LA FENICE

Autore: Marckarlock                      Censura:PT

Note: i personaggi sono quasi tutti della Rowling.

 

 

                                                                    CAPITOLO 1

                                                          SPEDIZIONE NOTTURNA

 

 

-Ron, fai piano, se no li sveglierai!

-io sto facendo piano. Tu, piuttosto, vuoi chiudere quella boccaccia?

-state zitti, tutti e due!- ordinò Harry, in tono perentorio.

Si trovavano esattamente davanti alla porta della camera da letto di Vernon e Petunia Dursley, e un rumore roboante rompeva il silenzio notturno. Era il russare di zio Vernon, che, simile ad un trattore, invadeva nottetempo tutta la casa.

Se qualcuno avesse raccontato ad uno dei tre che quella notte si sarebbero trovati a doversi introdurre furtivamente nella camera da letto degli zii di Harry, probabilmente si sarebbero messi a ridere, ma le cose andarono diversamente.

Quella mattina Harry si era svegliato al suono sgradevole e sgraziato della voce di zia Petunia, che gli urlava:

-avanti, smidollato, alzati, è mattina!

Nonostante ci fossero molti buoni motivi per non essere contento, a Harry bastò gettare uno sguardo al piccolo calendario sul quale annotava i giorni che gli mancavano prima di poter far ritorno a Hogwarts per sentirsi meglio. Mancava infatti solo una settimana, e poi sarebbe potuto ritornare ai suoi incantesimi, alle feste, ai compiti (ma sì, quando era con i Dursley rimpiangeva anche i compiti), alle partite di quidditch e a tutto il resto.

Oltre ai suoi amici il quidditch era senza dubbio la cosa che gli mancava di più del mondo magico: l’anno scorso, dopo aver assistito all’eccitante finale mondiale di quidditch insieme a Ron ed alla sua famiglia, non aveva avuto modo di giocare neanche una partita, visto che quell’anno si era svolto a Hogwarts il torneo tremaghi, un’antica competizione fra tre delle scuole di magia più importanti.

Inevitabilmente il pensiero gli andò anche a Cedric Diggory, e sentì le lacrime che si facevano strada verso i suoi occhi.

Con un gesto deciso le ricacciò indietro e si preparò a scendere per fare colazione.

Appena fu scorgibile da zia Petunia, Harry ricevette un ordine molto esplicito:

-tu, mangia, e poi levati dai piedi, Duddy caro oggi ha invitato una ragazza!

E nel pronunciare le ultime parole i suoi occhi si riempirono di orgoglio.

Harry non potè credere alle proprie orecchie, e si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere.

Dudley? Una ragazza? Suo cugino Dudley, oltre ad essere smodatamente grasso e smodatamente viziato, era anche la persona più odiosa che Harry conoscesse, e non vedeva proprio come potesse piacere a qualcuno, tranne ai suoi genitori, che, accecati dall’amore che provavano per lui, lo ritenevano la creatura più deliziosa che potesse esistere.

Appena si sedette a tavola per mangiare la sua “colazione”, un pezzo di toast abbrustolito, ed alzò gli occhi verso Dudley non si trattenne più, e scoppiò in una risata sonora, che subito camuffò con un colpo di tosse.

Dudley quel giorno era davvero ridicolo: aveva indossato il suo abito migliore, quello della comunione, che sicuramente gli doveva andare molto ma molto stretto, visto che aveva un’espressione alquanto sofferente, e gli occhi sembravano uscirgli dalle orbite. Inoltre, Harry sospettò che i Dursley avessero dato fondo alle riserve di gel che c’erano in casa (e non erano poche), a beneficio di Dudley, che ormai aveva i capelli giallognoli tirati così indietro da rassomigliare ad un maiale in parrucchino. Se a questo si aggiungeva che il maia…suo cugino aveva un’espressione con un misto di trionfo e successo stampata in volto, si arrivava ad un quadro che avrebbe fatto ridere persino Mirtilla Malcontenta, un fantasma della scuola di Harry perennemente depresso.

Harry cercò di trattenersi il più possibile, e trangugiò il suo toast in fretta, si alzò e cercò di salire di rapidamente in camera sua, quando il panzone di zio Vernon gli bloccò la strada.

-cerca di comportarti da persona normale oggi: se qualcuno dovesse comprendere la tua anormalità, per te saranno guai.

A qualsiasi persona questi discorsi avrebbero dato fastidio, ma Harry, che c'era abituato, si limitò a scuotere il capo, e a sgattaiolare di sopra, evitando il panzone di zio Vernon, che sembrava minaccioso.

 

 Dopo qualche minuto Harry sentì il campanello suonare, e dovette combattere con la sua curiosità, che gl’intimava di scendere dabbasso a godersi la gustosa scena delle prime esperienze sentimentali del cugino.

Perse.

Appena sceso sentì la voce di zia Petunia, già stridula, un’ottava più alta del solito, che cinguettava:

-benvenuta, cara, Duddy sta arrivando, tu siediti qui.

Harry decise saggiamente di fermarsi in cucina, che era vicino al soggiorno, dove stavano zio Vernon, che leggeva il giornale, o meglio, faceva finta di leggere il giornale, visto che lo teneva al rovescio, e Dudley, che non riusciva a dissimulare la tensione.

L’espressione di trionfo era sparita dal suo volto e ora la fronte era corrucciata e vi cadevano piccole goccioline di sudore e gel dai capelli.

Petunia arrivò nel soggiorno, e, camminando a mezzo metro da terra, intonò, a voce molto alta, per lasciar intendere che Dudley fosse di sopra e che non gliene importasse più di tanto della sua amica: -Dudders, è per te!

Dopo qualche attimo Dudley scattò in piedi e, con il passo greve di un condannato a morte, entrò nel salone, dove lo aspettava la ragazza.

Ci furono attimi di imbarazzante silenzio, fino a quando zio Vernon non gettò a terra il giornale e si mise a spiare quello che stava accadendo nella stanza vicina.

Il silenzio fu rotto da Petunia, che rise di una risata falsissima, fece un colpo di tosse ed infine chiese: -e tu, cara, quanti anni hai?

-quindici- rispose, in tono noncurante.

A Harry quella voce sembrava familiare, ma non riusciva a collegarla con nessuno.

-E…-continuò zia Petunia- dove vai a scuola?

Questa volta la ragazza parve un po’ a disagio, ed infine rispose: -io…vado a scuola…all’estero.

Zia Petunia parve molto soddisfatta delle risposte, infatti disse: -adesso vi lascio soli- e qui fece un sorriso che trasudava orgoglio fino all’inverosimile- se avete bisogno di qualcosa, chiamate.

E tornò, sempre svolazzando, in soggiorno, dove si posizionò vicino al marito per spiare quello che succedeva.

Dopo qualche attimo di silenzio Dudley esordì: -papà ieri mi ha comprato l’ultimo videogioco dei mostri assassini, tu ce l’hai?

E qui Dudley si lanciò in un elenco che abbracciava tutti i suoi possedimenti, che comprendevano cinque tv color, una play station, due play station due (per coerenza), nonché un elenco infinito di cose che puntualmente finivano nella camera di Harry, adibita a deposito delle cose che Dudley rompeva, quasi sempre dopo due settimane.

Ma evidentemente il videogioco dei mostri assassini non interessava alla ragazza, visto che non pareva eccitata quanto Dudley.

Questa lo interruppe quando stava parlando con trasporto delle sue otto telecamere per dire:

-Ohh, che bella civetta! È tua?

In quell’attimo, Dudley s’interruppe, zio Vernon e zia Petunia si guardarono preoccupati e Harry si rese conto con orrore che era da qualche giorno che Edvige, la sua civetta, non si faceva vedere, e che lui non aveva lasciata aperta la finestra della sua camera.

Non essendo le civette nell’elenco di quello che i Dursley ritenevano “normale”, con prontezza di spirito, zia Petunia prese un vassoio, vi spiaccicò sopra qualche pasticcino, e corse nel salone, gridando: -chi vuole un dolcino?- e, subito dopo: -oh, Vernon, è entrato un uccellaccio in casa!-

Lo zio, ridestatosi dal torpore nel quale si trovava, prese una scopa e si preparò ad affrontare il terribile avversario.

Contemporaneamente, Harry, che non gradiva che il suo unico conforto nel mondo dei babbani venisse picchiato, irruppe nel salone.

Appena entrato nella stanza, senza preoccuparsi di guardare in faccia gli zii o l’amichetta del cugino si diresse deciso verso Edvige, pronto a portarsela in camera, qualunque fossero state le conseguenze.

La prima conseguenza fu alquanto inaspettata: sentì la voce della ragazza che urlava, molto stupita:

-Harry? Harry Potter? E tu cosa ci fai qui?

E subito dopo Cho Chang, una sua compagna di scuola a Hogwarts, che giocava come cercatrice nella squadra del Corvonero, gli si gettò al collo, stampandogli un bacio su una guancia.

Harry avvampò, mentre Dudley, ancora infastidito dal fatto che qualcuno avesse interrotto il suo momento di celebrità, guardava alternativamente Harry e suo padre, che sorreggeva la moglie, che sembrava stesse per svenire.

Zio Vernon, dopo aver trascinato Petunia fino alla sedia più vicina ed averla buttata su quest’ultima, si diresse a passo pesante verso Harry e Cho.

Questa, notando l’espressione di disgusto stampata sul faccione di Vernon, si staccò da Harry e gli disse: -sono una compagna di scuola di Harry, ma che sorpresa trovarlo qui! Ma voi siete…ah, già, voi dovete essere gli zii cattivi che lo tiranneggiano continuamente! Piacere, io mi chiamo Cho.

Subito dopo che ebbe formulato la frase, Cho si rese conto che forse a Vernon non piaceva quell’epiteto, ed abbassò la mano che gli aveva teso, facendo una risatina nervosa.

Per un attimo nessun rumore si udì, tranne un basso mugolio emesso da Petunia, che stava rinvenendo. Poi zio Vernon esplose: -FUORI!

Disse, rivolto a Cho, in tono che non ammetteva repliche.

Questa, molto stupita, decise giudiziosamente di uscire.

Appena se ne fu andata, Harry, dopo essersi diretto verso Edvige ed averle staccato dalle zampe il pacco e la lettera che portava, stava per tornare in camera sua, quando decise, meno giudiziosamente, di esclamare, con voce abbastanza alta in modo da farsi sentire da zio Vernon:

 -non è mica colpa mia se l’amichetta del povero Duddy va anche lei al Centro di Massima Sicurezza di San Bruto per Giovani Criminali Irrecuperabili!-

Per zio Vernon fu troppo.

Chi si fosse trovato a passare per Privet Drive in quel momento avrebbe potuto pensare che al numero 4 si fosse rifugiato un leone fuggito dallo zoo vicino. Harry, una volta guardata l’espressione di zio Vernon in quel momento, avrebbe di gran lunga preferito vedersela con un leone.

Zio Vernon ruggì qualcosa d'incomprensibile e si gettò all’inseguimento di Harry, che nel frattempo stava correndo verso la salvezza.

Anche se Harry si fosse chiuso in camera, sarebbe dovuto uscire, prima o poi…era questo il problema.

Forse avrebbe potuto chiedere a Ron di venirlo a prendere un’altra volta con la vecchia macchina del padre, come aveva fatto quattro anni prima…no, la macchina del padre era finita tra le grinfie del platano picchiatore, e quella loro avventura aveva messo in pericolo non solo loro, che hanno rischiato l’espulsione, ma anche il padre di Ron, visto che non si possono stregare macchine babbane per insegnar loro a volare.

Assorto in questi pensieri, non prestò attenzione ad un gradino, e rovinò sulle scale.

Su di lui rovinò zio Vernon, e gli fece molto male, non essendo esattamente un peso piuma.

-Questa la prendo io! Esclamò zio Vernon, e strappò il pacco dalle mani di Harry, che era troppo stordito per opporre resistenza.

                                                                                 *

 

 

 

 

Nel frattempo Cho che era arrivata quasi alla fine di Privet Drive, si chiese cosa avesse detto di male per meritare un trattamento del genere. In fondo li aveva solo chiamati “zii cattivi che lo tiranneggiano continuamente”…che strane persone i babbani. Era talmente assorta che non si accorse della lettera che le scivolava fuori dello zainetto.

Un ragazzo che passava di lì notò la scena e urlò: -hey, aspetta, ti è caduto qualcosa!

Ma era troppo lontano per essere udito, e quando, correndo si fece vicino alla lettera, la ragazza era scomparsa.

Raccolse la busta, dove si leggeva, ad inchiostro verde:

                                                                                         Per la signorina Cho Chang,

                                                                                               Freedom Square 299,

                                                                                                 Little Hangleton,

                                                                                                         London.

Incuriosito, il ragazzo, che si chiama David Cohen, si mise in tasca la busta e se n'andò per la sua strada.

                                                                                 *

 

Quando Harry, molto dolorante per lo scontro con zio Vernon, rientrò in camera, si gettò sul letto e cercò di capire perché lo zio era tanto arrabbiato: in fondo questa volta lui non aveva fatto assolutamente niente…avrebbe capito un comportamento del genere quella volta che aveva fatto volare zia Marge per la cucina, ma questa volta non aveva fatto nulla di male!

Per la prima volta i Dursley non avevano potuto comprare qualcosa che il loro Dudley desiderava: l’affetto di quella ragazza, e Harry, a quanto pare, l’aveva conquistato.

Era questo che aveva fatto sbottare zio Vernon, ma Harry non arrivò a questa semplice conclusione, forse perché la sua attenzione era stata attratta da Errol, il gufo della famiglia Weasley, che si era addormentato nella gabbia di Edvige, stringendo una piccola lettera, che Harry lesse con eccitazione:

 

     Harry, io ed Hermione stiamo arrivando da te; abbiamo una grossa sorpresa.

     Scusa il poco preavviso, ma quando saprai capirai tutto.

     Ciao da Ron

        P.S. dovremmo arrivare questa sera verso le sette, quindi tieni lontani i Dursley dalla tua                  

       finestra per quell’ora, ok?

 

Harry rilesse un paio di volte la lettera, ma questa restava un mistero: primo, non riusciva a capire quale potesse essere la “grossa sorpresa” che Ron annunziava, poi, se con lui c’era anche Hermione, significava che doveva essere qualcosa di grosso, e, per ultimo, come avevano intenzione di arrivare dalla sua finestra? Che il padre avesse comprato un’altra macchina babbana? Non potevano certo arrivare via camino, come l’anno scorso…i Dursley non avrebbero gradito…e allora, come sarebbero arrivati?

Dopo averci pensato su per un po’, decise che sarebbe stato meglio sondare il terreno per vedere se i Dursley avevano voglia di stare con il naso all’insù verso le sette, quindi, armatosi di tutto il coraggio di cui disponeva, scese dabbasso.

Appena zia Petunia lo vide gli rivolse un’occhiata inequivocabile, la stessa occhiata che aveva riservato una volta ad una cacca di cane che le si era andata a spiaccicare sotto la scarpa, e gli disse:

-stasera dobbiamo andare a teatro. Per evitare che tu rovini anche questo, abbiamo deciso di affidarti alla signora Figg.

Quando pronunziò le ultime parole sorrise compiaciuta, consapevole che Harry odiava passare il tempo con la cara vecchina, che rispolverava tutti i suoi album pieni di foto dei suoi venerandi gatti apposta per lui.

  Harry pensò che protestare in quel momento sarebbe stato molto poco prudente, così si limitò ad assentire rassegnato, pensando in cuor suo ad un piano per assentarsi da casa della vicina intorno alle sette.

 

Quella sera la signora Figg fu molto più sopportabile del previsto.

Prima gli offrì un tè con dei pasticcini, facendogli uno strano discorso sull’utilità dei calzini di lana, che non era molto sensato, ma era comunque meglio delle avventure di White, il suo gattino preferito. Alle sette meno un quarto Harry cominciò a preoccuparsi seriamente: aveva lasciato la finestra aperta, ma non era sicuro che Ron ed Hemione non combinassero qualche guaio, quindi, si decise e disse alla signora Figg:

-ehm, ho dimenticato una cosa a casa, non è che potrei…

-ma certo, caro, hai le chiavi?

-veramente…no.

Il viso della signora Figg si fece dubbioso, come se stesse pensando ad un modo per introdursi in casa di nascosto, e poi, illuminandosi, disse:

-tua zia deve avermi dato le chiavi…aspetta un attimo che controllo.

E si eclissò in un’altra stanza.

A Harry parve molto strano che gli zii, le persone probabilmente più diffidenti al mondo avessero dato una copia delle chiavi alla vicina, ma sperò che così fosse stato.

Dopo qualche minuto la signora Figg tornò, visibilmente spossata, con una chiave molto piccola in mano.

Harry stava per prenderla, ma quella insisté:

-ti accompagno, non se ne parla…potrebbe…potrebbe succederti qualcosa!

Harry, sempre più stupito, si lasciò accompagnare dalla vecchia vicina fino alla porta di casa.

La chiave sembrava non voler girare, e a Harry sembrò che le labbra della signora Figg si muovessero in modo impercettibile. Finalmente, la serratura cedette, e la vicina potè far entrare Harry in casa.

Questo si fiondò nella sua stanza e attese che arrivassero.

Non dovette attendere molto, visto che dopo pochi minuti si videro tre persone in groppa ad un…folletto della Gringott entrare in Privet Drive.

Harry fu molto stupito dell’entrata trionfale degli amici, e quando questi furono arrivati, scoprì chi era la persona che li accompagnava. Era il fratello più grande di Ron, Bill, che lavorava per conto della banca Gringott.

Quando i tre scesero dalla strana automobile, che rimase sospesa a mezz’aria fuori della finestra, fu come se si rivedessero dopo tantissimo tempo passato in esilio: si abbracciarono più volte, e per ben due volte Ron si ritrovò abbracciato al fratello, che aveva avuto a fianco per tutto il viaggio.

Ron e Bill non erano molto cambiati dall’ultima volta che Harry li aveva visti, ma Hermione era molto cambiata, e cambiata in meglio: i suoi denti erano perfettamente normali, ed i capelli sembravano molto più lunghi.

Dopo i convenevoli Harry spiegò loro a situazione, e questi parvero molto comprensivi, soprattutto Ron, che si ricordava ancora la scarsa accoglienza che aveva ricevuto l’anno scorso dai Dursley, e la scarsa considerazione in cui era stata tenuta la sua telefonata di due anni prima.

Dopo essersi congedato dai suoi amici, Harry ritornò, sempre correndo, a casa della sua vicina.

Passò il resto del tempo molto teso, preoccupato che Ron rompesse qualcosa, o che i Dursley decidessero di passare prima da casa e poi di andarlo a prendere, quindi non prestò molta attenzione ai discorsi della signora Figg, che ad un certo punto, presagli la faccia tra le mani, gli disse:

-Harry, promettimi che farai attenzione.

Lui, che pensò fosse meglio assecondarla, assentì, e quella ritornò tranquillamente a parlare dei ghiaccioli al limone, altra sua passione, e di come fossero graditi al marito.

-lei è sposata?- chiese Harry, molto meravigliato, perché non aveva visto qualcuno di umano a casa della signora Figg.

-sì, mio marito è momentaneamente all’estero, per lavoro…lavora tanto, poverino!

 

 La serata trascorse senza incidenti, ed era molto tardi quando I Dursley rincasarono, e, dopo avere ringraziato la vicina, ricondussero Harry a casa.

Harry sperò vivamente che fossero troppo stanchi per gironzolare per casa, e le sue speranze furono accolte in parte: i Dursley cenarono e poi andarono a letto.

Durante la cena però, si sentì un rumore come se qualcosa fosse caduto nella sua stanza.

Harry si paralizzò, il cucchiaio a mezz’aria.

Zio Vernon chiese, preoccupato:

-non sarà quel…quella bestia, vero?
-Edvige è ancora fuori. – rispose seccamente Harry, a cui non sfuggì l’espressione di disgusto di zio Vernon quando sentì chiamare “quella bestia” per nome.

Quando Harry potè finalmente raggiungere i suoi amici, trovò la situazione più tragica di come l’aveva immaginata: Bill aveva provato ad accendere uno dei numerosi computer rotti che erano ammassati in quella stanza, ma non per niente era rotto: aveva iniziato ad emettere uno strano rumore insieme ad un fumo grigiastro, e Bill, sentendosi minacciato, l’aveva Schiantato.

Per uno strano scherzo del destino e del monitor l’incantesimo era rimbalzato su di lui, facendolo svenire all’istante.

Ron ed Hermione lo trascinarono sul letto di Harry, e quando questo entrò finalmente nella stanza, gli esposero le loro preoccupazioni:

-come faremo a tornare a casa senza Bill che guida?- strillava Hermione.

Harry non era preoccupato quanto loro, e rispose: -ma prima o poi si sveglierà, non dobbiamo fare altro che aspettare…piuttosto, qual era la sorpresa così importante per cui siete venuti?

Ron sembrava compiaciuto della domanda, mentre Hermione sembrava indecisa se parlare o no.

Ron iniziò a dire: - leggi un po’ questo-. E porse a Harry un pezzo di giornale che Harry riconobbe

come proveniente dalla Gazzetta del Profeta. L’articolo annunciava a grandi lettere:

 

IL RITORNO DI LORD VOLDEMORT, SIGNORE OSCURO.

 

Harry si stupì molto nel leggere chi era stato a scrivere l’articolo: Rita Skeeter, la viscida giornalista capace di tutto pur di indovinare uno scoop. Proseguì nella lettura.

 

 Siamo addolorati di dover dare ai nostri fedeli lettori un annuncio agghiacciante: Lord Voldemort      è tornato. Dopo essere stato sconfitto quattordici anni or sono da Harry Potter, ora quindicenne, poco tempo fa è riuscito a riacquistare il suo corpo, e cercherà sicuramente di riconquistare il vecchio potere. Molti mangiamorte torneranno da lui, dicendosi pentiti, temendo la sua vendetta, e Albus Silente, preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, è sicuro che cercherà l’appoggio anche dei giganti e dei Dissennatori. Senza voler diffondere inutili allarmismi raccomandiamo la massima prudenza, e ci auguriamo che l’inettitudine di Cornelius Carramel, ministro della magia, troppo occupato a scaldare il suo posto per prendere provvedimenti ed accettare la realtà, non causi altre morti dopo quella di Cedric Diggory, uccisola un servo di Voldemort poco prima della sua rinascita.

 

Harry lesse a bocca aperta l’articolo per due volte, prima di rivolgere uno sguardo stupito a Hermione, chiedendole: -questo lo ha scritto Rita Skeeter?

-e già, a quanto pare si è davvero pentita per tutto quello che ci ha fatto passare l’anno scorso

Harry sembrava titubante: siamo sicuri che si sia davvero pentita?

Hermione rispose, quasi divertita: -puoi chiedere direttamente a lei-. E, così dicendo, tirò fuori dalla borsa un barattolo in cui era nascosta un minuscolo scarabeo, che altri non era se non Rita Skeeter, che si serviva della sua forma di animagus per captare le notizie più succose.

Appena Hermione ebbe appoggiato il barattolo per terra, la giornalista riprese la sua forma umana ed esordì:

-ho già chiesto scusa a Hermione e Ron per come mi sono comportata l’anno scorso, ora devo farlo con te. Mi dispiace per tutte le cattiverie che ho detto su di voi, ero…accecata, niente era più importante per me, al di fuori della notizia, neanche se controllare che la notizia stessa fosse esatta lo era; mi sono comportata malissimo, ed ora sto cercando di rimediare, dando solo notizie esatte e battendomi perché tutti siano informati del pericolo imminente, nonostante il ministero faccia di tutto per infangare la vicenda.

Rita fece un lungo respiro e riprese:

-Ed è qui che ho bisogno di voi: come potete facilmente immaginare, il ministero si è molto arrabbiato per quell’articolo, e mi ha fatto licenziare, arrivando a sequestrare il mio portatile, dove era salvato il mega-articolo sul ritorno di Voldemort.

La mente di Harry era piuttosto confusa, ma le domande che riuscì ad articolare furono due:

-ma…anche nel mondo dei maghi esistono i computer…e, non puoi scrivere un altro articolo?
-certo che esistono i computer! Credevi che noi giornalisti scrivessimo soltanto con vecchie penne d’oca? Ed esiste anche una sorta di internet babbana, dove potrei pubblicare l’articolo su un sito di un mio amico…quanto a riscriverlo, quell’articolo conteneva informazioni che erano solo sui miei appunti, che mi sono stati sequestrati insieme al computer.

Hermione pareva indignata, e sbottò: -ma vi pare possibile? Tenere segreto un fatto tanto importante!

Ron, forse perché suo padre lavorava al ministero, sembrava più comprensivo, ma si astenne dal contraddire Hermione, in pieno infervoro.

Harry riportò la conversazione su un fine più pratico, dicendo: -ok, ma noi che possiamo fare per te?

-io sono fin troppo conosciuta nella redazione della Gazzetta, quindi dovreste distrarre il guardiano notturno per consentirmi i rubare il portatile…vi prego…siete la mia unica speranza.

-certo che ti aiuteremo!

Disse Hermione, come se fosse una domanda tanto ovvia da non meritare una risposta.

Harry era stupito: l’anno scorso Hermione ne aveva dette davvero di tutti i colori su Rita Skeeter, ed ora era prontissima ad aiutarla.

Ad un certo punto Rita disse, molto incuriosita: -Harry, ti è caduta una lettera!

Ed indicò a Harry una busta sottile che gli era scivolata dalla tasca…se ne era completamente dimenticato: era la lettera allegata al pacco recapitatogli quella stessa mattina da Edvige…

Prese la busta, e aprendola non potè fare a meno di notare che Rita si era alzata sulle punte per vedere qualcosa, anche se le era impossibile dalla sua posizione. Harry lesse ad alta voce:

         

Caro Harry, il momento che ti prepari ad affrontare non è facile, ma sappi che io ti sarò sempre vicino.

 Credo che quest’oggetto ti possa essere di qualche aiuto.

Buona fortuna,

un tuo amico.

 

Dai qua! Disse Rita Skeeter, e strappò la lettera dalle mani di Harry:
-mmm, dunque vediamo, è stata scritta con inchiostro verde, con grafia molto sicura, dev’essere stato un adulto…

-questo lo vedevo anche io!- disse Harry, stizzito. Ma Rita, non facendosi caso, gli chiese:

-dov’è questo pacco?
E così, alle prime ore di quel giorno d’agosto, Ron Hermione ed Harry sfidarono il destino, decidendo di entrare nella camera di Vernon e Petunia Dursely.

 

 

                                                                    CAPITOLO 2

                                                               SOGNI E RITORNI

 

 

-L’Obbedienza è la virtù primaria di cui deve essere dotato un mangiamorte;

 il tradimento è il più grave peccato che egli possa commettere.

Nonostante questo, ho accettato di perdonare;

nonostante abbia tradito, accogliamo di nuovo tra noi Severus Piton!

                                                                        

                                                                                 *

 

-Ron, fai piano, se no li sveglierai

-io sto facendo piano, tu piuttosto, vuoi chiudere quella boccaccia?

-state zitti, tutti e due!- ordinò Harry in tono perentorio.

Erano davanti alla porta della camera da letto di Vernon e Petunia Dursley.

Dietro di loro Rita Skeeter, che dettava promemoria alla sua penna prendiappunti.

-ci stiamo introducendo nella camera da letto di due babbani. Sprezzante del pericolo, Harry, i cui occhi riflettono i timidi raggi lunari che filtrano dalla finestra, apre deciso la porta.

-vuoi stare zitta?- esclamano in coro Ron Harry e Hermione.

Rita Skeeter riprese, ma a tono molto più basso:

-un suono molto minaccioso proviene dalla stanza, quali pericoli vi troveranno i nostri eroi? I tre ragazzi entrano, quale atto di pura e semplice abnegazione, quale sublime sacrificio, stupendo gesto di…la porta si è aperta, ci sono due babbani addormentati, apparentemente innocui, ma chi sa quale minacce potrebbero celare!-

Harry esaminò alla debole luce lunare che filtrava dalla finestra la spaziosa stanza in cerca del pacchettino, e lo trovò sopra l’armadio, proprio dalla parte opposta del letto sul quale ronfava zio Vernon.

-Harry Potter ha ora individuato l’oggetto della sua ricerca, e, senza alcuna esitazione, si dirige verso di lui, ma…quale splendido monile babbano, quale fantastico esempio di come i babbani possano ingegnarsi per costruire qualcosa di artistico…la vostra Rita Skeeter vi fornirà una dettagliata recensione di quest’opera d’arte…-

Così dicendo si diresse verso il pitale di zio Vernon, in stile barocco, e lo esaminò.

Nel prenderlo però, le sfuggì di mano, e questo rovinò a terra, provocando un forte rumore che rimbombò nella stanza.

Il russare di zio Vernon si interruppe. Harry, che nel frattempo aveva preso il pacco e si trovava vicino all’armadio, si paralizzò dal terrore per qualche decimo di secondo, e subito dopo, aprendo un’anta, urlò a Ron e Hermione: -presto entrate qui-

Hermione afferrò Rita Skeeter proprio nell’attimo in cui zio Vernon saltava su dal letto urlando:

-i ladri, gli zingari, Petunia, prendi il fucile.

La moglie, che dormiva con un paraocchi nero di pizzo, si alzò a mezzobusto anche lei, e urlò:

-oh, Vernon, aiuto, non vedo niente, aiutami!

Vernon si girò verso di lei e le tolse il paraocchi, dicendole: -devono esserci dei ladri, ma adesso li aggiusto io…dove ho messo quel vecchio fucile? Nell’armadio, mi pare…e così dicendo scattò in piedi e si diresse verso l’armadio.

Harry e gli altri potevano sentire i suoi passi decisi, paralizzati dal terrore.

Ad un certo punto, non li sentirono più “ecco, è finita, adesso apre l’armadio e ci trova” pensava Harry, ma così non fu.

-oh, ecco, l’ho lucidato proprio stamattina, l’avevo lasciato qui…Petunia, io vado a vedere, tu chiama la polizia.

-Vernon, mi raccomando, fai attenzione…

Petunia non finì la frase: zio Vernon era uscito dalla stanza urlando:

 -dovranno stare attenti loro…questa e casa mia, e non permetto a nessuno di introdurvisi!

Petunia chiamò la polizia preoccupata, e aspettò con ansia il ritorno del marito, che non si fece attendere molto.

-ho controllato mezza casa: non ci sono; devo solo controllare la camera del figlio di tua sorella…

-Duddy sta bene?

-sì, dorme come un angioletto…adesso vado a vedere se quel disgraziato è ancora nel suo letto, non mi stupirei di scoprire che il ladro fosse proprio lui…

Harry, che aveva appena iniziato a rilassarsi, si immobilizzò di nuovo: se avesse controllato anche in camera sua, avrebbe sicuramente trovato Bill svenuto e allora li avrebbe scoperti…doveva fare qualcosa, ma cosa?
Suonò il campanello.

Zio Vernon tornò di corsa sui suoi passi e disse rivolto alla moglie:

-chi può mai essere?

-andiamo a vedere…

-ma potrebbero essere i ladri!

-sì, i ladri che bussano a chiedono se possono rubarci qualcosa, Vernon, per favore…piuttosto potrebbe essere la polizia che ha notato qualcosa…e poi c’è sempre lo spioncino.

Detto questo uscirono entrambi, e subito dopo che furono usciti, Harry Ron Hermione e Rita vennero fuori dall’armadio.

-presto, dobbiamo sbrigarci prima che trovino Bill- disse Harry, che nelle mani stringeva ancora il pacchettino che aveva preso con tanta fatica.

Appena arrivarono in corrispondenza della scala che conduceva di sotto si fermarono per vedere chi fosse alla porta. Harry fu stupito di riconoscere la voce della signora Figg che chiedeva con tono indifferente: -Petunia, non è che per caso hai un po’ di sale, io l’ho finito…

-Arabella, ma…hai idea di che ore sono?

In quel mentre Bill, ancora intontito, irruppe nel salone urlando: -ma si può sapere cosa stà succedendo?-

Petunia urlò, Vernon lasciò cadere il fucile che riprese un attimo dopo, urlando con fare minaccioso: -non osare avvicinarti alla mia famiglia!

Bill sembrava ancora frastornato e non sembrava comprendere l’utilità del pezzo di ferro che aveva in mano quello strano omino.

Harry Ron e Hermione scesero rapidamente le scale con Rita dietro che continuava a dettare appunti all’impazzata: -il babbano sembra bellicoso…con quasi disprezzo per la vita ci gettiamo nella mischia per recuperare il nostro compagno in difficoltà…-

Quando Harry entrò trionfalmente nel soggiorno zio Vernon urlò: -avrei dovuto saperlo che mi avresti portato alla rovina, far entrare dei ladri in casa mia…tu mi vuoi vedere morto, ecco quello che vuoi!- e prese minacciosamente la rincorsa per acciuffare i “lestofanti”.

Questa volta Harry però non inciampò in nessuno scalino, e arrivò indenne in camera sua, dove si barricò.

Zio Vernon andò a sbattere pesantemente contro la porta, ma, incurante del dolore, cominciò a sfondare l’unica cosa che lo divideva dallo strozzare Harry.

Appena entrato Harry urlò dallo stupore: fuori dalla finestra c’era la macchina di Bill, già in moto, con tutti i suoi bagagli a bordo, e al volante…Arabella Figg, che appena li vide entrare urlò: -presto, sbrigatevi a salire, quella porta non resisterà a lungo!-

Aveva ragione: subito dopo che furono saliti Harry, Ron Hermione e un Bill sempre più stralunato, zio Vernon sfondò la porta e si trovò proiettato nella stanza. Rita stava dicendo: -ce l’abbiamo fatta, dopo aver sfidato il destino per l’ennesima volta, Harry Potter ce l’ha fatta di nuovo, ed io con lui, la vostra Rita Skeeter-

La macchina prese quota proprio quando zio Vernon stava allungando una manona verso la gamba di Rita, che stava salendoci sopra.

In poco tempo sorvolò Privet Drive, dove si iniziavano a sentire le sirene della polizia.

                                                                                

                                                                                 *

 

La professoressa Minerva Mc Grannit salì faticosamente la scale che l’avrebbero condotta alla Sala Del Libro.

Giunta in cima aprì la porta con la piccola chiave che portava sempre con sé. La porta cigolò non poco, ma lei non ci fece caso ed entrò decisa nella stanza. Al centro di questa c’era un libro di proporzioni gigantesche, e, poggiata lateralmente rispetto al libro, una penna d’oca verde, simile alla prendiappunti di Rita Skeeter, ma molto più grande.

L’anziana donna si avvicinò a passo greve e solenne al Libro, fece una carezza affettuosa alla penna e le chiese: -hai finito?- Questa non rispose, e lei passò una mano malinconica sulla copertina del libro, che diceva semplicemente “Hogwarts. Dopo poco sembrava stesse piangendo, dicendo:

-tutto questo…perduto, non può essere…non può…essere…non…può…-

Subito dopo si riscosse, e ricomparve sul suo volto la solita severa espressione di donna pratica.

Aprì il libro dove indicava il segnalibro e iniziò a leggere a voce alta: -nuovi alunni…- e qui iniziò a dare un rapido sguardo a quei nomi che tra meno di una settimana si sarebbero trasformati in facce un po’ impaurite pronte ad essere smistate.

Era arrivata alla lettera C quando la faccia le si paralizzò in una smorfia a metà tra lo stupito ed il terrorizzato, e l’unica parola che riuscì a pronunciare uscendo dalla stanza fu: -Silente!

                                                                                 *

 

La figura dell’automobile follettiforme si stagliava contro la luna, e l’equipaggio a bordo del veicolo non se la passava poi tanto bene: Rita non aveva potuto trasfigurarsi, visto che doveva indicare a tutti gli altri dov’era la redazione della gazzetta del profeta, nella macchina poi erano stipati anche il baule di Harry e la gabbia con Edvige, e adesso al gruppo si era aggiunta anche la signora Figg, così Ron sì trovò un gomito di Bill tra le scapole, e il ginocchio di Hermione era letteralmente incastrato tra le gambe di Rita.

Questa ad un certo punto si alzò in piedi ed indicò un punto in basso, dicendo: -ecco, la redazione!-

Solo che nell’alzarsi fece quasi cadere Hermione, e fu soprattutto per questo che tutti furono molto sollevati di poter scendere sulla terraferma, proprio davanti ad un edificio grigio e molto austero sulla cui sommità svettava la scritta: GAZZETTA DEL PROFETA.

                                                                                 *

 

-sei sicura che non vuoi niente altro?- chiese la voce roboante di Hagrid, piena di premura.

Si stava rivolgendo ad una figura altrettanto grossa, seduta vicino a lui. Quella figura era Madame Olympe Maxime.

-no, mercì, mon amour!-

-ma…Olympe, una donna nelle tue condizioni non deve mica sforzarsi troppo. -

-Hagrid, Silente ha affidato l’incarico ad entrambi, e perciò anche se sarà pericoloso, lo affronteremo insieme. -

-ok…hai ragione tu. -

Si alzarono simultaneamente, e si diressero verso la porta con fare deciso.

                                                                                 *

 

-Al ladro al ladro, femateli!

-correteeeeeee!

-Ron, io sto correndo, sei tu che sembra che stai facendo la corsa nei sacchi.

-vi pare questo il momento per litigare?- disse Harry, e, in effetti, non aveva tutti i torti: il guardiano notturno della Gazzetta del profeta li stava inseguendo, e non sembrava per niente amichevole.

Rita era riuscita a prendere il suo portatile, che ora stringeva tra le mani mentre correva.

La signora Figg, che era rimasta in macchina, accese il motore e li raggiunse.

Fecero giusto in tempo a salire. La guardia, nel tentativo di acchiappare Bill, rimase con una sua scarpa in mano come ricordo.

Quando si furono allontanati un po’, ripresero fiato e controllarono se erano tutti e tutti interi, e Rita, dopo aver affidato il suo prezioso computer a Hermione, si trasfigurò.

-speriamo solo che non ci abbiano riconosciuto- riuscì a dire Ron, tra un respiro e l’altro.

-e adesso dove vi porto?- chiese la signora Figg in tono gioviale.

Ron ci pensò su un attimo e disse: -a casa mia.

Quando arrivarono alla Tana stava albeggiando, e seduti fuori trovarono la famiglia Weasley al gran completo, fatta eccezione per il padre di Ron.

Nel preciso istante in cui l’automobile toccò terra la madre di Ron si avvicinò al gruppo e iniziò a dire, con voce alterata: -per fortuna siete tornati sani e salvi, ero così preoccupata!- e iniziò ad abbracciare non solo i figli, ma anche Harry Hermione e persino la signora Figg.

Dopo la mamma fu il turno di Charlie, di Ginny, di Fred, George e di Percy, che abbracciarono e si complimentarono con tutto il gruppo.

Ron chiese: -papà è a letto?

La faccia della madre si rabbuiò e disse vaga: -stanotte non è tornato…guai al ministero, credo.

-immagino che sarete stanchi, andate a riposare adesso, più tardi ci racconterete tutto.

Essendo molto stanchi approvarono l’idea di Charlie ed andarono a dormire, anche se Percy non fu tanto felice di vedersi sottrarre la sua camera per ospitare Arabella Figg

-ma mamma, io devo lavorare, non posso lasciare tutto a metà…

ma la signora Weasley fu irremovibile, e così Percy fu sistemato nella camera di Fred e George, anche se quest’ultimi non erano poi tanto d’accordo…

-ma mamma, noi quello lì non lo vogliamo in camera nostra, abbiamo da fare!

Harry entrò nella stanza di Ron, dove una palla di pelo si agitava nella sua piccola gabbia.

-ciao Leo, passato buone vacanze?

-in questi giorni è strano…cioè, più strano del solito…- disse Ron, prima di fare un profondo sbadiglio e crollare esausto sul letto.

Anche Harry si stese, ma non prese sonno per molto tempo, e quando finalmente ci riuscì non fu una cosa molto piacevole, perché a volte i sogni sono così terribili da lasciarti un’angoscia dentro per molti giorni, anche dopo esserti svegliato ed aver costatato che era solo un sogno.

L’inizio del sogno non sembrava tanto male: c’erano solo due voci fuori campo, che riconobbe come quelle di Silente e quella di Lupin…lui si trovava in qualcosa di chiuso. Il sogno era così preciso che sentì persino un leggero dolore ad una mano, la sinistra, come se si fosse tagliato.

-Albus, non possiamo farlo, non possiamo…pensa alle conseguenze che potrebbe portare!

-Remus, questa era l’ultima cosa che avrei voluto fare, ma non ci rimane altra scelta…

lentamente la voce di Silente svanì, e Harry si rese conto di trovarsi da un’altra parte.

Si trovava al centro di un deserto, e di fronte a lui c’era Voldemort, nel pieno delle sue forze e perfettamente ristabilito.

Si guardò rapidamente in giro e vide una scena che gli fermò il sangue e gli strinse il cuore: attorno al campo dove si trovava c’erano tutti i suoi amici, tutti i suoi professori…morti.

Ron e Hermione si trovavano stesi vicino a lui, affianco ad un ragazzo più o meno della sua età che non aveva mai visto, e nessuno di loro respirava…più distanti erano i professori di Hogwarts al gran completo, tranne Piton, e alla sua destra c’erano Hagrid e Silente, anche loro morti…la faccia di Hagrid era contratta in una smorfia di indicibile dolore. Si voltò di nuovo verso Voldemort quando gli sentì pronunciare la più terribile della maledizioni senza perdono: AVADA…Harry fece in tempo a girarsi verso l’uomo che stava per dargli la morte, ed a notare che affianco a lui c’era un uomo alto che sorrideva…KEDAVRA…quell’uomo era Piton.

Harry sentì solo un dolore forte e poi niente più…altro giorno, altro scenario, sentiva di trovarsi a Hogwarts, anche se non era mai stato in quella stanza, lo sentiva e basta…questa volta non c’erano i professori per terra al suo fianco, ma solo Ron Hermione e Neville, e di fronte a lui non c’era Lord Voldemort, ma un uomo alto che riconobbe grazie all’illustrazione del libro di Difesa Contro le Arti Oscure: era un vampiro…questo vampiro, pur essendo molto minaccioso, non faceva niente, sorrideva soltanto…Harry sentì prima una tristezza infinita e senza scampo invaderlo e, in un secondo momento, uno strano tepore in testa, che poi si trasformò in un dolore bruciante e insopportabile…., e allora urlò, urlò finchè aveva fiato, urlò fino a farsi sanguinare le corde vocali…urlò fino a svegliare Ron.

-Harry, ma che ti succede?

Si alzò di scatto, dando una capocciata nella bocca spalancata di Ron.

La stanza era al buio, ma dopo qualche secondo si aprì il rettangolo di luce della porta, ed entrarono Hermione, Rita e la signora Figg. Hermione corse subito verso Harry, urlando: -Harry, che ti è successo?

Lo stesso fece Rita, un po’ angosciata e un po’ curiosa.

La signora Figg, che indossava uno strano ed antiquato pigiama con dei gattini disegnati sopra rimase dietro Hermione.

-Niente…ho solo fatto un brutto sogno…

-doveva essere molto brutto, a giudicare da come hai urlato- costatò la signora Figg

Hermione sembrava preoccupata: -Harry, cosa hai sognato?

-no, niente…non me lo ricordo neanche tanto bene, vi ringrazio, mi è passato. – mentì, per non farli preoccupare più del dovuto: i sogni erano sogni…e poi dopo che Rita l’anno scorso aveva scritto che era uno psicopatico, non era più tanto propenso a raccontarle i suoi fatti, anche se cambiata.

La signora Figg rifletteva, una mano sul mento e l’altra su un fianco. Dopo un po’ disse:

-aspettate un attimo- e si fiondò nella stanza di Percy, dove dormivano lei Rita e Hermione e, preso un fagotto marrone, ritornò nella stanza di Ron.

-Harry, ti presento…un Baku!- disse, aprendo il fagotto, che nascondeva un animaletto piccolissimo, simile ad un tapiro.

-Quest’animaletto si nutre di sogni, quindi non dovrai far altro che metterlo vicino a te e quando ti sveglierai avrai scordato tutto- Harry all’inizio era diffidente: dormire con quell’essere lo inquietava un po’, ma poi decise di fidarsi della signora Figg, e se lo mise vicino al cuscino. Aveva un buon profuma di lavanda…si addormentò subito.

- …bè, adesso torniamo a dormire anche noi…ciao Ron, a dopo- disse l’anziana signora, e si allontanò, seguita da Hermione e da Rita, che stava ancora contemplando l’espressione di tranquillità di Harry.

                                                                                 *

 

Remus Lupin si alzò dal divano su cui era seduto da quella mattina senza fare niente di particolare, e si diresse verso l’ingresso. Superò le varie gabbie con le creature magiche che teneva sempre con lui e aprì la porta, anche se non aspettava nessuno.

La sua faccia, da annoiata e stanca si rianimò e un largo sorriso si fece strada sul suo viso:

-Mundgus! Mundgus Fletcher! Se davvero tu?

Vicino all’uomo che aveva chiamato Mungus c’era un grosso cane nero, che nel sentire la voce di Lupin iniziò a scodinzolare.

                                                                                 *

 

Anche se aveva tardato a prender sonno Harry doveva essere davvero stanco, visto che dormì fino a sera inoltrata, e quando si svegliò Ron non era più nel suo letto.

Si alzò, e, data un’ultima occhiata al Baku, che aveva un’aria molto sazia dipinta sul muso, scese dabbasso ancora vacillando.

Appena arrivò al piano terra trovò la signora Weasley che lo accolse con un gran sorriso e gli disse:

-oh, ciao Harry, ti sei svegliato! Tra poco ceniamo tutti insieme, hai fame?

Harry annuì: la Tana era decisamente molto meglio di Privet Drive.

Anche tra la cucina dei Weasley e quella dei Dursley non c’erano paragoni: sicuramente le cene degli zii, con una ventina di portate, dovevano essere molto gradite al cugino, ma a lui non era consentita tutta la libertà alimentare di cui godeva Dudley. E poi, la cena di quella sera, pur non avendo molte portate, era davvero buona: c’era un pasticcio di patate perfetto ed uno splendido pollo arrosto. Per non parlare del dolce: crèm carramel davvero fantastico.

Quando si furono abbastanza ingozzati, poterono usare la bocca anche per qualcosa di meno gustoso: parlare, ad esempio:

-mamma, perché Percy non lo sistemi con Bill e Charlie? Puzza!- disse Fred con finta noncuranza.

Percy sembrò molto scandalizzato a quest’affermazione, ma sembrò altrettanto sconvolto quando la madre rispose semplicemente: -no, i tuoi fratelli stanno fin troppo stretti nella loro stanza. Oh, a proposito, Ginny, tu stanotte dormirai insieme a Hermione ed ad Arabella, ok?-

Ginny nel sentir pronunziare il suo nome si riscosse dall’aria rintronata che aveva ed annuì. Sembrava stesse guardano Harry.

-papà, quando andiamo a comprare i nuovi libri?- chiese Ron

-il 31 dovrei riuscire a prendermi un paio di giorni liberi per accompagnarvi, e siccome il giorno dopo dovete essere a King’s Cross, potremmo passare la notte al Paiolo Magico, che ne pensate?

Ci fu un coro di sì entusiastici.

Harry era stato due anni prima al paiolo magico, e non ne serbava un ottimo ricordo, forse perché proprio lì apprese che un pericoloso pazzo assassino lo stava cercando per ucciderlo…ma poi il pazzo si era rivelato essere Sirius Black, il suo padrino…era da tanto che non sentiva Sirius, chissà come stava…

                                                                                 *

Il cane nero iniziò a scodinzolare. Lupin abbassò lo sguardo su di lui, e disse, in tono gioviale:

-ah, Sirius, ci sei anche tu? Entrate, entrate!

Appena ebbe varcato la porta e questa si fu chiusa alle sue spalle il cane nero si trasformò in un uomo alto, dagli occhi profondi e con i capelli lunghissimi. Era Sirius Black.

Lupin fece strada attraverso lo stretto ingresso fino al soggiorno, dove si sedettero su un divano dall’aria consunta.

Su un piccolo tavolino vicino al divano si trovava un acquario, e nell’acquario c’era una piccola creatura verde acido con un paio di corna piccole e tozze e due mani dalle dita lunghissime che guardava in aria di sfida Mundgus e Sirius, ma questi concessero all’Avvincino solo uno sguardo distratto, mentre Sirius sembrava molto più interessato ai graffi che si trovavano su un armadio e sulla porta che conduceva in cucina.

Lupin intercettò il suo sguardo. –quelli risalgono ad un mese fa…

-vuoi dire che…

-sì, è stanotte. Per fortuna Piton prima di partire per un incarico per conto di Silente mi ha lasciato una grossa dose di pozione, anche se ho l’impressione che Silente l’abbia costretto a darmela…ma parliamo d’altro, Mundgus, come vanno i tuoi esperimenti?

-sto lavorano ad un incarico segretissimo per conto di Albus- rispose quello evasivo.

Mundgus, che tipo strano e riservato –pensava Lupin- aveva la fisionomia tipica dello scienziato: dei grossi occhiali che gli ingrandivano esageratamente gli occhi neri e profondi, ricci capelli bianchi che insieme ad una barba di considerevoli dimensioni gli incorniciavano il volto.

Se quell’incarico fosse stato affidato a Sirius o a James questi non avrebbero esitato a confidarsi con gli amici, ma Mundgus no…non lo faceva per cattiveria o per darsi un’aria d’importanza, era così da Hogwarts, quando preferiva la compagnia di Silente alla loro, da quando era stato assegnato a Corvonero e passando le nottate in biblioteca su libri che nessun mago di quell’età si sarebbe mai sognato di leggere diventava spesso più colto dei professori stessi, che, puntualmente, gli affibbiavano brutti voti, visto che non aveva mai studiato la lezione del giorno.

Lupin si riscosse da questi pensieri e disse: -vi trattenete?

-Silente ci ha detto di aspettare qui da te nuove istruzioni- disse Mundgus.

-Tanto ci basta poco spazio: una stanza dove possa nascondermi, e una cantina per Mundgus dove possa continuare i suoi esperimenti segretissimi- continuò Sirius con aria scherzosa, ma Mundgus non rise.

                                                                                 *

 

I giorni alla Tana passarono davvero molto velocemente, soprattutto se si considera la lentezza con cui passavano i giorni a Privet Drive, e così, in un attimo Harry si ritrovò a prepararsi per scendere e consumare l’ultima cena prima della partenza per Diagon Alley.

Mentre si stava cambiando entrò Ron, con la lista di tutto quello di cui avrebbero avuto bisogno per il nuovo anno in mano ed un’espressione disgustata sul viso.

-Anche quest’anno dobbiamo avere l’abito da cerimonia- disse, gettando uno sguardo sdegnato alla massa informe che l’anno scorso era stato il suo Abito Da Cerimonia.

Dopo una sonora bussata alla porta entrarono Fred e George, con un sorriso gigantesco in faccia ed un pacco in mano.

-Ron, indovina cosa abbiamo qui?-

-e a me che me ne frega? Sarà l’ennesimo scherzo stupido-

Ron doveva essere davvero molto arrabbiato, visto che di solito trovava stupendi gli scherzi fabbricati dai fratelli.

-ok, se pensi di non aver bisogno di un nuovo abito da cerimonia, vuol dire che chiederemo a Madame McClan se può ridarci i soldi indietro…

A quelle parole Ron si precipitò verso di loro e strappò il pacco dalle mani di George.

Lo aprì distruggendo la carta senza pietà, e quando finalmente l’ebbe scartato, si fermò con un’espressione d’ammirazione in volto.

L’abito doveva essere l’ultima moda tra i maghi: era azzurro chiaro con le maniche d’oro, e sembrava di un tessuto stregato, visto che quando un raggio di luce s’infrangeva su una manica o sul collo questo assumeva tutti i colori dell’arcobaleno.

-Ma…ma è bellissimo. Quanto vi è costato?

-certo! vogliamo solo il meglio per il nostro fratellino preferito.

-non avrete iniziato a vendere i vostri scherzi? Dove avete trovato i soldi?
-diciamo che i soldi…erano un gentile contributo da una persona per la nostra attività-

George fece l’occhiolino a Harry.

-adesso faremmo meglio ad andare, se no la cena si raffredda…credo che la mamma abbia preparato qualcosa di speciale per oggi…ci vediamo!-

E si eclissarono.

Gli occhi di Ron brillavano mentre guardava il suo vestito nuovo…finalmente nessuno l’avrebbe preso in giro per quella sottospecie d’abito che avrebbe dovuto portare se non fossero intervenuti i fratelli…quel vestito era una delle poche cose sue, solo suo.

Anche quelli di Harry, nel vederlo così felice, brillavano.

George aveva ragione: la signora Weasley si era superata nella cena, e Harry si sentiva davvero pieno quando andò a letto, e, questa volta non tardò ad addormentarsi, pregustando il suo ritorno a Hogwarts.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                    CAPITOLO 3                                                                   

                                                    ROSSETTI E MANICI DI SCOPA

 

 

Mentre Harry si addormentava, c’era qualcuno che si stava svegliando.

Dalla sua bara sorse una figura alta e slanciata, che aprì gli occhi di scatto.

La porta della stanza si spalancò ed entrò Voldemort.

-Ben svegliato, conte Kimàira, come si sente oggi?

Prima di rispondere questo si guardò intorno e poi, senza alcuna fretta, parlò. Sembrava che la sua voce venisse dalle profondità più estreme della terra.

-Chi è morto stà sempre bene, Voldemort: ormai non conosco più né dolore né sofferenza, e anche se un tempo le conobbi, anche se un tempo provai sentimenti, ora non ne ho più memoria, perché i morti non hanno neanche memoria.

-È per questo che ho affidato a lei una missione tanto delicata.

-Niente di delicato: tutto stà nel trovare l’anello debole della catena. È solo questo: basta trovare l’anello debole e forzarlo, e la catena si romperà.

Un sorriso perfido si fece strada sul suo volto cereo, ed i suoi occhi si accesero.

-L’importante -continuò- è che tu mi fornisca la ricompensa che mi hai promesso…

-Ho già mandato qualcuno a prelevare quello che le ho garantito ma, per ora, accetti un piccolo anticipo…

Ad un cenno di Voldemort entrò Codaliscia, che trascinava a fatica un mago di mezza età che si dibatteva disperatamente.

Quando l’ebbe portato di fronte al conte Kimaìra, però, questo si bloccò improvvisamente e sembrò terrorizzato da qualcosa in particolare, qualcosa di invisibile.

Cominciò ad urlare, il conte gli si avvicinò, e, mentre questo continuava a dimenarsi, affondò i denti nel suo collo, ed il sangue uscì a fiotti, ed il grido si smorzò di colpo.

Questo cadde, e su di lui si gettò il conte per pranzare.

Codaliscia, che aveva tenuto la testa girata per tutto il tempo, uscì dalla stanza con espressione disgustata, mente Voldemort stava lì in piedi e sembrava molto compiaciuto di guardare quello spettacolo.

Il vampiro sollevò la testa dal fiero pasto e lanciò uno sguardo compiaciuto al Signore Oscuro: doveva aver gradito.

                                                                                 *

 

 

Harry dormì pesantemente quella notte, e se fece dei sogni, non se li ricordò al momento del suo risveglio, quando Hermione entrò nella stanza e disse:

-Harry, Ron, alzatevi è tardi: gli altri sono già pronti.

-Hermione, potresti almeno bussare. – Disse Ron, che stava emergendo dal letto in quel momento.

-io ho bussato, Ron, e cinque volte, ma con poco successo.

Ron sembrava visibilmente scontento di questa risposta, ma si limitò a dire:

-tra cinque minuti scendiamo.

Si vestirono in fretta, e si prepararono al loro ritorno al Paiolo Magico.

Quando scesero poterono vedere che quello che aveva detto Hermione era vero: signore e signora Weasley, insieme a Bill, Charlie, Percy, Fred George, Ginny, Hermione, Rita e la signora Figg erano pronti, bagagli alla mano, alla partenza.

Tutti tranne la signora Figg, che non pareva avere valige o borse. Quando Hermione le chiese spiegazioni, rispose che l’unica cosa di cui aveva bisogno era la sua borsetta.

-bene, allora, possiamo partire!- disse gioviale Arthur Weasley, e prese un vaso da fiori sulla mensola del camino che conteneva polvere volante.

I primi ad andare furono Bill e Rita, che, una volta preso un pizzico di polvere dal vaso, dissero: -al Paiolo Magico- e scomparvero nella nebbia che li avvolse.

Poi fu il turno di Charlie e Ginny. Questa doveva avere un po’ di paura, visto che il fratello le teneva la mano con fare tranquillizzante. Quando pronunciò le parole “al Paiolo Magico” la sua voce s’incrinò. Subito dopo toccò a Hermione, Rita e alla signora Figg, che indossava un vestito ottocentesco molto pittoresco, ed a Fred e George ed a Percy, che entrò da solo nel camino.

Finalmente toccò anche a Harry e Ron. Non senza un tocco di timore Harry prese in mano la polverina, visto che uno dei suoi viaggi fatto in questo modo non era stato esattamente memorabile: era finito a Notturn Alley, una strada colma di negozi come Diagon Alley, dove ogni mago dedito alle arti oscure poteva trovare quello che gli serviva.

Questa volta però Harry fu più fortunato, e capitò nella stanza grande del Paiolo Magico, su un tavolo, ed esattamente dentro il piatto di cereali di un mago piccolo e grasso che non sembrava molto contento di ciò.

Dopo poco arrivarono anche Arthur e Molly Weasley, che si ritrovarono proprio davanti al bancone, dove Arthur suonò il campanello per far arrivare il taverniere.

Apparve Tom, l’oste gestore del locale, che chiese loro di cosa avessero bisogno.

Quando il signor Weasley rispose che voleva cinque camere, Harry provò una strana sensazione allo stomaco: il Paiolo Magico non era certo un hotel di lusso, ma i Weasley non erano certo ricchi, e cinque camere…Harry decise che, in un modo o nell’altro, sarebbe riuscito a pagare lui senza che i Weasley se ne accorgessero.

-Farò subito portare i vostri bagagli nelle camere…se volete salire.

Tutti accolsero l’invito di Tom tranne Harry, Hermione e Ron, che decisero di farsi una passeggiata per Diagon Alley.

-ho sentito che a Accessori di prima qualità per il Quidditch hanno un nuovo manico di scopa-

disse Ron, entusiasta.

-e io non vedo l’ora di procurarmi il quinto manuale degli incantesimi di Miranda Gadula!-

disse invece Hermione, estasiata, con gli occhi che le brillavano per la soddisfazione.

Il terzetto schizzò fuori ad alta velocità, e per poco Ron non fece cadere il piccolo mago grasso che Harry aveva disturbato poco temo prima.

-Andiamo prima al Ghirigoro!-

-no, voglio prima vedere il nuovo manico di scopa, Hermione, perché per una volta non metti il piacere prima del dovere?-

-Ron, ma quello per me è il piacere, possibile che tu non lo comprenda? Capisco che sei un troglodita, ma persino uno del pleistocene ci arriverebbe-

Hermione, quando comprese che molto probabilmente Ron non sapeva cosa fosse il pleistocene, si voltò verso Harry, seguita subito da Ron. Tutti e due avevano uno sguardo inequivocabile: Harry sarebbe stato per l’ennesima volta l’ago della bilancia.

Harry però non era affatto contento di dover litigare con uno dei due: avrebbe di sicuro preferito dedicarsi al Quidditch, ma Hermione sapeva essere molto cattiva quando la si contraddiceva…

-Oh, sentite, dividiamoci…ora sono le dieci…ci possiamo vedere alle tredici alla Gelateria di Florian, ok?-

Quella volta fu una delle poche occasioni in cui Hermione e Ron furono d’accordo, e così Hermione si diresse verso destra, alla volta del Ghirigoro, Ron si preparò ad ammirare un nuovo manico di scopa, ed Harry tirò dritto davanti a sé, verso la Gringott.

Aveva intenzione di ricompensare Ron e Hermione per la loro amicizia, e cosa c’era di meglio per sentirsi davvero bene in una giornata come quella se non un po’ di sano shopping?

Con suo sommo sollievo questa volta fu mandato un folletto a prelevare i suoi soldi, perché Harry non sapeva se avrebbe resistito al secondo viaggio in un carrello della banca.

Quando ebbe prelevato la somma, uscì dalla banca pensando a cosa avrebbe potuto comprare ai due amici.

Per Ron aveva già una mezza idea: l’ultimissimo manico da scopa uscito sul mercato l’avrebbe sicuramente fatto felicissimo, ma per Hermione era molto più difficile.

La prima cosa che gli venne in mente fu un libro…l’associazione d’idee più facile era Ron = Quidditch; Hermione = studio…ma la questione non era così semplice: ogni libro che Harry avesse mai sentito nominare da quando aveva conosciuto Hemione, che fosse un libro di poesie di cui parlava entusiasta la professoressa Mc Grannit, oppure una vecchissima epopea storica di cui parlava altrettanto entusiasticamente (ma coinvolgendo meno) il professor Ruf o anche un libro pieno di cose alquanto sconce di cui parlava entusiasta (e molto più coinvolgente per loro) Dean Thomas, c’era sempre Hermione che diceva: -io l’ho letto- come se fosse la cosa più scontata del mondo.

A pensarci bene la missione di trovare un libro per Hermione non era difficile, ma impossibile…a meno che…Harry non andasse in un posto particolare dove Hermione non poteva essere stata a comprare libri: Notturn Alley.

Harry sapeva che era pericoloso, e che proprio ora che il Signore Oscuro era tornato non avrebbe dovuto andare da quelle parti, e ricordò tutte le volte che qualcuno gli aveva parlato male di Notturn Alley…Hagrid, che ci doveva andare per comprare del Repellente contro le lumache carnivore (che, stranamente, mangiavano i cavoli della scuola) non era affatto contento di questo incarico, e una volta Lee Jordan aveva raccontato ad una sala comune gremita che ci era sgattaiolato all’inizio dell’anno, per vedere com’era fatta, e per poco una signora vestita di nero che aveva un negozio di pozioni non lo uccideva con un filtro rossastro che sapeva di sangue. Certo, Lee era decisamente brillo quella notte: stavano festeggiando la vittoria di Harry contro il temibile Ungaro Spinato e teneva in una mano un bicchiere colmo di qualcosa di alcolico e nell’altra un Favoloso Fuoco d’artificio Freddy del dottor Filibuster con innesco ad acqua, e quindi era probabile che si era inventato la maggior parte delle cose che biascicò in quella circostanza, ma restava il fatto che Notturn Alley era pericolosa. Tuttavia l’espressione di Hermione che diceva stupita:

-questo non ce l’ho proprio!- l’avrebbe sicuramente ripagato del rischio: in fondo era difficile che gli tendessero un agguato in pieno giorno. Decise di recarsi a Notturn Alley.

Cercando di ricordarsi le strade che aveva percorso con Hagrid ben tre anni fa, attraversò quasi tutta Diagon Alley, e, finalmente, giunse alla sua meta. Capì subito che quella era Notturn Alley: lì i maghi non sorridevano più, e, vestiti quasi tutti di nero, andavano in giro con aria circospetta e guardinga.

Quando Harry imboccò la strada si sentì male: c’era un enorme striscione rosso, con una scritta a caratteri cubitali che diceva: “Mangiamorte vecchi e nuovi unitevi, Voldemort è tornato.”  Decise di proseguire ancora un altro po’, e si addentrò nella stradina. I negozi erano sì gli stessi di Diagon Alley, ma gli articoli venduti nei negozi erano decisamente diversi:c’era un negozio che si chiamava “Tutto il necessario per il Quidditch” dove erano esposti quelli che sembravano essere strumenti di tortura: un guantone chiodato con apposite ginocchiere, e degli apparecchi che Harry non riuscì ad interpretare, ma capì che dovevano servire a truccare i manici di scopa. In un altro negozio si potevano trovare tutti gli animali che probabilmente i maghi oscuri giudicavano “da compagnia”: topi di fogna, serpenti di ogni tipo e misura, pipistrelli e tarantole giganti, molto simili a quelle che aveva portato di straforo a scuola Lee Jordan cinque anni fa. Al centro della vetrina torreggiava un cartello che diceva: “Salamandre Autentiche” e, sotto di questo, un recinto pieno di quelle che a Harry sembrarono semplici lucertole, che si divertivano ad attraversare un braciere bollente senza scottarsi minimantente, anzi smorzando il fuoco quando ci passavano sopra.

Finalmente avvistò quella che sembrava essere una libreria: un cartello annunciava che il negozio si chiamava “Il Rhigirogo”. Purtroppo l’entrata era bloccata da diverse persone, sempre vestite di nero, che avevano l’aria molto meno furtiva delle persone che erano presenti nel resto della strada. Sul braccio di ognuna di loro vi era una fascia rossa con uno strano simbolo nero, e Harry capì che stavano aspettando di procurarsi una copia di un libro uscito proprio quel giorno, che era esposto in bella vista nella vetrina…per leggere il titolo Harry dovette superare il braccio di un mago che sembrava un po’ ubriaco…”1889-1945, biografia di Grindelwald, l’ammazzababbani”.  Ad un tratto un mago che si trovava piuttosto indietro nella fila e che sembrava anche lui abbastanza brillo, iniziò ad intonare una canzone che gli altri sembravano conoscere, visto che si aggiunsero al coro:

 

“In un giorno di letizia

Voldemort è ritornato:

diffondete la notizia

per ogni città o prato,

 

in questo giorno di gioia

fine ai babbani tronfi

preghiamo che Potter muoia

e che Voldemort trionfi.”

 

Harry si paralizzò dal terrore, e decise saggiamente di fuggire al più presto da quel covo di pazzi, e così lentamente si allontanò dal negozio. Purtroppo non aveva visto un mago che si era sistemato in fila dietro di lui, che disse: -vuoi stare attento ragazzo? Ehi, ma tu sei…ragazzi, questo è HARRY POTTER!”

Tutti i maghi che erano davanti alla libreria si girarono di scatto, e centinaia di occhi furono puntati su Harry: alcuni erano furenti, altri sorridevano, ma di un sorriso compiaciuto, glaciale. Nessuno sembrava avere buone intenzioni. In poco tempo circondarono Harry, e sfoderarono quasi simultaneamente le bacchette. Quello che si era eletto a capo del gruppo, dopo aver rivolto uno sguardo furente a Harry, scattò in avanti urlando: “Leviatandus Levis” e Harry si sentì trascinare via dalla strada, come se molte mani invisibili lo sollevassero a due metri e mezzo da terra. Quando il mago roteò la bacchetta, anche lui prese a roteare vorticosamente, sempre più velocemente. I suoi occhi non vedevano più la strada, la libreria, gli altri negozi, quei maghi vestiti di nero, ma solo un ammasso informe di un colore indefinibile, verso il grigio-verde; poteva però sentire le risate di quei maghi: le loro risate di scherno, le loro risate cattive, le loro risate roche, le loro risate cristalline. Era il loro giocattolo. Stava decisamente cominciando a sentirsi male quando alcune delle risate degli uomini che gli stavano intorno si trasformarono in piccole urla. Ad un ulteriore urlo lui fu scaraventato per terra, sentì un forte dolore al ginocchio ed al gomito destro e vide che anche l’uomo che gli aveva lanciato l’incantesimo era per terra, e cercava disperatamente di raggiungere la sua bacchetta, che si trovava molto distante da lui. Quando ci era quasi riuscito, un piede schiacciò la sua mano, che ormai si trovava sopra la bacchetta. Harry si puntellò sul braccio sano per vedere meglio, e sollevò gli occhi per guardare quell’uomo in faccia. Lo conosceva già, pur non avendo mai scambiato una sola parola con lui: era Malocchio Moody.

-ciao Harry! Mi trovavo a passare di qua e ho deciso di renderti il favore che mi hai fatto salvandomi la vita a Hogwarts. – Disse, ed un sorriso compiaciuto si fece strada sul suo volto martoriato dalle cicatrici.

Ma mentre diceva questo uno dei maghi che aveva steso si riprese ed urlò: -Stupeficium!-

Malocchio reclinò gli occhi all’indietro e cadde al suolo, privo di sensi. Il più grande Auror di tutti i tempi…bhè, dev’essere molto invecchiato! Pensava Harry quando il mago che si era ripreso puntava verso di lui la bacchetta. Tutti e due erano troppo impegnati per vedere l’uomo che usciva dal negozio di fronte (Erbe magiche per filtri Strapotenti). Ma quest’uomo vide loro, e, lasciato cadere il pacco che portava in mano, corse verso Harry.

-Stupeficium!- Gridò il mago nero, ed un raggio di luce si sprigionò dalla sua bacchetta, ma non colpì Harry: l’uomo misterioso aveva assestato un calcio alla bacchetta del mago, che era schizzata via.

L’incantesimo andò colpire un suo compagno steso a terra.

In quell’istante, mentre l’uomo si teneva la mano dolorante, altri due maghi oscuri si levarono dal letargo in cui li aveva sprofondati Moody, e si diressero verso Harry. L’uomo si guardò in giro preoccupato, e, presa la bacchetta di Harry, gridò: -Innerva!- diretto verso Malocchio. Questo si rialzò e disse: -dove siamo?- l’uomo non gli rispose, ma si volse verso Harry e disse: -ce la fai a camminare?- Harry provò a tirarsi su, ma ricadde inerme al suolo. L’uomo allora si chinò su Harry, e, presolo per la vita, lo sollevò. –scappa!- disse, rivolto a Malocchio, e questo, pur essendo ancora intontito, lo seguì. I maghi oscuri erano alle loro calcagna, e proprio quando sembrò che l’uomo non ce la facesse più, il terzetto uscì da Notturn Alley, e, Harry intravide la figura bianca e svettante della Gringott. I maghi oscuri non ritennero opportuno inseguire il loro giocattolo al di fuori del loro piccolo mondo di perfidia, e per questo ritornarono indietro con aria sconsolata, ma, quando ormai stavano per imboccare una strada che li avrebbe sottratti alla vista di Harry, il loro capo si voltò e disse: -ragazzo, la tua fine è solo rimandata, e sarà lord Voldemort ad ucciderti…ti farà soffrire Potter, ti…-

Ma Harry non seppe mai cosa gli avrebbe fatto Voldemort, perché lo sconosciuto che li aveva salvati lo obbligò a girarsi verso di lui, e, dopo averlo curato con un incantesimo che Harry non conosceva, disse: -non ci pensare, sono degli esaltati, vecchi babbanofobi che, per fortuna, adesso non ascolta più nessuno. A Harry venne in mente una sola parola:

-G-grazie, signore!-

-Oh, di nulla, di nulla, Harry…mi devo ancora presentare: sono Ferdinand Kendall, e credo che ci rivedremo molto presto…ma…dove ho messo la pozione? Porca…deve essermi caduta…seguitemi un attimo in Farmacia, così potremo prendere anche qualcosa per Moody.- Malocchio infatti aveva ancora un’espressione intontita e barcollava così tanto da attirare l’attenzione di parecchie persone che passeggiavano tranquillamente per Diagon Alley.

-ma lei conosce Moody?
-conoscere Moody…bhè, non di persona, fino ad oggi, ma è uno dei più famosi Auror del nostro tempo…o forse dovrei dire era, visto che ora non sembra più tanto sveglio…ma dammi pure del tu, Harry. –

Nel frattempo erano arrivati davanti alla Farmacia, e Ferdinand Kendall entrò risoluto nel negozio, seguito subito dopo da Harry, che trascinava Malocchio per un braccio. Nel locale c’era un intenso odore di zolfo e di qualche erba che Harry non aveva mai sentito, un odore molto pungente, ma nel complesso gradevole. Non aveva molto a che fare con l’odore di muffa e di umidità che c’era nei sotterranei, dove di solito Harry teneva le lezioni di pozioni.

–Salve, avrei bisogno di qualcosa per il mal di testa, e anche di un filtro d’amore standard. –

 La commessa fece un’espressione disgustata e disse: -contro il mal di testa abbiamo questo derivato di Artemisia e Mandragola, ma per quanto riguarda i filtri d’amore, non li possiamo proprio vendere. – Il signor Kendall fece un’espressione molto rammaricata, e poi tirò fuori un foglio dal suo mantello e lo porse alla giovane strega.

-ah…capisco, per scopo dimostrativo…allora non posso andare oltre i 35cc di lacrime di Arpia, le va bene?- Kendall bofonchiò una specie di sì, pagò ed uscì. Aveva un’espressione decisamente sconfortata, ma quando parlò con Harry non lo diede a vedere. –Bene, Harry, come ho già detto, credo che ci rivedremo davvero presto…ti affido Malocchio, fagli prendere l’infuso in mezzo bicchiere d’acqua. È stato un piacere incontrarti. –

Detto questo, si Smaterializzò, senza lasciare a Harry il tempo per ringraziarlo nuovamente, o almeno salutarlo.

In quello steso istante il grande orologio sopra la Gringott suonò. Harry contò i rintocchi: erano dodici, e tra meno di un’ora avrebbe dovuto trovarsi alla gelateria, ma doveva ancora comprare la scopa per Ron e qualcosa…qualsiasi cosa, ormai, per Hermione.

Una volta giunto davanti al negozio Accessori di Prima Qualità per il Quidditch comprese subito a quale manico di scopa si riferisse Ron poco tempo fa. Svettava infatti in vetrina un unico manico di scopa, di dimensioni enormi, nero con dei piccoli fulmini gialli disegnati sul manico. Parecchie facce lo guardavano a bocca aperta, ma Harry fece in tempo a leggere il nome della scopa:    

-Thunderbolt- prima di entrare. Il gestore del negozio sembrava entusiasta di vendergliela, perché, forse per il prezzo elevato, doveva averne vendute ben poche.

-un pacco regalo, per favore.

-ma certo, certo…ecco a te, e torna presto ad essere un nostro cliente! –

Lo salutò quello, con un sorriso bianchissimo.

Adesso rimaneva solo il problema del regalo per Hermione…cosa poteva desiderare Hermione? Si sforzò di entrare nella sua mentalità, cosa già difficile, e resa impossibile dalla folla vociante e soprattutto da un Malocchio in vena di confidenze e anche un po’ logorroico che continuava a ronzargli le sue avventure nelle orecchie.

I suoi ragionamenti furono definitamene spezzati da una strega che gli porse un volantino di un rosa violento, che Harry stava per buttare, quando lesse:

Strega Oggi: nuova apertura. Tutto quello di cui ha bisogno una strega per dirsi tale.”

Harry ci pensò su un attimo, poi alzo lo sguardo verso la strega e le chiese: -dov’è stò negozio?-

La strega non rispose, ma, continuando a masticare a bocca spalancata una gomma, indicò a Harry un negozio che si trovava poco distante, e subito dopo sfrecciò via sui suoi pattini.

I negozi stavano per chiudere, e inoltre sembrava che Malocchio stesse per sentirsi male, così Harry, con la scopa incartata in una mano e la mano di Moody nell’altra, si avviò a passo deciso verso il negozio.

“Strega Oggi” assomigliava moltissimo ad un negozio di cosmetici babbano, ma in più c’erano dei maghi che lavavano i capelli con balsamo magico e altri che si occupavano del viso delle clienti, che andavano dalla ragazzina che si stava facendo consigliare il colore di un lucidalabbra da una commessa che sembrava essere molto amichevole alla vecchia signora che mentre si faceva fare la messa in piega raccontava le sue avventure giovanili al mago-shampista, che non sembrava molto entusiasta del fatto.

La ragazzina aveva finalmente scelto il colore del suo lucidalabbra (viola -sangue- di- manticora) e Harry si avvicinò alla commessa rimasta libera.

-Ehm…buongiorno, vorrei comprare un regalo per una mia amica…- furono più o meno le uniche parole che pronunciò, visto che non appena le ebbe dette la zelante commessa iniziò a mostrargli una serie infinita di cose: rossetti che cambiavano colore a seconda dell’umore della proprietaria, mascara con ciglia allungabili per soffiare una soffice brezza sul volto dell’amato, e persino un profumo afrodisiaco.

Alla fine Harry optò per un beauty gigantesco a scomparti, che comprendeva diciassette rossetti, due fondotinta, quattro matite per gli occhi, diverse creme, e molte altre cose.

Dubitando fortemente che il regalo potesse piacere a Hermione, Harry prese la busta che gli porgeva la commessa, che non aveva smesso di parlare neanche mentre faceva il pacchetto.

-La tua amica sarà felicissima…ma sei sicuro che non sia la tua fidanzata? Sai, a me puoi anche dirlo, io sono una persona riservata, non parlo mai con nessuno, figurati se vado a raccontare i segreti in giro…ma è una tua compagna di scuola? Scommetto che vai a Hogwarts, di che casa sei? Ehy, ciao, arrivederci, e…TORNA PRESTO!-

Harry uscì, e dette un’occhiata all’orologio della Gringott: era in ritardo. Arrivò trafelato alla gelateria di Florian Fortebraccio, con Malocchio che faticava a seguirlo.

Ron e Hermione erano seduti su un tavolino appartato, e Ron stava cercando di convincere Hermione a fargli copiare il compito di storia della magia. (Perché la rivoluzione dei goblin in Inghilterra nel 1600 ha fatto più morti di cinque ecocatastofi?)

-dai, Hermione, ti prego…mi ero completamente scordato del tema per Ruf…che ti costa?
-non se ne parla neanche: hai avuto tutto il tempo per farlo, e non vedo perché dovresti copiare da me senza fare il minimo sforzo… -oh, ciao Harry, sei in ritardo!- dissero i due all’unisono.

Quando Harry tese i pacchi agli amici e ordinò un bicchiere d’acqua per l’infuso per Moody, fu davvero stupito dalla reazione di Hermione, che, dopo aver visto il beauty disse, commossa:

-Harry, ma è bellissimo, grazie! È il regalo più bello che mi abbiano mai fatto!- e, detto ciò, diede uno dei suoi rarissimi baci a Harry, che di solito riservava solo per situazioni di pericolo mortale o per grandi occasioni.

Anche Ron era raggiante: -accipicchia, Harry, grazie, ma…dev’esserti costato un casino! Guarda, ha anche la frenata automatica!

Quando i due ragazzi si ripresero dalla felicità, notarono anche Malocchio, e chiesero a Harry spiegazioni. Dopo che Harry ebbe raccontato agli amici la sua brutta avventura a Notturn Alley, questi reagirono meno istericamente del previsto.

-Bhè, te l’ha detto anche…come si chiama? Kendall: sono solo degli esaltati, niente di preoccupante, no?

Fu il commento di Ron, al quale, stranamente, si associò Hermione.

Dopo che ebbero consumato i loro gelati e dopo che Malocchio si fu ripreso, poterono ritornare al Paiolo Magico, dove li aspettava un pranzo abbastanza deludente, soprattutto se paragonati a quelli della signora Weasley, e dove fu deciso che quella notte Moody, che si rivelò essere una vecchia conoscenza di Artur Wealsey, sarebbe stato loro ospite.

Nel pomeriggio girarono, questa volta tutti e tre insieme, per i negozi, anche se prestarono poca attenzione alle vetrine: Ron non faceva altro che parlare di che finte Wronsky favolose sarebbe riuscito a fare con la sua nuova Thunderbolt e Hermione passava da un incantesimo che aveva imparato due secondi prima a domande sui diversi colori dei suoi nuovi diciassette rossetti, mentre nella mente di Harry risuonavano le parole della canzone cantata dai tipacci incontrati a Notturn Alley: “…preghiamo che Potter muoia e che Voldemort trionfi…”

Quella sera Hermione si doveva sentire particolarmente buona, visto che concesse a Ron e a Harry di copiare alcune parti dal suo compito (anche Harry si era accorto con orrore di aver scordato per caso il compito di Storia della magia.)

Dopo che Fred e George ebbero ingaggiato una lotta a cuscinate all’ultimo sangue con Harry e Ron nella camera di quest’ultimi, e dopo che quest’ultimi avevano decisamente perso, si addormentarono sfiniti, senza neanche spogliarsi.

Ma il loro sonno non durò a lungo, visto che furono svegliati alle due da un grido disumano.

Si precipitarono nel corridoio dove c’erano le camere, e videro che anche gli altri clienti del locale avevano sentito il grido. Tra questi c’era anche il solito mago basso e grasso, che, sempre più contrariato, indossava un berretto da notte con un papillon più grande di un pugno.

Appena si furono affacciate anche Hermione, la signora Figg e Rita, con la prendiappunti pronta, uscì colui che aveva svegliato mezza Diagon Alley: Malocchio Moody.

-Lui è venuto a prendermi…si è nascosto nell’armadio, lui è qui, è qui…è nell’armadio. –

Bill e Charlie si scambiarono uno sguardo, e, dopo che Bill fu andato un attimo a prendere le loro bacchette, avanzarono verso la camera di Moody. Dietro di loro procedevano con più cautela anche Ron, Harry, e Rita, che dettava appunti all’impazzata. I due fratelli aprirono insieme l’armadio e…

la risata di Bill e Charlie riecheggiò per la camera, mentre Charlie tirava fuori dall’armadio il minaccioso “Lui”: un impermeabile nero lungo, probabilmente scordato da qualche cliente distratto.

Malocchio non voleva rassegnarsi ad aver avuto una visione, e anche quando gli ultimi furono usciti dalla sua stanza continuò a ripetere per molto tempo nella notte: Lui è venuto a farmi visita, sono troppo debole…l’armadio… -

-Forse Kendall aveva proprio ragione: Maolocchio ERA il più grande Auror di tutti i tempi. –

Disse Harry, ma Ron si era già addormentato, cosa che fece anche lui poco tempo dopo.

 

[CONTINUA]