da cui divampano ar-denti pulsioni che incendiano la mente e l'animo. 

Che questo accada e a che cosa conduca la poesia lo si vede in "Versi" (pag. 102): 'Nei versi il poeta gioca a rimpiattino / con intuizioni divine".

 Ed ancora: poesia perché. Qui le risposte sono molteplici. Si va:

 - dalla poesia come catarsi in "Annuncio" (pag. 10): "gridano le anime semplici / alla ricerca d'un verso, / una poesia che salvi"

 - alla poesia come amore totalizzante in "Esotici viaggi" (pag. 31): "Dall'ombra delle palme, / la poesia dilagava sensuale, amorosa, / nell'infinito dei miei occhi di alga"

 - alla poesia come illuminante chiave di lettura del mondo e dell'io in "Meta" (pag. 63): "Tu ri­colmi il mio mondo. / Sei la mia ispirazione, / meta della mia poesia".

 Cosi sempre più marcatamente si delinea l'accennata funzione strumentale della poesia, che di­viene l'irrinunciabile passe-partout per penetrare la natura e immedesimarsi in essa, assimilarla e persino antropomorfizzarla. Qualche esempio:

- da “Mio fiume” (pag. 65) "Vorrei perdermi in te, / nel tuo abbraccio d'eterno bambino"

 

 - da "Nel mio giardino" (pag.68) "boccioli di parole dischiudono per te i pensieri delle rose"

 - da "Nel rigoglio" (pag. 70) “piangeva riverso /lo splendore d'una  quercia"

 - da "Ora tarda" (pag. 74): gli alberi ascoltano / l'affollata melanconia degli storni"

 - da "Quasi dimentichi" (pag. 80): "ritaglio Veli d'arcobaleno per gli occhi smarriti, / la mia aquila reale sorvola fasi lunari"

 E' assai evidente come la spirale vada ampliandosi. Ed è un crescendo nel quale urge e s'intensifica l'ansia di andare oltre:

 - come (a pag. 81) "fuggire, / volare nei sentieri d'impossibili albe / senza rimpianti. / Lo sguardo oltre ragionevoli indizi"

 - oppure in "Rimani" (a pag. 83) dove “l'usignolo del deserto canta / per chi sa ascoltare"),

 culminando in quella straordinaria professione di sovranità dello spirito che è contenuta in "Se" (pag. 88): "Se io perdessi la magia dei suoni /e lo sguardo offuscasse lo splendore, / Con il pensiero varcherei la soglia / di infiniti universi" 

Maria Rosella Rotoloni con la sua silloge compie un percorso dell'anima lungo il quale maturano - e bene le evidenzia – determinate consapevolezze.

 Quella di chinarsi in una professione che è - stavolta - di fede e che vivifica e rafforza l'altra (la sovranità dello spirito), tant'è che nella lirica che da' il titolo alla raccolta (pag. 72) leggiamo:

“Nei riflessi d'un turbine d'oro / oltre la ragione, / si rispecchia l'insondabile abisso / del tuo Amore".

 Quella di non poter dire, pur conoscendolo (o, quanto meno, avvertendolo), l'indicibile perché (da "Sul foglio", pag. 94) “pensieri fuggono / dai binari infiniti del mio limite. / Sul foglio non restano / che tracce d'un lontano richiamo".

 Ed infine la consapevolezza estrema, la stessa che altri folgorò sulla via di Damasco (da "Magi­che note", pag. 58): "il Tau Venne inciso bruciante, / accese un silenzio lunare. / Coll'ultimo dono nel pugno / caddi in ginocchio dinanzi al cielo".

 Ebbene, quando si è varcata quella soglia che conduce oltre la ragione, si vive in simbiosi con l'eternità, come vediamo da "il mio passo" (pag. 39) o da "Il Tuo volto" (pag. 44).

 Ovviamente l'ideale percorso tracciato non è cosi lineare come potrebbe apparire. E' anzi un percorso accidentato e sofferto, che accompagna ed accentua i fremiti dellanimo e della mano dell'Autrice nelle pagine della silloge.

 E' infatti, in ciascuna lirica, costantemente adombrata l'antinomia ragione / fede nel sistematico e quindi non casuale ma precisamente allusivo - alternarsi di ombre e di luci.

 Là dove l'antinomia è irrisolta e l'una e l'altra forza interiore esercitano impulsi di pari intensità, i chiaroscuri dominano. Ne sono esempi: "Il varco" (pag. 45), "Lontana alba" (55), "Screzi di riflesso" (86), "Ti dico" (96).

 La controprova viene da "Magiche note" (pag. 58), dove tutto è luminoso perché lo slancio fideistico è totale. 

Soltanto una lettura superficiale o disattenta della silloge potrebbe dare l'errata impressione di dubbio o incertezze, di un procedere ondivago tra le istanze della fede e quelle della ragione. A ben guardare non è cosi; anzi si scopre che l'Autrice si muove spedita e senza tentennamenti o sbandamenti sul delicato crinale lungo il quale avrebbe potuto scivolare, e appiattirsi, sul versante dell'agnosticismo o su quello dell'esaltazione mistica. 

Così i versi si snodano in un mix – in dosi variabili ma sempre commiste – di lirismo gioioso e lirismo pensoso, la cui risultante è armonica suggestione.

 Una notazione conclusiva. Sappiamo e possiamo vedere come il cristallo di un prisma scom­ponga il raggio di luce nell'arcobaleno dei colori. Maria Rosella Rotoloni in "Oltre la ragione" ci mostra come il suo prisma mentale e sentimentale compia l'operazione inversa per cogliere, nella policromia transeunte della natura e dell'uomo, quei "ragionevoli indizi" (di cui lei parla) sulla sfavillante luce monocromatica dell'assoluto.

                                                                                                       Raimondo Venturiello

 

 

 

 

COMMENTO DELL'OPERA "OLTRE LA RAGIONE"

 

a cura della poetessa Anna Martino

 

Oltre la ragione: pioggia di stelle-parole

  

Allorché mi è stata data dall'autrice, Maria Rosella Rotoloni, la silloge poetica Oltre la ragione (Nuova Impronta edizioni, Aprile 1998), perché esprimessi in merito un parere critico, sono stata presa da inconsueta curiosità, quasi avvertissi, a livello inconscio, di avere tra le mani una scrigno prezioso, che fremeva di svelarmi i suoi segreti. L'aspettativa non è stata disattesa. Le poesie della Nostra, infatti, sono un armonioso canto e, per commentarle, non trovo altre parole se non quelle scritte di getto sulle prime pagine del libro e  che qui di seguito trascrivo, senza alcun commento. Le liriche di Maria Rosella Rotoloni, sia per quanto attiene al contenuto, che alle scelte lessicali, sono:... Una pioggia di stelle-parole su di un tappeto, di pianto-acanto; una strada di teneri germogli, di neonate foglie; una pianta di rose, che si inerpica sul muro della casa-vita, per non cadere a terra. Il melanconico cinguettio di una rondine senza ali, che non ha rancore, ma solo dolore per chi le negò per sempre il volo. Un tappeto di primule, un bouquet di fiori d'arancio, dispersi nel vento. Per delineare, poi, l'identikit interiore della Nostra, oltre che riportare i versi della lirica "Il mio pensiero"- "Del mio pensiero non rimarrà / che una scia di luce..." mi pare idoneo avvalermi delle seguenti espressioni linguistiche: ... Spicchio di Luna, che nasconde l'altra metà di dolore; canna al vento dell'esistenza, ma robuste radici di quercia; abete verde di malinconia, che tende i rami verso l'Alto, la Luce, l'Essenza; stella cadente in una notte buia tra il rimbombare dei tuoni; dignità del dolore e supplica al Cielo perché ponga fine al tormento; scoiattolo che si rotola nell'erba tra il profumo dei gelsomini. Edera che si attacca al muro-esistenza; foglia che si volge verso la Luce, per potere respirare l'Amore; ramo di pino, che si piega al vento; ninnananna che una bimba canta a se stessa per cullare la solitudine (vedi lirica a pag. 9, "Amore innocente", nella quale la Rotoloni scrive "Nel talamo della mia solitudine / mi trafisse un amore innocente..."). Inoltre, le liriche della Nostra sono:... Passo felpato di donna che veglia il suo Amore, Amore perduto per sempre (vedi la poesia a pag. 26, intitolata "Dove sei andato" allorché la poetessa scrive "Dove sei andato amore / non ti ho visto partire..."); inconsolabile affanno, che nemmeno la maternità ha lenito; rosa aulente nella giungla dell'egoismo, tra la dolorosa assenza di chi era l'unica importante presenza. Infine, l'anelito di Donna della poetessa Rotoloni è: ... Annullarsi nel Tutto, e, poi, posare le membra a terra tra la vita di tutti i giorni; ricerca dell'oblio, ma rifiuto di dimenticare di avere amato tanto chi è scomparso nella nebbia dell'egoismo.

In conclusione di analisi fin qui operata, al di fuori dei tradizionali schemi critici, mi sembra opportuno terminare questa breve disamina della silloge poetica Oltre la ragione di Maria Rosella Rotoloni, sottolineando che l'estrinsecazione lirica della Nostra è "dolce-amara" e, nel contempo, profonda e delicata come battere di ali di farfalla, in un prato verde, costellato da variopinte margherite sostantivi-aggettivi.

                                                                                                                                                                                                                        

                                                                                                          Anna Martino


 

 

COMMENTO DELL'OPERA "OLTRE LA RAGIONE"

 

a cura della poetessa Mareva Peresso

 

Qualche passo entro l'eden

 

La silloge Oltre la ragione, edizioni Nuova Impronta Roma 1998, m'introduce dentro il mondo poetico di Maria Rosella Rotoloni, con la sensazione di condividere le delizie di una novella Eva che si aggira, creatura beata, non contaminata dal frutto della conoscenza, dentro una natura intatta ed idilliaca colma di sfumature e riflessi. Non scempi ecologici, non tempeste né nuvole minacciose turbano questo suo paradiso terrestre prodigo di colori, dai più tenui ai più intensi, sui quali predomina l'azzurro che ella identifica con uno stato di grazia. È infatti dentro una notte inquieta che invoca "Una notte Gesù / almeno una notte d'azzurro senza sognare”.

E qui possiamo sempre rilevare che questa sua capacità di ricrearsi un mondo ideale non sempre purtroppo, la sorregge. Ne è già la prova questa sua notte tormentata in cui, forse per la prima e unica volta, nomina Gesù anziché il "Tu" al quale costantemente si rivolge, quasi come unico interlocutore, perfettamente coerente con la creatura primordiale che mi sembra di aver colto in lei.

Ma non sarà cero l'unica volta in cui la incontreremo, pellegrina tra noi, con il suo carico di sofferenza, ora contenuta e ora gridata ma sempre assai personale e spesso trasfigurata. Eccola in un momento in cui, oppressa e disperata, grida al suo "Tu" - "Dio": "... E Tu Imperturbabile Silenzio / dalle supreme altezze / rispondi a questa voce o taci per sempre". O ancora:"... In questa tempesta Ti chiamo, ma non so udirTi"; "... Dalla solitudine della Tua Croce, / solo tu mi hai teso le braccia".

Significativo questo suo modo di rivolgersi all'Ente Supremo con il tono confidenziale dovuto alla consuetudine. E torno così alla mia prima impressione suffragata dalla composizione "Così Lui ci parla" quando il "dubbio serpeggia sui brividi", "Ma poi nella quiete, il cielo/ dolcezza di fragranze, / occhi d'infinito" la riporta nella sua patria o in quella che a me piace credere tale. Del resto la poetessa stessa con il suo "Silenzio meditato" sembra darmi ragione: "Discende un'armoniosa dolce, pacata, .... E un'emozione difficile da dire, / che graffia, porge abissi di pienezza, / varchi d'arcobaleno da scoprire, da esplorare, / paziente ritmo d'energia, risonanza di onde / a condurmi primitivi stupori./ Mi sento in pace, semplice, giusta,....

Grazie a quest'armonia che la pervade può scrollarsi dei suoi fardelli, dimenticare le miserie che pure non ignora a partire per "Esotici viaggi" che, su un centinaio di poesie ce ne regalano alme­no una trentina dalla meravigliosa atmosfera di un eden appunto, resa con incontestabile arte.

Non c'è dubbio che tra i "Poeti al caffè" ho potuto incontrare una vera poetessa.   

                                                                                                                                                                                                                                                                                               

                                                                                                   Mareva Peresso