Chimica e laboratorio triennio

Prof. TROIANO Sergio

 

-PRODUZIONE DELLO ZOLFO-

 

Lo zolfo è un elemento a caratteristica acida e la sua molecola è costituita da un numero variabile di atoni da due ad otto, disposti ad anello, ma sempre con un numero pari di atomi. E' un elemento abbondante in natura e si trova sia allo stato nativo, come zolfo elementare, che sotto forma di composti principalmente come solfati ma anche come solfuri.

Cospicui giacimenti di solfo elementare si trovano in Sicilia e fino all'inizio del novecento l'Italia aveva il monopolio mondiale sullo zolfo dato che, di fatto, era l'unico paese produttore a livello industriale di tal elemento. Era estratto con il metodo dei calcaroni, affascinante ma anche molto inquinante per l'enorme quantità di anidride solforosa che era rilasciata nell'atmosfera.

La scoperta dei colossali giacimenti americani e la possibilità del suo recupero nella raffinazione del petrolio, ha messo completamente fuori mercato le industrie siciliane, e ciò nonostante i cospicui investimenti operati per l'installazione dei forni Gill. Questi forni miglioravano l'estrazione dello zolfo ma soprattutto riducevano di molto l'inquinamento atmosferico.

I calcaroni siciliani fanno ormai, e per fortuna, parte dell'archeologia industriale, e certamente lo spettacolo notturno dell'incendio delle pire, con il bagliore delle fiamme alte e luminose, doveva essere molto spettacolare tanto che per la sua grandiosità poteva gareggiare con quello offerto da una piccola eruzione vulcanica.

Modernamente lo zolfo è estratto dai giacimenti a forma grossolanamente lenticolare con la trivella di Frasch. Questa trivella consiste in tre tubi coassiali di diametro ovviamente diverso. La zolfo è fatto fondere sul posto riscaldandolo a 114 °C, direttamente nel giacimento, attraverso l'invio di una miscela di acqua bollente e vapore surriscaldato ad alta pressione e poi è fatto risalire in superficie spingendolo con aria compressa. La miscela acqua zolfo è raccolta in una grossa vasca dove solidifica e decanta raccogliendosi nel fondo, l'acqua invece è riutilizzata rimandandola nella caldaia.

Grandi quantitativi di zolfo si ottengono, come sottoprodotto, nella raffinazione del petrolio in cui è contenuto in percentuale variabile intorno al 2%, ma che può essere anche assai maggiore per alcuni tipi di greggio, dato che deve essere obbligatoriamente rimosso quasi completamente dalle frazioni petrolifere perché produce inquinamento.

La desolforazione delle frazioni petrolifere viene effettua con l'impiego della soda caustica nel caso di frazioni petrolifere liquide. Per le frazioni gassose si utilizza la dimetanolammina.

La quasi totalità dello zolfo prodotto è usato per la produzione dell'acido solforico. Questo è l'acido di gran lunga il più importante e in passato era denominato come il padre della chimica inorganica in quanto, in un modo o nell'altro entra in tutti i processi della chimica inorganica.

L'acido solforico è prodotto modernamente con il metodo detto di contatto e diluizione e commercializzato sotto forma di oleum.

L'oleum è acido solforico contenente in soluzione molta anidride solforica. L'utilizzatore, in base alle proprie esigenze, aggiunge acqua e produce dapprima la formazione di nuovo acido facendo reagire l'anidride solforica e poi ottiene la soluzione acquosa alla concentrazione desiderata.

In passato, ma qualche impianto è ancora funzionante, si produceva l'acido solforico con il metodo detto alle camere di piombo perché la reazione di formazione dell'acido solforico avveniva in enormi cameroni rivestite internamente da una lastra di piombo, nella quale l'acqua spruzzata da una doccia reagiva con l'anidride solforica producendo un acido solforico piuttosto diluito. Il pavimento inclinato consentiva di convogliare la soluzione acida in una specie di cunetta, ricavata nel pavimento, per essere riversato una vasca d'accumulo provvisorio posta all'esterno.

L'intero impianto era costituito da un certo numero di camere che di solito erano tre, poi c'era la torre di Glover in cui la nitrosa ossidava l'anidride solfora ad anidride solforica, ed infine, c'era la torre di GayLussac. Quest'ultima torre non c'era all'inizio ed è stata introdotta solo successivamente per migliorare l'efficienza dell'impianto. Lo scopo della torre di GayLussac era di recuperare gli ossidi di zolfo e, contemporaneamente, effettuava anche una sorta di depurazione dei gas di scarico.

Vediamo adesso, in sintesi le reazioni del processo di produzione dell'acido solforico

S + O2 = SO2 + Q

2SO2 + O2 = 2SO3 + Q

SO3 + H2O = H2SO4 + Q

La prima reazione è veloce e fortemente esotermica, non c'è bisogno d'alcun aiuto e nemmeno la terza reazione presenta difficoltà d'esecuzione. L'esecuzione della seconda reazione è invece molto difficoltosa. In base al principio di Le Chatelier l'equilibrio della reazione è favorita da una alta pressione a da una bassa temperatura. In base alla cinetica chimica, che può in ogni caso essere migliorata con l'ausilio di un catalizzatore, la velocità della reazione aumenta, invece, con la temperatura.

La scelta del valore numerico dovrà dunque scaturire da un calcolo di ottimizzazione che consenta in qualche modo di conciliare le due cose ed ottenere una discreta velocità senza penalizzare troppo l'equilibrio chimico della reazione. Dai grafici di conversione, facilmente reperibili sui manuali, si deduce che è opportuno operare ad una temperatura di circa 400 °C ed in presenza di un catalizzatore costituito da pentossido di vanadio, condizioni che consentono di ottenere un grado di conversione pari al 90% anche operando alla pressione atmosferica.

Essendo il grado di trasformazione già sufficientemente alto non si utilizza dunque l'effetto favorevole che deriverebbe dall'impiego di una pressione alta per non gravare sul costo iniziale dell'impianto che, come è noto aumenta all'aumentare della pressione.