COGNOME e NOME: CATEGORIA di RELAZIONE :
ZACCONI ERMETE  collega, amico - nemico

 

Nella sua autobiografia "Ricordi e battaglie" (edizione Garzanti, Milano, 1946) offre un'immagine della divina .... "non allineata": il “fenomeno Eleonora Duse” non è un evento unico ed eccezionale, ma il frutto di un duro lavoro da impiegati: «Vollero chiamarla un "miracolo arcano". In sostanza, invece, Eleonora Duse, discendente da una stirpe di guitti, fu soltanto il riassunto, il logico naturale prodotto di quasi tre secoli d'arte, durante i quali con paziente, silenzioso lavoro intere famiglie di "cabotins"cercarono di avvicinare l'arte alla verità e per generazioni acuirono i cervelli, raffinarono la sensibilità, provarono sempre più vivo nel loro povero cuore il dolore di tutti gl'infelici.

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Ermete Zacconi in una caricatura di Onorato

Da essi nacque la fanciullina dalla mente più ricca, dall'anima più generosa che, cresciuta e tempratasi nelle dure necessità e nell'amorevole pietà, fu la grande interprete del pensiero e dello spasimo umani».

La Duse e Zacconi si "mettono insieme" (solo artisticamente per carità) per alcuni mesi del 1899, in un improvvisato tentativo comune di intervento rinnovatore del teatro italiano, presentando un repertorio composto da opere "nuove" ("La Gioconda", "La Gloria", entrambe di Gabriele D'Annunzio), assieme a quello abituale di Dumas & C.

 

Eleonora ed Ines Cristina ne 

"La Città morta" di D'Annunzio (1901)

Le sorti della tournée sono alterne: il pubblico applaude e fischia, alcune commedie hanno addirittura un'unica rappresentazione  (vedi “la Gloria” di D'Annunzio), altre ricevono ovazioni trionfali (è il caso di “Demi-monde” di Dumas), a tutto questo si aggiunge poi la difficile convivenza tra due attori allora sono ai vertici del teatro italiano, il problema delle preparazioni affrettate degli spettacoli, nonchè quello della divisione degli utili  ...

 

Eleonora ne "La  Gioconda" (1899)

Insomma, per dirla con le parole di Luigi Rasi : «Mai connubio d'artisti fu salutato con maggior gioia dal pubblico: la Duse e Zacconi! La più grande attrice e il più grande attore di oggidì. A me, invece, a essere schietto, non mai sarebbe balzata una tale idea, che rappresentava a punto nel mio pensiero il più strano dei connubi. 

La Duse e Zacconi!

Sentivo già con l'immaginazione la frase carezzosa, musicale, dolcissima, svenevole a volte, dell'una, alternantesi con quella dell'altro vera, troppo vera tal volta nella rigidità cruda: il sospiro melodico dei violino, e gli strappi cupi del contrabbasso... E quel ch'io aveva immaginato, fu a' miei orecchi una verità irrefutabile. Zacconi fu maraviglioso, e maravigliosa fu la Duse; ma nell'accoppiamento delle due grandi forze così disparate, il maraviglioso andò perdendo la sua reale intensità. Per buona sorte, le due grandi forze non avevan nell'opera dannunziana troppa mescolanza di parole» (Luigi Rasi, La Duse, 1901).  

Nel 1920 a Firenze nasce il secondo sodalizio Zacconi-Duse, nella sua autobiografia Ermete Zacconi ne dà un improbabile resoconto:

«Un giorno venne a casa mia moglie [l'attrice Ines Cristina], con gli occhi pieni di lacrime, perché aveva riconosciuto la Duse in una signora modestamente vestita di nero, che camminava guardandosi intorno timorosa di essere veduta da qualcuno. Mia moglie l'aveva fermata perché quell'impulso era stato più forte di lei; essa aveva fatto i suoi primi passi in Arte accanto alla grande artista e la sua devozione, il suo amore per lei erano infiniti. La loro conversazione aveva sconvolto mia moglie. La Duse aveva depositato ogni suo avere in una banca germanica. Dopo la guerra, per il crollo del marco, della sua sostanza non le rimaneva quasi più niente. “Mi resta forse un po' di pane, ma non ho più il companatico, e allora sono andata a Milano, ho parlato con Praga (allora direttore della Società Autori). Ho fatto intendere il mio bisogno di lavoro, ma mi hanno presentato un contratto con vincoli di lavoro così duri, che non avrei potuto accettare neanche se avessi avuto trent'anni. Sono stata allora a Roma da Rosadi (allora ministro della pubblica istruzione), mi ha accolto festosamente, mi ha fatto mille promesse di occuparsi di me, ma tanto tempo è passato e nessuno si fa vivo... e non so come fare”. Era Eleonora Duse che parlava cosi, la grande Eleonora Duse, sola ormai, quasi vecchia, triste, stanca, preoccupata e abbandonata dal suo paese». (Ermete Zacconi, Ricordi e battaglie, Milano, Garzanti, 1946)

«Certo la guerra aveva impoverito la Duse. Ma dalle lettere che scrive a Zacconi e ad altri non traspare un così gran bisogno, bensì un gran desiderio di trovare un modo opportuno per rientrare. Nel caso Zacconi … molto probabilmente la Duse era sfavorevolmente disposta dalla fama di attore ormai “vecchio” e baluardo della tradizione che circondava Zacconi, e favorevolmente disposta, invece, dalla fiducia personale che le ispirava, dalla solidità della sua impresa, dalla sua disponibilità … La Duse, essendo rimasta estranea davvero al teatro per tutti gli anni dei ritiro, aveva probabilmente un gran bisogno proprio di queste piccole informazione «di retroscena». Di Zacconi dunque “sa” che è ancora uno degli attori più importanti, e uno dei più sicuri dal punto di vista economico e dell'autorità capocomicale». (Mirella Schino, Il teatro di Eleonora Duse, Bologna , Il Mulino, 1992)

Ermete in "Spettri"

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Eleonora nel 1920

Per Sapere Qualcosa in Piu' ... sull'Ermete