Il contributo dei militari
italiani |
alla Guerra di Liberazione in Italia |
Delle Forze Armate italiane, che dopo l'8 settembre combatterono a fianco degli
Alleati per la Liberazione del suolo italiano dai tedeschi, se ne è parlato
molto poco.
Questa è la storia di mio
padre e del modo in cui è iniziato il suo contributo alla guerra di Liberazione nell'88° reggimento FRIULI.
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Mi chiamo Carlo e sono nato a Reggio
Emilia nel '22 e quindi, già da qualche anno ho superato gli ottanta anni.
Sino all’età di dieci anni sono
vissuto a Torino perché mio padre lavorava alla FIAT. |
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In
quegli anni, la mattina presto, dalla finestra di casa, vedevo passare lunghissime
file della famosa "Balilla" che dallo stabilimento del Lingotto veniva
trasferita alla pista del collaudo.
Era un
tempo felice per la mia famiglia alla quale vi si era aggiunto nel ‘26 un
fratellino e poi nel ‘30 una meravigliosa sorellina.
Frequentavo
con profitto la scuola elementare ed ero tifoso del Toro. |
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Poi un
triste giorno, la crisi economica proveniente da oltreoceano arrivò
anche nell'agricola e autarchica Italia e colpì tutte le città industriali, tra le
quali Torino con la sua grande fabbrica.
I capi
della FIAT, come ovvio, non ebbero alcuno scrupolo a licenziare migliaia di
operai e anche mio padre, da un giorno all'altro si trovò senza lavoro.
Improvvisamente fu costretto a cercarne un'altro, ma l'ampiezza del fenomeno fu tale che
solo dopo molto tempo riuscì a trovarlo in un'altra città.
Stavano
nascendo le prime esigenze di trasporto di massa ed il fascismo, sponsorizzava la
famosa trasvolata atlantica e stava dando grande importanza all' Aviazione civile e
ai famosi treni popolari.
Con uno
di questi, nel lontano luglio del ‘32 ci trasferimmo tutti a Roma.
La
maestosità di questa grande città mi accolse in una luminosissima mattina.
E'
ancora vivo in me il ricordo dello spettacolo che si presentò ai miei occhi quando
uscimmo dalla stazione. Una città così diversa da quella che avevo appena lasciata e
nella quale ero cresciuto e che avevo ancora nel cuore.
Però
mi piacque subito.
E
così, tornando indietro nei ricordi rivedo la mia vita in questa grande città. Mi vedo
crescere e frequentare le scuole industriali, rivedo il momento in cui venni assunto come
apprendista motorista dello stabilimento romano della Caproni all’ aeroporto dell’Urbe
sulla Salaria, rivedo quando agli inizi del 1940, ebbi la fortuna di essere assunto
in qualità di impiegato negli uffici dell'Istituto Nezionale delle Assicurazioni.
Dopo
qualche tempo, nei primi giorni del ‘42, come atteso arrivò la chiamata di leva.
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Fui
assegnato al centro istruzione del 12° Autocentro
di Palermo e forse, per il fatto di conoscere un po’ di musica e per essere
vissuto in una famiglia di “musicanti”, ebbi l’opportunità di avere l’incarico
di trombettiere. Questo mi regalò la possibilità di vivere il servizio militare un
po’ più comodamente, evitando qualche ora di istruzione e avendo qualche
libera uscita in più. |
Nonostante
la mia giovane età ero preoccupato per la mia famiglia perché anche mio padre
ultraquarantenne, già dall’inizio della guerra era stato richiamato alle Armi e
ahimè, in tempi di guerra il servizio militare era veramente pericoloso per tutti.
Dopo
qualche mese, guadagnai il patentino militare per mezzi pesanti e fui subito inviato
in qualità di conduttore/autista a Poerino, nei pressi di Torino dove era in formazione
il 630Autogruppo. Venni aggregato nel 266° Autoreparto Pesante quale
conduttore e quasi subito mi giunse la promozione a caporale.
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Alla
fine del’42, il mio reparto venne chiamato a partecipare alla campagna di occupazione
militare della FRANCIA e ci stabilimmo a Salernes (Draguignan) vicino a Marsiglia e
al porto di Tolone. Venni impegnato nel servizio di trasporto e copertura logistica dei
reparti, ma dopo un breve corso di Contabilità militare ebbi la promozione a
caporalmaggiore e l’incarico di “contabilità carburanti” |
Nel
frattempo i primi mesi del 1943 filarono tranquilli e l’andamento della guerra in
quel “Fronte” non evidenziava grossi problemi.
Le
notizie degli avvenimenti del 25 luglio, arrivarono senza grosse ripercussioni ma l’8
settembre invece fu molto traumatico perché le scelte e le dichiarazioni provenienienti
da Roma vennero fatte senza pianificazione e senza prendere in considerazione minimamente
le coseguenze.
I
comandi italiani erano rimasti senza direttive e senza ordini. Tutti noi,
ufficiali, sottoufficiali e truppe ci trovammo allo sbando.
Per i
tedeschi eravamo traditori mentre per i francesi erevamo nemici.
In
particolare a me capitò che al rientro da Grenoble, dove mi ero recato per
prelevare carburante, trovai i miei reparti deserti. Erano fuggiti tutti,
lasciandoci con immaginabile sorpresa, soli ed impauriti, in terra ostile.
Fu
difficile per me e i miei compagni vincere lo sgomento e capire cosa stesse succedendo.
La
fortuna volle che alcuni giovani del luogo, che sapemmo poi essere partigiani, ci
aiutarono.
In
quella situazione non ci si poteva attendere di essere aiutati dalle popolazioni locali,
ma con quei giovani, nostri coetanei, avevamo già da tempo instaurato un sincero rapporto
di amicizia per averli più volte aiutati a nascondersi dalle retate dei
tedeschi.
Da loro
fummo accompagnati attraverso i boschi alla frontiera Italiana con un po’ di provviste e
le indicazioni per prendere contatto con i partigiani nella zona di Cuneo.
Purtroppo
i tedeschi ci catturarono quasi subito e ci imprigionarono in una caserma sul confine.
Alcune
ragazze del luogo però, nella notte ci aiutarono a fuggire e a tornare sulle
montagne sovrastanti. Questa volta riuscimmo a fuggire a gambe levate e a rientrare in
Italia dove riuscimmo a prendere contatti coi partigiani, sulle montagne del cuneese.
Con
loro ci fermammo qualche settimana, ma con le prime nevi dell’inverno potevamo essere di
intralcio e insieme a loro organizzammo il nostro ritorno a casa
Per
quelli che come me dovevano tornare Roma o nel meridione, il viaggio fu
veramente lungo e avventuroso, ma alla fine, stremato ed affamato giunsi finalmente a casa
mia.
La
meraviglia di mia madre e dei miei vicini fu enorme nel vedermi vestito con una tonaca da
prete bianca, donata da un sacerdote domenicano, uno dei miei vari compagni di
viaggio
Roma
era ancora occupata dai tedeschi e con l’aiuto dei miei vicini, riuscii a non rispondere
ai bandi di arruolamento rimanendo nascosto. Tra una retata e un bombardamento,
riuscii a scampare fino all’arrivo degli americani che il 4 giugno del ‘44
giunsero dalla via Appia.
Con l’arrivo
delle truppe alleate risposi al bando di arruolamento e venni richiamato dal “CERSETI”
ed inviato a San Giorgio del Sannio dove venivano formati i nuovi reparti che avrebbero
dovuto essere impiegati poi sulla linea Gotica.
Mi
trovai aggregato nella compagnia comando dell’88° Reggimento di Fanteria
FRIULI in attesa di destinazione.
La
FRIULI era uno dei cinque GRUPPI da COMBATTIMENTO che il nuovo governo Italiano, guidato
da BONOMI impiegò per collaborare con le truppe di liberazione per cacciare i tedeschi e
porre fine alla guerra sul nostro territorio.
Oltre
la FRIULI c’era la LEGNANO, il gruppo NEMBO, L’ASCOLI PICENO e LA
CREMONA, schierate nelle due armate, la QUINTA AMERICANA E L’OTTAVA INGLESE sulla linea
Gotica dal Tirreno all’Adriatico.
I
reparti della Friuli si stavano ricostituendo ed insieme a pochi altri, ebbi l’incarico
di trasportare con gli autocarri tutto il necessario per il gruppo e facendo avanti e
indietro da Napoli in poco tempo contribuii a trasportare vestiario, armamenti e
mezzi
Alla
fine del 1944 eravamo pronti per essere impiegati in combattimento e prima di
una breve sosta in Castellina del Chianti per la necessaria preparazione tecnica, i nostri
reparti ebbero l’onore di sfilare trionfalmente per le vie di Roma.
A
Gennaio del 1945 entrammo in linea a Brisighella, sul fiume Senio, tra Imola e
Forlì, cominciando immediatamente a sentire intorno a noi il rombo sempre
più vicino dei cannoni.
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Sulle
rive del Senio fummo subito coinvolti nei violentissimi combattimenti con le truppe
tededsche in difesa della linea Gotaica. Più salivamo verso nord e più
cominiavamo ad abituarci all' acre odore della guerra, all'odore del fumo,
della polvere da sparo, della gomma bruciata ma non riuscivamo a toglierci di dosso
la paura.
In
pochi giorni, noi della Friuli, lasciammo in terra 242 compagni.
Le
spoglie di quei caduti furono poi sepolte nel Camposanto di Zattaglia, nel cuore della
Romagna ed ora sono ricordate nel santuario di quel sacrario.
Quando
ricordo quelle giovani vite perdute, sento ancora stringere il cuore, ma subito mi
conforto perché so che con il sacrificio delle loro vite e con la presenza di quei
cinque gruppi da combattimento, l’Italia prostrata e umiliata ha
trovato un tardivo ma giusto riconoscimento. |
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Per l’apporto
dato al risultato finale, alla fine delle azioni di guerra i nostri Reparti furono distesi
in difesa di quei dei territori appena liberati .
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Il mio 88° Fanteria aveva preso base
nei pressi di Riva del Garda e il 29 Aprile de1945 a Milano ho potuto vedere la fine
della dittatura fascista e di Mussolini.
Alla fine di tutto venni promosso al
grado di sergente e poi in virtù del Regio Decreto del 14/12/1948 venni autorizzato a
fregiarmi del distintivo della guerra di liberazione.
Venni inoltre
autorizzato ad applicare sul nastrino due stellette per altrettante “campagne”. |
Carlo
Montanari
Caporal-maggiore e congedato Sergente
nell'880Regg.to Fanteria FRIULI.
Pagina aggiornata Venerdì 21 Ottobre 2005 by Enzo
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