George Middleton, The Lady with the Beautiful Hands:some Random Notes on a Casual Meeting with Eleonora Duse, in Theatre Magazine, Vol. 40, No. 6. Ed. Arthur Hornblow. New York: Theatre Magazine Company, 1924. p. 22, 66.

... «Venti anni fa, vidi per la prima volta la Duse. Era alla sua prima apparizione in America, alla fine di un tour che non era stato particolarmente fortunato. Aveva insistito nel voler recitare drammi di D'Annunzio [...the dramas of D'Anunzio…] mentre il pubblico avrebbe preferito Camille e Magda.

 

D'Annunzio

Francesca da Rimini

(1902)

Eleonora nel 1904 Eleonora nel 1899 sul ponte di una nave

La sua ultima recita al Metropolitan, invece, era stata di una serie di atti di ciascuno dei suoi famosi ruoli. Ripercorrendo a ritroso quegli anni, ripenso a Magda che ritorna alla casa paterna, ed al modo meraviglioso in cui le espressive mani della Duse si muovevano sullo schienale della sedia, mentre guardava intorno nella stanza della casa nativa, dove aveva abitato ancora innocente. La vidi ancora due anni fa a Parigi; ero nel camerino di Sacha Guitry, dove mi ero recato all'intervallo tra i due atti, quando ella entrò inaspettatamente.

Egli mi aveva raccontato che ella non gli avesse permesso di usarle l'abituale cortesia di decorare con fiori il suo palco. Mi aveva raccontato di come ella avesse rifiutato di accettare l'abituale gesto di cortesia di fargli decorare il camerino con fiori. Voleva passare inosservata, rimasi invisibile il più possibile. Ella non indugiò a  lungo e corse fuori nel corridoio con fare nervoso ed agitato. Si era ricordata improvvisamente di aver dimenticato qualcosa."Oh, mon chapeau! J'ai oublié mon chapeau", aveva esclamato con la sua voce particolare e vibrante, precipitandosi fuori.

Sacha Guitry

Quando fu nuovamente qui, lo scorso inverno, le rammentai la scena: "Oh si, Sacha mi aveva chiesto di tornare a trovarlo e io l'avevo fatto per cameratismo. Ma mi sentivo così confusa in quell'ambiente. Era così pieno di gente e di rumore. Come poteva sopportare di avere intorno tanta gente così, mentre doveva recitare? . . . Sono stata costretta a uscire adducendo come pretesto un mal di testa. Mi sentivo così confusa. E per questo avevo dimenticato il cappello e il mantello ..."

 

Eleonora nel 1923

Eravamo seduti nella semplice suite del suo hotel a New York, poco dopo il suo ritorno sullo stesso  palcoscenico del Metropolitan Opera House. C'erano fiori intorno, ma niente era stato alterato rispetto agli oggetti di arredamento abituali. Il suo solito agente aveva organizzato un appuntamento per me.Quando sentì che non volevo un intervista per un articolo, ma semplicemente discorrere con lei di commedie e fatti,  acconsentì di vedermi proprio il giorno dopo. Aveva in sommo orrore le interviste formali. Tutta la vita aveva sofferto per quello che le avevano fatto dire. Mi avevano raccontato che, quando non era possibile trovare niente da dire su lei, le cose venivano inventate di sana pianta.

Una volta, era successo che ella aveva appena ricevuto una mezza dozzina di forbici che aveva mandato ad affilare. Quando l'intervistatore le vide distese sulla tavole, diede subito la notizia "che Madame Duse aveva la passione di collezionare forbici". Simili esperienze l'avevano resa timida nell'incontrare estranei.

Naturalmente, ero terribilmente agitato. Sapevo che non parlava inglese e che io avrei dunque dovuto parlare francese. Quando la porta della sua suite si aprì, lo confesso, nell'oscurità quasi confusi la sua compagna per la Duse stessa. In qualche modo mi sarebbe sembrato naturale che fosse la Duse ad aprirmi la porta! Quando finalmente entrò nella stanza si diresse verso il suo agente senza guardarmi. Poi, quando egli la salutò e menzionò il mio nome, lei si girò verso di me con uno sguardo misurato, le sue labbra mormorarono un saluto mentre stendeva la mano, che io presi secondo gli usi del vecchio Continente.

Nonostante fossi stato immediatamente colpito dall'aura della sua personalità, non potei fare a meno di notare l'economia dei suoi movimenti. Era tutto così naturale e non c'era ambiguità nel modo in cui ogni movimento particolare era registrato inconsciamente. Aveva ciocche di capelli bianchi tra i capelli grigio ferro. Il suo viso era giallastro, senza colore, eppure stranamente non era tanto rugoso come mi sarei aspettato, ad eccezione della fronte. Il suo collo era scarno, i suoi zigomi pronunciati sembravano forse più prominenti che nel primo dipinto di Lenbach. 

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Eleonora nel ritratto

di Franz von Lebanch (1885)

Eppure ella sembrava proprio la stessa del memorabile ritorno nella Donna del mare. I suoi occhi erano per me vivaci, scuri, misteriosi, eppur gentili. Mi aspettavo un personaggio più esangue e languido, una epica donna piegata da un mondo di dolori personali. Quando cominciò a parlare, quasi immediatamente con gran rapidità e senza esitazione nella ricerca delle parole, sentii un'insospettata individualità. Non una sola volta durante quella mezz'ora, che ella graziosamente mi dedicò, non ci fu alcun allentamento nella sua energia verbale o nella vitalità in generale. In qualche modo questo rappresentò una sorpresa per me, infatti poco prima il suo agente mi aveva raccontato di come lei, alla partenza del treno da Parigi, si fosse ritirata in un angolo del suo scompartimento chiedendo alla sua compagna: "Pensi ci sia un posto anche per me in America?"

Non ebbi difficoltà a seguire il suo francese, nonostante il suo pronunciato accento italiano. Con grande disponibilità ella capiva ciò che intendevo quando la  mia frase poteva generare confusione, infatti stavo registrando le mie impressioni su di lei e contemporaneamente parlavo in un'altra lingua. Improvvisamente mi chiese se avevo un lavoro [..] che potesse essere adatto per lei. Ero a conoscenza del grande problema che aveva dovuto fronteggiare nel corso della tournée in quanto, secondo abitudine, ella aveva ingaggiato la compagnia per tutto l'anno, sia che recitassero o no.

Eleonora nel 1921

Recitando con così lunghi intervalli come faceva lei, e con un repertorio ristretto che richiedeva, nel medesimo tempo, una compagnia piuttosto nutrita, era praticamente impossibile rendere economicamente vantaggiosa la tournée.

Con questo in mente, mi venne da suggerirle la possibilità di una serata di atti unici, che, essendo frequentemente rimaneggiati, avrebbero offerto la possibilità al suo pubblico di vederla in più ruoli con scenari semplici. L'idea le piacque immensamente. Non ci aveva mai pensato prima e vi vide immediatamente una rispondenza alle sue esigenze, infatti il pubblico veniva per vederla recitare e non per delle commedie in una lingua straniera. "E' praticamente impossibile per me trovare nuovi ruoli - diceva - gli autori italiani al giorno d'oggi scrivono solo per le giovani primedonne. Il pubblico sembra interessato unicamente ai problemi delle giovani piuttosto che a quelli delle più vecchie. Sento che in America è lo stesso. Pensate di  trovare dei ruoli per me tra i vostri scrittori? Nascono sono così tanti problemi in tarda età. Ma le donne più anziane non sono più protagoniste nei drammi dal Continente. Forse potrà trovare qui qualcosa da utilizzare. Non so spiegarlo. Mentre mi avvicinavo all'America ho sentito la mia vitalità crescere. Sento così tanta vitalità qui. Ci sono così tanti giovani che vengono a teatro per vedermi. Ma devo cambiare il mio repertorio. So che i lavori che recito ora non sono adatti. Non posso recitare Camille e Sardou. Sono troppo vecchia. Ed anche i tempi sono cambiati, anch'io devo proporre cose nuove. Forse mi è più facile trovare un repertorio di atti unici". Quando suggerii la possibilità di un repertorio internazionale di questo genere i suoi occhi si illuminarono all'idea.

 

Eleonora nel 1920

"Dovrei organizzarne due da pubblicizzare su affiche, con un pò di musica nell'intervallo. Dovrebbe bastare. Infatti avevo pensato ai “Cavalcatori del Mare” [“The Riders to the Sea” di John Millington Synge] per il mio rientro; ma era un lavoro troppo breve per il mio rientro dopo venti anni di assenza … so che avete scritto molti atti unici. Avete per caso qualcosa che possa andare bene per me?"

Ne avevo portato uno appositamente tradotto in francese per consentirle di leggerlo. Mi scusai per la condizione delle pagine, in quanto, a dire il vero, lo avevo portato con me in giro per l'Europa nella speranza di avere un'occasione per presentarglielo.

"Oh ci sono abituata. Se un manoscritto si presenta tutto pulito ne provo sospetto. Mi piace vedere che un manoscritto è vissuto". Le dissi che lo avevo scritto sei anni prima pensando proprio a lei. "Perchè non me lo avete mandato? Mi sarebbe piaciuto essere ricordata. . . sei anni sono tanti quando si è giovani. Forse se pensate che non sia adatta a me potete scrivere qualcos'altro? E' così difficile per me trovare un lavoro adatto, adesso". Ci fu un lampo momentaneo, come se guardasse lontano.

"Ditemi," mi chiese "come fanno i vostri giovani attori a recitare ogni giorno? La vostra giovane Eva Le Gallienne mi ha raccontato di dover dare nove o dieci recite la settimana, e che una commedia dura spesso per un anno o più . . . Come è possibile tenere la vena creativa vitale? Eppure sembrano così desiderosi di apprendere... Non vengono a vedermi recitare perchè sono bella o giovane…Forse ho qualcosa da dare loro".

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Poi chiamò la sua compagna perchè le portasse il giornale di domenica. "Eppure sembrano esserci solo bellissime donne sui vostri palcoscenici". Ed ella segnò col dito una famosa star in un costume per il bagno, aggiungendo con un timido sorriso: "Questa non è arte, è natura".

Parlammo degli attori del momento, ma negli appunti che scrissi dopo averla lasciata, trovai soltanto un riferimento: "Lucien Guitry è un grande attore di grande tradizione. Suo figlio, Sacha, rappresenta quanto di meglio esiste nella scuola moderna, la sua abilità e competenza e forse anche alcuni suoi errori".

Quando mi alzai  per andare, ella si sedette sul bracciolo del sofà, segnando con il dito il manoscritto che le avevo portato. I suoi occhi caddero accidentalmente su una frase che era una specie di didascalia al titolo.

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Lucien Guitry

(ritratto di

Toulouse-Lautrec)

 "Mi piace - disse - Les arbres morts restent longtemps debout" – gli alberi morti restano per lungo tempo in piedi". Sorrise enigmaticamente ed io baciai la sua mano, lasciandola là,  in piedi».