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SARAH IN ITALIA  

«Al Niccolini la sera del 9 ha avuto luogo la prima rappresentazione di Sarah Bernhardt, come annunziammo, con La Tosca. Il pubblico era numeroso in platea, affollato nelle poltrone; ma i palchi erano quasi tutti vuoti. Assisteva alla rappresentazione il maestro Puccini, venuto certamente ad ispirarsi per la sua nuova opera La Tosca, che, come tempo indietro dicemmo, scrive. Sarah Bernhardt ebbe un’accoglienza in alcuni punti fredda, in alcuni, come dopo il terzo ed il quart’atto, entusiastica. La voce d’oro della grande attrice francese conserva lo stesso fascino di altri tempi; l’efficacia dell’illustre artista è sempre la stessa; l’eleganza in lei è sorprendente addirittura. Non crediamo sia il caso di occuparci oggi estesamente di Sarah Bernhardt, giacché sarebbe proprio il caso di portare le famose nottate alla famosa Atene. Lo Staffile, più volte, ha dedicato lunghi articoli alla celebre creatrice dei lavori di Sardou. Questa sera Sarah Bernhardt si presenta al pubblico fiorentino in una sua nuova creazione: nella parte di Magda, nella Casa paterna. Grande è la curiosità del pubblico e della critica». ( da “Lo Staffile”, anno XVI, n. 2, 13 Ottobre 1895)

«Quando la grande attrice francese si presentò per la prima volta al nostro pubblico, nel febbraio 1882, la leggenda delle sue gesta, la fantasmagorica descrizione della versatilità del suo ingegno, - di attrice, scrittrice, pittrice, scultrice; - i capricci della sua fantasia per i quali dormiva in una stanza mortuaria, con la bara apprestata, tirava di fioretto, andava in pallone; la nervosità del suo carattere che le faceva abbandonare quel gran tempio dell’arte che è la Comédie-Française – vivevano ancora nella mente di tutti; i giornali ne parlavano, la immaginazione degli spettatori ripeteva e ingigantiva tutto. Con lei recitava Damala, non ancora suo sposo; nel giro che compiva in Italia l’avevano accompagnata diversi episodi; su un palco scenico era svenuta; su un altro si era visto il sangue uscire dalla sua bocca; qua portata a cielo; là discussa. La réclame era immensa; l’ansietà del pubblico di conoscerla corrispondeva a quella réclame, innalzata alla seconda potenza. Ed in ogni cosa che si era detta, ed in ogni episodio che si era raccontato, mai era stata dimenticata la sua magrezza. E la magrezza c’era. Quindi un argomento di più di veridicità a tutto il resto.
Un lustro e mezzo è passato: la magrezza è sparita, senza che ancora ella abbia raggiunto l’enbonpoint; Damala è suo marito; la Bernhardt prende lunghi impegni e li mantiene; le rappresentazioni non si interrompono; la leggenda sparisce; il tipo si scolora; la curiosità del pubblico si trasforma in interesse artistico; il successo non è più di curiosità, ma è di consistenza.
Ora come allora c’è la grande artista; le doti che la natura le ha largito risplendono tuttavia della loro luce superba: voce, occhi, figura, intelligenza, intuizione, fascino, tutto è rimasto ed è stato consacrato da un seguito di trionfi nei due mondi. Non si va più a conoscere l’artista bizzarra, strana; si va ad ammirare la grande artista. E Sarah Bernhardt è una grande artista! Quale analisi è possibile di quello che sembra la perfezione? Quale elogio si può esprimere per ciò che sembra insuperabile? Dove sono i termini di confronto? Dove è la base per un giudizio ragionato, quando l’impressione rapisce, trascina? È l’ingegno che sa speculare sugli effetti? È il cuore dell’artista che trova l’espressione simpatica per giungere al cuore dello spettatore? È la passione sentita che trabocca in lei e si comunica in chi la vede e l’ode? Ella piange con noi, o ride in cuor suo, perché ci fa piangere? Che importa tutto ciò? Queste, per giudicare un’artista di teatro, sono questioni bizantine? Sia il suo cuore, sia la sua mente, sia a sua arte, siano i suoi artifizi: che importa, quando non lascia tempo di far ricerche, di analisi, di discussioni, quando commuove, meraviglia, incanta? Tale è Sarah Bernhardt: un fascino, fascino degli occhi, fascino dell’intelletto, fascino del sentimento.

Io ho assistito a queste sue rappresentazioni trionfali, non con una disposizione diversa da quella colla quale assisto ad altre. Perché non ho saputo formulare ora giudizi, serbare tanto di impassibilità da poter misurare la legittimità di queste mie continue, invincibili emozioni? Per ché domani potrò dire quanto un’interpretazione sia stata equilibrata e studiata e artistica, e oggi non lo posso, vinto anch’io come tutti dal sovrano incantesimo che esercita su me questa attrice meravigliosa? C’è qualche cosa adunque in lei di più e di meglio che in atre. E dinanzi a questa grandezza io rinunzio volentieri al mio mandato di critico – ed assaporo felicemente la voluttà di un qualunque spettatore impressionando.
Tutte le rappresentazioni date dalla Bernhardt furono di lavori noti. L’attenzione poteva essere quindi tutta concentrata in lei. Uno solo era nuovo: il dramma che Sardou scrisse per lei: La Tosca. E qui l’attenzione dedicata, malamente, al barocco, infelice lavoro avrebbe potuto pregiudicare quella per l’artista. Ma invece la sua immensa personalità si è imposta; la sua interpretazione ha sbalordito: da quando è uscita nel pittoresco costume, col quale è ritratta nel disegno che diamo, a quando si è gettata nel Tevere, il pubblico fu incantato da ei, da ei fu ammaliato. E un’altra volta è uscita dai petti di tutti, gonfi d’emozione, dalle menti di tutte avvinte da tanta potenza, la proclamazione che è una grande, una straordinaria artista». (
E. Zorzi ne "Il Mondo Artistico" Anno XXIII n. 8, 19 Febbraio 1889)

SARAH + ELEONORA

SARAH  SUPERSTAR