de Franciscu Scameroni

Notizie: inizio della tregua, Lizarrako Akordioa, elezioni autonome basche del 98   è
Reportage fotografico 1 (fine della tregua, primi due attentati e manifestazioni)   
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Reportage fotografico 2 (terzo attentato, caso Galindo)   
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Ezpania / España   
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Euskal Herria, atti e cause della violenza politica

FINE DELLA TREGUA E PRIMO ATTENTATO
Il 18 settembre 1998 l'esercito basco ETA
Euskadi Ta Askatasuna (Paesi Baschi e Libertà) dichiara una tregua unilaterale che verrà revocata il 3 dicembre del 1999. I motivi della rottura della tregua sono stati esposti da ETA nella dichiarazione ufficiale per la stampa in cui si imputava alla "stasi del processo di pace dovuta all'immobilità del governo spagnolo, all'appiattimento dei socialisti spagnoli sulle decisioni del governo, nonché alle indecisioni dei partiti baschi moderati" la ripresa della violenza.

Il 14 dicembre 1999 le forze dell'ordine spagnole intercettano sull'autostrada per Madrid due furgoni carichi di dinamite.

Il 21 gennaio 2000 ETA compie il primo atto armato dalla fine della tregua. A Madrid un'autobomba uccide il tenente colonnello dell'esercito spagnolo Pedro Antonio Blanco Garcia. Pochi minuti dopo un'altra vettura esplode a poche centinaia di metri senza fare vittime.
L'attentato viene condannato dalla totalità delle forze politiche spagnole e basche. L'unica eccezione è rappresentata dal movimento della sinistra indipendentista EH
Euskal Herritarrok (Cittadini Baschi) di cui fa parte HB Herri Batasuna (Unità Popolare) braccio politico di ETA.
Nonostante questo, i partiti nazionalisti moderati baschi EAJ-PNV
Euzko Alderdi Jeltzalearen-Partido Nacionalista Vasco ed EA Eusko Alkartasuna (Unione Basca) decidono di non rompere l'accordo di desistenza con gli indipendentisti di Euskal Herritarrok che sostengono "dall'esterno" l'esecutivo.
La decisione di continuare a governare insieme al braccio politico di ETA è certo indicativa della particolarità della situazione politica. La strategia spagnola pare incentrarsi ancora una volta sul comportamento politico dei partititi moderati baschi: da sempre infatti il PP
Partido Popular (centrodestra) e il PSOE Partido Socialista Obrero de España cercano di creare una frattura interna alla sostanziale unità dei partiti baschi tentando di contrapporre i movimenti nonviolenti a quelli che sostengono la lotta armata dell'ETA.
Ma lo schema spagnolo "democratici versus terroristi" non attecchisce del tutto nella società e nella politica basca.
Evidentemente non è sufficiente condannare la violenza di ETA per essere democratici.

SECONDO ATTENTATO

Il 22 febbraio 2000, secondo attentato di ETA dalla fine della tregua. Un'autobomba uccide Fernando Buesa, segretario generale della federazione basca del Partido Socialista Obrero de España, e la sua scorta, un agente della polizia autonomica basca Ertzaintza.
L'esplosione avviene in Gasteiz (Vitoria) capitale di Euskadi, a poche centinaia di metri dalla sede del Governo Autonomo Basco.
Il
leendakari (presidente del parlamento basco) Juan José Ibarretxe, esponenete del EAJ-PNV rompe l'accordo di governo con gli indipendentisti di Euskal Herritarrok/Herri Batasuna che non hanno condannato l'attentato. Le uniche parole di Arnaldo Otegi (portavoce di EH) mirano esclusivamente a precisare come la responsabilità degli attentati ricada esclusivamente sui dirigenti di ETA.
Ora il governo basco è un governo di minoranza formato dai nazionalisti moderati del EAJ-PNV
Partido Nacionalista Vasco ed EA Eusko Alkartasuna.

Il 7 marzo 2000, una autobomba ferisce sette persone tra cui due militari. L'esplosione avviene in Donostia (San Sebastian). Nell'intento di ETA la carica esplosiva avrebbe dovuto distruggere un automezzo della Guardia Civil in servizio di pattuglia.

ELEZIONI IN SPAGNA

Il 12 marzo 2000 le elezioni per il rinnovo del parlamento spagnolo premiano il Partido Popular del riconfermato primo ministro José Maria Aznar (centrodestra) che ora può godere di una maggioranza assoluta di seggi che gli permette liberarsi dalla zavorra dei nazionalisti catalani di Convergencia i Uniò che fino a quel momento avevano sostenuto il governo.
Il Partito Socialista Operaio di Spagna conferma la sua caduta libera riconducibile all'incapacità di elaborare un programma convincente ma soprattutto alla mancanza di un leader carismatico e rappresentativo.
A livello basco le consultazioni confermano i nazionalisti moderati del EAJ-PNV come prima forza politica con otto seggi al parlamento di Madrid. I nazionalisti di destra di Eusko Alkartasuna ottengono un seggio a Madrid. La sinistra nazionalista di Euskal Herritarrok, avendo chiesto ai suoi elettori di astenersi ottiene lo zero percento dei voti.
Come prima azione il neo rieletto Aznar, afferma di voler riconfermare alla carica di Ministro degli Interni Jaime Mayor Oreya. Questa prevedibilissima decisione permette di comprendere come il Governo spagnolo abbia intenzione di continuare a viaggiare sulla strada della repressione dei particolarismi.

IL CASO GALINDO

Il 26 aprile 2000 la Prima Sezione Penale dell'Audiencia Nacional condanna il Generale della Guardia Civil Enrique Rodrigues Galindo a 71 anni di prigione per due delitti di assassinio e detenzione illegale nei confronti di due presunti membri di ETA, Lasa e Zabala.
Vengono condannati per gli stessi reati anche Julen Elgorriaga (ex governatore civile di Guipuzkoa, provincia basca) a 71 anni, Angel Vaqueiro (comandante della Guardia Civil) a 69 anni, Enrique Villalobos (ex sergente della Guardia Civil) a 67 anni, Felipe Bayo Leal (ex capo di Guardia Civil) a 67 anni. Gli eredi dei due baschi sequestrati ed uccisi dalla Guardia Civil spagnola vengono indennizzati con un totale di 50 milioni di Pesetas a carico dello Stato Spagnolo.

TERZA OPERAZIONE ARMATA DI ETA

Nella mattina del 7 maggio 2000 si consuma l'omicidio del noto giornalista comunista José Luis Lopez de la Calle editorialista del quotidiano conservatore spagnolo El Mundo.
La reazione delle forze politiche e dei mezzi di comunicazione a questo omicidio è senza dubbio la più potente. ETA, questa volta, ha colpito un giornalista famoso per le sue battaglie antifasciste che gli costarono anni di prigionia sotto la dittatura di Franco. Famoso per essere stato il co-fondatore del più importante sindacato comunista spagnolo.
Ma quali sono i motivi che hanno portato ETA a questa decisione? Presumibilmente il fatto che il noto giornalista partecipò attivamente alla creazione del cosiddetto Foro di Ermua, un accordo politico sociale di tutti i partiti, i movimenti, gli esponenti della cultura spagnola, basca spagnolista, antibasca.
Anche ammettendo che nelle intenzioni dei soci fondatori di Ermua non vi fossero accenti e toni nazionalisti spagnoli, questa "assemblea" ha assunto via via, nell'immaginario collettivo basco, connotati sempre più marcatamente razzistici ed oltranzisti nei confronti dei baschi incarnando in definitiva le istanze più irrazionali e radicali del nazionalismo spagnolo fomentato principalmente da PP e PSOE.
Gli spagnoli vorrebbero far apparire questo "foro" come l'unica entità garante della democraticità e della costituzionalità all'interno dello Stato.
Ma, ancora una volta non riescono nell'intento. I partiti baschi moderati non hanno mai accettato e, a quanto pare, non hanno intenzione alcuna di accettarlo, l'invito di popolari e socialisti spagnoli ad abbandonare il Lizarrako Akordioa (l'accordo politico sociale delle forze anticolonialiste basche) per entrare nell'accordo di Ermua.
Anche in questo caso lo schematismo e la strategia politica spagnola che vorrebbe creare un
enfrentamiento tra "democratici di Ermua" e "terroristi di Lizarra" non funziona in Euskadi.
Il problema più grave per lo Stato spagnolo e i suoi partiti è, forse, il fatto che gli uomini di ETA, considerati dagli spagnoli come terroristi e criminali, rappresentano invece per la maggioranza della popolazione basca (compresi coloro i quali condannano la violenza) una sorta di Resistenza partigiana non condannabile mai del tutto.
D'altronde, anche in questi mesi, nessun partito basco ha mai aderito alle manifestazioni pubbliche contro ETA organizzate dai movimenti spagnoli.
Le manifestazioni dei partiti baschi contro il "terrorismo" si tramutano puntualmente in una accusa più o meno latente rivolta ai partiti spagnoli di responsabilità politica della violenza di ETA.

In questo quadro politico erroneamente dipinto come caotico, possiamo senza ombra di dubbio affermare che esistono due fronti.
L'uno, quello spagnolista, molto omogeneo al suo interno, comprendente tutti i partiti, i sindacati e i movimenti d'opinione spagnoli, mira al mantenimento dello status quo e all'applicazione totale ed incondizionata della Costituzione (peraltro non accettata dai baschi nel referendum costituzionale).
L'altro, quello basco, formato dalla totalità dei movimenti anticolonialisti e nazionalitari, rappresenta pressoché la totalità della popolazione di Euskadi e mira all'affermazione dei diritti del suo Popolo. Certamente è innegabile l'esistenza di differenze interne al movimento di liberazione nazionale basco ma possiamo certamente affermare che, nei momenti difficili e critici, i Baschi sanno rimanere uniti, insieme contro il razzismo, la repressione e lo sciovinismo spagnolo e francese.

LA STRUMENTALIZZAZIONE
Nei giorni successivi all'uccisione del "giornalista rosso" Lopez de la Calle, la quasi totalità delle manifestazioni di condanna della violenza organizzate in Spagna e Euskadi dai partiti spagnoli, ha utilizzato lo slogan "Contro il fascismo di ETA, per la libertà".
Suscita dubbi la sincerità di questo slogan sia quando accusa di fascismo ETA, sia quando utilizza il lemma
Askatasuna (Libertà) parola simbolo dell'indipendentismo basco.
Alcuni commentatori politici di sinistra hanno persino coniato un neologismo:
euskonazismo (nazismo basco). Nella prospettiva di chi si ritiene oppresso questa demonizzazione risulta quantomeno ridicola, e certo non è indice di onestà intellettuale e politica affermare che ETA sia un movimento fascista per il fatto che abbia deciso di uccidere un giornalista comunista.
Da decenni infatti, anche all'interno del movimento
Herri Batasuna che sostiene ETA, si discute su come poter conciliare l'essere di sinistra ed internazionalisti con l'essere nazionalisti. Ma questo è un falso problema. Come si può chiedere, per esempio, ad un operaio basco di essere solidale con un collega spagnolo se quest'ultimo non lo è con il primo? Come potrebbe sussistere un sentimento di solidarietà da parte di un lavoratore basco verso un lavoratore spagnolo se quest'ultimo non fa nulla per difendere i colleghi baschi o, anzi, appoggia la repressione spagnola in Euskadi?
Per questi motivi, evidentemente, non si può imputare al movimento basco la mancanza di solidarietà tra lavoratori baschi e spagnoli o quantomeno dobbiamo comprendere come i movimenti sindacali spagnoli siano nazionalisti e sostenitori più o meno passivi della repressione.

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