Chimica e laboratorio triennio

Prof. TROIANO Sergio

-PETROLIO-

 

Genesi:

La formazione dei giacimenti petroliferi, non ancora del tutto chiara in tutti i suoi aspetti, viene fatta risalire alle ere geologiche passate, ed in particolare al periodo carbonifero, ma anche al cambriano, che lo precede ed al permiano che lo segue. A quel tempo, il clima era caldo ed umido e le terre emerse erano ricoperte da una fitta vegetazione di felci giganti, piante primitive ormai del tutto scomparse dal pianeta.

Si ritiene che il petrolio si sia formato dalla degradazione anerobica, sotto l'effetto combinato della pressione e della temperatura, dei resti di quelle felci. Più in particolare si ritiene che il petrolio si sia formato dai depositi vegetali ma anche di natura animale, accumulati sui fondali melmosi dei piccoli mari, mescolati e ricoperti da uno spesso strato di argilla che, come un sarcofago, lo ha conservato fino ai nostri giorni.

In effetti, nei giacimenti petroliferi si trova quasi sempre un poco di acqua salata stratificata nel fondo e questo avvalora la tesi biologica della genesi del petrolio.

Anche prove simulate di laboratorio hanno dimostrato che dalla degradazione anaerobica delle sostanze organiche si può ottenere, oltre al biogas come già sappiamo, anche un liquido oleoso nerastro assai simile al petrolio greggio.

Secondo un'altra teoria, che però gode di assai minore credito tra gli studiosi, il petrolio si sarebbe formato per via chimica da una reazione tra l'idrogeno ed il carbone ed anche in questo caso, prove simulate di laboratorio hanno dimostrato che la cosa è fattibile.

Forse il petrolio si è formato in entrambi i modi e forse no, quello che però e certo e che si tratta di una risorsa energetica, non rinnovabile, e destinata al progressivo esaurimento.

 

Ricerca:

I giacimenti petroliferi ed anche quelli metaniferi, sono abbastanza diffusi un poco ovunque sia sulle terre emerse sia sui fondali marini, la nostra Italia, ma anche altre nazioni importanti tra cui il Giappone, è un paese notoriamente povero di grossi giacimenti petroliferi, ne sono stati individuati alcuni di discreta consistenza in Sicilia, ed anche lungo le coste adriatiche i quali sono però sono principalmente metaniferi.

La ricerca dei giacimenti petroliferi, data la grande profondità alla quale occorre ormai spingersi, può essere fatta solo con tecniche strumentali le quali misurano in modo molto accurato alcuni parametri come l'accelerazione di gravità ed il campo magnetico. In base alle eventuali anomalie dei valori misurati, si cerca di ricavare utili indizi sulla presenza di grossi giacimenti petroliferi situati, anche, a grandi profondità.

Naturalmente occorre far seguire, a queste rilevazioni preliminari ove abbiano dato esito positivo, ulteriori accertamenti di tipo sismico e solo se anche questi danno esito positivo si procede ad una micro trivellazione per prelevare campioni di terreno ed accertare la presenza del petrolio e quindi l'estensione e la consistenza del giacimento.

Estrazione:

La trivellazione per lo sfruttamento di un giacimento petrolifero è un'operazione costosa e delicata e, se non correttamente eseguita può anche rovinare il giacimento nel senso di rendere l'estrazione talmente costosa da renderla antieconomica com'è successo, più di una volta, negli albori dell'era petrolifera. Se la trivellazione è stata condotta correttamente, il petrolio risale spontaneamente, ed a volte anche violentemente, in superficie spinto dalla pressione del gas naturale. Questo c'è quasi sempre c'è nel giacimento ed essendo più leggero sovrasta il petrolio.

Progressivamente, e di pari passo con l'estrazione del petrolio, la pressione del gas naturale diminuisce e da un certo punto in poi non è più sufficiente a far risalire il petrolio fino alla superficie ed occorre l'ausilio di una pompa d'estrazione.

Il petrolio estratto è inviato nel più vicino porto di mare attraverso un oleodotto e quindi trasportato con grosse navi petroliere nei paesi dove si trovano le raffinerie. Molto del petrolio estratto dai giacimenti del mediooriente è raffinato in Italia, che per la sua posizione, di centralità, nel mare Mediterraneo bene si presta allo scopo.

 

Raffinazione:

Il petrolio è un liquido nerastro costituito da una miscela varie sostanze organiche e principalmente da idrocarburi.

La raffinazione è molto complessa e nei primi tempi consisteva nel separare la varie frazioni petrolifere, in funzione della loro temperatura d'ebollizione, con una normale e tutto sommato semplice, distillazione frazionata. Il problema di un siffatto modo di operare, era che alcune frazioni petrolifere risultavano in eccesso rispetto alla richiesta del mercato ed altre, ad esempio la benzina, risultavano insufficienti e quindi cominciarono fin da allora a mettere a punto i sistemi per variare, almeno in parte, la resa delle singole frazioni durante la distillazione del petrolio.

Attualmente, con lo sviluppo dei motori diesel usati nel trasporto di merci su gomma da un lato e dei motori a turbina universalmente adottati dall'aviazione commerciale dall'altro, vi è molta richiesta di kerosene e di gasolio e, proporzionalmente, meno di benzina per cui vi è la necessità di convertire in questi carburanti parte delle altre frazioni petrolifere.

I trattamenti nei prodotti petroliferi sono molti ed assai complessi e sono continuamente migliorati. I principali, ma ciascuno con numerose varianti e sottovarianti che non prenderemo in considerazione nemmeno come cenni, sono comunque il cracking, la polimerizzazione, il reforming e l'alchilazione.

Il cracking, frantuma le molecole grosse e le trasforma in molecole più piccole, ed è certamente l'operazione di conversione più usata negli impianti di raffinazione del petrolio ed anche la più antica.

Inizialmente il cracking era solo di tipo termico e fu messo a punto per recuperare, in qualche modo, le frazioni molto pesanti che non trovano, e non trovano neppure ora, una conveniente utilizzazione.

Il cracking termico si affida solo alla alta temperatura per spezzare le molecole pesanti ed ottenere le molecole leggere, consiste nel riscaldare la carica ad una temperatura prossima ai mille e per alcuni minuti, il taglio delle molecole è assai poco indirizzabile ed anche il risultato è piuttosto incerto. Sicuramente migliore è il risultato che si ottiene con il cracking catalitico il quale si affida all'effetto combinato del calore e del catalizzatore per la trasformazione delle frazioni pesanti nelle frazioni più leggere desiderate. La temperatura non può però in nessun caso scendere sotto la temperatura minima ricavabile dal diagramma di Francis.

Il reforming è anche molto usato negli impianti di raffinazione del petrolio ed ha lo scopo di indurre dei legami multipli nella molecola ed anche quella di promuovere e comunque di aumentare la quantità di prodotti aromatici. In analogia al cracking visto prima, anche il reforming si distingue in termico e catalitico. Il reforming termico si affida solo alla temperatura ed è costoso ma anche meno selettivo del reforming catalitico in cui è possibile, attraverso la scelta del catalizzatore, massimizzare la produzione dei prodotti desiderati.

L'isomerizzazione ha invece lo scopo di trasformare le molecole lineari in ramificate senza variare, in modo apprezzabile, il peso molecolare delle molecole. Questo trattamento, che richiede, comunque, l'ausilio di un catalizzatore viene fatto soprattutto per aumentare il numero d'ottani nelle benzine avio dato che le molecole ramificate lo hanno molto più alto che quelle lineari. Nella benzina usata come carburante delle automobili si aggiunge piombotetraetile per aumentare il numero d'ottani fino al valore cento. Per evitare possibili incrostazioni nella camera di scoppio del motore, si aggiunge anche il bromuro di etilene che, ad alta temperatura reagisce con il piombo formando volatile bromuro di piombo che viene espulso con i gas di scarico.

L'alchilazione è l'ultimo dei processi di cui ci interessiamo ed ha lo scopo di attaccare molecole piccole a molecole più grandi ottenendo molecole ramificate e ad alto peso molecolare. Naturalmente affinché possa la molecola piccola possa, diciamo innestarsi, sulla molecola grossa è necessario che ci sia un doppio legame che aprendosi, rende disponibile le valenze per la formazione dei legami chimici. La presenza di un efficiente catalizzatore è indispensabile se si desidera indirizzare l'aggancio su un determinato atomo di carbonio.