MARIANO FORTUNY: LA SUA VITA? UNO SPETTACOLO

Figlio di un pittore che come lui si chiamava Mariano, Fortuny nasce nel 1871, cioè in pieno Decadentismo, in una Parigi che era già tronfante di vanità e di culto del lusso. Boldini lo conduce ancora giovinetto a teatro e lui ne riceve un'impressione incancellabile, come se fosse entrato ad abitare dentro una pagina di Proust.

 Arte e mondanità del resto hanno, per la borghesia di allora, lo stesso diritto di cittadinanza. Gli ambienti e i personaggi che Fortuny avvicina si chiamano D'Annunzio, Eleonora Duse, il barone Franchetti, il conte Primoli che si diletta di fotografia, il poeta austriaco Hofmannsthal; eppure non è da credere che il giovane Mariano sia insensibile al richiamo della pittura. Anzi, fra echi di Previati e avvisaglie di Ruskin, Fortuny comincia a subire presto il fascino dei materiali (stoffe e stampati) che in lui diventerà preponderante.

Essere frivoli non è certo considerato peccato nei salotti alla moda, così come è condiviso l'entusiasmo per la musica di Wagner e i primi pellegrinaggi a Bayreuth. Fortuny ne è talmente influenzato che dipingerà interi cicli wagneriani, di ispirazione alquanto discutibile, anche a intervalli di tempo. Sul suo cavalletto si alterna- no per qualche anno valchirie e sigfridi.

«Questo spagnolo di Venezia», lo chiamerà Ojetti, ammirato dal bel mondo che frequenta la casa dell'artista. Fortuny tuttavia non lascia una gran produzione di quadri. Ci sono molti ritratti della moglie [era sposato alla sorella di Eynaldo Hahn], molti bei nudi di donna (soprattutto quelli visti di spalle con effetti di luce colorata), ma il corpus principale del suo lavoro consiste nei disegni per drappi, bozzetti di scena, lampade di design, applicazioni teatrali. Insomma se Mariano Fortuny non ci ha dato opere pittoriche significative (in quanto troppo improntate al buon gusto dell'Art-Nouveau allora imperante) è anche vero che il suo talento sapeva esprimersi con originalità in altri campi. Da segnalare comunque le due nature morte I gessi dell'atelier, dove tra maschere, conchiglie, bucrani, Fortuny ha rappresentato una sua idea dell'effimero. Morì nel 1940, troppo presto perché il suo apporto di geniale decoratore potesse essere impiegato nel cinema con risultati apprezzabili. Restano del suo archivio fotografico ben 11mila negativi a documentazione dei viaggi compiuti in Grecia, in Marocco e in Egitto.

E vien da chiedersi quanto ne sarebbe stato conquistato Luchino Visconti, un altro esteta degno di stargli a pari.  ("Il Corriere della Sera" 20.12.1999)

Autoritratto (1947)

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uno dei famosi "lampadari

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Mariano Fortuny bozzetto per Tristano ed Isotta di Richard Wagner (1900)

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  Mariano Fortuny  brevettò un novo sistema di illuminazione per il teatro nel 1904 (Fortuny GmbH AEG Berlino)

 

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lampada a "diffusione"

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 Fortuny e l'attrice divina

il palazzo a Venezia