CAPITOLO 4

                                                                NELLA PIOGGIA…

 

 

Una volta tanto non ci fu bisogno che nessuno venisse a chiamare Harry e Ron, perché questi furono i primi a svegliarsi.

Mentre Harry però era felicissimo di poter finalmente tornare a Hogwarts, Ron non era dello stesso parere, e il suo umore era decisamente sottoterra. Entrambi raccolsero tutti i loro bagagli, e, proprio quando ebbero finito entrarono Fred e George.

-non avete avuto abbastanza cuscinate ieri?- chiese Ron

-altro che cuscinate, siamo preoccupatissimi: quest’anno abbiamo gli esami. – disse Fred.

Ma dopo un po’ la preoccupazione doveva essergli passata, perché la battaglia ricominciò, più cruenta che mai, e un cuscino andò anche a colpire la gabbia di Edvige che, con sguardo sdegnato, se ne volò via. Anche questa volta vinsero Fred e George, ma anche loro si presero una bella dose di cuscini, tanto che Harry e Ron potessero uscirne sconfitti ma con onore.

Harry, ricordandosi del proposito di pagare lui le stanze, scese giù con una scusa, ma vide che i Weasley erano già lì, e che stavano litigando.

-ma caro, se ha voluto fare un gesto gentile, non vedo perché dovresti…

-lo so io perché dovrei: in quindici anni al ministero Cornelius Carramel non mi ha mai offerto neanche una Burrobirra, e adesso che fa? Mi paga le camere…chissà perché! Io un’idea ce l’avrei: tenere la bocca chiusa sul ritorno di tu-sai-chi, ecco cosa vuole da me.

Quando la signora Weasley sentì quella frase impallidì, ma non disse niente, e non fermò il marito quando si avvicinò a Tom e disse: -dici a Carramel che le stanze me le pago da solo. – e, così dicendo, porse un sacchettino tintinnante all’oste.

Siccome i Weasley stavano per risalire, Harry non potè fare altro che scendere e far finta che stava cercando Edvige, che comunque trovò nella sala grande, seduta sul tavolo del mago basso e grasso, ancora offesa con lui per la cuscinata.

-scusi, è la mia civetta, mi è scappata…

-gran bella civetta, non c’è che dire, forse un po’ permalosa, ma bellissima. – disse il mago con un sorriso: era meno antipatico di come Harry se l’era immaginato.

Quando, circa un’ora dopo, il signor Weasley fu riuscito a riunire tutta la famiglia e gli altri, e non fu cosa facile, visto che la signora Figg non voleva proprio svegliarsi, Hermione e Ron stavano litigando, Ginny era chiusa in bagno da cinque ore per pettinarsi, Percy doveva finire di scrivere un suo lavoro (sull’evoluzione delle bacchette magiche), Fred e George erano chiusi in camera a fare chissà cosa e Rita stava intervistando il gestore del Paiolo Magico, furono pronti per partire.

Presero ognuno una piccola quantità di polvere magica dal bancone del Paiolo Magico, e, dopo aver salutato Tom, entrarono insieme nel mastodontico camino del locale, e dissero all’unisono: a King’s Cross!

                                                                                 *

 

Cho Chang era in ritardo, e correva per non perdere l’appuntamento con la passaporta.

Per fortuna quando arrivò nello spazio adibito a luogo d’incontro, vide i maghi che dovevano partire con lei l’avevano aspettata.

-Cho, fai presto, che perdiamo il treno- l’apostrofò Anna Habbot, una tassorosso del quinto anno.

Quando Cho arrivò davanti a loro, si prepararono a partire.

David trascinava sua sorella Eleonor per la strada.

-David, ma ti rendi conto di quello che stai facendo? Mi hai buttato giù dal letto per andare dove diceva una lettera che hai trovato per terra!-

-ma quella non era una lettera qualsiasi, l’hai letta anche tu, no? Diceva “scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. –

-sì, come no, ma se non ce ne andiamo subito a casa perderò l’appuntamento con il mio folletto preferito. – lo prese in giro la sorella.

-Ecco, quella con i capelli neri lunghi che stà correndo dalla parte opposta è la ragazza che ha perduto la lettera…ma, perché si avvicina a quegli strani ragazzi raggruppati attorno ad una scarpa? La stanno toccando…ehy, sei tu Cho? Cho Chang?-

prese per mano la sorella, e toccò Cho su una spalla. Questa si girò nel momento esatto in cui stava toccando la passaporta insieme agli altri maghi. Un bagliore, e David pensò di essere svenuto, ma poco dopo si ritrovò a toccare terra. Era “atterrato” in una stazione con un solo binario. La scritta annunciava: binario nove e tre quarti.

-Ciao, Cho, tu non mi conosci, ma una settimana fa ti è caduta questa lettera, e, non sapendo dove abitavi…-

-non ci far caso, è mio fratello, è un po’ matto. – disse Eleanor a Cho con aria di complicità, come se per lei viaggiare con le passaporte fosse del tutto normale. –io sono Eleanor, e mio fratello è David. Piacere. –

Cho sembrava alquanto sconvolta, e come prima cosa consegnò la passaporta al mago addetto a raccoglierle, che non sembrava disposto ad aspettare oltre, poi disse: -spostiamoci, stanno per arrivarne altri. – e si spostò verso l’espresso di Hogwarts, seguita dai gemelli Cohen.

Alla fine disse: -ma volete dire che voi siete babbani?-

-che vuol dire “babbani”?

-sì, siete babbani. – Disse Cho, ed alzò gli occhi al cielo. –se lo sa la Mc Grannit mi uccide…anzi, peggio, toglierà cento punti a Corvonero, così, iniziando a –100 non avremo neanche una possibilità di vincere, ammesso che ne abbiamo mai avute…anzi, la professoressa toglierà cento punti per ogni babbano, ne sono sicura…oooh, che guaio!-

Mentre parlava Cho camminava in circolo attorno ai gemelli, e questi non sembravano capire molto del suo discorso su professori, punti, e corvoneri.

Cho si fermò, e prese bruscamente la lettera dalle mani di David, poi ci pensò su e disse:
-ok, ormai siete qui…forse se verrete sul treno non si accorgeranno di voi…oppure potrete dire di aver attraversato per sbaglio il divisorio tra i binari nove e dieci…sì, potremmo fare così. –

Eleonor non sembrava entusiasta –ma guarda che noi tra dieci giorni dobbiamo essere a scuola, non possiamo andare chissà dove a fare chissà cosa…-

Anche David non era entusiasta…era raggiante: -quindi siete davvero maghi? Non ci posso credere! Hai visto Eleonor? Esistono davvero! E tu che vai a pensare alla scuola…è fantastico…-

-guarda che a scuola ci andiamo anche noi, è non è poi tanto fantastico…- disse Cho, annoiata.

Cho stava per lasciare David ed Eleonor, ma, mentre si stava allontanando questo le corse dietro, urlando: -ma non ci puoi lasciare così…per raggiungere questa scuola, come dobbiamo fare….manici di scopa? Aspirapolvere? E poi sulla lettera diceva che dobbiamo avere dei libri…diceva anche una cosa che non ho capito molto bene su una gita…dice: “per la prima volta a Hogwarts è stata pensata ed organizzata una visita guidata della durata di una settimana, le lezioni e gli esami termineranno quindi una settimana prima per consentire lo svolgimento della gita. Ulteriori informazioni saranno comunicate in seguito…”

Cho alzò gli occhi al cielo, tornò sui suoi passi, e si rassegnò a sopportare quegli strani babbani per tutto il viaggio in treno.

-quindi c’è anche una gita…che bello! Quando si parte?

-noi partiamo, voi appena arrivati ve ne ritornate a casa…-

mente Cho stava dicendo questo, stava giusto per pentirsi del suo comportamento poco cortese, quando David scivolò e le rovinò addosso, cancellando tutte le sue buone intenzioni…

                                                                                 *

 

Harry e tutti gli altri atterrarono in un grande camino allestito nel bel mezzo del binario nove e tre quarti apposta per agevolare il viaggio

-lo attaccano solo per oggi, per quelli a cui riesce difficile farsi accompagnare e hanno tutte le passaporte lontane da casa. – gli spiegò Ron.

Harry individuò l’area adibita a punto di arrivo per i maghi che viaggiavano con le passaporte, alzò un attimo lo sguardo e il cuore gli si fermò: vide Cho Chang che abbracciava un ragazzo della sua stessa età che non aveva mai visto prima. Se prima di allora Harry aveva avuto qualche speranza di riuscire ad avvicinarsi a Cho, quelle gli crollarono in quel preciso istante.

Hermione e Ron, una volta visto dove guardava il loro amico, si scambiarono uno sguardo complice e fecero girare Harry verso di loro.

La madre di Ron iniziò con le solite raccomandazioni, subito spalleggiata da Percy (le raccomandazioni sembravano piacergli quasi più delle prediche)

-Ginny, mi raccomando, questo per te è il quarto anno, un anno molto importante…

-quindi non prendere esempio da Fred e George!

-…dove non sei più una bambina…

-prendi esempio da me, piuttosto, e diventa Prefetto.

-Ron, cerca di studiare di più quest’anno…

-ma è ovvio: con quei modelli, come vuoi che studi…

-e non ti distrarre troppo durante le ore del professor Ruf…

-mi ricordo che ero il migliore in storia della magia…

-e ci credo, tra Percy e Ruf è difficile dire chi sia il più noioso…poveri compagni di classe di Percy!- bisbigliò George nelle orecchie di Ron e di Harry, e questo sorrise alla battuta anche se non era esattamente felicissimo.

Fred e George stavano sgattaiolando via, ma la mamma li raggiunse prima che potessero salire sul treno.

-e voi, almeno per quest’anno, mettete da parte gli scherzi e cercate di prendere un M.A.G.O. decente!-

questi alzarono gli occhi al cielo, ma annuirono, anche se con aria molto equivoca.

-e divertitevi- aggiunse Arthur. Percy lo guardò come se avesse detto: -e uccidete qualcuno, a Hogwarts!- Ma il padre non ci fece caso.

-signora Figg, lei non va con loro?- chiese Molly Weasley.

-no, se è possibile vorrei approfittare di un po’ della vostra polvere volante per andare a casa di Remus Lupin, anche se credo che presto dovrò recarmi a Hogwarts.

-Allora vengo con lei!- disse Rita Skeeter –devo finire il mio articolo, e non mi posso certo ripresentare alla gazzetta del profeta!-

-vi possiamo accompagnare: se quella sera sulla macchina di servizio ce l’abbiamo fatta in sei, questa volta ce la faremo anche in sette, soprattutto se chiedo una macchina un po’ più grande. Telefono alla Gringott per farmene mandare una- disse Bill, e si avviò verso il divisorio per raggiungere una cabina. –

-forse è meglio se vado con lui, non mi sembra molto esperto in fatto di telefoni. – disse Hermione, ricordandosi del brutto incidente col computer di Dudley a casa dei Dursley.

Con l’aiuto di Hermione Bill riuscì a telefonare alla Gringott (-avevano messo il telefono da poco, perché c’erano diversi maghi che abitavano in case semi-babbane- spiegò più tardi Hermione a Harry e Ron) senza incidenti di percorso, e tornarono al binario nove e tre quarti incolumi.

-la macchina sta arrivando- disse Bill agli altri.

-Bene, allora noi andiamo, ciao ragazzi, e…fate attenzione!- disse la signora Weasley, e sembrò stesse per piangere.

-Mamma, stiamo andando a scuola, non stiamo partendo per la guerra- disse Fred, ma questa non ci fece caso, e baciò tutti, figli e amici dei figli.

Quando i Weasley insieme a Rita e Arabella si furono allontanati, il gruppo, con Ron in testa, si preparò a salire sul treno: un altro anno a Hogwarts li attendeva.

 

Appena saliti sul treno cercarono uno scompartimento appartato, ma non lo trovarono, così mentre gli altri raggiungevano i loro amici negli altri vagoni, Harry Ron e Hermione presero posto insieme a Calì Patil, Lavanda Brown e Neville, che teneva in mano Oscar, che si dibatteva come un forsennato.

-ciao Harry! Ciao Ron, oh, ciao Hermione, passato bene le vacanze?

-molto…movimentate- Commentò Hermione, e scambiò uno sguardo furbetto a Harry- e tu?

-A…anche io, grazie- disse Neville, in tono sbrigativo, come se volesse nascondere qualcosa.

Calì e Lavanda, come al solito, erano inscindibili l’una dall’altra, e come al solito, parlottavano tra di loro, ridendo in modo sciocco ogni quindici secondi.

Quando Harry si sedette vicino a Calì questa non si dimostrò molto calorosa, segno che non aveva ancora dimenticato il ballo del ceppo dell’anno prima, durante il quale si era trovata a fare da dama a Harry, ma non era rimasta molto soddisfatta. Harry non ci fece molto caso, e iniziò a guardare dal finestrino, in attesa che il treno si mettesse in moto.

Dopo poco si sentì uno sbuffo di fumo, e il primo rumore delle rotaie sui binari: l’espresso di Hogwarts era partito. Nell’istante stesso in cui il treno fischiò, il cielo tuonò. Fulmini squassarono l’azzurro sopra di loro, e in breve piccole nuvolette, nere e dense, si raggrupparono lì, pronte per elargire una buona dose d’acqua.

Il treno era appena uscito dalla stazione, che subito tutti poterono costatare che quello era davvero un acquazzone in piena regola: le gocce che cadevano sul tetto del loro vagone facevano un sordo rumore metallico che faceva rincantucciare Neville il più possibile nel suo sedile.

Calì e Lavanda erano eccitatissime –Lavanda, credi che sia di cattivo auspicio?- squittì Calì-

-sai, mi pare di aver letto su “Presagi di Morte: Che fare quando si prepara il Peggio” che un acquazzone improvviso, in coincidenza di un evento importante può significare solo una cosa: -si guardarono negli occhi, che brillavano, e poi, dopo aver unito le mani strette a pugno sotto il mento, strillarono in tono silenzioso e acuto: -“MORTE!!!”-

Quelle due erano decisamente state contagiate dalla Cooman-mania: solo lei e le sue adepte potevano prevedere la morte dalle quaranta alla cinquantotto volte al un giorno, e prenderla ogni volta come un evento unico, irripetibile, e soprattutto splendido.

Subito dopo che ebbero detto la magica parolina, si girarono verso Harry con occhi famelici: Harry era indubbiamente la vittima preferita dalla Cooman, e le sue proselite non volevano essere certo da meno. Vedendo che Harry non rivolgeva loro gran parte della propria attenzione, si girarono e iniziarono a parlare tra di loro in tono cospiratorio, ma a voce abbastanza alta da essere udita da Harry.

-E poi… in questi giorni stanno succedendo delle cose davvero strane, leggi quest’articolo- disse Lavanda, passandole un numero della gazzetta del profeta che doveva essere vecchio di qualche giorno. “I sette modi infallibili per Trasfigurare le vostre vene varicose in epidermide vanitosa…” -non questo, quello in alto a destra!- “Furto alla gazzetta del profeta. L’altra notte è avvenuto un fatto gravissimo: cinque teppisti, dopo essersi introdotti nella redazione di Questo giornale, hanno rubato delle informazioni riservate, e sono impunemente scappati…” Hermione sembrava friggere nel suo posto, mentre ad un fulmine più forte degli altri, Neville scattò, e Oscar gli sfuggì di mano. Incurante di tutto, Hermione non si trattenne più e gridò: -Informazioni riservate? Loro chiamano nascondere la verità informazioni riservate? Quella sera avrei dovuto fermarmi per scagliare un bel…-

-Neville, noi andiamo a cercare il tuo rospo!- esclamò Ron, e Harry, colto il messaggio al volo, prese Hermione, che continuava a cercare un incantesimo adatto da scagliare contro il guardiano della Gazzetta, e la trascinò fuori dallo scompartimento.

-Hermione, ma sei pazza? Dopo tanta fatica per non farci scoprire tu ti metti a blaterare che avresti incenerito il guardiano…quando ti arrabbi smetti proprio di ragionare!-

-io almeno ragiono la maggior parte del tempo- ribatté Hermione, molto contrariata.

Ron fece una faccia del tipo “è-questo-il-ringraziamento-per-averti-aiutato-?” e, voltatosi dalla parte opposta a quella dove stavano Harry e Hermione, camminò deciso verso un altro vagone.

Hermione, ovviamente, fece lo stesso, e si avviò nella direzione contraria di Ron.

Harry era ancora indeciso su chi dovesse seguire quando si materializzò sulla porta del vagone una figura che conosceva fin troppo bene: era Cho, accompagnata da due ragazzi, tra cui quello che stava abbracciando poco tempo prima.

Dopo aver scansato una Hermione decisamente arrabbiata, Cho rivolse un sorriso a Harry e gli disse

-Harry, venendo qui ho trovato questo rospo, per caso è di quel ragazzo biondo della tua classe? Ah, già, devo ancora presentarti…-

-il Rospo è di Neville, puoi darglielo tu stessa, è in questo scompartimento. – disse Harry, glaciale, e si avviò verso dove era andato Ron, senza sentire il nome dei ragazzi.

Trovò Ron pochi scompartimenti più avanti, insieme a Fred, George, Ginny e Lee Jordan.

Ron era decisamente depresso, visto che neanche la prospettiva di usare un incantesimo di alterazione vocale sulla Mc Grannit in modo che la sua voce fosse simile al verso di un muflone in calore, proposta fatta da Lee e subito accolta da Fred e George, servì a rincuorarlo.

-Ciao- disse Harry, e si sedette con cautela vicino all’amico.

Stava giusto cercando le parole adatte per iniziare la conversazione quando Ron gli parlò

-mi odia?-

-cosa?-

-…Hermione. Mi odia secondo te?-

-ma no, che dici…siete semplicemente un po’…incompatibili a livello caratteriale. –

-ok, mi odia. –

E, come se quest’ultima affermazione che aveva pronunziato in tono scontato gli avesse assorbito ogni briciolo di energia, Ron sprofondò nuovamente nel suo sedile.

Harry, ormai rassegnato a vederlo così depresso, decise di andare a cercare Hermione, e così si avviò verso l’altro lato del lungo convoglio.

Attraversando un buon numero di vagoni potè rendersi conto –anche se approssimativamente– del numero degli alunni di Hogwarts: alcuni gli erano noti, di altri si ricordava solo il nome o la casa d’appartenenza…quella ragazza l’aveva vista una volta nel giardino…ma c’erano alcuni che non aveva mai visto, anche se la maggior parte di questi erano del primo anno.

Mentre procedeva a passo spedito cercava di non far caso a tutti i rumori che provenivano dagli scompartimenti: urla, risate, scherzi da primo giorno di scuola, e cercava anche di non prestare attenzione alle gocce di pioggia che s’infrangevano sul treno veloce che le trapassava.

La pioggia gli metteva sempre malinconia addosso.

                                                                                 *

Anche quella sera pioveva.

                                                                                 *

Quando era arrivato a circa metà treno, sentì la voce di Hermione. Per essere precisi, il suo cervello registrò la voce di Hermione che urlava, ma ci fece caso solo qualche metro dopo, quando tornò sui suoi passi ancora indeciso se quell’urlo se lo fosse solo immaginato o meno.

Un secondo urlo, ancora più disperato, gli rispose. Spalancò la porta, e capì il perché Hermione stava urlando: Draco Malfoy, molto eroicamente, la stava picchiando. Quando Harry entrò Draco si fermò per un attimo, e, dopo avergli rivolto un ghigno beffardo, disse: -oh, ciao, Harry, vuoi partecipare anche tu? Pestaggio di mezzo sangue!- disse, raggiante.

Harry, dopo averlo guardato con disgusto puro, disse: -Malfoy, a picchiare Hermione non eri ancora arrivato…cosa è successo per permetterti un gesto così eroico?- ad un cenno di Draco spuntarono da vicino alla porte dello scompartimento i suoi due soliti tirapiedi: Tiger e Goyle, che immobilizzarono Harry.

-Ahh, capisco, eravate in tre contro uno…mi sembrava che ci fosse qualcosa che non andava. –

Tiger tirò a Harry un calcio in uno stinco.

Hermione sollevò la testa, preoccupata, il suo naso sanguinava.

-la rinascita del Signore Oscuro ti ha così eccitato da non nasconderti più dietro ai tuoi viscidi piani, Malfoy?- lo stuzzicò nuovamente Harry, ma questo non lo ascoltò, e, per tutta risposta, sferrò un pugno a Hermione.

Un momento- pensò Harry…doveva davvero essere successo qualcosa se Draco si metteva a pestarli sull’espresso di Hogwarts…Hermione stava piangendo…non potendo sopportare quella scena orribile, tentò di liberarsi, ma gli arrivò un pugno in fronte, da una mano con un anello, e il sangue gli appannò la vista…due pestaggi in due giorni erano decisamente troppi…pensò, e in quella la porta si spalancò.

-Expelliarmus!- gridò Ron, e le bacchette di Draco, Tiger e Goyle rotolarono per terra.

-Petrificus Totalus- gridò poi, e il terzetto si fermò di colpo. A Harry ricordò quella volta che aveva giocato alla “belle statuine”con Dudley e Pierce Polkiss: era sempre lui a perdere, e le punizioni erano alquanto dolorose. Il pugno di Malfoy era fermo a due centimetri dal volto di Hermione, mentre Harry si trovò intrappolato dalle mani di Tiger e Goyle, ora diventate roccia.

-Forse faremmo meglio a scappare: non sono sicuro di aver scagliato l’incantesimo in modo corretto, e potrebbe spezzarsi da un momento all’altro. –

Harry allora si liberò con uno strattone dalle grinfie dei due ragazzoni e tese una mano a Hermione.

Prima di andarsene però non potè fare a meno, dopo aver contemplato per un attimo lo sguardo di Draco, di sferrargli un sonoro cazzotto sul naso, a seguito del quale alcune schegge di pietra rotolarono giù dal suo volto. Dopo questo gesto, che fu accolto con un’ovazione da Ron, uscirono.

Qualche vagone più in là, Hermione, che sembrava alquanto imbarazzata, racimolò tutto il suo coraggio e disse: -ehm…volevo dirvi grazie. Anche se non c’era affatto bisogno del vostro intervento, me la stavo cavando alla grande da sola!- e, dopo aver ultimato la frase, scomparì per il treno.

Successivamente Harry e Ron la ritrovarono nello scompartimento insieme a Fred e George, che rideva come una matta, con un tampone sul naso sanguinante.

Appena si furono seduti anche loro, Harry disse: -Hermione, dirai tutto alla professoressa Mc Grannit, vero?-

Una smorfia strana apparve sul suo viso –dire tutto alla Mc Grannit? Ma sei pazzo? Non siamo più al primo anno…e poi, per Malfoy ho in mente una punizione molto più atroce di qualsiasi ramanzina…- esclamò con un’espressione che non avevano mai visto prima…un’espressione cattiva.

-Quando fa così mi fa paura- disse Ron, e subito dopo scoppiarono a ridere tutti e tre, seguiti dall’intero scompartimento.

Verso mezzogiorno passò la strega con il carrello dei dolci, e Harry comprò una vera provvista di Tuttigusti+1 e Cioccorane, che distribuì generosamente agli amici. Quando passò una Cioccorana a Ginny questa, seppur per un breve istante, arrossì, ma la prese ugualmente.

Questo momento idilliaco fu rotto da Fred, che era convinto di aver trovato una Tuttigusti+1 alla cacca.

Subito dopo la mangiata Fred George e Lee uscirono in cerca di Angelina Jonson, che in teoria era la ragazza di Fred (anche se nessuno dei due sarebbe mai stato disposto ad usare quella parola).

Ginny invece si addormentò, e questo detto modo ai tre di parlare tra di loro di quello che era successo.

Per la prima volta dopo circa cinque anni, Ron e Hermione dialogarono per più di dieci minuti senza litigare né alzare la voce, e, culmine dell’improbabilità, Hermione disse a Ron:

-davvero bello l’incantesimo che hai lanciato.

“Se non piovesse già a dirotto, si metterebbe di sicuro a piovere.” Pensò Harry, e gettò uno sguardo al paesaggio di fuori, scurissimo. Le gocce di pioggia cadevano sempre con maggior frequenza, e non accennavano a smettere.

Harry distolse lo sguardo dal paesaggio e guardò Ron e Hermione: sì sorridevano…forse per una volta Malfoy era servito a qualcosa…

 

                                                                    CAPITOLO 5

                                                              LO SMISTAMENTO

 

 

 -Albus, sei sicuro che sia la decisione più giusta?-

-non la più giusta, Minerva, l’unica possibile: la Penna non si è mai sbagliata, in tanti anni, non vedo perché dovrebbe incominciare adesso…-

La professoressa, senza ribattere, aprì il lungo foglio di pergamena e aggiunse due nomi.

Negli occhi di Albus Silente c’era una traccia quasi invisibile di malinconia, o forse di tristezza.

                                                                                 *

 

-Ci stiamo avvicinano a Hogwarts, siete pregati di lasciare il bagaglio a bordo; verrà portato negli edifici della scuola separatamente. –

Harry, Ron, Hermione e Ginny si resero conto con orrore che non si erano ancora cambiati, così lo fecero in tutta fretta, prima le ragazze e poi i ragazzi, e quando furono tutti pronti nelle loro divise il treno si stava fermando alla stazione di Hogwarts.

La pioggia non accennava a smettere, e i ragazzi, pregustando il ricco banchetto d’inizio anno, si accalcavano per scendere dal treno. Harry scese per ultimo, insieme a Ron e Hermione (Ginny aveva trovato alcune sue compagne di classe e le aveva seguite).

Si guardò intorno rapidamente alla ricerca di Hagrid, ma non lo trovò. Proseguendo verso le carrozze senza cavalli che sarebbero servite a trasportarli fino a Hogwarts però udì una voce che diceva, in tono gracchiante:

-Hogwarts primo anno, primo anno da questa parte!-

-Hagrid!- disse, e si diresse da quella parte.

Ma quando giunse in prossimità del lago fu deluso dal vedere che il possessore della voce non doveva essere Hagrid: i ragazzi del primo anno che si erano radunati intorno a lui lo avevano completamente occultato alla vista. Chi poteva essere? Non potè soddisfare la sua curiosità visto che Ron e Hermione, che lo avevano seguito, gli dissero:

-Harry, se non ti sbrighi le carrozze partiranno senza di noi e rimarremo indietro!-

-Hermione ha ragione, sbrighiamoci!-

Bene, adesso si spalleggiavano anche…

Arrivati in prossimità delle carrozze, Neville si sporse da una di queste e li chiamò: -Harry, Ron, Hermione, presto, salite: ci sono tre posti liberi. –

Una volta saliti si accorsero con piacere che l’interno della carrozza era riscaldato.

-Harry, sai, Cho Chang, della squadra del Corvonero, ha ritrovato il mio rospo, e con lei c’era anche un ragazzo molto simpatico che nn ho mai visto, ha detto di chiamarsi…-

Hermione colse un lampo omicida nello sguardo di Harry, e chiese, in maniera ingannevolmente casuale: -Ehm, Neville…tu…hai…passato bene le vacanze?-

-Ma Hermione, me l’hai già chiesto qualche ora fa, sul treno- rispose questo, come preoccupato per la sanità mentale della sua compagna.

-Oh…oh, già, è vero…che distratta!- e fece una risata che rassomigliava molto a quelle di Calì e Lavanda, ma il diversivo era servito al suo scopo: lo sguardo omicida era scomparso dagli occhi di Harry, anche se ora sembrava un po’ depresso.

La carrozza arrivò lentamente a superare i cancelli di Hogwarts, con le sue statue di cinghiali alati di fianco. Quando giunsero in prossimità del lago sentirono delle urla, e videro uno strano bagliore giallastro e subito dopo ci fu un gran fermento per tutto il giardino: gli altri ragazzi, curiosissimi, scesero velocemente dalle carrozze per vedere a cosa fosse dovuto tutto quel trambusto.

Appena Harry e gli altri scesero furono travolti da una Mc Grannit molto arrabbiata, che diceva in tono concitato: -cosa sarà successo adesso? Le grida vengono dal lago e….perdindirindina!-

In quell’istante ci fu un lampo potentissimo, e Harry arrivò giusto in tempo per vedere Malocchio Moody, a capo delle imbarcazioni che dovevano fare una tranquilla traversata sul fiume, con la bacchetta in mano. Aveva appena lanciato un incantesimo che sembrava essere molto potente sul calamaro gigante, che era nuovamente sprofondato nel lago, e ora stava urlando: -Ha ha, brutto mostro asservito alle forze del male, non sei riuscito ad uccidermi Ha ha!- ma mentre era lì che se la rideva un’onda, provocata dallo spostamento d’acqua per la caduta della bestia, rivoltò la sua barca, e lui finì nel lago urlando: -aiuto, non so nuotare…dov’è la mia bacchetta?-

La professoressa Mc Grannit stava urlando: -presto, che qualcuno faccia qualcosa!-

E subito, come se accorresse al suo richiamo, dal castello di Hogwarts, al di là del quale si intravedevano fulmini che fendevano il cielo, uscì una figura alta e robusta, che si diresse verso il lago e si tuffò, diretta verso Malocchio.

-e voi, entrate subito nel castello, non è uno spettacolo!- ringhiò la professoressa, ora rassicurata sulla sorte di Moody.

Seppur controvoglia i ragazzi dovettero obbedire e così anche Harry, Ron e Hermione, che, pur essendo arrivati in prossimità del lago per ultimi si erano guadagnati un posto in prima fila, entrarono nel castello.

-almeno siamo al riparo dalla pioggia- disse Ron, scrollandosi l’acqua di dosso come avrebbe fatto un cane (il pensiero di Harry ritornò per la seconda volta a Sirius).

-Già…tanto vale entrare in Sala Grande- rispose Hermione, e si diressero insieme verso la stanza, che come al solito era riccamente addobbata, ma questa volta era quasi vuota: c’erano solo quei pochi ragazzi che avevano preferito non scoprire a chi appartenessero quelle urla (tra i quali c’era anche Neville, che fece segno agli amici perché si andassero a sedere vicino a lui) e Silente, che chiacchierava allegramente con la professoressa Sprite. Per il resto, il tavolo degli insegnanti era desolatamente vuoto.

Harry attese pazientemente che il resto della scuola facesse ritorno, e mentre aspettava potè scorgere Draco in mezzo agli altri Serpeverde che stavano prendendo posto al loro tavolo. Il suo naso sanguinava, e sembrava che avesse un pezzo in meno, proprio sulla punta.

Parsy Parkinson cercava di medicarlo, ma lui allontanava sdegnosamente la sua mano.

Finalmente, dopo una decina di minuti, la porta della sala grande si spalancò, e un mago alto e robusto entrò nella stanza trascinando Malocchio, che sembrava svenuto. Portava i capelli lunghi e la barba di qualche giorno, un vestito elegante che stonava con tutto il resto, ed aveva dei bellissimi e tristissimi occhi grigio-azzurri. Harry ripescò quell’immagine dalla sua memoria: conosceva quel mago, era la stessa persona che l’aveva salvato a Notturn Alley, e lì aveva salvato una prima volta anche Malocchio: era Ferdinand Kendall. Con una forza inaspettata prese l’auror sulle spalle e si diresse verso il tavolo degli insegnanti, dove, dopo aver parlato un attimo con Silente, si avviò verso l’infermeria, sempre portando Malocchio sulle spalle.

Subito dietro Kendall c’era la Mc Grannit, più agitata che mai, che controllava il manipolo di alunni del primo anno. Alcuni dovevano aver seguito l’esempio del loro traghettatore ed essere caduti nel lago, visto che erano bagnati dalla testa ai piedi, e lasciavano piccole pozze d’acqua al loro passaggio.

Quando la Mc Grannit però vide che Kendall si dirigeva verso l’infermeria, dopo aver fatto un gesto ad una persona che Harry non riconobbe, lo seguì. La ragazza che aveva preso il posto della Mc Grannit si girò verso Harry, e questo comprese di aver sbagliato: la conosceva, e anche bene, visto che avevano condiviso il Torneo Tremaghi l’anno prima, riconobbe subito la faccia di Fleur Delacour.

Questa condusse i ragazzi ancora bagnati e impauriti verso un’ala del castello dove Harry non era mai stato, dove presumibilmente avrebbero potuto asciugarsi prima di essere Smistati.

Dopo che Fleur ebbe fatto entrare tutti i ragazzi e che si fu chiusa la porta alla spalle, Ron si ridestò dal torpore e disse concitato: -Harry, hai visto chi è?- Hermione lo guardava biecamente, ma non disse niente, o perché non aveva niente da dire, o anche perché le sue congetture furono interrotte dal suono della porta della Sala Grande che si spalancava nuovamente.

Ecco che gli altri insegnanti che mancavano all’appello, fatta eccezione per Piton, Cooman, Ruf e Hagrid, entrarono rapidamente nella sala, depositandovi un’altra buona dose d’acqua.

Il professor Vitious, correndo sulle sue piccole gambe, si diresse dove poco prima era sparita Fleur, e ritornò subito dopo con Fleur stessa al suo fianco. Stavano correndo entrambi, anche se in poco tempo la giovane superò il professore d’Incantesimi.

Gli altri insegnanti si diressero verso il tavolo, dove Albus Silente continuava a parlare con la professoressa Sprite, e presero posto.

Dopo poco tempo però delle grida di panico riempirono la Sala Grande, e gli studenti del primo anno irruppero nella stanza, decisamente sconvolti e terrorizzati. Dietro di loro, una fiammata gigante li inseguiva, e li stava per raggiungere. Harry strabuzzò gli occhi: era difficile credere a quello che stava vedendo.

-ma dove andate? Voglio solo asciugarvi! Venite qua, non abbiate pauraaa!-

Madama Chips e Minerva McGrannit uscirono simultaneamente dall’infermeria, e in pochi secondi si precipitarono in Sala Grande, urlando simultaneamente: -PIX!-

Il volto di entrambe era davvero molto arrabbiato, solo che, mentre l’infermiera sembrava più indignata che altro, la professoressa sembrava stesse per esplodere.

-Pix, smettila subito!-

-oh, e perché dovrei?-

-Pix, questo è un ordine!-

-ma guarda, sei tutta bagnata anche tu, fatti asciugare!- disse, e, trasformatosi in un drago di ingenti dimensioni, sputò una fiammata nella direzione della professoressa.

In quell’istante quattro figure emersero dal pavimento: erano i quattro fantasmi delle case di Hogwarts: Nick-quasi-senza-testa, il frate grasso, la dama grigia e il barone sanguinario.

Quando Pix vide quest’ultimo sembrò molto spaventato, e, dopo aver balbettato: -ok, ok, asciugatevi da soli-, scomparì.

Madama Chips si chinò sulla Mc Grannit, che era stata sbalzata via dalla potenza della fiammata.

I professori si alzarono simultaneamente e si avvicinarono al duetto.

Nessuno degli alunni osava muoversi, Hermione tremava.

-Minerva, stai bene?- chiese la professoressa Sprite.

-Poppy, cos’ha?- disse Silente, rivolto a Madama Chips.

-Solo ustioni superficiali, per fortuna, dovrebbe riprendersi presto- e si riprese molto più presto di quanto non avessero immaginato: due secondi dopo si drizzò a sedere e, agitando il pugno urlò:

-Piiiixxxx, io lo uccidooooooooo!!!- poi, cadendo nuovamente, mormorò: -ah, è già morto…-

Madama Chips fece un cenno alla professoressa Sprite, ed insieme portarono la Mc Grannit in infermeria.

Silente ritornò al suo posto, passando in mezzo al gruppo di alunni del primo anno, che, pur avendo un’espressione decisamente stupita, si spostarono per farlo passare.

Quando il preside si fu seduto, calò un silenzio irreale sulla sala, quasi che tutti si aspettassero che di lì a poco il mondo sarebbe caduto, o sarebbe successo qualcos’altro di molto spiacevole e ancor più irreale.

Con un colpo di tosse Albus Silente attirò l’attenzione su di sé, e iniziò a parlare:

-Di solito il banchetto di benvenuto non è così…ehm…movimentato, ma sono comunque lieto di dare il benvenuto ai nuovi alunni della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. – disse, e iniziò ad applaudire. Lentamente tutti i presenti, come se si risvegliassero da un sogno, applaudirono con sempre più veemenza. –d’altronde quest’anno molte sono le novità che aspettano alunni vecchi e nuovi, e sarò benvenuto felice di illustrarvele, non appena…appena…le novità saranno qui…ora…direi di procedere con lo Smistamento: di solito è la professoressa Mc Grannit che se ne occupa, ma dovrei riuscirci anch’io, sono pur sempre il Preside!- e fece un largo sorriso che si propagò per tutta la sala, rassicurando un po’ i nuovi alunni. –dunque, questo è il cappello parlante, non dovete far altro che infilarvelo, semplice, no?- e, ciò detto, si infilò un attimo il cappello per dare una dimostrazione di come fare. Subito dopo poggiò il consunto copricapo su uno sgabello, e questo si preparò per il suo momento annuale di celebrità, recitando:

 

“È ormai da tempo immemore e lontano

Che a raccontar vi appare assai strano

Ma credetemi pure senza incertezze

Dal canto mio ne feci di prodezze.

Prodotto geniale delle mani mortali

Mi costruiron tosto quattro maghi geniali

Quattro amici diversissimi per talento

Ma accomunati dallo stesso portento:

Poter creare una scuola che i giovani maghi

Potesse indirizzar sui sentieri non vaghi

Della conoscenza

Del valore

Della pazienza

Del potere

Ognuno una di queste virtù presiedeva

E con oculatezza i suoi adepti sceglieva

Passarono i mesi e anche gli anni

E la scuola cresceva senza affanni

Ma, ormai invecchiati

Dell’imminente futuro preoccupati

I quattro amici, già prossimi a morire

Pensarono a qualcosa che li potesse sostituire

Dalla testa di Grifondoro fui tolto

Per farvi ora approdar in un sicuro porto:

Se come Serpeverde per voi non conta

Il bene, il male, lo scandalo e l’onta,

Ma solo il potere e la fama

Alimentano la vostra cieca brama

O se come Corvonero

Concentrato è il pensiero

Solo alla sete di conoscenza

Desiderate ottenere la sapienza

O forse come Tassorosso

Siete un ben duro osso:

È la pazienza la primaria virtù

Del grande mago che Tassorosso fu

O se come Grifondoro infine

Il coraggio è cosa a voi affine

L’ardimento e la fermezza

Il segreto di ogni prodezza,

Qualunque sia il tuo futuro

Metti me in testa e puoi stare sicuro

Infilatemi ora, senza indugiare

Infilatemi perché vi possa Smistare.”

 

Come se ormai avessero preso un certo gusto ad applaudire, tutti i presenti si profusero in un applauso fragoroso, che il cappello dimostrò di gradire molto, inchinandosi verso tutti e quattro i tavoli. Quando il silenzio fu di nuovo calato nella stanza, Silente si alzò, dirigendosi verso il posto della Mc Grannit, dove prese uno spesso rotolo di pergamena, e, dopo essere tornato nel centro della sala, proprio di fianco al cappello, disse:

-adesso chiamerò i vostri nomi e, uno alla volta, sarete Smistati. –

Harry si preparò alla lunga sfilza di nomi che Silente stava per pronunciare, consolato dal fatto che quando questa sarebbe finita, sarebbe iniziato il banchetto. Cominciò a perdere interesse per la cerimonia già a partire da “Azincout, Trevor”, l’unica azione che faceva era applaudire quando il suo tavolo applaudiva, segno sicuro che un altro ragazzo era finito a Grifondoro. Ma la sua mente fu bruscamente riportata alla realtà quando, dopo che Silente ebbe chiamato “Cohen, David”, si alzò il ragazzo che aveva visto abbracciato a Cho.

-Harry, vedi, è quello il ragazzo del rospo!- Hermione lanciò un’occhiata disperata a Neville.

Il ragazzo, che era seduto insieme alla sorella al tavolo del Corvonero, sembrava molto stupito di sentirsi chiamare, ma si alzò relativamente presto. Tremava visibilmente.

                                                                                 *

 

“Ma…perché hanno chiamato David? Questo vuol dire che chiameranno anche me…lo sapevo che non dovevo venirci, qui sono tutti pazzi: battaglie sul lago contro calamari giganti, fantasmi che inseguono gli alunni…e poi, dove mi smisterà il cappello? Se ho capito bene ci sono quattro case, ma, a casa nostra…si staranno sicuramente preoccupando per noi…speriamo almeno che mi smistino a Serpeverde, dove c’è quel ragazzo biondo troppo carino…poverino, gli sanguina il naso, chissà che si è fatto!”

                                                                                 *

 

-Non a Grifondoro, ti prego, non a Grifondoro!- stava bisbigliando Harry ma poi, dopo aver lanciato uno sguardo verso Cho, cominciò a dire: -non a Corvonero, ti prego, dappertutto ma non a Corvonero!-

-Grifondoro!- urlò il cappello. Gli era bastato davvero poco per urlare il nome della casa di cui David faceva parte. Tutto il tavolo di Grifondoro proruppe in un applauso, tranne Harry, che se ne stava con le braccia incrociate sul petto. David si diresse incerto verso il tavolo addobbato con festoni rossi e dorati, dove Fred e George iniziarono a sommergerlo di domande.

Dopo che David si fu seduto fu la volta della sorella. Quando Silente ebbe chiamato:

“Cohen, Eleanor” questa si alzò e si diresse a passo fermo, quasi marciando, verso il cappello, che ci mise molto più tempo per decidere di quanto ne aveva impiegato per il fratello.

-Mmmm, interessante…era da cinque anni che non mi capitava una mente divisa giusto a metà, e come cinque anni fa le possibilità sono Grifondoro e Serpeverde, curioso. Non ho nessun motivo per mandarti ad una delle due in particolare, quindi sia come desideri: Serpeverde!- l’ultima parola fu urlata, e subito il tavolo di Serpeverde applaudì.

Ormai lo sguardo di Harry era catalizzato su David. Lo guardò con attenzione. Sembrava molto allegro, ma sotto l’allegria superficiale pareva celare una tristezza profonda. Con gli occhi verdi e i capelli scuri tagliati corti, non era affatto male, e non potè biasimare Cho se ci si era fidanzata…anche la sorella, che non gli assomigliava per niente, era molto carina: aveva dei capelli ramati e ricci che le arrivavano fino alla schiena, e due occhi marrone e molto svegli.

Quando Silente chiamò l’ultimo ragazzo (Zodd, Vincent, un tassorosso) si diresse nuovamente verso il suo posto e disse: -adesso che avete tutti saputo la vostra casa, potete pure ingozzarvi a più non posso!- e, ad un suo gesto, i piatti furono pieni di ogni genere di cibo. David ed Eleanor, ai rispettivi tavoli, sembravano molto stupiti, ma mangiarono lo stesso.

Anche Hermione si ingozzava con gusto, tanto che a Harry venne da chiederle: -Hermione, hai già abbandonato i tuoi buoni propositi per gli elfi domestici?-

-no, Harry non li ho affatto abbandonati, ma devo pensare a qualcosa che serva veramente a dare loro un minimo di dignità, e per pensare ho bisogno di energie- e si rituffò nella sua minestra di uova di Roc (anzi, di uovo, visto che un solo uovo di questa creatura basta a sfamare circa mille persone).

Harry notò che il posto di Hagrid era desolatamente vuoto, e inziò a fare congetture sull’assenza dell’amico: magari stava allevando qualche nuova e disgustosissima bestia per le sue lezioni…

Quando anche i dolci furono scomparsi dai quattro tavoli, Albus Silente si alzò nuovamente e disse: -quest’anno ci sono moltissime novità: per prima cosa gli insegnanti: abbiamo un nuovo insegnante di difesa contro le arti oscure, che sarà qui da domani; invece il nuovo insegnante di pozioni era qui fino a poco tempo fa, ma ha avuto uno scontro ravvicinato con il Calamaro Gigante, che a quanto pare è…morto, ma sapremo meglio qual è la sorte del calamaro quando tornerà la nuova professoressa di cura delle creature magiche. Anche per quest’anno l’ingresso alla foresta proibita è severamente vietato (per questo si chiama “foresta proibita”), e il signor Gazza mi ha chiesto di dirvi di non introdurre Caccabombe a scuola…- in quel momento si aprirono le due porte a nord e a sud della Sala Grande, e da una entrò Ferdinad Kendall, di ritorno dall’infermeria, mentre dall’altra entrò Fleur Delacour, molto accigliata.

Questi si diressero simultaneamente verso Silente, e gli dissero in contemporanea:

-il calamaro è morto-

-la Mc Grannit sta bene-

Silente rivolse un sorriso a tutti e due e poi, girandosi verso i tavoli, disse: -ragazzi, ecco i nuovi insegnanti di pozioni e cura delle creature magiche! Inoltre abbiamo anche un nuovo custode, il signor Malocchio Moody, che…ehm…vi sarà presentato appena si sarà ripreso. –

Sulla bocca di Fleur di dipinse una smorfia, e sembrò che dicesse –assassino-, o qualcosa del genere.

-adesso potete andare a dormire: domani inizieranno le lezioni. Buonanotte. – disse Albus Silente, si mise a sedere e ricominciò a parlare, questa volta con Kendall.

Harry non sapeva se essere contento o disperato: Hagrid, la persona che l’aveva introdotto nel mondo della magia, uno dei suoi migliori amici, quell’anno non ci sarebbe stato, ma, d’altra parte, non ci sarebbe stato neanche Piton, uno dei suoi migliori nemici, quello che aveva tolto più punti a Grifondoro in un anno che alle altre tre case in tutta la sua carriera…a questo pensiero non potè fare a meno di sentirsi immensamente felice, e, dall’espressione di Ron, anche lui era felicissimo della notizia.

Buona parte dei Grifondoro si alzarono, e, guidati dal loro Prefetto, si prepararono a raggiungere la loro sala comune. Passarono verso quadri curiosi, scale semoventi, e alla fine giunsero al ben noto dipinto della Signora Grassa, che chiese loro: -perché siete qui?-

Il Prefetto sembrava abbastanza incerto, e alla fine disse: -vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole. – la signora grassa aggrottò le sopracciglia, dubbiosa, il Prefetto sudava freddo.

-sì, potete passare- disse infine, e lasciò intravedere un’apertura circolare dietro di lei.

-non me la ricorderò mai!- piagnucolava Neville, che aveva già problemi con le parole d’ordine normali.

-ma perché è così difficile?- disse Ron

-e poi, che vuol dire?- chiese Harry, e Hermione si lanciò in una complicata spiegazione. Quando finì la spiegazione, erano già nella sala di ritrovo del Grifondoro, e il Prefetto stava facendo vedere dov’erano i dormitori agli alunni del primo anno.

Il fuoco scoppiettava allegro nel camino, e i tavoli erano integri: dovevano passare ancora per molte partite a scacchi magici, molte feste notturne e molte battaglie all’ultimo sangue con le bacchette truccate di Fred e George…sarebbe stato un anno stupendo, pensò Harry, e, non senza un filo di cattiveria, notò che David si era seduto su una sedia e si guardava intorno spaesato.

Ma il sorriso gli si raggelò sul volto quando un Grifondoro del sesto anno entrò nella sala e disse: -il preside mi ha detto di dire a “David Cohen” che dormirà insieme a Potter, Paciock, Thomas, Finnigan e Weasley.

Hermione si diresse verso il nuovo arrivato e Ron, che nelle ultime ore le era stato molto vicino, la seguì. Harry non trovò niente di meglio da fare che parlare con Colin Canon e con suo fratello Dennis.

Dopo quindici minuti Harry decise che ne aveva abbastanza dei discorsi dei fratelli Canon, e così si avviò per andare a letto. Quando giunse davanti a Ron lo chiamò e gli chiese di andare con lui:

-domani inizieranno le lezioni, non facciamo troppo tardi!-

-ti raggiungo tra un attimo- gli rispose Ron, e tornò a concentrare la sua attenzione su Hermione.

-davvero sei un babbano? Neanche qualche trisavolo mago?- stava chiedendo a David, interessata.

Sconsolato, Harry salì le scale lo avrebbero condotto verso il suo dormitorio, dove trovò Seamus e Dean che si erano già addormentati. Il letto in più, quello per David, era stato messo vicino alla finestra, proprio di fronte al suo. Si avvicinò al suo letto, dove riconobbe il suo baule e la gabbia di Edvige (la civetta però non c’era, era già volata via per qualche eccitante caccia notturna ai topi), e, dopo essersi spogliato, si mise a letto. C’era però qualcosa che non lo faceva dormire, un peso sullo stomaco che gli impediva di chiudere gli occhi, c’era qualcosa che avrebbe dovuto fare, ma non si ricordava cosa…avrebbe dovuto fare una cosa, ne era sicuro, e anche importante, ma cosa? D’un tratto lo invase il ricordo di ciò che avrebbe dovuto fare, la sua mente si aprì, e non riuscì a capire come potesse essersene scordato, visto che dopo tutto aveva rischiato di essere scoperto nell’armadio di zio Vernon e zia Petunia per prendere quel pacco. Si alzò e si diresse verso il suo baule. Lo aprì, e cercò il pacchetto –dove lo aveva messo?- lo trovò sotto il libro “Arti Oscure: le basi”, il primo libro che parlasse di cosa fossero davvero le arti oscure…le lezioni di quell’anno sarebbero state molto interessanti…chissà chi sarà il nuovo insegnante…il pacchetto era più piccolo di quanto ricordasse, ed era sigillato da tutti i lati con dello scotch. Con l’aiuto dei denti Harry riuscì ad aprirlo, ma il suo contenuto lo lasciò abbastanza deluso: c’erano solo una piccola chiave dorata ed una piccolissima scatola, nera, cubica e lucente, di cui ignorava l’utilità; la tastò per tutta la sua superficie, ma non trovò nessun scalfittura o pulsante. “Molto strano” pensò. Tutt’a un tratto si sentiva stanchissimo, e riuscì a malapena a rimettere i due oggetti nel baule e a raggiungere il suo letto prima di addormentarsi. Pochi minuti dopo entrarono nel dormitorio anche Ron, Neville e David, e un’ora dopo in quella stanza c’erano sei persone che dormivano profondamente. Aveva smesso di piovere, e l’aria fresca di fuori entrava nella stanza come un fresco venticello.

                                                                                 *

 

-ho finito!- disse Mundgus Fletcher. Era sudatissimo, e la faccia e le mani erano nere, ma la sua espressione era di gioia.

-bene- gli fece eco Sirius –Remus, avverti Silente che saremo lì stanotte-.

-ok- gli rispose la voce di Lupin dalla cucina –adesso lo chiamo via camino-

-ma Rita è già partita?-

-Mundgus, ti ha salutato un quarto d’ora fa, e tu hai anche risposto!-

-ah, già, già…deve essermi passato di mente…-

-oh, io devo ancora prepararmi- la signora Figg era entrata nella stanza, e aveva un gattino in braccio, che non sembrava entusiasta della sua posizione, visto che faceva di tutto per scendere a terra.

Un’ora dopo erano pronti per partire. Silente li aspettava in Presidenza, e Lupin, Sirius e Arabella erano vicini al camino del salone. –Mundgus, sbrigati, o faremo tardi!-

-un attimo, devo fare ancora una cosa…- dopo pochi istanti il quartetto era completo, e, presa un po’ di polvere volante ed entrati nel camino, urlarono insieme: -A Hogwarts-. Contemporaneamente furono sbalzati via dal camino della casa di Lupin, ma non arrivarono tutti a quattro a destinazione.

Infatti l’unica che si ritrovò in presidenza fu la signora Figg. Albus Silente aspettava i quattro a braccia aperte, e quando vide che c’era una sola persona davanti a lui, si mise a ridere. Poi si diresse verso sua moglie e l’abbracciò.

-sei tornata- le disse.

-e gli altri?-

-credo che dicendo “a Hogwarts” ognuno abbia prodotto nella sua mente l’immagina di quello che per lui era Hogwarts, e sia atterrato nel camino più vicino a quella proiezione…ma saranno qui tra poco-.

-già, tra poco- disse la donna, e baciò Silente.

                                                                                 *

 

 

 

 

Mundgus era atterrato nella sala comune del Corvonero, dove non metteva piede da tanto tempo.

Si avvicinò al camino, e passò una mano sullo stendardo della sua casa al di sopra di esso, dove un volatile nero si stagliava sullo sfondo. Sembrava stesse per commuoversi, ma ad un tratto si scosse e disse a sé stesso: -non c’è tempo per le lacrime: la battaglia è iniziata…non c’è tempo per la tristezza…e neanche per la felicità…- e si diresse verso il dipinto che occultava l’entrata alla sala comune, che si aprì al suo passaggio. Quando lasciò la sala si sentì un rumore metallico, come di qualcosa che cade per terra. Nel momento in cui il ritratto fu tornato al proprio posto, Cho Chang entrò nella Sala Comune: aveva dimenticato la sua scopa. Non temendo di farsi definire “infantile” o anche “stupida” dalle sue amiche, Cho non riusciva a prendere sonno senza la scopa al suo fianco.

L’aveva lasciata vicino al ritratto. –oh, e questo cos’è?- aveva visto un piccolo oggetto scintillante per terra.

                                                                                 *

 

Sirius e Remus si trovavano nella sala comune del Grifondoro, che riconobbero immediatamente.

-Per fortuna ci ricordiamo la strada per arrivare in presidenza, andiamo-

-no, aspetta un attimo- disse Sirius, e si diresse verso il dormitorio maschile. Lupin credette di capire dove stava andando l’amico.

Dopo che ebbe salito tutte le scale e aperto tutte le porte, si ritrovò nella stanza dove dormiva Harry.

Lo guardò con un sorriso, sorrise con la bocca e con gli occhi, e, dopo averlo accarezzato rapidamente, tornò di corsa nella sala comune. –andiamo- disse a Lupin, e si diressero verso la presidenza.

                                                                                 *

 

Mundgus veniva da sinistra, Lupin e Sirius da destra, e s’incrociarono a metà strada, si voltarono verso il corridoio e si diressero insieme verso la presidenza. Bussarono, Albus Silente venne ad aprire poco tempo dopo, e accolse gli amici con un largo sorriso. Dietro di lui, sorrideva anche Arabella Figg.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                    CAPITOLO 6

                                                       IL SORRISO DELLA MADRE 

 

 

-Ma qui ci si sveglia sempre a quest’ora?- Stava chiedendo un David Cohen ancora assonnato a Seamus Finnigan, dopo che la sua quiddithcsveglia li aveva svegliati declamando i nomi dell’attuale formazione della squadra del cuore di Seamus e suonando il loro inno.

Neville era ancora steso a letto, e non accennava ad alzarsi. –Ma secondo te è ancora vivo? Harry? Harry, mi stai ascoltando?!?-

-Oh, scusa Ron, stavo pensando al sogno che ho fatto stanotte. –

-Che hai sognato?-

-Sirius. Solo che…era strano come sogno. Io ero a letto, e vedevo Sirius di fronte a me  che mi guardava e stava immobile nel buio. –

-Strano!- concordò Ron, ma non aggiunse altro, visto che era ora di scendere per fare colazione.

Mentre loro due parlavano del sogno di Harry, Neville, che non era morto, si era alzato, e, camminando come uno zombie dei film che Dudley amava tanto, si era preparato, ed ora era pronto per scendere a fare colazione con gli amici. Dopo essere scesi in sala comune i Grifondoro affrontarono per la prima volta uno spostamento a Hogwarts. Eccezionalmente non fu tanto difficile. I quadri chiacchieroni e le scale semoventi sono perfettamente sopportabili quando non c’è Pix a burlarsi di te o a confonderti le idee. Così i Grifondoro riuscirono in breve tempo a raggiungere la Sala Grande, dove alcuni festoni del giorno prima penzolavano tristemente dalle pareti. Sul pavimento della sala era ben visibile una bruciatura, nel punto in cui Pix aveva attaccato la Mc Grannit.

–Forse se si è fatta molto male lunedì non farà lezione…sempre se siamo così fortunati da avere Trasfigurazione per lunedì…-

-Non credo che la Mc Grannit si assenterebbe mai, qualsiasi sia il motivo, anche se Madama Chips cercherà di trattenerla con tutti i suoi mezzi- rispose Harry.

-Harry, Ron, dovreste vergognarvi di parlare così di un’insegnante!- Infondo Hermione non era cambiata più di tanto: adesso poteva anche avere i denti più piccoli o i capelli ricci, poteva anche amare i rossetti, ma guai a toccare i professori in sua presenza.

Quando tutti i quattro tavoli furono pieni, i piatti si riempirono magicamente e centinaia di cucchiai si alzarono simultaneamente. Neanche la colazione era cambiata molto negli anni: al centro di ogni tavolo c’erano quattro grandi brocche di succo d’arancia, e altrettante ciotole erano piene di cereali, mentre i piatti appena riempitisi contenevano uova e pancetta.

Nel bel mezzo della colazione dalla finestra spalancata fecero il loro ingresso trionfale i gufi.

Ci fu un coro di –Ohhh- proveniente dai ragazzi del primo anno. David guardava quello spettacolo a bocca spalancata, e Eleanor stava chiedendo a Draco Malfoy cosa fossero quei volatili.

Un pappagallo coloratissimo si librò su Harry, Ron e Hermione e, dopo aver emesso un verso stridulo, lasciò cadere un giornale sulla testa di Ron.

-Aia!- disse questo, e prese il giornale, che, rimbalzando, era finito sul tavolo, più precisamente nella ciotola di Neville.

Il giornale non era la Gazzetta del Profeta, si chiamava “l’Eco dello Stregone”, e sulla prima pagina vi era attaccato un bigliettino che diceva: -ho trovato un giornale disposto a pubblicare il mio speciale, grazie per il vostro aiuto e per il vostro sostegno, spero che ci rincontreremo presto. –

Era firmato con una grafia tondeggiante e precisa, con il nome di Rita Skeeter.

                                                                       *

La neve cadeva sulle due figure che, stremate, si dirigevano verso la Porta. Hagrid e Madame Maxime si sorreggevano a vicenda, entrambi coperti di una pesante mantello di pelle di animale, e Hagrid con il suo inseparabile ombrello rosa in una mano.

Finalmente, ormai alla fine di un viaggio che si era rivelato molto più difficile e pericoloso di quanto avessero potuto immaginare, erano arrivati alla porta ovest, l’ingresso principale dell’insediamento dei giganti.

Nemmeno nella più funesta delle loro previsioni avrebbero dovuto affrontare un tempo così rigido. Ma più del tempo l’ostacolo principale era stato il grosso troll delle foreste che avevano incontrato appena il giorno prima. Era notte, e i due giganti stavano dormendo, quando Hagrid si era svegliato per via di un verso gutturale che proveniva dalla foresta intorno a loro. Di solito il suo sonno era molto pesante, ma in quei giorni di viaggio in cui avevano dovuto dormire all’aperto, esposti a tutti i pericoli possibili, aveva dovuto stare attento ad ogni minimo fruscio, e forse anche per questo appariva sempre più stanco. Senza svegliare la compagna, prese un pezzo di legno trovato per terra, e, dopo averlo passato rapidamente sul fuoco per arroventarlo, si diresse verso il rumore. Dopo essere entrato nel fitto della foresta si trovò davanti a una figura che, anche per via dell’oscurità, non riconobbe subito. Sicuramente non era un animale, era poco più basso di lui, con una testa piccola e tozza e delle spalle larghissime, la sua pelle sembrava verde. Sicuramente non era amichevole, visto che si era gettato su di lui, facendo cadere per terra il suo bastone, sulla cui estremità il fuoco scoppiettava nel buio. Hagrid aveva cercato di resistere, ma il troll era più forte di lui. –Olympe!- urlò, non per cercare aiuto, ma perché nel frattempo il bastone aveva appiccato il fuoco alle foglie che si trovavano per terra, e stava rapidamente dilagando per tutta la radura. La gigantessa si svegliò subito, forse per il richiamo di Hagrid o forse per il calore improvviso che avvertiva. –Hagrid!- urlò, preoccupata, ma ormai le fiamme erano arrivate ad un’altezza tale da occultarle la vista del gigante, steso sotto i colpi del troll, troppo stupido per capire che se il fuoco li avesse raggiunti sarebbero stati brutti momenti per entrambi.

-Olympe…scappa!- le intimò Hagrid, ma lei rimase impietrita sul posto, con le mani alla bocca, senza sapere cosa fare.

-scappa, io…ho la situazione sotto controllo!- le disse il gigante, e in quel momento il grosso pugno del troll si abbatté sul suo volto. La gigantessa si riscosse dal torpore che le aveva impedito di muoversi prima, e scappò nella direzione opposta a quella del marito, verso il falò che avevano preparato per tenere lontane le bestie feroci durante la notte, dove avevano lasciato i loro miseri bagagli e le provviste, che erano praticamente finite.

Hagrid cercò di dare un calcio tra le gambe del troll, ma la forza stava vanendogli meno, e si arrese alla furia del mostro.

-Extinguo!- 

Questo grido irruppe nella notte, e una scintilla azzurra si sprigionò dall’ombrello di Hagrid, e andò a colpire il fuoco, che si spense all’istante.

Madame Maxime rimase per qualche secondo immobile, con l’ombrello ancora in mano. Vide Hagrid per terra, e vide anche il troll che si stava avventando su di lei. Si difese strenuamente, ma il troll non aveva ancora colmato la sua sete di sangue, che si sarebbe placata solo con la morte della sua vittima.

Olympe si rese conto che non avrebbe potuto sopportare un altro colpo, e in quell’istante vide un bagliore accecante alla spalle del troll, che stava per sferrarle l’ennesimo pugno.

Allora era questo che si vedeva quando si moriva? Forse sì, e forse lei stava morendo, chiuse gli occhi, in attesa del colpo del mostro. Attese per cinque, dieci, trenta secondi, e dopo un minuto aprì gli occhi. Era morta? Questa la prima domanda che si pose. No, non era morta, poteva ancora vedere la radura tutt’attorno, la terra bruciata, l’ombrello di Hagrid per terra, e, vicino a questo, il possessore dell’ombrello, sopra di lei, il troll, che aveva perso il suo colorito verde, e adesso era grigio.

 -Un ottimo momento per il sorgere del sole- pensò Olympe, e si diresse correndo verso Hagrid, che rinvenne poco dopo.

-L’ho…l’ho steso, no?-

-non esattamente, tesor, adesso è meglio che ci riposiamo, ouì?-

Adesso erano finalmente arrivati. Per quanto il viaggio potesse essere stato lungo e difficoltoso, la prova più difficile li aspettava dietro quella porta.

-Identificatevi- chiese uno dei due giganti a guardia della porta.

-Rubeus Hagrid- rispose il gigante, con un espressione minacciosa stampata negli occhi, per quanto potesse essere minacciosa una faccia con un occhi nero, una guancia tumefatta e un labbro gonfio.

I due giganti li lasciarono comunque passare con solerzia, e sembravano in qualche modo impressionati da quel nome.

Quando la Porta si spalancò, la luce del sole abbagliò per un attimo i due giganti: stava albeggiando, e la stella incandescente spuntava al di là della strada principale del villaggio, ai lati della quale si stendevano due file di casette, povere ma dall’aria resistente. Fu in questa strada che i due s’incamminarono, e, dopo aver voltato a sinistra, raggiunsero la costruzione che cercavano. Troppo lussuosa per essere chiamata casa, sembrava piuttosto una reggia, ma molto primordiale.

Hagrid ripetè il suo nome ad altre due sentinelle che stavano all’entrata, e anche queste li lasciarono passare. Giunsero in una sala ovale, piena di sedie per tutta la sua circonferenza, tranne attorno alle uniche tre porte che si vedevano nella stanza immensa.

La porta di fronte a quella da cui erano entrati era molto più grossa delle altre due, e quella più piccola, alla loro destra, aveva un campanello appeso ad una corda vicino. (In realtà quella era una campana, ma le dimensioni della stanza la facevano sembrare una campanello di modeste dimensioni).

Hagrid si diresse verso la campana, e la suonò, mentre Olympe Maxime si sedeva su una delle numerose sedie, color panna e bordate d’oro. La corda si spezzò, e la campana cadde rumorosamente a terra. Madame Maxime fece un piccolo salto sulla sedia, segno che o il rumore l’aveva presa di sorpresa, o forse era molto tesa.

Dopo poco tempo si udirono dei passi veloci al di là della porta, e un gigante piuttosto anziano aprì la porta e squadrò con sguardo severo Hagrid.

-Voglio parlare con la regina- disse –sono Rubeus Hagrid-.

Questo nome non servì a far dipingere un’espressione di rispetto sul volto del gigante, che però smise di fissarlo in modo austero.

Senza dire niente attraversò la Sala d’Attesa e si diresse verso la porta più grande, che aprì di scatto.

Poco dopo uscì dalla stessa porta, e, posizionatosi alla sua destra, annunziò: -sua maestà Fridwulfa, regina dei giganti del Nord-.

Uscì una gigantessa molto più alta di lui, e anche di Madame Maxime e di Hagrid.

-Ciao, mamma- disse questo.

La gigantessa superava Hagrid in altezza di trenta centimetri buoni, e la sua testa toccava quasi il lampadario posto in mezzo alla Sala d’Attesa, che aveva un soffitto altissimo.

Fridwulfa guardò Hagrid smarrita per un attimo, ma poi un sorriso si aprì sulla sua faccia severa.

Le mancava un dente, e quel sorriso rassomigliava più ad una smorfia. Lei mosse qualche passo con andatura incerta, e Hagrid si diresse velocemente verso di lei.

Per un attimo sembrò che si stesse per commuovere, ma subito dopo l’espressione severa era tornato sul volta di Fridwulfa, regina dei giganti, e l’abbraccio fra lei e Hagrid fu molto breve e formale.

Madame Maxime, che era rimasta seduta buona buona sulla sedia, fece un colpetto di tosse per richiamare l’attenzione dei giganti.

Hagrid la presentò alla madre, e ci fu un abbraccio anche per lei, ancora più formale.

Fridwulfa disse al figlio –Seguimi- e si diresse verso la stanza dalla quale era appena uscita.

Fece un cenno al gigante anziano, che era ancora sull’uscio, e questo richiuse la porta dietro di loro.

La stanza in cui i tre erano entrati era piuttosto grande, ma era arredata in modo molto semplice, con vari oggetti in legno, tra i quali spiccavano un tavolo e quattro sedie al centro della stanza.  Dalla parte opposta s’intravedeva un’altra camera, in cui sovrastava un trono pesante, in stile barocco. Ai piedi del trono c’era una testa umana mozzata, con gli occhi sbarrati, e tutt’attorno alla testa una pozza di sangue ancora fresco. Fridwulfa sembrava un po’  imbarazzata, e si diresse subito verso la porta, che richiuse con uno scatto.

Subito andò verso il tavolo e si sedete in modo da dare le spalle alla Sala del Trono.

Dopo di lei si sedettero anche Hagrid e Olympe.

Ci furono attimi d’imbarazzante silenzio, durante i quali Madame Maxime guardava distrattamente un grezzo strumento di legno, le cui funzionalità le rimanevano oscure, anche se intuiva che dovesse essere qualcosa di connesso alla tortura.

Fridwulfa rivolse di nuovo quel suo sorriso sdentato al figlio, e questa volta era ricolmo d’amore. Non era più la gigantessa più spietata esistente, che aveva ucciso cento uomini insieme e che si era difesa colpita da trenta frecce con una sola mazza di legno, non era più colei che mangiava le carni e beveva il sangue dei suoi nemici: era solo la madre di Hagrid.

-sono contenta che sei tornato. - disse, e Hagrid le ricambiò il sorriso, con un’espressione di sollievo.

-finalmente ti sei sottratto al controllo di quello stupido umano. - continuò la gigantessa, e ogni espressione di felicità scomparve dal volto di Hagrid, che disse, in tono molto cauto: -mamma, Silente è un uomo bravissimo, e io devo a lui tutto quello che so. –

-vuoi dire che io non ti ho insegnato niente?- disse Fridwulfa, risentita. –credi sia semplice essere la regina dei giganti? È in questo modo che mi ripaghi per averti messo al mondo?-

Madame Maxime mise una mano sul braccio di Hagrid, per cercare di calmarlo: la loro missione era troppo importante per fallirla così, troppe vite dipendevano da quella conversazione.

-Già, tu mi hai solo messo al mondo, due persone mi hanno cresciuto: il papà, e, quando lui è morto, Silente, ed erano tutti e due umani. -

-Gli umani! Gli umani! Sempre questi umani! Loro sono la razza più civile, ma chi lo ha deciso? Loro! Loro non hanno mai fatto niente per venirci incontro, non ci hanno mai teso una mano d’amicizia…loro sono come noi, loro uccidono, ma si credono “civili”. Sono peggio di noi proprio per questo: i giganti sono brutti e cattivi, e loro carini e buoni…menzogne!-

-mamma, Silente vi ha appena teso una mano d’amicizia, non tutti gli umani sono cattivi…-

-mi dispiace…dopo che ci hanno sterminati, decimati, massacrati con la scusa di fare del bene è impossibile per noi tornare a vivere con loro: ci hanno fatto troppo del male…-

-ma Silente è diverso, lui non la pensa come gli altri!-

-già, ma gli altri? Anche ammesso che Silente sia l’eccezione che confermi la regola, non è facile vivere insieme a chi ti considera un brutale assassino, io stessa non so come tu abbia fatto a stare in mezzo a loro, ti avranno sicuramente guardato in modo diffidente, come un diverso in mezzo ai normali…-

-Silente è l’eccezione che non conferma la regola, e come lui ce ne sono tanti altri, tanti altri pronti ad abbattere i pregiudizi e guardare ai fatti…-

Fridwulfa fremeva sulla sua sedia, e a queste ultime parole scattò in piedi e si diresse nuovamente verso la porta della Sala del Trono, che aprì. La testa umana mozzata riapparve alla vista dei due giganti ancora seduti, ed entrambi ebbero un fremito.

-Questi sono i fatti! Questo sono i Giganti, ne più e ne meno- il sangue aveva iniziato ad assumere un colorito più scuro.

-se tu non vuoi accettare questa realtà, fa pure, ma non puoi pretendere di cambiarci tutti!- continuò Fridwulfa, e si diresse furiosa verso il tavolo.

-noi siamo così, e basta, non puoi cambiarci!- disse, e fece volare con un manrovescio il bicchiere di legno, unico oggetto posto sul Tavolo, che fece un secco rumore contro il pavimento della stanza.

-siamo degli assassini, e tu non puoi farci niente. – disse, e sbattè il grosso pugno chiuso sul tavolo, che tremò pericolosamente.

Hagrid non resse oltre, si alzò e uscì dalla stanza di corsa, travolgendo il vecchio gigante che era rimasto ad aspettare la regina nella Sala d’Attesa.

Una smorfia apparve sul volto di Fridwulfa, che si girò da un lato, senza degnare Madame Maxime di una parola. A questa per un attimo parve che la regina stesse piangendo, ma subito dopo si ricredette: era impossibile che una persona del genere piangesse!

Stava giusto per alzarsi per raggiungere il compagno quando Fridwulfa la fermò.

-ehi…tu…- ma non riuscì ad andare oltre, e Olympe, stizzita, uscì.

Trovò Hagrid fuori, e lui sì che piangeva: aveva un aspetto orribile, la faccia tutta rossa e bagnata.

Lei gli porse il fazzoletto, e, con tutta la tenerezza che riuscì a trovare gli disse: -non fa niente, torniamo da Silente adesso. –

Ma la preoccupazione le opprimeva il cuore.

                                                                       *

 

-…Tu…stai attenta a Hagrid, e siate felici, insieme- completò Fridwulfa, rivolta al vuoto intorno a lei. Quella sala era freddissima, la sua reggia era freddissima, tutto intorno a lei era freddissimo, e se ne accorgeva ora per la prima volta.

-Ebbene, che io sia la regina più crudele al mondo!- disse, e, asciugandosi le lacrime, uscì.

-Rufus, non voglio essere disturbata per niente al mondo – disse –e stasera manda qualcuno a depredare un’altra chiesa- aggiunse, notando la campana che giaceva a terra in pezzi.

Detto questo rientrò nella stanza, diede un calcio al bicchiere prima, e alla testa mozzata poi, si sedette sul suo trono, allungò una mano per terra, e prese un’arpa. Con mani tremanti, senza riuscire a non piangere, suonò l’unica musica che conosceva, una musica forte, e immensamente triste.

Fuori dalla finestra poteva vedere il figlio e la sua compagna che si avviavano fuori dal villaggio, sorreggendosi l’un l’altro. D’un tratto ci fu un silenzio innaturale, e subito dopo iniziò a piovere, e lei continuò a piangere, sempre più forte, mentre suonava in modo sempre più forte, e sempre più triste.

                                                                       *

 

La pioggia improvvisamente iniziò a cadere, prima timidamente, solo con qualche goccia, ma in poco tempo si moltiplicò esponenzialmente, e i gufi, colti di sorpresa proprio all’uscita dalle finestre di Hogwarts, si fermarono un attimo, colti di sorpresa. La pioggia andava sempre aumentando, e alcuni di loro, tra i quali Edvige, decisero di fare dietro-front e tornare nella calda Sala Grande di Hogwarts, mentre altri, forse i più ligi al dovere, aumentarono semplicemente la velocità e scomparvero alla vista degli alunni.

                                                                       *

 

Anche quella sera pioveva.

                                                                       *

-qui il sabato e la domenica sono liberi, cioè possiamo fare quello che vogliamo: si va in biblioteca…-

-non le dar retta: è solo lei che va in biblioteca nel week-end- Ron aveva appena interrotto Hermione, che stava spiegando a David come funzionavano le cose a Hogwarts. Questa riprese, per nulla scoraggiata: -si organizzano partite a scacchi magici, o spesso si fanno gli allenamenti di Quidditch…tu sai cos’è il Quidditch, vero?-

Hermione interpretò lo sguardo totalmente sperduto di David come un “no”, e lo tranquillizzò:

-oh, non ti preoccupare, è più facile a capirlo che a spiegarlo, e poi, qui abbiamo Harry, il miglior Cercatore che Grifondoro abbia mi avuto negli ultimi anni…non è vero Harry?-

Harry si riscosse dal suo torpore, e rispose: -ehm…sì- e tornò a coccolare Edvige, che pur essendo stata fuori per poco tempo era bagnata fradicia.

Dopo che i piatti si furono svuotati magicamente e dopo che Harry, Ron, Hermione e David si stavano alzando dal tavolo, uno dei due prefetti che erano entrati da pochi istanti dalla porta della Sala Grande si avvicinò al tavolo del Grifondoro e disse: -Cohen, Potter, potete seguirmi? Il Preside vorrebbe parlarvi-

David lanciò uno sguardo a Harry, che gli rispose con un’alzata di spalle, e seguirono il Prefetto (un Tassorosso del sesto anno) verso la presidenza.

Mentre Ron e Hermione già iniziavano a fare congetture sul motivo per cui l’amico fosse stato chiamato in presidenza, un altro Prefetto si avvicinò al tavolo dei Serpeverde e poco dopo si allontanò, seguito da Eleanor e da Pansy Parkinson.

-Quindi deve riguardare David e Eleanor. – concluse Hermione in tono concreto.

-Già, ma che c’entrano Harry e quella ragazza di Serpeverde?- chiese Ron, per niente soddisfatto dal tono semplicistico di Hermione.

Ma questa non gli rispose, e disse: -bè, io vado in biblioteca: quello che è appena iniziato sarà un anno particolarmente difficile…voglio iniziare a cercare qualche incantesimo che non si trova sul manuale, che ovviamente ho finito in treno. – e lasciò Ron da solo al tavolo di Grifondoro, fatta eccezione per Neville, che cercava di smacchiare la sua uniforme dalla macchia di succo d’arancia.

-perché il preside vuole vederci?- stava chiedendo David al Prefetto che li accompagnava, ma questo rispose in tono solenne: -non posso dare informazioni a riguardo. –

Harry pensò che gli ricordava molto Percy…forse tutti i prefetti erano un po’ pomposi…

-ma il preside è quell’uomo con la lunga barba bianca che ieri era seduto a metà del tavolo degli insegnanti?- disse David, cercando di instaurare un dialogo con Harry.

-già. – rispose questo

-mmm…sembra simpatico!-

-è un uomo fantastico!- disse Harry, questa volta con molto più trasporto emotivo.

Il Prefetto li lasciò davanti al mascherone che celava l’ingresso dell’ufficio di Silente, e, dopo averli salutati in modo formale, se ne andò da dove era venuto, incrociando quindi Eleanor, Pansy e l’altro prefetto, che venivano subito dopo di loro.

Appena le due ragazze ebbero raggiunto i due ragazzi, dopo che anche il loro accompagnatore si fu accomiatato, il mascherone si mosse lateralmente, e dietro di questo uscì Albus Silente, sorridente come al solito, ma con un’aria molto stanca, come se non avesse dormito per tutta la notte.

-Salve a tutti! Voi due dovete essere David e Eleanor Cohen, già…deve essere così!- disse, e i suoi occhi vispi si illuminarono.

Si era appena allontanato dalla soglia per squadrare meglio i due ragazzi che il mascherone si chiuse dietro di lui, così che quando pochi istanti dopo si girò per rientrare dovette dire la parola d’ordine per rientrare:

-Pape sàtan, pape sàtan aleppe- annunciò Silente con voce squillante, e il mascherone scomparve nuovamente nel muro, consentendo loro di passare per lo stretto passaggio e di salire per le scale mobili che li condussero alla porta della Presidenza, con il suo batacchio a forma di grifone.

-Le parole d’ordine si fanno sempre più strane- pensò Harry, mentre osservava l’ufficio di Silente.

Dall’ultima volta che c’era stato, circa tre mesi fa, non era cambiato quasi niente: le pareti ospitavano ancora i ritratti di vecchi Presidi di Hogwarts, su uno sgabello a tre gambe c’era il Cappello Parlante, più consunto che mai, e Fanny la fenice dormicchiava sul suo trespolo. Adesso aveva tre anni, e doveva ancora viverne altri quattrocentonovantasette prima di morire per poi rinascere nuovamente dalle sue ceneri.

-vi ho fatti chiamare- iniziò a dire Silente, rivolgendosi a David ed Eleanor –perché, come avrete sicuramente capito, c’è stato un errore. Non so come siete riusciti ad arrivare al binario nove e tre quarti e prendere l’espresso per Hogwarts. – l’impostazione del discorso poteva farlo sembrare una ramanzina, ma lo sguardo di Silente era più compiaciuto che risentito.

-Come capirete, voi siete babbani…cioè, non avete poteri magici- si affrettò a spiegare Silente, visto che dallo sguardo di Eleanor questa aveva dovuto interpretare la parola “babbano” come un’ offesa personale. –quindi non dovreste rimanere qui. –proseguì il preside, vedendo la ragazza rasserenarsi per aver capito il significato della parola. –Tuttavia, infondo, ci deve pur essere un motivo per il quale siete arrivati fin qui…almeno credo…quindi, concorde con gli altri insegnanti, avrei pensato di farvi rimanere per quest’anno…sempre che voi siate d’accordo, si capisce. -

David, che per primo aveva avuto l’idea di recarsi nel luogo indicato sulla lettera di Cho, trascinando con sé la riluttante sorella, sembrava riluttante a sua volta. Eleanor invece disse semplicemente: -ok, grazie dell’offerta, accettiamo!-

-ma…la nostra famiglia…che dirà nel non vederci tornare?-

-abbiamo pensato anche a questo: il professore di Babbanologia ha telefonato stamattina a casa vostra, e ha avvertito i vostri genitori che avete vinto una specie di borsa di studio per una prestigiosa scuola irlandese, e loro si sono detti d’accordo a farvi rimanere lì un anno…senza bisogno che il professore ricorresse neanche a uno degli incantesimi predisposti per convincerli. – concluse Silente, sorridendo.

-Preside, ma come faranno a seguire le lezioni se non hanno poteri magici?- chiese Pansy, intromettendosi nella conversazione.

-potranno sempre studiare le materie teoriche, come Cura delle Creature Magiche e Storia della Magia…e anche Pozioni: anche i babbani possono farle…inoltre credo che andranno davvero bene in Babbanologia.

Pansy sembrava soddisfatta della risposta, ma David sembrava ancora restio ad acconsentire: era successo tutto così in fretta…

-alla fine dell’anno avrete fatto un’esperienza nuova e spero bella, ed avrete imparato parecchie cose. -

concluse Silente, e David parve finalmente convincersi a rimanere.

-professore, ma noi in tutto questo…- iniziò Harry, e Silente comprese la domanda e rispose:

-Harry, vi ho chiamato perché se David e Eleanor avessero accettato faceste loro da anfitrioni: non sono mai stati qui e sicuramente dovranno sentirsi spaesati. –

Harry assentì, e David sorrise: era proprio così che si sentiva: spaesato.

-Harry, Pansy, ve volete aspettare i vostri compagni fuori, sono sicuro che vi raggiungeranno al più presto. – concluse Silente.

Quando i due ragazzi furono usciti dalla Presidenza (Pansy non riusciva a distogliere lo sguardo dal ritratto di un preside di Hogwarts dall’aria particolarmente criminale, mentre Harry volle prima accarezzare Fanny) Silente si alzò dalla sua sedia e, messa una mano sulla spalla di ciascun fratello, disse: -allora, cosa avete deciso?

-Accettiamo la sua gentile proposta- disse Eleanor, mentre David, in tono meno diplomatico, si limitò a dire: -ehm…ok!-

Senza togliere le mani dalle spalle dei gemelli, Silente proseguì: -benissimo, sono sicuro che vi troverete bene qui a Hogwarts, perché a Hogwarts chiunque cerchi aiuto, lo trova. –

Queste ultime, misteriose parole di Silente fecero breccia nei cuori dei gemelli, già colmi di gratitudine per quel mago così eccentrico e gentile.